domenica 29 aprile 2012

Sasso Marconi in MTB a 2 marce, Monte Adone e Monte Mario


Ebbene sì, c'è sempre voglia di sgambare. E quindi per oggi mi metto d'accordo col mio compagno di cordata di  ieri per un giretto con la mia Kona: avrei preferito il lago, ma meglio così, restiamo più soft e scopro un posto nuovo.
Ci si trova a Sasso Marconi, e la giornata parte già bene: dopo un paio di km in discesa su asfalto, Marco esordisce con un “azzo, devo tornare indietro, devo aver lasciato il cellulare in macchina”. Torniamo indietro, io resto distanziato per cercare una fontana, e ripartiamo. Solo alla fine del giro Marco mi svelerà che arrivato all'auto si accorse che il cellulare era nello zaino..
La giornata potrebbe addirittura finire quando dopo poco più di mezzora, dopo uno strappetto su fondo di ghiaia asfaltata, il mio cambio posteriore muore inesorabilmente. “KTM-Kona 1-0” festeggia Marco, maledetto: io mi farò tutto il resto del giro a due marce, rapporto intermedio dietro fisso e davanti corona piccola e corona media, una favola in salita.
Seguiamo la Via degli Dei, che arrivato a casa inserisco subisco nella cartella “Itinerari da realizzare”, per lo più sterrato largo, pochi single track, ma ci si diverte. Marco tocca i 45km/h in discesa su ghiaia (quella che arriva alla partenza del sentiero per il Monte Adone) ed è già elettrizzato.
Bel paesaggio, forse per l'orario, forse per il lungo ponte, si incontra davvero poca gente, il che lascia un senso di pace in mezzo a tutto questo verde. Il cielo è nuvoloso, e meno male, ci vuole un po' di quasi fresco dopo la scottata di ieri!
Decidiamo di salire sul Monte Adone, maledetti noi quando lo pensiamo. Tutta la salita trascinando la bici o portandola a spalla, troppo pendente, gradinato, impervio, boscoso. Arriviamo in croce, pardon, alla croce che grosse ma ancora rade gocce di bagnano, il vento ci sculaccia già da un po', perciò decidiamo di fare due foto, mangiare qualche quadretto di cioccolato e telare subito! La in fondo, proprio dove dobbiamo rientrare, si vede che diluvia..
Forza Marco, molla i freni, lasciati andare! “Mamma mia, si muove tutto, mi si smonta la bici!”. Molto educatamente quando incontriamo qualcuno freno, vado piano, ma appena vedo che la gente è finita.. buaaa! A gigabomba! Anche Marco sta provando l'ebrezza della discesa, e verso la fine del giro mi dirà di aver capito perché gli sconsigliavo certe uscite col suo vecchio mezzo.
Scesi dal Monte Adone, una belva ci si para di fronte mostrando le sue terribili fauci vogliose di carne fresca.. Emette il suo caratterisco rauco verso di dominanza della vallata, di supremazia su tutte le specie viventi e non viventi. Tremiamo a questa vista, temiamo il peggio, davanti a noi passa in pochi secondi la nostra vita. Ma la scampiamo.
Sulla via del rientro deviamo per salire su Monte Mario, come non farlo.. Ultimo tratto bici a mano, che proverò poi a scendere in sella, ma smonterò data la scarsa aderenza sul fondo polveroso sabbioso. Poi però via coi freni sullo sterrato, ultima discesa carina in single track con tornanti sul 122, e la pacchia è finita..fino alla prossima uscita!

Qui  altre foto.

sabato 28 aprile 2012

Facciamoci Claudia, sul famoso Marmo del Sarca (via Claudia, Placche Zebrate)


Dopo tanto che la puntavo, giunge la buona occasione. All'arrampicata semifruttuosa, o seminfruttuosa a seconda dei punti di vista, di mercoledì 25 aprile, segue un vivace scambio di mail dal titolo “proposta per sabato”. Titi tità, alla fine siamo in sei al parcheggio del CAI, e si parte destinazione Valle del Sarca: sono il più profondo sostenitore del farci Claudia.
Al parcheggio c'è già caldo, decidiamo le cordate: io e MarcoNicolaGianluca, Marco B e l'innominabile. Pensiero stupendo: io e Marco facciamo uno zaino unico, ci alterniamo scambiandocelo in modo che chi arrampica da primo sia sempre libero, e magari a petto nudo, che libertà! (alla fine solo io arrampicherò seminudo e solo marco porterà su lo zainetto)
Alla base troviamo altre due cordate davanti a noi, e tutti brigano un po' sul primo tiro, il famigerato 5c untissimo. Il pessimismo inizia ad aleggiare nell'aria come una nebbia in val padana che al tramonto scende inesorabile coprendo tutto e avvolgendo le cose: "siamo troppe cordate", "la via è troppo lunga", ecc. In prima linea l'innominabile e Gianluca, come vuole tradizione. Io me ne sbatto, tolgo la maglietta e calzo le scarpe nell'attesa di partire. Ho troppa voglia di una via bella lunga, da stare in parete ore e ore.
Gianluca e Nicola decididono di andare nella via a fianco, dalla quale scenderanno dopo due chiodi. Marco B e l'innominabile pensano proprio di cambiare zona, ma poi tutti tornano su Claudia, il primo amore, e ci troviamo a salire insieme inseguendoci e sorpassandoci. Anche l'innominabile segue il mio spirito e si toglie la maglietta: alla fine della giornata saremo due aragoste.
Primo tiro davvero unto, me lo studio bene, a destra bagnato, a sinistra marmo. Con calma riesco a salire. E scatta il primo errore della giornata. Nella foga di voler sorpassare la cordata davanti a noi (non per fretta o altro, solo per evitare traffico e scariche) provo a concatenare i primi due tiri, che facendo due conti dalla relazione dovrei starci a pelo. E invece..finisco a far sosta su un chiodo..solo!
Nessuno dei miei nuovi giochini trova un buco o una fessura dove incrementare i punti di assicurazione,e quindi ciccia: “Marco, libera!” .. “Marco sali, ma sono su un chiodo unico!”, chissà gli accidenti che non mi ha tirato..
Ma si vendicherà! Sale, arriva da me, riparte subito, e non arriva alla terza sosta (la seconda per noi) per due metri, e quindi anche lui sosteggia su un unico chiodo! “Tutto fa brodo, tutto fa esperienza” dice il nostro mentore. Come dico di solito io invece “finché puoi raccontarlo, va bene”.
Inizia a esserci del casino, noi siamo tre cordate, poi ce ne è una di due ragazzi tedeschi, e queste quattro sono sempre sovrapposte, in inseguimento. Mi capita un tiro nel quale parto come il primo dei secondi, trovandomi su tutti, ma tutti davvero, i chiodi le mie due corde sotto tutte quelle degli altri, il mio rinvio nel chiodo, e due rinvii di altre cordate rinviati nel moschettone del mio rinvio (già, perché nell'anello del chiodo ci stanno solo due moschettoni): che caos, ogni chiodo mi fermo, tolgo il mio rinvio, sgancio le altre corde, passo sopra la mia coppia di corda, rimetto le altre corde nel loro rinvio, stacco i rinvii rinviati sui miei e li metto nel chiodo.
Ma la via è divertente, non unta come il primo tiro, ma in tutti i passaggi un po' difficili il piede obbligato giace sul marmo, il famoso Marmo del Sarca. Qualche traversino un po' cos', una placchettina per arrivare in sosta: ci sono dei passaggi a mo' di boulder, di quelli dove devi fidarti di una mano spalmata su un volume orizzontale tendente al basso. Mi stò divertendo un casino. Una bella lama, una dulfereggiata lieve, un diedrino, poi tanti scalini.
Un po' meno la mia schiena, che sento iniziare a bruciare, e che verso ¾ della via copro con la maglietta. Intanto ovviamente il pessimismo che aleggiava si è insinuato nei cuori. L'innominabile se venisse dotato di frusta la userebbe di certo per spronarci alla velocità, Gianluca non fa altro che tirare dei nomi maledicendo quella “gran puttana della Claudia” e io lo stuzzico “ma come, e quando andremo a fare Teresa e Rita?”.
Arriviamo a un punto nel quale pago lo scotto della mia inesperienza. Non ho contato i tiri, c'è chi l'ha fatto ma non lo dirà. Dalla sosta vedo un chiodo sopra di me sul facile, ma vari su una placca a sinistra che traversa un po' salendo. Che faccio? Altri sostengono che a sinistra c'è Luna 85, ma io non credo che siamo già così in alto, ma mi fido e vado su dritto. Ma dopo due chiodi e esser salito 5m senza protezioni, nulla vedo, e mi sorge il dubbio fosse da andare a sinistra, e fossimo più in basso.
Scendo con cautela, salgono i due massimi esperti, Nicola e l'innominabile, e vedono chiodi che io non ho visto: che figura! Riparto, con la coda tra le gambe.. Adesso che sappiamo essere sugli ultimi 2-3 tiri, tutti son più allegri, la fiducia ha scacciato la preoccupazione, ma era meglio se la scacciavano prima!
Siamo fuori, che giornata, mi sono divertito un casino! Certo, visto l'untezza, fatta una volta Claudia, non si fa più, ma che soddisfazione. 14 tiri, quasi 500metri di sviluppo, in circa 5h30min. Va benissimo! Beviamo e sgranocchiamo qualcosa prima di scendere, aumentando con i nostri rutti e scoregge la mala fama degli italiani di fronte a una cordata di tedeschi..
Ciliegina sulla torta alla gran giornata, la stravaccata all'ombra di fianco all'auto, sorseggiando la birra tedesca che ho preso a Monaco settimana scorsa e mangiando la stria preparata da mia sorella. Cosa vuoi di più dalla vita? Beh, ci potrebbe stare qualcos'altro, ma va bene dai! Per finire, il gelato di Arco,e tutti a casa!

Qui altre foto.
Qui e qui due relazioni.
Qui il report sul forum.

mercoledì 25 aprile 2012

Gradi Grilliani (Via della Rampa) e Gradi Ledriani (Sol Minore)


Ok, che non sono un buon arrampicatore lo ammetto senza problemi, d'altronde non godo di un gran allenamento, ma comunque la roccia mi piace (mai come il ghiaccio però!). E quindi oggi si dedica la giornata a scalare, con via consigliata e voluta da Nicola, che con permesso speciale è pure dei nostri (ma non ci vuole svelare cosa ha dovuto fare o promettere per avere questo permesso..). Sono due weekend che non vedo montagne e non mi dedico all'alpinismo, mi manca, e son carico come una molla.
Ma un cattivo presagio aleggia sulla giornata..tananana.. Nicola riferisce della telefonata della sera prima di Davide a Nicola stesso, in cui gli dice “ah, andate a fare la Via della Rampa? Uhm, ha dei passaggini un po' così”. Michia, se lo dice lui che è una bestia..siamo spacciati.
Va beh, partiamo, prima cordata Mirko e il suo compagno, poi FilippoGianluca, poi Nicola e io. Ma il socio di Mirko già sgugna, inizia a seminare pessimismo, e con qualche fatica le prime due cordate arrivano alla prima sosta, strettina. Gianluca trazionandosi con violenza su un nuts messo giù da Filippo, che poi io toglierò come fosse burro. Poi Nicola parte, mette giù 6-7 protezioni in altrettanti metri (“Oh Nicola, proteggi qualcosa se vuoi!?!”), e inizia a esser chiaro quale sarà il prossimo importante passo. Arrivo anche io in sosta, e ci si cala.
Alla faccia del VI-, in più si vede che su è bagnato, siamo tre cordate, poco tempo a causa di due che devono essere a casa presto, perciò meglio lasciar li. Solo Mirko e socio continuano e finiranno la via, riferendoci che poi su c’erano passaggi più duri!
Noi quattro si va a recuperare con una vietta corta ma divertente alla Regina del Lago, zona sconosciuta fino a qualche tempo fa, ora ben più frequentata. Parto per primo su un dichiarato 5b, che dovrebbe essere un IV, ovvero tra questo primo tiro di Sol Minore e il primo della Via della Rampa non dovrebbe esserci differenza (a parte la chiodatura). E invece sembra un grado di differenza! Gradi Grilliani e Ledriani.. o Ladriani come li definisce qualcuno.
Ma va benissimo, l’importante è divertirsi, e qui su questa parete ci riusciamo bene: vista lago di Garda e Altissimo di Nago, al sole in maglietta seppur il vento allegro ci sferza e raffredda alquanto, tantochè qualcuno dall’ultimo tiro uscirà col cappottino da anziano.
Due orette per finire Sol Minore, viviamo nella speranza di riuscire a fare anche La Regina del Lago prima di fuggire via, ma usciti da Sol Minore.. a destra il sentiero è cieco, porta a un'altra sosta che sarà di un’altra via parallela a quella appena percorsa. A sinistra idem. Dritto a noi una placchettina da arrampicare. Nessun problema, ma mi ero appena tolto le scarpe e fatto su la corda!
Superiamo la placchina e arriviamo al pianoro delle altre vie. Ma è tardino, la mezzora persa prima si fa sentire, La Regina del lago è occupata, perciò ciccia. Ma il tempo per il primo tiro di Zio Genio c’è, e parto. Idea malsana..proviamo le Miura! Che sono in palestra non le reggo, mi son fatto intortare dalla commessa che mi ha venduto un 43,5 (“ma dai che van bene, ci sei entrato subito!”), vediamo se su roccia van meglio.
E invece..mi muovo con una delicatezza ai piedi come se danzassi su bicchieri di cristallo.. Appena carico un po’..oh che dolor! Finisco il tiro e me le slaccio subito, fanculo! Queste mi sa che le metterò in vendita, avranno scalato si e no 50m, praticamente nuove.
Sotto un cielo minaccioso rientriamo di corsa all’auto, poi ad Arco per il consueto gelato, e faccio pure in tempo a comprarmi i miei tre nuovi giocattoli..e non vedo l’ora di usarli! Poi, come non aspettarselo, i km di A22 sono ravvivati da spensierati (qualche volta seri) discorsi sul mondo femminile, essendoci praticamente 4 generazioni a discuterne (19, 29, 39 e 48 anni, se non erro). Aspettando la grigliata con la mamma di qualcuno e le amiche di un altro, ci si lascia al parcheggio con un “Allora sabato dove si va?”. Che bella questa passione.

Qui  altre foto.
Relazione della Via della Rampa
Relazione di Sol Minore.

lunedì 9 aprile 2012

(Pan) Car(r)è Alto, ma ci fa tostati lui!


Pieni di speranza ci troviamo a partire io e Marco per una due giorni: meta da decidere entro Verona Nord tra una rosa di tre. Dire “pieni di speranza” sembra che partiamo alla carlona, invece le previsioni meteo le abbiamo ben scrutate e spulciate: certo che partire e trovarsi qui nella bassa con tutto nuvoloso e temporali sparsi, entrare in A22 e vedere un nero verso Mantova..fa strano! Ma appena arriviamo in zona Lago di Garda, verso nord il cielo è limpido: Carè Alto!
Per Marco è la seconda volta qui, l'anno scorso era già venuto ma a quota 3000m circa era tornato indietro con un suo amico. Bene, almeno lui conosce il posto: peccato che a ogni mia domanda la risposta sarà sempre la stessa “ma non lo so, non me lo ricordo”. Al parcheggio (1260m) esordisce con “tac, parcheggiata dov'era l'altra volta” e io gli dico subito di cambiare posto: ma questa bozza di scaramanzia non servirà a nulla.
Via si parte, son le 17e50, arriveremo al rifugio a buio, ma va bene, ciò ci permetterà di goderci un tramonto sul Brenta e una salita selvaggia. Stranamente siamo soli (sono ironico), nessuno sale, e non si vedono molte tracce nella neve oltre i 2000m. Già, perché verso i 1800 incontriamo la coltre bianca, bella dura, che poi invece da 2000 in poi diventerà insidiosa, da necessitare le ciaspole.
Man mano che si sale l'ambiente si spande, non vediamo “solo” Brenta e la Val Borzago, ma iniziamo a scoprire il granito dell'Adamello. Quella cresta di torrioni rocciosi (prolungamento della cresta est al di sotto del Rifugio Care Alto Ongari) che si staglia verso il cielo mi ricorda les Dames Anglaises (ok, forse è un po' esagerato).
Scorgiamo il rifugio, e in un barlume di memoria Marco si espone con un “ecco, da quando vedremo il rifugio mancano ancora 45 minuti”: solo le cose sconfortanti deve ricordarsi sto qua.. E sarà così, arriverò al rifugio alle 20e30, ormai col buio ma non ancora con tutte le stelle a risplendere Va detto che il pallino delle stelle dell'Adamello ce l'ho dopo la bella cascata di Nicola. Marco giunge un po' più tardi, è rimasto impantato nella neve.
Con fatiche degne di Ercole, issiamo i nostri zaini su per la stretta scala che conduce alla porta di accesso. Siamo solo noi, ceniamo sorseggiando la birretta (di cui riporteremo a valle le bottiglie vuote, come è normale che sia), usciamo un secondo ad ammirare le stelle, ma rientriamo presto perché c'è davvero freddo.. Fissiamo la sveglia per le 5.
Driin, si parte, ma si sta bene in questo calduccio,e titubiamo qualche minuto. Poi colazione con una pesantissima torta (Marco mi vuole uccidere) e via ad affrontare la parte più pericolosa della giornata: la discesa e traverso dal rifugio verso la base della Vedretta di Niscli: per fortuna c'è già un po di luce!
Ci si gode un'alba sul Brenta mozzafiato, col sole che sorge esattamente dalla Bocca di Tuckett (o almeno credo..). Man mano che saliamo vedremo sempre più cime, gli orizzonti spazieranno sempre di più, ma la limpidezza della giornata ha come prezzo un allegro venticello che ci spazzerà neve in faccia per bei tratti di salita, aumentando col wind chill una temperatura che sarebbe già freddina di suo..
Iniziando a salire sulla morena nord della vedretta di Niscli iniziamo a incontrare neve sempre peggiore: e sprofonda qui, e cammina col piede che va giù sempre 20cm, e piantati qui (“aiuto, chiamate un carroattrezzi!), e fatti un pezzettino su neve ghiacciata. E il Care è li che ci guarda, e intanto la sua cima fuma.
Va detto che alla partenza ieri non ero fiducioso sulla riuscita. Stamattina alla partenza ancora meno, poi quando vedevo la cima non così lontana avevo preso molta fiducia, sentivo la conquista già mia, ma appena rimetteremo piede sul ghiacciaio, tutto cambierà..
Insistiamo senza ciaspole: come ieri sera, quando Marco affonda, affondo anche io, quando marco galleggia non è detto che io galleggi. Pazienza, sono di buon umore. Cerco tutte le pendenze più accentuate, la neve dura, un po di granito, finchè arriviamo ormai allo sconfinamento sul ghiacciaio, e ci leghiamo. Son passate due ore abbondanti dalla partenza.
Partiamo, il Carè è li, manca poco. Davvero poco. Ma fatto sta che non si avvicina mai, è sempre la lontano. Marco ha le ciaspole, io no, temerario, o stupido, le metto più tardi quando ormai non ne posso più andare giù ogni passo 40cm. È come fare il triplo del dislivello reale. Ma anche con le ciaspole la vita non è rosa e fiori, si affonda nella neve spostata dal vento. Il paesaggio bianco è sublime, ma questa coltre maledetta ci rallenta un casino.
A circa 3000m marco mi dice che l'altra volta si è fermato qui, che questa è la quota dello sconforto (eh, insomma), ma che l'altra volta era comunque meglio, ed era estate, perciò fino al ghiacciaio quasi senza pestare neve. Lo prendo come un complimento ciò che mi ha detto ieri “arrivati li siamo tornati indietro per la neve, ma con te non ci saremmo certo fermati!”.
Mentre appaiono Presanella, Crozzon di Lares, Adamello, ripenso all'intervista barbarica di Simone Moro in cui diceva che sugli 8000 lui conta:” conto 15 passi, poi mi fermo a prendere fiato. Se vedo sotto 15, vuol dire che sono lento e torno giù”. Sono a 3200 metri, e io conto a tratti fino a 30, altri 25. Che fatica disumana. Mi sa che non ce la faremo. Toh, il Baldo che galleggia tra le nuvole, spettacolo insolito, sopra di noi è limpido.
E alle 11 diciamo basta. Siamo a 3280m, manca poco, ma ci stiamo mettendo troppo tempo, e siamo dubbiosi sulla pala ghiacciata: cornici e notevoli accumuli sopra ogni canale di salita.. Il bollettino dava rischio 2, una mail scritta pochi giorni fa a Nicola non vorrei prendesse significato troppo presto.
Un po' di foto, un video venuto di merda, un altro un po' meglio, foto di delusione, e ammirazione del paesaggio. Il Carè Alto che si snobba, il Brenta che sfacciato si fa ammirare, la Presanella col suo lato sud, le Alpi austriache, tutte le cime Dolomitiche, tutte queste al sole e sotto un cielo blu, mentre invece le prealpi venete e trentine, i monti del Garda, tutti che galleggiano sopra nubi basse e con sopra di loro estese lee clouds. Che spettacolare rovesciamento di regole.
Forza via giù, in un lunare paesaggio bianco, deluso ma contento per aver visitato un posto nuovo (chiamiamolo un sopralluogo), per aver visto montagne conosciute da altre prospettive, per aver visto montagne sconosciute. Marco forse più deluso di me, per lui è la seconda volta, e lo sento che dice “non c'è due senza..” “no no taci, la prossima volta cresta est, di agosto, quando c'è talmente caldo e la neve si è tutta sciolta, quando ci saranno le zebre al rifugio!”
Al rifugio arriviamo pieni di fame, e ci sfoghiamo. Poi giù: oh quanto è lunga la discesa! Cerchiamo di tagliare il più possibile sulla neve, poi ci sono gli infiniti gradini fino al ponte Zucal: che voglia avrei di buttarmi a mollo! Finalmente alle 15e45 siamo alla macchina, e cosa vedo.. Tutto! Dal parcheggio si vede sia il rifugio che la cima! Oh la peppa, da sconfortarsi subito appena parcheggi..
Alla prossima Carè Alto, ride bene chi si tosta per ultimo! La fatica è già solo un vecchio ricordo, riguardando le foto e sistemando il post per il blog, ho solo una gran voglia di tornare lassu (magari altra meta, ma stessa o maggior quota)!

Qui video realizzato al momento del dietrofront, panoramica.
Qui altre foto.
Qui relazione sul forum.

domenica 1 aprile 2012

2012-04-01 Aggiornamento Istruttori, vescicolare (Trapezio Tessari)


La spremuta di gambe di ieri, oggi aggiornamento istruttori del CAI di Carpi e del CAI di Castelfranco, a Tessari, Trapezio, anche per conoscere le vie che poi si farà fare agli allievi durante il corso A1. Sapendo che oggi si sarebbe fatto poco e chiacchierato molto, ieri mi sono bastonato bene a modo, riportando anche 3 vesciche, ditino sinistro, tallone destro, alluce destro, che per arrampicare non sono il massimo, ma tanto oggi guarderemo un po’ di manovre e si arrampicherà molto.
E invece ciccia, si arrampica eccome! Via “Cip&CO1” con Nicola, primo tiro mio, che ci si scalda un po’. Bella roccia, non unta, clessidre ovunque, utile anche qualche nuts e friends, ma comunque le difficoltà non sono mai oltre il IV. Tranne l’ultimo tiro con qualche passaggio di 5b su placchetta con poco cui aggrapparsi, tiro che prontamente lascio a Nicola.
Già, perché le vesciche si sentono e fanno male, porca vacca! Peccato non godersi questa giornata a pieno.. Già che speravo ci fosse nuvoloso come annunciavano le previsioni, e invece mi tocca prendere sole sulle parti già arrossate da ieri!
La giornata è comunque ilare, arrampicando sulla nostra via si fanno due chicchere con gli altri che ci stanno arrampicando sulle vie a fianco, Dimes, Fabio, Luca, Alfredo, e con chi arrampica sulla nostra stessa via, Gianluca e Mirko. Usciti dalla via, Luca ci annuncia che si scende a farne un’altra. Nicola tutto contento ci fa salire al settore C, dove punta la via New Age, ben più dura di quelle sotto del Trapezio.

Ma questa via resterà un miraggio. L’avvicinamento è impervio, arriviamo sotto la parete e la qualità della roccia non ha nulla a che vedere col trapezio: seguiamo la cengia alla ricerca dell’attacco, superiamo “Danza Celtica” ma dopo poco..dove minchia sta il sentiero??? Mirko parte in avanscoperta fiducioso, ma qui si ravana in mezzo alle sterpaglie, e col dirupo a lato.
Si torna giù, e a scendere l’alluce si sente a nastro.. ah che soferonsa! Alla base cambiamo le cordate,e con Gianluca scaliamo “Il Cappuccio del Fungo”, più facile ma più continua rispetto alla precedente, ma divertente. Gianluca si diverte a fare soste corte, e così ci mettiamo 5 tiri per finire questa via. Tutti gli altri son già giù a mangiarsi i panini.
Una rifocillata al sole mangiucchiando qualcosa, poi via verso la birra media. Giornata di svago più che di aggiornamento, con una certa sofferenza ai piedi!

Qui  altre foto.