sabato 22 settembre 2012

Gorilli nella nebbia e in parete: via Fedele alla Punta Emma

Weekend di aggiornamento Istruttori Scuola Montanari: programmata da tempo, ma il freddo previsto scombussola tutti i piani. Noi cinque ci giravamo mail da una settimana fantasticando della est del gigante Catinaccio, come bimbi davanti al lecca lecca, con io che speravo di riuscire a partecipare (grazie sorella), ma il giovedì alla riunione, tutto scende un po’..
Ma ci siamo, sono le 4 al parcheggio e ioMirkoGianluca Nicola, Roberto, riusciamo a partire: la frase emblema dell’altra sera è stata “se fossimo bravi quanto siam carichi, avremmo già scalato l’Everest”, quanta verità e saggezza in questa perla di Gianluca. Un’altra macchina partirà un’ora più tardi con Luca e socioEnrico e Fabio, l’altra macchina ha deciso che c’è troppo freddo e se ne andrà a Ledro domani: un aggiornamento strano, che finirà più come un weekend di arrampicata, ma anche questo è aggiornamento!
All'arrivo al parcheggio degli impianti però, il morale è un po’ sceso: c’è nuvolo. Ma per Dio, salendo col servizio taxi scopriremo che si tratta di nubi di valle (come più volte ho detto per caricare la ciurma, visto che l’avevo letto sulle previsioni meteo) e arrivati al Gardeccia intravediamo le pareti gialle dolomitiche, dai c’andom! In realtà ce la prendiamo comoda, inutile correre per poi soffrire il freddo, ma io scalpito.
Saliamo più veloci delle nubi, e questo ci permette di ammirare una foto da cartolina: le cime dolomitiche sopra un tappeto di nubi, con il sole che ancora non è piena potenza e quindi da un effetto di luce soffusa. Già questo merita il viaggio. Beh, più o meno.. Scorgiamo la nostra meta, Punta Emma, bel torrione roccioso che appare piccino a fianco della bestia catinaccio, ma si tratta in realtà di pur sempre di 400m di arrampicata.
Al Vajolet, dove pernotteremo, lasciamo i secondi zaini, e intanto le nubi ci raggiungono: siamo gorilli nella nebbia ormai. E ci siamo. Stavolta non ci mettiamo molto a trovare l’attacco della via, o meglio a essere d’accordo che sia questo. Io e Mirko siamo in cordata insieme, poi glia altri tre ne formano un’altra: noi partiamo per primi, e io per primo: la vista del chiodo mi conforterà notevolmente sul fatto che la via sia davvero questa!
Ma la roccia, freschina.. Urca! Dopo pochi metri di contatto con la dolomia le mie dita sono già insensibili: gustoso afferrare la roccia senza esser sicuro di averlo fatto bene, ma più si indugia peggio è. Agli altri grido “oggi c’è da fidarsi delle mani, non dei piedi, perché non si sentono più!”. E concludo il primo tiro, che parte già alla grande con un IV e qualche passo di IV+: ma oggi siam troppo frenetici, niente può fermarci!
Pian piano le nubi si alzano, lasciano il posto al sole che inizia a scaldarci bene a modo, tantochè io resto quasi in maglietta e temo la scottatina al coppetto. Alla faccia di chi temeva il freddo! Anche la roccia si scalda, e tutti gli altri tiri saranno ”sensibili”; solo nel camino finale, dove il sole non arriva, e in cima, dove il vento arriva eccome, ci sarà un po’ di fresco. Ma nel complesso dal punto di vista meteo e temperature, fantastico.
Mi inizio già a divertire un sacco. Come al solito non si prende troppo sul serio l’arrampicata (e forse per questo siamo lenti, o comunque meglio crederlo) e si scherza, si ride, si fa gli asini in parete. Ridiamo nel pensare agli escursionisti che passano sul sentiero sotto di noi che congiunge Gardeccia e Vajolet e sente queste bestie dire porcate e sparare cazzate. Poi presto arriva Luca e socio (che verso metà parete sarà al pari di me e Mirko), e le cazzate aumentano. Ma senza questa componente di ilarità, non sarebbe la stessa cosa..
Il terzo tiro mi preoccupa alquanto (ci alterniamo, quindi a me toccano i tiri dispari, a Mirko i pari), girà un po’, sono 40m con solo un chiodo alla fine, perciò ho ben paura di perdermi. Intanto mi proteggo su una clessidra di vendetta su quella del tiro precedente di Mirko: almeno la sua era verticale, la mia è addirittura orizzontale.. Ecco il chiodo, che conforto, ed ecco la sosta, fiuuuu. Che spettacolo, tutto verticale sotto di me, tutto esposto, tutto bello. Bel posto, bella compagnia, bella via.
Alla terza sosta iniziamo ad affollarci, Mirko mi raggiunge e parte, poi arriva Luca e infine Roberto: tutte e tre le cordate. Osservo Mirko sudare sul quarto tiro, e la cosa inizia a preoccuparmi: lui è molto più bravo di me, perciò se fa fatica lui.. Ma alla fine ce la farò! Riesco ad abbandonare la terza sosta prima dell’arrivo de “mi presento son l’orsetto ricchione, e come avrai intuito adesso ti..”, l’uomo a cui non voltare mai le spalle.
L’orologio scorre, ma il divertimento insito in me non me ne fa accorgere: siamo nei tempi per finire la via senza le frontali, ma ben più lenti della relazione. D’altronde è la mia terza via in Dolomiti, la sesta in ambiente, spero in miglioramenti futuri!
La quinta sosta è da brividi: la relazione parla di chiodo e cuneo, quando arrivo vedo solo un chiodo e poco sopra altri due..ma senza occhiello, spezzato. Oh ma che bello! Poi scorgo un bel metro più su un altri due chiodi: uno che esce due cm, e si muove un pochino, un altro che pare essere più fuori che dentro e che balla l’hip pop. E dopo c’è il tiro col V-. Ah, e il terrazzino su cui si sta è piccolo, scomodo ed esposto. Non vedo l’ora di abbandonare questa sosta.
Starci in tre è da contorsionisti, Mirko per fortuna supera agile il sesto tiro, così che posso abbandonare questa brutta sosta! La parte finale del tiro, dove c’è il passaggio chiave, è da leggersi come un traverso, non come una salita dritta, e detto fatto si giunge a una bella sosta con anelli di calata, ora si che son tranquillo!
E adesso tocca a me, il camino finale. Camini e diedri mi piacciono assai, ben più della placca: non essendo buono ad arrampicare infatti, prediligo l’uso delle mani, coi piedi non sono bravo.. Poi cazzo, il camino è sempre emozionante: chiuso in tre lati dalla roccia, ma dietro, sopra, e soprattutto sotto, solo aria, vuoto, da vertigine. Ma questo camino va salito delicato, è un po’ sporco, e porca vacca mi viene un tuffo al cuore quando faccio cadere qualcosa.
La guida del Bernanrdi prevede un tiro di 50m con uscita dal camino, ma verso la fine dello stesso trovo due anelli di calata: non posso certo dire di no a questa bella e comoda sosta, che tra l’altro mi concede delle belle foto panoramiche. E poi non voglio rischiare di smuovere troppa roba con tanti metri di corda fuori: qui servirebbe lo spazzacamin. Così mi fermo qui, e chiamo il mio compagno della giornata, che ben presto mi raggiunge e prosegue verso l’uscita.
Dietro di me Luca, che una decina di metri sotto di me deve aggrapparsi a uno spuntone per permettere alla cordata da tre di superare il passaggio ostico: Luca si accoppia con Punta Emma. Mirko trova il modo di far sosta da qualche parte nel colatoio, e così posso partire anche io scavalcando Luca e socio (sosta comoda, ma mica un salotto). Ah peccato, ormai siamo fuori, la giornata volge al termine, e io sono insaziabile.
Eccoci fuori, ma ci aspettano ancora un centinaio di metri di colatoio per uscire in cima. Saluto Mirko e salgo per tutta la lunghezza della corda, tanto qui è I e II: il problema sono i detriti che si muovono. Cerco di esser delicato delicato, di cercare di stare sempre e solo sulla roccia, anche se ciò comporta passaggi più difficili (beh mica del V!). Accidenti, riesco a mettere giù più protezioni adesso che in via!
Recuperato Mirko a spalla, optiamo per una salita in conserva lunga e buonanotte, se no ci mettiamo una vita a fare dei tiri, e lo stomaco reclama cibo, oltre che la gola acqua. E così si arriva in cima, con un bel panorama, un bel venticello e un bel fresco visto che il sole ormai è sparito dietro al Catinaccio. Ecco le Torri del Vajolet (dove scorgiamo delle cordate, tra cui probabilmente quella composta da fabio e Enrico), il Catinaccio d’Antermonia, le pope, la Marmolada, i Dirupi di Larsech, l’Agner, le Pale di San Martino, il Lagorai, Cima d’Asta, il colosso del Catinaccio (che sulla colata nera presente sulla nord, ha dei bei grappoli di ghiaccio!).
Arrivano anche Luca e socio mentre noi ci rifocilliamo e vestiamo, e adesso sparare due cazzate è ancor più semplice. Gli altri tre ci metteranno un po’ ad uscire, ma la nostra preoccupazione (nel colatoio è volato giù un bel masso) si placa quando li vediamo uscire.
Le insidie non sono finite, per andare a cercare la doppia di discesa c’è da scendere ripidi e poi fare un traverso esposto proteggibile solo da un capo. Luca si stufa di aspettare (è il primo sceso) e quando io e Nicola arriviamo all’anello di calata (siamo i due ultimi), sfila le sue corde: simpatico! Attrezziamo di nuovo e la doppia e via giù come il vento.
Ed eccoci giungere a uno dei momenti più ilari della giornata. Nicola chiede a Mirko di infilare la corda nello zaino, Nicola si abbassa un po’ per facilitare il compito a Mirko, “no Nico, ce la faccio stai così” “ma no dai, mi abbasso un po’” si china e “ahhhh la mia schiena”!
E via verso il Rifugio Vajolet, ripartizione del materiale tra le cordate, una veloce cambiata e poi la cena è servita. E si parla già di cosa fare domani, sconvolgendo più e più volte i programmi maturati in dieci minuti di discussione.
Via Fedele alla punta Emma nel sacco, avanti un'altra!

Qui altre foto.
Qui relazione coi tempi.
Qui foto di Nicola (anche in vendita).
Qui la nostra relazione.
Qui  video di vetta.

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