sabato 13 ottobre 2012

Accarezzando il granitoide: Rocca Sbarua atto primo

Ah era ora! Si arrampica su granito (o simile)! È la prima volta per me.. L’occasione è l’uscita del Corso AR1 del CAI di Carpi, destinazione Rocca Sbarua con pernottamento al Rifugio Melano, adesso Casa Canada.
Partiamo belli contenti dal solito parcheggio di ritrovo, ma il viaggio intristisce: la nebbia che incontriamo non rende gioiosi gli animi, e siamo pur sempre con le dita incrociate per il meteo. Già, perché proprio lui potrebbe guastarci la festa, ma per fortuna andrà più che bene! Non patiremo freddo, e vedremo anche qualche sprazzo di sole, che mi consentirà di starmene in maglietta sabato, e in maglietta e intimo domenica.
La ripida strada che conduce al borghetto dove si lascia la macchina, ci fa già assaporare il senso di verticalità che ci aspetta, senso che però le quattro ruote si sarebbero risparmiate volentieri, ma così è. Le nebbie, o le nuvole, avvolgono l’atmosfera di avvicinamento, la luce del sole a volte filtra impetuosa, e ciò permette qualche foto ad effetto. Poi appare lei, la roccia. È la in lontananza, e l’avidità di scalare fa aumentare il passo verso questa attrazione intima.
Nicola mi aveva parlato della Gervasutti, e al rifugio sento da Davide se posso andare a farla: mi dice che il mio allievo di oggi è Cristian (che accetta la via), e che anche lui pensa venire a farla, meglio di così.. Via allora! Nonostante non abbia arrampicato su granito, nonostante nemmeno su dolomia accetti di spingermi oltre il V (e questa via è di V), non sto più nella pelle, e ciò mi da una spinta che mi fa dimenticare ogni timore. Poi, si mette la prima mano sulla roccia, la seconda, il primo piede, e la mente entra in uno stato tutto suo, di alta concentrazione, ma mantenendo il divertimento presente (“siamo qui per divertirci”).
A me piace arrampicare in diedri, fessure, camini, quindi qui dovrei trovarmi a mio agio, e con mia piacevole sorpresa così è: passato il primo tiro mi tranquillizzo che dovrei farcela. E salito Cristian mi tranquillizzo che anche lui può farcela.
Il primo tiro parte con una bella placchetta ma dove si può sfruttare in spaccata il lato sinistro, si aggira uno spigolo e poi si trova una lama da salire in aderenza, che da qualche brivido. Ma raggiunta la sosta la concentrazione passa la palla al divertimento, che può sfogarsi dopo esser rimasto represso per qualche istante. È solo il primo tiro, ma già me gusta assai!
La parete inizia a popolarsi, qui è pieno di speroni, settori, vie, tiri, è un marasma. Se di solito una difficoltà che può esserci è quella di trovare la via per la presenza di pochi chiodi o spit, qui è il contrario: ci sono talmente tanti spit che rischi sempre di finire sulla via a fianco, magari nemmeno presente nella guida, che magari sopra diventa un 6c. Fortuna che Davide davanti fa da apripista, anche se questa Gervasutti è abbastanza intuitiva.
Il secondo tiro è facile, è un trasferimento verso la parte divertente: due tiri in diedro (concatenati) con passagini per nulla banali in strapiombo. Non saprei dire come mi sento: tutti mi avevano detto che il granito spiazza se sei abituato al calcare, invece mi pare di conoscere questa roccia da sempre. Pur restando che il mio modesto grado di arrampicata è quello, ma mi sento tranquillo, non trovo passaggi che mi mettano particolare agitazione (e il mio secondo mi da una certa fiducia sulle sue capacità di assicurazione). Anche Cristian e Giorgio e Roberto (legati con Davide) salgono come gatti.
Beh, e adesso? Il temuto e famoso Dulfer finale della via: 18m di fessura faticosa, ce la faranno i nostri eroi?! Davide neanche a parlarne, uno scherzo per lui, i suoi secondi son già su. Dall’alto mi da un paio di dritte per salire, io non sono bravo in tecnica, ma sarà la smania o altro, salgo salgo fino all’ultimo spit prima della sosta: cazzo, la corda non viene, son qui con una mano sola, una fatica bestia e la corda non viene! Poi finalmente arriva (si era aggrovigliata), rinvio, tac, e finisco il tiro. Ci starebbe un “hi ha!” ma intorno a me ci saranno mille persone più brave del sottoscritto, mi sentire un pirla..
Anche Cristian supera il tratto più ostico della via, e siam fuori. Ma perché scendere già per il sentiero?! Finiamo in cima, passando sugli ultimi tiri della normale (che poi diventerà un tiro unico). Parto, seguo la variante di Davide, metto un nut che Cristian farà fatica a togliere (gulp!), e giugno al passo del gatto: un cunicolo in lieve salita dove occorre strisciare come un serpente, non come un gatto, e anche lungo un buon 4m! Un passaggio che fatto una volta, mai più! Questo è anche un collo di bottiglia di traffico di climber..
Ed ecco la “cima”, ultimi metri tirando la corda come un tiro alla fune, e recupero Cristian, bravo. Si mangiucchia qualcosa e..adesso che si fa? O meglio, adesso che si sale? Gully e Luca son con noi, sono saliti dalla Normale a fianco a noi, scendiamo a ripetere i, loro passi, ma partendo già con l’idea di evitare assolutamente l’ultimo tiro del passaggio nel loculo ma scendere per sentiero.
Quindi scendiamo e poi si riparte. Via più facile, ma comunque non banale, soprattutto se ci si complica la vita con passaggi al fianco. Avido di scalata concateno i primi due tiri, un buon 45m di tiro. Sale anche Cristian, che prova l’ebbrezza del passaggio sullo spigolo, con roccia alla propria sinistra e vuoto alla destra (ah, laDelago!). Tiro in diedro e ci ritroviamo alla congiunzione con la Gervasutti: scendiamo in doppia dai, così le ripassiamo un po’!
La doppia è sempre un emozione, secondo me anche quando sarò alla millesima avrò sempre il buon caro e vecchio tuffo al cuore quando sgancio il moschettone dalla sosta per rimanere solo sul freno e sul machard. Prima doppia volutamente su una sola corda per non rischiare nodo impigliato, e la seconda lunga lunga, dove scendo per primo per sbrogliare i mille inghippi venuti da un lancio scarso..
Alla base troviamo oltre a Luca e Gully, anche paolo e Roberta, che tutti e quattro provano monotiri (la parete è bella affollata adesso!): ne provo uno anche io e poi decidiamo che sia ora della birra, via al rifugio! Affiancata da un panino con le famose acciughe piemontesi..
Onestamente, son già li a pensare a cosa fare domani, sperando non piova: lo so, faccio schifo, non mi accontento. Una bella cena allegra viene intervallata dai discorsi sul cosa fare domani: la Cinquetti sembra alla nostra portata, Cristian ci sta, Luca decide di venire a farla anche lui (col suo secondo, che diventerà Giorgio per indisponibilità di Gully, vittima dei peperoni della cena).
Con la panciozza piena, via a letto, mentre il CAI di Monza canta fuori, domani è un altro giorno. Un altro giorno di arrampicata!

Qui  altre foto.

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