domenica 9 dicembre 2012

La pace dei sensi nelle Dolomiti imbiancate: Cima Undici (Pozza di Fassa)

Un itinerario da poco in progetto, complice il suggerimento di Nicola e il forte ok di Riccardo, che decidiamo di affrontare in una giornata che dovrebbe essere limpida: limpida si, ma fredda e ventosa! Siamo io, Riccardo, Marco e Paolo: armati di poco, non c’è nulla di tecnico oggi, ma ognuno con almeno due pile nello zaino!
Partiam da casa che segna -7, sapendo che le previsioni danno al nostro arrivo a Pozza un -16. Poi vento forte da nord, effetto wind chill assicurato: ma sarà peggio che sul Cimone?! Non credo, perciò sono fiducioso che i nostri corpi riusciranno a resistere bene. Arriviamo al bar di Pozza con un -11, quindi dopo la colazione mi cambio in bagno e ciccia!
Si parte, osserviamo sgomenti i ghiaccioli affilati come lame che pendono dal “cavalcavia” che porta al camping Vidor. Dopo poco Ricky mi chiede le muffole perché ha le dita che non le sente più. Io dopo dieci minuti sento già il ghiaccio formarsi su pizzetto e baffi. Brrrrrrr!
Il sole inizia a illuminare il Catinaccio, la dolomia si infiamma, la nostra vista si delizia.
Ma il bosco è un incanto: non c’è tanta neve, ma quella che c’è grazie al freddo è rimasta aggrappata agli abeti, piegati stanchi verso il basso. Nessun rumore, solo noi, una risata dietro l’altra e una pace dei sensi notevole. Però inizio a pensare che non so se arriveremo in cima: il giro non sembra così corto, il freddo potrebbe abbatterci, il vento respingerci: mah!
Iniziamo già a pensare a che rottura di palle sarà la discesa su questa pista da slittino, a meno che non troviamo uno slittino: non lo troveremo. Saliamo con calma, le foto sono d’obbligo, ma le soste devono essere molto corte se non si vuole fare la fine dei ghiaccioli. Arrivato a temperatura posso permettermi di togliermi il pile, ma di aggiungere il passamontagna perché il ghiaccio sul pizzetto inizia a essere insopportabile: tra un po’ non riuscirei più a parlare per la sigillata che mi da!
Al bivio col sentiero, che finalmente parte pendente se no non saliamo mai più, capiamo che presto ci sarà da calzare le ciaspole, se non altro per evitare il continuo afflosciarsi di lato della caviglia dove la neve pressata dagli sci cede. Poi serviranno anche per la fresca.
Pian piano il bosco si dirada, il sole è ben lontano dall’irraggiarci, siamo ancora in ombra. Chi si ferma è perduto! Qualche scialpinista già scende..ma come?! Che siano già arrivati in cima mi sa strano: vuoi dire che in cima non si arrivi quindi?! Nooooooooo, una giornata così panoramica su un terrazzo così panoramico non può sfumare! Sfideremo le intemperie!
Il bosco ci lascia definitivamente, scorriamo a lato del gruppo dei Monzoni (ma che belle pareti e canalini, vuoi dire che non ci sia niente per di la?!), e finalmente arriviamo anche al sole. Non che ci sia caldo qui, ma almeno si sta un po’ meglio. Anche perché uscire dal bosco equivale a perdere la sua protezione dal vento..
Arriviamo al Rifugio Vallaccia con una fame.. Per fortuna il lato assolato del rifugio è riparato dal vento (che comunque non soffia ancora forte) e possiamo quasi goderci il panorama che si osserva. Si vede già la Marmolada (che solo dalla cima saremo sicuri fosse lei), e scorgiamo quella che pensiamo sia la nostra meta: “non ci arriveremo mai, guarda che pendio da risalire per arrivare al passo! Troppo pericoloso” Ma uno sci alpinista che arriva ci conforta: “ma no, non è quella, e qui dietro! però tira vento, io sono tornato indietro appena superato quel dosso la”. Azzo, non ce la faremo.
Si riparte, nel bianco dipinto di bianco, soli con la montagna. Giriamo l’angolo e scorgiamo la cima, ma è a due passi! E io che temevo che non ce l’avremmo fatta! Sulle creste intorno a noi il vento soleva la neve in turbinii ipnotici, mentre noi prendiamo solo qualche raffica. Saliamo seguendo una traccia vecchia, oggi nessuno deve essere ancora salito in cima. Dai che magari saremo solo noi! Vorrei mettere la maschera per evitare la neve lanciata negli occhi, ma si è congelato lo schermo e non c’è modo di scongelarlo..
Giungiamo nei pressi della cresta io e Riccardo, Marco e Paolo sono leggermente indietro, e ormai la cima sembra a due passi, deve essere la dietro. Tratto delicato, allora decidiamo di toglierci le ciaspole e lasciarle qui, tanto ormai ci siamo. Togliamo, Riccardo fa quattro passi per superare questa roccia, vede dov’è la cima e mi dice prontamente “no no, riprendi le ciaspole!”. Cammina cammina, ed ecco laggiù la croce, ormai è fatta, quattro ore per la salita. E il panorama si apre.
Dalla cima lo spettacolo è a 360°: Latemar, Ortles Cevedale, Catinaccio, Sassolungo, Sella e Piz Boe, Marmolada, Monzoni, Civetta, Pale di San Martino, Lagorai. Il vento soffia, ma niente a che vedere con l'Appennino! Qui il video di vetta.
Arrivano degli sci alpinisti, mi pareva strano esser soli, che prontamente appena arrivano in cima si cambiano completamente dalla vita in su. Pure una ragazza, che si cambia anche il reggiseno: ecco un altro motivo per imparare a sciare! (se mai la ragazza in questione stesse leggendo, complimenti alla mamma).
Poi arrivano anche Marco e Paolo, e possiamo finalmente condividere la foto di vetta. Si perché io e Riccardo è un po’ che aspettiamo, e qui anche cinque minuti fermi vogliono dire prendersi un bel freddo! Non si può resistere ad altre foto del panorama, e così è. Uno sci alpinista ci chiede di fargli una foto “mi potete fare una foto? Tanto per scendere avete tempo voi”, ecco ci sfottono pure perché siamo senza sci. Siamo (come al solito) gli unici senza sci. Poi lo stesso, prima di scendere ci guarda e ci fa “buona discesa!”, ma vaffa!
La discesa ce la spariamo molto più agile della salita (anche se i quadricipiti devono lavorare per sollevare la ciaspola appesantita dalla neve fresca. Seguiamo le tracce degli sci alpinisti, brutta scelta, sul traverso mentre passo sento un “wom” per nulla confortante, tela via.
Spettacolare questa valle: niente antropizzazione, vista mozzafiato, dolomiti, inverno, bianco, neve. Ci si potrebbe stare delle ore a guardarsi intorno. Ma fa freschino, e i canederli ci aspettano! Torniamo al rifugio e mangiamo qualcosa. Mi lascio andare a una riflessione: oggi niente di tecnico è stato fatto, ma quante risate, scherzi, battute, tutto vissuto in tranquillità non essendoci difficoltà che richiedessero un’alta concentrazione. Belli i canali e le cascate, ma senza trekking del genere perderei il gusto di andare in montagna.
Attenzione, il sole è lì lì sul filo della cresta, se cala un grado finiamo all’ombra, andiamo dai. Tanto adesso ce la spariamo tutta in neve fresca, niente traccia di salita, gran taglioni (seguendo comunque le tracce degli sci, si sa mai che ci perdiamo nel bosco), e qualche caduta nel fare i pirla correndo e abbozzando una sciata con ‘sti affari ai piedi. E Riccardo in questo video ci insegna come si fa.
Torniamo sulla strada, ci togliamo le ciaspole e ci concediamo un mucchio di altre foto a questo paesaggio: semplicemente inverno, non serve dire altro.
Cogliamo tutte le sfumature di illuminazione del Gruppo del Catinaccio (da stamattina all’alba ad adesso che iniziano ad ombreggiarsi le pareti a est), scendiamo sperando di trovare gli slittini, ma invano. Arriviamo all’auto che la temperatura è ancora bella croccante, un -8, e si sente. Nel cambiarci (si resta in mutande!) le mani vanno a ramengo! E ciò contribuisce a spicciarci..
Si riparte, a caccia del bar/trattoria/tavola calda, quel che l’è, basta che riusciamo a mangiarci sti minchia di canederli. Sol che sono le 15e30, trovare una cucina aperta a quest’ora.. E infatti non la troveremo, uffa. E dopo questa delusione, una smartellata di maroni in coda in A22 fino a Affi, che Dio stramaledica i mercatini di Natale! Ma che lasci stare le dolomiti d’inverno..

Qui altre foto.
Qui report.
Qui video di vetta.

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