domenica 26 maggio 2013

Esplorando il Brenta: Passo del Clamer

Esistono giornate in cui sembra di uscire fuori dal mondo. Di entrare in uno magico, solitario, dove pochi colori ti fanno compagnia, dove il silenzio regna, disturbato solo dal rumore del vento, o dalle scariche di sassi, o dalle valanghe che cadono dai versanti carichi, o dalle grasse risate che escono dalle nostre bocche. Giornate in cui parti senza sapere bene a cosa andrai incontro, me che quando stanno per finire ti lasciano un senso di nostalgia immediata. Questa è una di quelle giornate.
La meteo fino a venerdì sera (ultimo momento in cui la guardai vista l'imminente partenza per le Marche) dava tempo instabile un po’ ovunque, forse il migliore era l’Appennino. Marcia dei Tori la scarto perché immaginavo fosse in mezzo a fango e neve e su un percorso più corto. Mentre siamo di ritorno in auto inizio a sentire Riccardo se ha idee, io ne ho, ma voglio prima vedere cosa dicono le previsioni e se sui forum han fatto qualcosa. A casa tutto di corsa per arrivare col minor ritardo possibile alla cena con gli amici, e scopro che il meteo non è così malvagio! Porca vacca! Andiamo in trentino, decideremo in macchina il luogo preciso.
Luna alta, cielo sereno, mio Dio perché?!?!?! Non doveva esserci così bello oggi! A saperlo partivamo ieri sera alle 21 per farci una notturna della madonna! Destino crudele! Amen, cerchiamo di rimediare con un’esplorata della zona del Brenta. Partendo sopra Molveno. Ho qualche itinerario scaricato da web della zona, vediamo che si può fare: probabilmente poco visto quanta neve deve esser venuta giù ieri. E invece non è quasi nevicato per nulla!
Saliamo fino alla baita Ciclamino in macchina, e partiamo sulla forestale all’esplorazione. Bagnato sì, ma neve no. Sole. Porca miseria.. Si poteva fare qualcosa di aggressivo oggi. Penetriamo così lentamente nelle Dolomiti di brenta, osservando i ciccioni dolomitici stagliarsi verso il cielo mentre ci avviciniamo alla loro base: e ciò li rende ancora più mastodontici. La noiosa forestale ci conduce in 50 minuti al Rifugio Croz dell'Altissimo, sopra il quale si slanciano le sue pareti: urca!
Già dal parcheggio scorgevo un’interessante canalino che sale (credo) verso la Bocca del Tuckett che voglia di spiccozzare.. Ma optiamo per dirigerci verso il Passo del Clamer. In fondo quel canalino giace sopra un rigolo d’acqua, e chissà quanto è spesso lo strato di neve. Risaliamo con fretta di sete di scoperta una zona che pare da cantiere di lavori in corso per rifacimento sentiero, fino al nostro bivio col 344, dopo il quale iniziamo a pestare neve.
La cosa inizia a farsi interessante. Superiamo con timore un ponte di neve sotto il quale sentiamo e vediamo scorrere acqua. Un passo, due, tre, quattro, è fatta. Ricky tocca a te! Andata anche per lui. Sopra di noi un camoscio svetta e salta su un pendio bello ripido, che poi scopriremo dover percorrere anche noi. Intorno vedo canali su canali, cime, roccia, argh, che voglia.
Il sentiero, ancora a sprazzi visibile o intuibile, si inerpica zizgando sul verticale. Robetta d’estate, ma con 20cm di neve che non permette di capire su cosa stai appoggiando il piede (roccia liscia? Sempre che su qualcosa tu stia appoggiando poi..) diventa interessante. E sbuchiamo così sul pendio sommitale, una bella distesa candida di neve, dove pare che nessun uomo abbia mai posato piede o lamina o ciaspola. Fantastico. Con i colossi dolomitici sempre a farci compagnia. Cielo limpido ma sole che non ci raggiunge per colpa del Croz dell’Altissimo, troppo altissimo.
Ora si naviga a seguendo la nostra meta, il passo del Clamer, il sentiero è sotto chissà quanta neve. Cerchiamo di andare al sole, dove consumiamo un picnic dolomitico e dove calziamo le ciaspole perché inizia a essere un po’ troppo arduo proseguire senza. Il sole adesso ci colpisce in pieno, e sulle pendenze finali la combinazione tra irraggiamento e fatica farà l’effetto grondaia sul mio naso.
Un masso equilibrista, una meringa, delle cornici, che selvaggio, che affascinante. Proseguiamo a spron battuto, quando i miei occhi scorgono una possibilità di salita leggermente differente da quella che immagino sia quella del sentiero. Ma su, proviamo. 
Canalino con a fianco un po di roccia, che risaliamo rigorosamente ciaspole ai piedi. Calcia con forza per infilarla bene sotto, in modo che crei un bel gradino, estrai il piede sotto, solleva il più possibile e ripeti. 30°, 45°, i bastoncini aiutano, ma iniziano a scendere parecchio nella neve. Una mano sulla roccia, 50°, l’uscita si avvicina, ma che cornice! Poco strapiombante, ma alta un metro. 60°, e sono ormai in piedi a cercare di salire sopra la cornice stessa, mentre inondo Riccardo di polvere bianca. Alla fine non riuscendo a scavalcare opto per la soluzione brutale: spacca tutto e fatti una trincea per salire.
Eccoci fuori, ancora in ambiente desolato, appagati da ciò che ci circonda. Osserviamo tutto intorno a noi la magnificenza della montagna.
La Cima Lasteri poteva essere una meta di oggi, ma vediamo che la montagna è un po’ severa in queste condizioni: verglass, roccia ricoperta di un lieve strato di neve, meglio desistere. Scendiamo. Togliamo le ciaspole perché se no temiamo di metterci a sciare senza controllo alcuno su questo ripido pendio iniziale: in compenso affondiamo i primi passi fino all’ombelico. Tutto ciò farebbe ridere assai, non fosse che se non riesci a uscirne.. ma dopo un po’ di tentativi di divincolarci, riusciamo a emergere e scendere a folle velocità.
Osserviamo l’immacolato pendio nevoso essere puntinato dai tarlocchi di neve che stacchiamo e che scendono più veloce di noi. Ma cerchiamo di tenergli testa, anche se foto sono d’obbligo in questo spettacolo. Torniamo sui nostri passi, sulla parte da camoscio che temevamo dover scendere (qui se scivoli voli giù per parecchia metri) ma ce la caviamo. Anche il ponte di neve sul ruscello regge ancora.
Ora patiamo un caldo.. E osserviamo la bastionata roccioso di fronte a noi essere percossa da valanghe in successione. Impressionante, non sembrano nemmeno grandi ma il rumore è terrificante lo stesso. Appena rimettiamo piede sul 322 decidiamo di spogliarci. Detto fatto e il sole si oscura e inizia una brezza fastidiosa. Strano.
Il Rifugio Croz dell’Altissimo si è animato di vita, altra gente presente, ma la nostra fetta di solitudine ce la siamo già presa. Scendiamo annoiandoci alla macchina, fantasticando sulle prossime gite e cime, concludendo con un bagno dei piedi nell’acqua gelida, e la consueta birra finale. Per fortuna si è annuvolato il cielo, il rimpianto per una notturna mancata non poteva sopportar anche quello per una giornata mozzata a mezzogiorno.

Qui altre foto.
Qui report su on ice.

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