domenica 30 giugno 2013

Brutto nome, bella parete: Parete Nord del Monte Pasquale

Metto le mani avanti, per questo post dovrò essere super conciso, la preparazione della prossima avventura non mi concede spazi.
Faccio contenti Marco e Gianluca proponendo questo itinerario che entrambi corteggiano da tempo, Gianluca soprattutto, che mi sorprende accettando l’invito: all’uscita della parete lo vedrò contento come un bambino col lecca lecca, o come l’adolescente alla sua prima..
Detto fatto, si parte, sosta cena con pasta integrale con olio e grana cucinata dal sottoscritto sotto ottimo consiglio, ma poi ci cade la catena quando al passo del Tonale Marco sbircia nella sua borsa e.. “ho scordato i pantaloni a casa”. Dopo fasi concitate su cosa fare o non fare, marco calza i miei jeans e i mie copri pantaloni: tenterà la salita con quelli.
Ma parto molto chiaro, se siamo stanchi o marco ha freddo alle gambe, si torna giù subito. Carichi in A22 a vedere il cielo sereno, al Gavia cadono i maroni quando piove. Al parcheggio dei forni dormiamo un po’ “comodamente” in auto e alle 00e30 partiamo, poco spinti visto che ancora qualche goccia cade. Si vedono le stelle, ma non sopra le cime dove aleggia il lattiginoso.
Eccoci al Pizzini, entriamo nella sala degli scarponi ad aspettare se migliora un po’ visto che tira vento e qualche fiocco cade. Niente da fare, dopo mezzora ripartiamo e amen, si prende quel che viene, siamo qui proviamo.
Morenone da risalire coi piedi che slicciano sulla fanghiglia, vento e neve in faccia. Fortuna che siamo a giugno. Solo noi in giro, d’altronde sono le 2e30 di notte, ma tra poco qualche frontale la vedremo partire per il meraviglioso Gran Zebru (Suldengrat e Pale Rosse, ci vedremo presto..), poi tac, piedi sulla neve, sotto la parete, si sale.
Primo tratto in slego, la neve è buona, tratti ghiacciatini e tratti dove si va un po’ giù, ma va più che bene. La parete si distingue bene, solo in alto è coperta. Ma se resta così, scendere dalla normale sarà complicato. Arrivati sotto le prime rocce optiamo per legarci, conserva lunga ma almeno un po’ protetta (e il maestro sarebbe fiero di noi).
Parto io, che goduria, qualche fittone ogni 40m, ma poi finiscono e devo andare a cerca delle rocce che stanno a sinistra con Gianluca che continua a gridarmi “devi andare a destra!”. Tre cordini legati tra loro a bocca di lupo, semplice no?! E invece marco ci metterà mezzora per districare lo scioglimento.. Salgo un altro po’ nella speranza di trovare un bello sperone su cui far sosta, ma gli speroni non ci sono: giù le picche nella neve, ma col piffero che mi ci appendo!
Salgono gli altri due. Intanto l’alba si è fatta, il sole illumina in pieno le montagne alle nostre spalle, il Bernina, il Gran Zebrù, le nuvole aleggiano appena appena sulle cime. E pensare che fino a un paio d’ore fa ero convinto che sarebbe finita con le pive nel sacco. E invece stiamo salendo, e direi riusciremo a farcela.
Tocca a Gianluca ora, è la sua parete, gli passiamo tutto il materiale nell’ottica che possa uscire dalla parete con un “tiro” unico. Inizia a salire, che l’immagine con la luna mezza lassù è davvero suggestiva. La corda finisce, è ora che si parta anche noi due. Marco non va in montagna dalla Palla Bianca, e lo sente, o meglio, lo sentono i suoi polpacci. Vedo Gianluca che pianta una vite da ghiaccio. Una vite?! Oh la peppa! Ci sarà da divertirsi lassu!
Arrivati alla parte più ripida, non vediamo più Gianluca, ma vediamo il ghiaccio. Non buonissimo, ma le picche e i ramponi si piantano bene. Sento i polpacci di marco cantare, ma io canto più forte, mi sto divertendo. Ormai al sole capiamo che è fatta, e le nubi si sono diradate a modo, tantochè il gran Zebrù si mostra nel suo splendore.
Ecco Gianluca, felice come una pasqua all’uscita. Eccoci anche noi, ecco le formichine che salgono verso il Cevedale. Ecco il panorama. Ecco la cima, dai pochi passi verso essa e poi tante foto. Sono le 8.
Scendiamo alla ricerca della normale, pausa per cibarsi che su c’era troppo vento, e quanta gente che sale sul Cevedale: sulla nord del Pasquale solo noi. Giù verso la Vedretta del Cedec, passando vicino ai seracchi grandi come cattedrali, e poi sprofondando nella neve fino a metà tibia.
Che bel posto la valle del ghiacciaio dei Forni: circondati da giganti oltre i 3500m, dove spicca il Re.
Risiamo al Pizzini, lo scenario è diverso, stanotte tutti a letto tranne noi, adesso bello popolato, nonostante siano poi le 10e15. Ci informiamo per la jeep, che sarebbe opportuno preservare le ginocchia e guadagnare un po’ di tempo. Ma verremo ingannati, aspettiamo un po’, ma infine decidiamo di scendere a piedi, della jeep nessuna traccia, 40euro/4 risparmiati.
Terza nord salita in questo mese di giugno segnato dal meteo incerto e primaverile. Ora speriamo che si apra anche la stagione dei 4mila!

Qui altre foto.
Qui il report.

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