sabato 14 dicembre 2013

Una lunga giornata: Torre Innerkofler, Mi..stica!

“E chi ce lo vieta?”: una bella domanda mi pone il mio amico Riccardo al mercoledì sera, e non riesco a trovargli risposta. Un itinerario che il nostro Nicola ci decanta da tempo, ma che ancora non è riuscito a salire per mancanza di tempo quando le condizioni erano favorevoli. E vedi su web un tentativo a fine novembre finito quasi male, e vedi il primo weekend di dicembre salito, e vedi il secondo weekend di dicembre salito, e vedi che dicono sia in ottime condizioni, e vedi che questo weekend c’è sole, e vedi che la poca neve presente sull’avvicinamento lo facilita e lo rende senza rischi, e vedi che abbiamo il weekend libero da cene o morosa, e vedi che oltre al pelo tira anche una goulotte, “chi ce lo vieta?”.
Dopo un bel weekend a Roma, venne il weekend nei monti. Giovedì sera il mio letto è già apparecchiato di tutto ciò che mi porterò dietro. Venerdì ore 20e00 la macchina di Riccardo parte, bella piena, destinazione Passo Sella. Ci arriviamo verso le 23e30, un freddo becco fuori, un cielo stellato da paura, nessuna voglia di metter giù la tenda, ficchiamo gli zaini e borse in ogni buco della macchina, tiriamo giù i sedili e ci infiliamo nei sacchi a pelo. Buonanotte, per poche ore.
Alle 4 suona la sveglia, i vetri dell’auto sono ricoperti da un bello strato di ghiaccio, internamente anche. Ci vestiamo cercando di evitare il più possibile scambi termici tra esterno e interno auto. Svito il tappo del thermos, il caffelatte preparato ieri sera è ancora caldo, i biscotti burrosi di Riccardo rincuorano. È un gran giorno, o almeno speriamo.
Partiamo che sono le 5e20, non vediamo intorno a noi nessuno, meno male. Ah no, è appena arrivata un’auto: a quest’ora del mattino e in questo parcheggio, dove vuoi mai che vadano? Temo l’affollamento sulla via visto quanto sia diventata popolare grazie ai report su internet, per questo ho voluto svegliarmi presto, ma alla fine non abbastanza presto forse. Mettiamo piede sulle piste, nessuna voglia di ravanare, anche perché le ciaspole sono rimaste in macchina, nessun peso superfluo.
I cannoni sparano neve per sopperire alla mancanza di quella naturale. Che tristezza. Ma forse per noi oggi è meglio così. Il frastuono di questi mostri per il divertimento cozza con la pace che ispira questo cielo stellato. E che stelle. E quante cadenti. Riesco a finire i desideri da esprimere! Quattro o cinque, di cui uno dedicato alla buona riuscita della salita di oggi, ovviamente.
Ma ecco che vediamo tre frontali lassù sul crinale, bene, siamo già tre cordate. Pazienza, la montagna è così. Almeno la compagnia renderà meno temibile questa salita. L’ambiente in cui si svolge è già selvaggio di per se, l’essere da soli metterebbe a prova la testa ancor di più. Alcuni report che ho letto parlano proprio del distacco che si trova al rientro, quando si rimette il naso sulle piste dove gli sciatori sferzano: un distacco che oggi non subiremo, visto che rientreremo a piste già chiuse da tempo.
Abbandoniamo la pista, saliamo verso il crinale. La neve è poca, davvero poca, ampi tratti pelati, ma tanto ghiaccio: si vede che qui sono passati in molti ultimamente, e non è che porti da tante parti questa direzione. Al ritorno meglio tenere i ramponi. Laggiù le altre due frontali della macchina che era arrivata al parcheggio salgono svelte. Io non voglio bruciarmi sull’avvicinamento, ci sarà modo di stancarsi dopo.
Giunti quasi alla fine del crinale (oltre si innalza Punta Grohman) si va decisi verso sinistra, verso una staccionata con cancellino per il passaggio dei bipedi. Avanti! Traverso di sali scendi vari, ghiaia infida, ghiaccino, un po’ di neve, viva i bastoncini che mi aiutano a stare in equilibrio!
Siamo smaniosi di salire, ma qui svolti un angolo e ancora non vedi il canale da risalire, calma. La luce della frontale ci guida, ma ancor meglio ci guidano le tracce di chi è già passato. I due dietro di noi ci raggiungono, continuiamo l’avvicinamento. Poi finalmente in questa notte magica (è ancora ben buio) vediamo che la traccia sale decisa in mezzo a due pareti verticali, in mezzo alle quali lassù si vede il cielo. Ecco il Canalone Moppo.
Le cose iniziano a farsi serie. Ancora senza ramponi ai piedi, saliamo con calma ma a passo costante questo canalone. Al rientro ci renderemo conto di quale fosse la sua vera pendenza, ma adesso non ci facciamo caso, siamo già concentrati su quei 90° dei tratti di ghiaccio di Mistica. Neve buona, poca, qualche tratto scoperto, ma salire non è un problema, sarà scendere il delicato.
Si inizia a vedere il cielo scaldarsi di colori caldi all’orizzonti, ma qui c’è ancora da salire, ancora per un po’: il buio non ci permette di quantificare questo “po’”, ed è meglio così, beata ignoranza! Eccoci alla forcella tra il Dente e la nostra Torre Innerklofer: sembra una sala da pranzo, bella larga, ottimo posto per cambiare abito.
Giù lo zaino grande, mi cambio per mettermi asciutto,e metto l’orsetto (mitico orsetto!). Apparecchiamo gli imbrachi, prepariamo le picche, mettiamo i ramponi, il casco, le corde. Armati di tutto punto. Lasciamo qui ciò che non ci serve, io cambio anche zaino, tanto dentro lascio poca roba (poca per i miei canoni). Sono ormai le 7e30 quando siamo pronti a scendere dall’altra parte della forcella alla ricerca dell’ attacco. Si è fatto giorno, un gran bel giorno.
Scendiamo, dall’altra parte, già questo fa un certo effetto visto che abbandoni un versante per andare su un altro, in pochi metri sembra di percorrerne mille. Si scende per 150m, si piega a destra, e bam, la parete davanti a noi: i primi tiri tutti belli visibili, fino alla candela del quinto tiro, dove notiamo già qualcuno (è il secondo di una cordata che ha attaccato alle 6e30, e che si calerà in doppia giusto nel momento in cui io sarò impegnato sulla candela), un’altra cordata su Clean Gully e davanti a noi tre simpatici veneti/friulani coi quali condivideremo le prime soste.
Ci siamo, lei c’è, noi anche. Pronti? Preparati? Come diceva Battisti, lo scopriremo solo vivendo.
Ok Ricky, parto io. Gli ultimi report letti parlavano dei primi due tiri in slego date le condizioni, ma credo che abbiam tempo, quindi releghiamo la conserva lunga alla seconda parte. Salgo più a sinistra di dove si trovano i veneti, in modo da non intralciarsi, mi complico un po’ la vita, ma è uno spasso. Che bello.
Sono le 8 ormai. Si parte già incassati, anche se ai nostri lati non si innalzano pareti vertiginose ma “solo” speroni e costole di roccia. Qualche passaggio di misto, giù un friend, qualche cordino in clessidra, pianta le picche nella neve dura, e via che si sale. Il Dente si colora di rosso grazie al sole. Prima sosta raggiunta, un po’ stretti coi veneti ma sono già entusiasta. Ma resto concentrato, il duro viene dopo, già il mio prossimo tiro presenta un muretto di ghiaccio che non sembra nemmeno molto grasso.

Arriva Riccardo, il suo entusiasmo è palpabile. Parte lui per la salita sul nevaio che porta alla base del muretto del terzo tiro. Iniziamo già a prendere confidenza con la doccia di neve farinosa e blocchetti di ghiaccio che chi è sopra tira (involontariamente) giù, ma ancora questo è nulla.
Raggiungo il mio amico, affiatato compagno di cordata (sul tratto di conserva si mostrerà davvero bravo nell’anticipare le mie mosse) che ha fatto sosta con chiodi da ghiaccio sulla destra. Guardo in su. 80°? Mah, a me pare di più. Però sembra molto lavorato il ghiaccio, le numerose ripetizioni hanno addolcito la salita.
Parto, urca, non banale, non per me almeno, salgo dritto poi vado verso sinistra, giù un chiodo, cordino in una clessidra di ghiaccio. Boh, io devo chinarmi all’indietro per vedere dove sono i piedi, di solito questo è indice di verticalità più sospinta. Riesco a uscire, soddisfatto, è dall’anno scorso che non calco cascate di ghiaccio, e non sono nemmeno tanto esperto (è la quinta questa? Se non è la quinta, è la sesta). Dai che ce la facciamo. Facendo due conti, la candela tocca a me.
Il tiro spiana un po’ dopo questi 8 metri di muretto, ma poi piega a sinistra per tornare su ghiaccio, candela anche questa ma di pochi metri, e sopra la sosta (scomodo starci in tanti). Ora si inizia a essere più incassati. Ora si inizia a sentire profumo di alpinismo. La puzza uscirà stasera dai nostri abiti sudati.
Recupero Riccardo, che sale bene e mi avvisa di un’altra cordata sotto di noi. Lo incito a partire subito dopo i veneti, mi maledirà perché così si prende una bella dose di doccia di neve farinosa, che io mi son già fatto sul muretto di ghiaccio, ed era leggermente più fastidioso avere difficoltà a guardare in alto.
Ricky supera il suo tratto ghiacciato, lo raggiungo in sosta dove lo trovo comodamente a sedere sotto una bella nicchia rocciosa, in attesa di me e della cordata dei veneti dove il primo sta terminando la candela. Lo sento ostiare, lo sento dire “ah ma non è finita”: non mi aumenta il coraggio tutto ciò, ma nemmeno la paura. Due corde scendono dall’alto, qualcuno si prepara a scendere in doppia!
La candela è bella grassa, tocca terra, non sembra così dura, poi potrei prenderla in diedro col piede destro sulla roccia.. No stiam calmi, l’ultima volta che ho sminuito una montagna, me l’ha fatta pagare. Aspetto che salgano anche i due secondi della cordata veneta e parto.
Si parte bene, una rampetta, poi mi aspettano 5 metri verticali. E proprio mentre sono li, quelli in doppia si calano, sulla sinistra sì, però il rischio è quello di aumentare l’agitazione, stai calmo. Le braccia fanno il loro lavoro, un po’ di opposizione sulla roccia, un cordino nel chiodo sulla destra (mica tanto comodo da mettere! E nemmeno da togliere a detta di Riccardo). Mentre sono ancora li sul verticale, recuperano le corde delle doppie “ehi calmi, vorrei ancora avere una morosa domani”, la loro corda scorre in mezzo alle mie gambe..poi si blocca il loro nodo in un’asperità. Gliela sbloccherò io, pensando “speriamo la nostra non resti qui quando scenderemo”. E intanto scende farina di neve, bella fresca ve lo assicuro!
Già provato dalla verticalità della tratto chiave della via, capisco perché il veneto ostiava: c’è un passaggio mica male di misto! Strapiombetto da salire, poca possibilità di lavorare in diedro, tira su i piedi più possibile, ma le picche seppur lontano cerchi di piantarle non trovo neve bella dura che mi ispiri fiducia. Ho già dovuto fare qualche passo di dry, ma proprio qui no, non mi pare sano.. Mentre scrivo non ricordo bene dove diavolo sono riuscito a piantare le punte, forse una mano l’ho usata in opposizione, chissà. E proprio mentre sono qui, la scarica di neve aumenta, porca vacca!
Sono fuori, uah! Arrivo alla sosta poco sopra, minchia se son galvanizzato! Sono le 11e30, azzo, le mie speranze erano di riuscire a essere svelti come quelli bravi, uscire in 3 ore, ma sapevamo fosse troppo ottimistico. L’importante è finire le doppie prima del buio: ci arriveremo leggermente lunghi.. L’adrenalina a mille, mi faccio una foto, è stata dura ma ne sono uscito. È stata dura ma ora le difficoltà si abbattono, o almeno dovrebbero. Certo, se non mi invento una variante..accidenti a me.
“Riccardo, molla tutto” che liberazione. “Riccardo puoi partire, in bocca al lupo!” adesso te la sgugni te sta cazzo di candela e lo strapiombo a uscire! E infatti non è che gli sembri di fare una passeggiata sul crinale appenninico d’estate nemmeno a lui. E anche lui gode della scarica continua di ve che ci fa fare la doccia.
Arriva il mio amico, ci guardiamo in faccia, ora che le difficoltà maggiori sono superate capiamo che la salita è nelle nostre mani. Ma non ce lo diciamo, certe cose solo in cima. Parte per il sesto tiro, meglio aspettare a fare conserva, qui se scivoli finisci sotto sul verticale della candela, no good. Arriva su a una sosta, e decide di farla, meglio così.
La goulotte ha ormai esaurito i tratti davvero verticali, ora viene il bello, una striscia di neve larga mai più di 3 metri, divertimento puro. Ti guardi alle spalle e riesci a vedere solo pochi metri di Sassopiatto e di cielo, il resto sono le pareti verticali che ci sovrastano. Guardi in giù e semplicemente..non vedi nulla, troppo ripido!
Raggiunto Ricky mi prendo tutto il materiale che ha, ora possiamo procedere in conserva lunga, e più materiale ho più posso salire: è tardi tutto sommato, ora possiamo sgacciarci, la nostra resistenza fisica dovrebbe darci una mano. Circa ogni 10 metri si trovano cordini cui assicurarsi, le calate si differenziano perché presentano una maglia rapida. Ma che gusto questa salita, proprio quelle che piacciono a me: neve dura, ripida, incassato tra le rocce.
Come accadde sul Bianco quest'estate, ho la sensazione di essere in armonia con la montagna: deve esserci freddo ma non lo sento (se appoggio una mano sulle rocce, il guanto si incolla), i mie muscoli sono sicuramente stanchi ma non li sento, il tempo passa ma non lo sento. Simbiosi. Sensazione fantastica, sono concentrato ma in fin dei conti non sto pensando a nulla, mente libera per dedicarsi solo a quello che sto facendo: alpinismo.
Ogni tanto mi fermo anche a fare qualche foto, a volte riesco a vedere il mio amico la in basso. La sera gli chiederò come si è giostrato a salire in conserva. È stato bravo, quando vedeva che c’era un punto di assicurazione saliva un po’ più svelto per avere il tempo di togliere tutto senza dovermi “frenare”: una bella cordata, non c’è che dire.
Non so quanto vado avanti (riguardando le foto, mezzora), capisco di essere ormai all’ultimo o penultimo tiro ufficiale, vedo una sosta molto a sinistra rispetto a quello che sembra il proseguo del canale. E qui mi frego. La goulotte prosegue dritta, ma ci sono tracce evidenti a sinistra, perché ignorarle? Poco sopra vedo un cordone, ancora più sopra sembra esserci una rampetta per tornare nel canale. Magari salgo di qui, sembra facile e breve, così evito di prendermi la roba che viene giù dall’alto e evito di buttarne giù agli altri. Che idea del cazzo.
Passo per la sosta, rinvio, e salgo su questo terreno misto a cercare di raggiungere il cordone, che però si rivela essere troppo a destra e pericoloso da raggiungere. Va beh, salgo ancora un po’ e traverso dopo. Pensandola così salgo almeno 25 metri porca paletta, senza trovare clessidre, buchi, ghiaccio, nulla per fare sicura. Ero partito con l’idea di non mettere giù nulla in modo che Ricky potesse evitarsi questa roba, ma non pensavo farla così lunga!
Ormai son qui, che devo fare. Arrampico un po’, un po’ nella neve (tra l’altro questa è al sole, nemmeno dura quindi), un po’ sulle rocce. Poca picca e molto mano. Arrivo a un punto che finalmente sembra possa traversare per tornare nel canale. Ma quelle tracce che vedevo da basso cos’erano?! Ah, che forse fossero le doppie? Va beh, ormai son qui, devo uscirne. Mi ricorda il Battisti e la variante MAG.
Mi pare quasi di sentire Riccardo che dice “ma dove cazzo è andato questo?”, già giù mi aveva detto che su certi passaggi mi ero complicato la vita, anche se non mi pareva, o almeno, non di tanto. Qui invece me la sono complicata davvero. Bene, traversiamo, con le mani che poggiano su una specie di crepo tra roccia e limite della neve, faccio cadere un sasso (in realtà non me ne accorgo nemmeno, se non dopo le imprecazioni di una ragazza sotto) nonostante cerchi di essere il più delicato possibile, saltino e tam! Son di nuovo nella goulotte. Sospiro di sollievo.
Salgo un pochino per cercare di fare una buona sosta, qui no ma metto giù una protezione, salgo ancora, si ripete, salgo e trovo qualcosa di accettabile, oltre credo la corda sia finita. Sosto e finalmente posso dire a Riccardo che può partire. E sentire le sue maledizioni. Arriva l’altoatesina che si è presa il mio sasso, le chiedo umilmente scusa, ma lei tranquilla mi consola. Le prometto una birra se ci vediamo poi al rifugio!
Finalmente vedo il mio amico metter piede anche lui nel canale. È passata un’ora tra il mio passaggio sulla sosta sotto e l’arrivo di Ricky alla mia sosta. Anche lui esce da questa variante di misto, porgo le mie scusa anche a lui, più volte, ma dopo due “ma dove cazzo sei andato?!” mi dice sorridendo “meno male che so arrampicare. E pure bene!”, sborone! Meglio così, dopo il malefatto la prendiamo sul ridere e possiam proseguire.
Ed eccoci sulla cima della Torre Innerkofler: Mi..stica!
Sono le 14e15, speravo avremmo fatto prima, ma pazienza. I veneti si stanno già calando, due veronesi padre e figlio sono appena arrivati anche loro, una coppia di altoatesini è arrivata ma scende quasi subito. Avremmo voluto goderci di più la cima, il panorama, ma la discesa sarà lunga, trafficata, non perdiamo la concentrazione, non perdiamo troppo tempo.
Ci togliamo i pesi di dosso, corriamo verso la cima vera e propria, qualche foto, una pisciata (bella gialla), torniamo giù, altre foto, si mangia qualcosa, si vorrebbe bere tutto, ma la granatina nella borraccia ostacola un pochino il mandar giù.. Allora c’era freddo a salire! Ora invece il sole batte bene, ma dobbiamo tornare all’ombra.
Padre e figlio di Verona si calano, noi dietro, alla fine siamo l’ultima cordata. Vantaggi, nessuno ci tira addosso nulla. Svantaggi, se la corda si incastra sono cazzi, nessuno sopra di noi a darci una mano, . Preghiamo fili tutto liscio, il passaggio dove si è incastrata alla cordata che scendeva mentre io salivo la candela mi preoccupa.
Ore 14e40, inizia la discesa, iniziano le doppie. Fin dalla partenza ho in mente Riccardo che a settembre salendo una via sul Sassolungo, scese al buio, con una frontale in due, doppie e ricerca delle calate a buio, arrivo all’auto all’1 di notte. Non vorei ripetere l’avventura. Ci riusciremo per un pelo! E poi, la nostra corda rossa è 5m più corda della blu, ovvero 55m, spero non ci siano calate così lunghe o è un casino. Anche perché il nodino di sicurezza in fondo non voglio farlo, troppo rischio che la corda si incastri e ci faccia perdere tempo.
La discesa è un po’ intasata dalle cordate che si calano, in tutto cinque, e dentro la stessa maglia rapida non possono stare due corde. La prima calata ha un pessimo risultato sul lancio delle corde, che sbroglio mentre mi calo. Poi andrà meglio, anche perché sulla neve dura la corda scorre bene, come una biscia che scende lentamente.
Siamo delle macchine, un strategia automatica. Io mi calo per primo, scendo, se possibile infilo subito il capo di corda da tirare nella prossima maglia rapida, scende Ricky, si fa i bicipiti recuperando le corde (soprattutto le prime sono dure), io continuo a far scorrere la biscia verso il basso, appena arrivo il nodo faccio subito il machard, metto il freno, intanto l’altra corda al di la del nodo scende anche lei come una biscia, facilitando col suo peso il recupero di Riccardo. Via così, mentre scendo sto bene attento che non ci siano anse che si incastrano in spuntoni o pezzi di ghiaccio o è un casino.
E il tempo passa, il cielo si colora..di sera. Alle 16e10 siamo alla sosta sopra la candela, ora c’è la doppia che più mi preoccupa, se succede come all’altra cordata e il nostro si incastra sono cazzi amari! Questa doppia potrebbe portare a saltare la sosta alla base della candela, ma meglio non rischiare e fermarsi. Riccardo scende, solito automatismo, il nodo passa! Olè!
Il buio avanza.. Fuggi! Mi viene il dubbio di aver lasciato la frontale nello zaino alla forcella sopra il Moppo: no, impossibile che abbia fatto un errore del genere! Solo che la memoria mi tornerà solo 15 minuti dopo, la frontale è nella tasca esterna dello zaino che ho sulle spalle.
Giungo alla base del muretto di ghiaccio del terzo tiro, da qui gli ultimi report dicono si possa traversare verso destra (faccia a monte) e prendere una doppia che porta quasi alla forcella del Moppo “risparmiando fatica e tempo”: fatica si, tempo mica tanto. Scende Ricky, inizio a traversare portandomi dietro un capo di corda, in modo da poter assicurare il mio amico quando traverserà. Io in realtà traverso in free, ma ci sta. Arrivo a un ancoraggio, mi assicuro, ma mi accorgo che questa non è la vera doppia, ce ne è uno 10m più avanti, ma andarci senza sicura non mi piace. Mi fermo, recupero Ricky e gli spiego: te adesso vai la, io ti faccio sicura, ti assicuri, recuperi le corde (infili già la corda nella maglia rapida), poi assicuri me e via, e magari visto che alla forcella si vedono i tre veneti, chiedi se con 50m ce la facciamo.
Dai, penultima difficoltà, tutto prosegue liscio (con le frontali sul casco), uno dei veneti molto gentilmente aspetta che mi sia calato prima di andare via, così da darmi qualche dritta. La calata è in mezzo a spigoli dove la corda si è piaggiata, devo stare attento che le anse non siano troppo incastrate. Le disincastro tutte e scendo, e tocco la neve. “libera!” e arriva anche Ricky. Recuperiamo le corde, e il fischio di un sasso ci invita a recuperarle un po’ più a destra (faccia a monte).
Traverso per giungere alla forcella de Moppo, senza particolari difficoltà vista la traccia, ma non si deve scivolare, e siamo al “campo base”. È FATTA! Ora ci si può abbracciare, bere, scherzare, ridere, gioire. Cazzo che soddisfazione! Ora il buio non ci fa più paura. Sono le 17e45.
La discesa dal Moppo ci fa capire quanto fosse ripida la salita, sassi e ghiaccio affiorante ci fanno procedere con cautela. Oltre alla fatica, anche lei consigliera di calma e serenità. Questo canale sembra non finire mai.. E rispetto alla salita sembra essere in un altro mondo, un’altra strada, non ci si ritrova. Iniziamo a tagliare a sinistra (faccia a valle) per tornare verso il crinale. Qualche pausa per riprendere fiato, per ammirare il cielo, la luna, spegniamo le frontali, con questa luce non servono. Che pace. Ci fermiamo e sediamo su delle rocce (talmente taglienti che mi fanno un buco nei pantaloni!), tentiamo qualche foto a tempi lunghi: una scusa per prendere fiato.
Dai avanti, abbiamo una sete che ci beviamo una botte di birra! Arriviamo alla staccionata, andiamo in giù? Ma no, giù non può essere. Ma non mi pare fossimo così alti stamani! E invece sì, eravamo molto alti, e dopo un po’ di salita ripida ritroviamo il nostro cancellino e ci rincuoriamo di essere sulla buona strada. Non abbiam nessuna voglia di variante ora.
Eccoci sul crinale, ancora più nudo di prima. Ecco le piste, vuote come stamani, spettacolo: siamo partiti con la pace dei sensi e torniamo con la pace dei segni. Pace che in realtà sarà leggermente perturbata da qualche motoslitta e di una fila di fondisti che sfilano in basso. Mettiamo piede sulle piste, ramponi ancora ai piedi, si faranno anche qualche metro di asfalto, stanchi. Sfiliamo sotto ai cannoni che sparano neve, andiamo avanti senza fermarci o coprirci, non c’è tempo.
Arriviamo alla macchina, sfatti e soddisfatti, oppure soddi e sfatti. Ore 19e48. Ci cambiamo con calma, più che altro ci cambiamo col freddo che ci stringe (siamo sotto lo zero), Riccardo che credo si sia addormentato al posto di guida sta invece lottando con le mani fredde. Finalmente alle 21 scendiamo, dopo essere rimasti mezzora in macchina con la stessa accesa alla ricerca di un po’ di tepore. Mangiamo un panino, vogliamo una birra.
E invece oh, a trovare un bar aperto c’è da girare fino alle 22! Finalmente mettiamo il culo su una sedia, le gambe sotto un tavolo, le labbra nella schiuma di una birra fresca. Due birre fresche. Mai stato così stanco, che io ricordi. Alla ricerca di un parcheggio, vogliamo dormire, cosa fare domani se ne riparlerà. Ci attrezziamo come ieri sera, giù i sedili e vai di sacco a pelo. Cerco di mandare un sms alla morosa, ma mi addormento 4 volte nel tentativo di farlo. Ore 23e30, gli occhi si chiudono, i muscoli già duolono, qualche crampo mi sveglierà (non è che riesco a stendermi comodo comodo qui dentro). Domani ci sveglieremo indolenziti, ma svegliato così indolenzito dopo un giro in montagna. E che giro!
PS: considerazione. Quanta gente su questa via. Nicola dice che sono anni che non ne parlava nessuno, ore che finisce sui report web, tutti li. Il padre veronese sulla via mi dice la stessa cosa. Io la conoscevo grazie a Nicola, quando ho letto delle buone condizioni mi sono convinto d provarla. Certo, la vita è più facile se ti dicono che le condizioni sono buone. Ma è pur sempre un andare a colpo sicuro sull'oggettivo, non sul soggettivo. Oggigiorno poi, rischiare di sputtanare un weekend per tentare una salita di cui non sai nemmeno se riuscirai a trovare l'attacco, e spenderci dei soldi (perché il viaggio ormai costa assai) è un lusso che pochi posso permettersi. Sarà meno romantico, ma se posso evitare di incrinare ancor di più il rapporto col mio cc, ben venga. Poi le foto, le relazioni, saranno le stesse di altri che l'han salita, ma i sentimenti, le emozioni, quelle sono personali. Sono mie. E quindi la via, Mistica, ha un pezzo solo mio, e di nessun altro. E per me, è un gran bel pezzo!

Qui altre foto.
Qui report.

3 commenti:

  1. Bravi per la salita e grazie per averci liberato le corde incastrate.
    Michele

    RispondiElimina
  2. Figurati! Oggi voi, domani noi. Beh no, speriamo domani nessuno!

    RispondiElimina
  3. E bravi bravi.
    Salita di livello, in tutti i sensi.
    Il problema sarà poi trovare altre linee così.

    RispondiElimina