venerdì 3 gennaio 2014

Una serie di peripezie: Albero di Natale sx

Prima uscita dell’anno nuovo, e non poteva iniziare meglio. O peggio. Chissà. L’uscita è sfruttata per la formazione dei nuovi aspiranti istruttori sezionali, Cristian, Federico, Giorgio, Roberto. Altri presenti, io, Gianluca, Nicola. 
In realtà l’idea era di andare a fare un vaio in Carega, ma la neve caduta lo sconsiglia. E tra le cascate papabili, la Val Paghera è l’unica che ci fa confidare di andare sul sicuro e trovare qualcosa di salibile. E così, dopo una bella colazione nel bar scoperta l’altra volta, ci addentriamo nella valle, salendo salendo..e fermandoci. Dopo poco i pneumatici invernali non sono più sufficienti, servono le catene. Ma Roberto le ha, Gianluca no. Partiamo male.
Saliamo a piedi, andiamo a casa, ci facciamo un trekking, sono pronto a ogni evenienza. Poi si opta per fare un doppio giro con l’automobile di Roberto, e così perdiamo 45 minuti stamani, e 45 stasera. Va beh, almeno si sale.
Ci ricompattiamo al parcheggio, carichi come delle molle ormai superata questa difficoltà, ma quanta gente davanti a noi! Speriamo vadano altrove.. Ci incamminiamo, il sentiero è ben pestato e scavato, basta non uscire dalla traccia. Scorgiamo subito Terrordactyl, ma oggi la destinazione è un’altra: Albero di Natale, e poi su da Mazinga Zeta a fare della didattica.
Al bivio dei sentieri lasciamo gli zaini, ci prepariamo, armiamo e saliamo. Nicola dice “io vado a destra, voi fate quella di sx, guarda che belle gobbette al centro”, va beh, fidiamoci. Prendo quindi l’Albero di Natale sx, ma al centro. Parto io, Giorgio mi fa sicura (ma ha dimenticato il secchiello, perciò gli presto il mio Reverso), dopo poco Gianluca mi segue con Roberto che gli fa sicura. Ma che belle gobbette, infide! Non è che il ghiaccio sia proprio buono.. E intanto Nicola se la gode a destra, il solito!

Delicatamente raggiungo la sosta, lassù ne vedo un’altra ma è troppo lontana, va bene per chi parte da sinistra. Non vedo l’ora di essere in quattro in questo spazio angusto. Arriva Gianluca, qualche foto, recupero la corda e dico a Giorgio di partire. Qualche metro e “Andrea calami, si è slacciato il rampone”, e con un po’ di fatica (sto recuperando col Gigi) lo calo. Va beh dai, aspettiamo.
Giorgio riparte, mentre Roberto sta già salendo. Qualche metro e “No Andrea, si è slacciato di nuovo, e ho perso la gabbietta” “Giorgio vedi se la ritrovi e magari con un cordino lega stretto il tutto”, ha dei ramponi non abbastanza rigidi avendo uno snodo sotto, scoperto ora.. Aspetta e aspetta e “Ok Giorgio mi calo, aspettami”.
Giornata finita prematuramente, non mi sto a legare con gli altri due e lasciare Giorgio da solo, saliremo per sentiero per ritrovare gli altri cinque all’uscita della loro cascata. Invece un local alla base della cascata (sta facendo sicura al suo compagno sulla parte sx) insiste fino a offrirsi di darci una mano con cordini e cordini. Come ci dirà poi “ricordatevi dell’ospitalità camuna”: se stai leggendo, mi ricordo eccome! Ad averti trovato giù ti si pagava una birra! O anche due!
E dopo aver perso una buona ora e mezzo (il tiro in solitaria, la discesa, l’aggiustare i ramponi), riparto, stavolta a sinistra, più facile e più lavorato, ma comunque il ghiaccio non è tanto. Il difetto di questo “versante” è che raccoglie tutto ciò che cade da sopra. Salgo senza ancora esser sicuro se Giorgio ce la farà, ma spero che i gradini che ci sono gli permettano di usare i piedi solo in appoggio e non di lanciare le punte per scalfire il ghiaccio.
Alla prima sosta mi preparo al recupero, con il nostro salvatore che mentre arrampica ci chiede come va, davvero gentile. Con un po’ di calma e tante braccia, Giorgio arriva, mentre sale anche un’altra cordata, che impareremo essere composta da Stambek1 (il suo gesto di incrociare le picche a fine via è inconfondibile, e in seguito avremo conferma da Selvadec).
Riparto subito, prima che ci sia traffico, Giorgio si aggiusterà il rampone dopo. Il secondo tiro è anche più facile del primo, solo ci sono vari tratti di ghiaccio bagnato dove le protezioni sono psicologiche, ma qui il solo problema è che ti cada qualcosa in testa, piedi e picche reggono bene. Raggiungo la sosta tra le urla di Gianluca che mi chiedono se stiamo salendo e che mi dice che la cascata è poi finita, resta un pendio di neve.
Arriva Giorgio, sempre con calma ma almeno sale. Finire la giornata senza un nulla di fatto credo avrebbe roso più a lui che me, e invece ce l’abbiamo fatta. Una bella foto ai miei e ai suoi ramponi a confronto, e lascio l’uscita a lui, sopra c’è una comoda sosta su albero, dove gli altri ci aspettano.
Dopo due chiacchiere con Selvadec su come e quanto proteggersi, invece che Mazinga Zeta optiamo per scendere e fare didattica allo Scudo, anche se c’è chi invoca birra e panino per finire la giornata subito.
Costruiamo così un fungo di neve, ma il primo decreta la morte di Roberto, mentre il secondo salva Federico. Poi recupero della vite, dal quale capiamo che le Grivel non sono proprio il meglio, e un Abalakov. Poi basta, adesso siamo tutti volti a mangiare e bere.
Doppio giro in auto, e alla chiesetta all'inizio della salita si imbandisce un piccolo buffet grazie al vino e salame portato da Nicola, affiancato dal pane fatto da lui stesso. Quanto ci vizia questo ragazzo! Si torna nella piana, credo che come Marco dopo Excalibur, domani Giorgio sarà già in negozio a comprare i ramponi.

Qui altre foto.
Qui report.

Nessun commento:

Posta un commento