domenica 16 marzo 2014

Ieri il purgatorio, oggi il paradiso: Cima Forzellina

E poi ci sono queste giornate che riaggiustano tutto, che fanno dimenticare la cocente delusione di ieri, che ti mettono in pace (temporanea) col mondo, che ti tuffano in un mondo diverso dal quotidiano, fatto di spazi aperti, liberi, dove disegni tu il tracciato, dove il tuo obiettivo è a portata di mano, dove ti senti vivere. 
Da Pinzolo ci siamo spostati nella Val di Sole, che un po’ conosco e che spero non mi tradisca, assetati di fatica e di discesa. Una cenetta mica tanto riuscita e poi ce ne andiamo a letto, di nuovo in macchina, ma in un tornante panoramico sulla Val di Peio, al chiaro di luna: nel pomeriggio abbiamo esplorato la partenza del giro e dove parcheggiare. Ben 5 ore di sonno ci aspettano, ma il vento forte ci sferza e sembra di essere in culla, speriamo si plachi o domani non si riesce a girare, si vola via!
La sveglia suona, colazione, preparativi e alle 3e30 circa ci incamminiamo sci in spalla alla ricerca della prima neve dove calzarli. Si inizia con una forestale pallosa ma che permette di non sbagliare tracciato, pendenza blanda, ore e ore a strusciare, ma il buio che restringe gli orizzonti visuali rende tutto meno noioso, o meglio non si percepisce il tempo che passa. Ed è tutto relax, silenzio, buio, solo noi.
Imbocchiamo una strada sbagliata e finiamo nel giardino di un maso, dietrofront e si continua a cercare i giusti tornanti dove continuare a salire. Per evitare di perderci avevamo scelto di seguire fedelmente la forestale che tanto arriva fino alla Malga Mason, ma dopo un po’ ci stufiamo e ci fidiamo delle evidenti tracce (un po’ sparpagliate a dir la verità) e tagliamo nel bosco, finchè questo si apre e ci fa capire che la famosa quota 2142 non è lontana.
Così scopriamo le cime attorno a noi, illuminate dalle prime luci, non certo dai primi raggi. Luce fioca e lattiginosa, nubi sul gruppo del Vioz Cevedale e vento in quota. Facendo due conti siamo a metà dislivello di salita, la strada è ancora lunga. E attraversando il panettone pianoro, ci mettiamo alla ricerca di dove svendere in Val Comasine, acquisendo sempre più visuale su quello che ci circonderà nelle prossime ore.
Il sole sorge, scalda i giganti di oltre 3500m e qui pendii che mi viene il timore di dover attraversare alla base, ma non è così. 
Invece che scendere fino alla Malga Mason e poi risalire, evidenti tracce tagliano verso sinistra traversando il pendio (il tutto dopo qualche decina di metri scesa sci paralleli al pendio). Il gioco inizia a farsi sempre più divertente, c’è la voglia di scoprire cosa troveremo e vedremo dietro il prossimo angolo, e di angoli oggi ce ne saranno parecchi!
Gironzoliamo per i dossi che costituiscono la valle, fino a trovarci al Camping Val Comasine, che riconosco solo per esserci già passato d’estate, altrimenti la neve lo copre fino al tetto. Il sole illumina qua e la gli spazi, ma le molte nuvole presenti in cielo continuano a mantenere una spiccata variabilità di illuminazione, e noi comunque siamo coperti dal massiccio del Boai. Ma finchè si sale va bene, fa anche troppo caldo così!
Ci ritroviamo in un budello che sale, quei minacciosi pendii che avevo osservato scaldarsi restano ben lontani dalla nostra traiettoria. Inizio a pregustare la discesa. E sopra al budello, siamo esposti al vento: esposti è una parola grossa, perché a giudicare dalle cime della Val di Rabbi, quello che ci sferza è niente in confronto a quello che alza decine di metri di neve!
La vera figata, è che fuori dal budello ci ritroviamo in paradiso. Un bel altopiano (non troppo piano eh) di colore bianco candido, qualche marrone roccia in alto sulle cime, e ancor più su l’azzurro cielo. Spettacolare, un po’ me l’aspettavo, ma a volte l’immaginazione viene superata dalla natura.
Sarà la stanchezza, sarà il luogo dove ci troviamo, ci fermiamo spesso qualche secondo ad ammirarci intorno. Su cima Boai delle nuvole nefaste ci offuscano il sole, che se no qua e la invece illumina a modo. Meglio così, caldo in meno e scottatura evitata.
Quella che dal pianoro temevamo essere Cima Forzellina si rivela una propaggine verso nord della cresta della nostra meta, e meglio così, visto che i suoi pendii ripidi ci avevano fatto temere. Ma quassù chi ci ha preceduto ha gironzolato un po’ ovunque, l’autostrada di ciaspole e sci che ha ricompattato le varie tracce in basso adesso torna a dividersi.
Non bastasse quello che ci sta intorno a “corto” raggio, man mano che si sale il raggio si ampia sempre più. Laggiù si scorgono le curve delle dolomiti, con il Pelmo inconfondibile. La cresta Boai-Forzellina si abbassa e ci mostra il superbo Brenta, poi di certo anche lo Scarpacò, e la Presanella. Il panorama dalla cima sarà superbo! E ormai in cima ci arriviamo, siamo qui, ce la dobbiamo fare.
Mettiamo piede, asta, culla cresta che porta alla cima, manca poco ormai, e solo ora sbucano alle nostre spalle altre tre persone: peccato, toccherà condividere questo paradiso con qualcuno, ma per pochi minuti. Intanto la cresta ci fa ostiare un po’ visto quanto è ghiacciata: spero esca presto il sole a smollare questa neve e farci godere una discesa che altrimenti inizio a temere sarà troppo di neve dura.
Riccardo mi precede, oggi ci siamo scambiati spesso i ruoli, non che ci fosse nulla da tracciare. Ma a un certo punto lui opta per un bel traverso, mentre io seguo la cresta, e così facendo arriviamo sul panettone sommitale quasi da due lati opposti!
 Video divetta. Sono poco più delle 9, ottimo timing.
C’è solo il vento a rovinare la cima, dalla quale il panorama è vasto e solo le foto possono tentare di descriverlo. Vento fastidioso davvero, ma questo è niente rispetto a quello che soffia sulle cime dell’Adamello, dove so trovarsi un paio di amici che chissà se avranno abbastanza piombo nello zaino per non decollare. 
Riflettevo in salita che un aspetto dello scialpinismo è che la vetta non diventa più fondamentale, in quanto essa non è più l’obiettivo primario, che si sposta alla discesa (a meno che si tratti di un giro ad anello). Ma oggi c’è stata anche questa, e adesso via verso l’altra. Scendiamo qualche metro per trovare un angolino un po’ riparato dove togliere le pelli e prepararci al gusto..
Accidenti, ma la prima parte mi spaventa, è troppo ripida per le mie capacità, o la mia fifa che dir si voglia. Scendo un po’ a sci paralleli al pendio, poi prendo coraggio e riesco a fare qualche curva e qualche ruzzolone. Il sole che è uscito giusto quando siamo arrivati in cima, ha iniziato a far smollare la neve, che così diventa più facile da scendere.
I tre tizi che ci han raggiunto in vetta continuano sulla cresta della cima senza nome, mi volto a guardarli e li vedo investiti da una raffica che gli fa volare via qualcosa: siamo scesi in tempo! La fame ci sta consumando, cerchiamo un posticino al riparo dal vento, ma o il non decidersi se questo vada bene o la voglia di continuare a surfare, continuano a farci scendere ancora un po’. Poi basta, ci accasciamo per terra a mangiare il nostro panino.
Un’occhiata alla cima alle nostre spalle, e vediamo un mostro bianco trasparente partire dal pendio della cima e scendere veloce verso di noi, gli diamo le spalle e ci investe una raffica che se qui ha questa forza, non oso immaginare in vetta.. La pausa panino in paradiso può proseguire.
È un peccato dover abbandonare questo pianoro magico, ora che il sole lo tinge di luce è davvero perfetto, e se ne accorge anche la mia fronte che inizia a chiedere della crema protettiva. Però tutto finisce, e rimessi gli sci proseguiamo la discesa su dolci pendii di neve smollata e soffice, dando qualche occhiata alle curve disegnate e ai monti intorno.
Arriviamo nei pressi del budello, Riccardo tira dritto “ehi, guarda che siamo saliti da qui” “sì, ma io non ci scendo!”, e troviamo un pendio ancora in ombra piuttosto ripido che mi spaventa un po’, ma la neve è ottima, e ben presto torniamo al sole nei pressi del camping. E dopo di nuovo slalom tra gli alberi e discesa dolce e soffice.
Scendiamo più bassi della malga, alla ricerca della forestale o di tracce che indichino la localizzazione per risalire al pianoro 2142, ma forse scendo troppo seguendo delle tracce che inizio a pensare sdalgano da Peio. Fermi tutti, ripelliamo e iniziamo a traversare verso destra che se no scendiamo troppo! E Riccardo si inalbera al pensiero di esser scesi troppo.. 
Salita col caldo bestia che c’è, non è proprio il massimo, ma ben presto siamo di nuovo a contemplare il panorama. Uno sguardo a quella valletta dell’eden la cui vista tra poco sarà impedita dal versante nord di Cima Boai. Una bella bevuta e si riparte con la discesa!
Seguire fedelmente la forestale sarebbe una palla, ma sarebbe anche sicuro per non sbagliare o non trovare zone senza neve o troppo ripide o fitto bosco. Ma finchè siamo in quota..pista! Tagliamo il più possibile, tenendo le tracce di salita sempre presente se stiano a destra o sinistra e non siano troppo lontane.
Ma il gioco non dura fino in basso, a un certo punto il pendio diventa ripido, dal percorso incerto nel taglio, e senza tracce di altri che ci abbiano preceduto. Via che si spinge sulla strada. Cercando di districarci in mezzo agli alberi caduti che la occupano, quando non mi si incastra la picca..
Anche il taglio sopra il ruscello è meglio evitarlo, finirci dentro non sarebbe piacevole e rovinerebbe una giornata che è stata fantastica. Arriviamo quindi nei pressi della chiesetta di Santa Lucia, e ci togliamo gli sci, la pacchia è finita. O no?! Ci incamminiamo a piedi, incrociamo una coppia di anziani, lui ci chiede “è molle la neve?” “eh si, per scendere va bene” “eh bisogna partire presto” “ma guardi, noi siamo partiti alle 3e30” lei salta su ed esclama “dio mama!”.
E quando scorgiamo la macchina al tornante, scorgiamo anche che sul pendio che la sovrasta c’è ancora neve. Si può resistere? NO! Si rimettono gli sci e ci godiamo le ultime quattro curve prima di arrivare al’auto e metterci in mutande al sole. Sono quasi le 13, sistemiamo tutto, curiamo le vesciche, trangugiamo biscotti, scambiamo due battute con una vecchina che sale a piedi, e si riparte.
Dallo scazzino della Val di Sole sopra Cles ci fermiamo per birra e panino con luganega, osservando il fianco di una montagna completamente frastagliato dalle valanghedi fondo: praticamente è rimasta neve solo sulla cresta, impressionante. Ci ricorda ieri, ma oggi è stato diverso.

Qui altre foto.
Qui video di vetta.
Qui report.
Qui relazione su web.

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