venerdì 29 agosto 2014

Turchia Holiday

Di solito non pubblico sul blog “avventure” che non riguardano la montagna, ma in questo caso farò uno strappo alla regola, regola che mi impongo anche per una privacy un po’ maggiore (già che è difficile da mantenere anche così..). A dire il vero mi limiterò per la gran parte del post a raccontare dei trekking in Cappadocia, quindi alla fin fine sono tutto sommato vicino al tema preponderante del sito.
La vacanza parte male. Aereo che invece che decollare alle 2 di notte, parte alle 4e30, arrivo a Instambul sotto la pioggia (si vede che me la porto dietro dalle vacanze dolomitiche), ma poi riusciamo a passare due bei giorni in questa caotica capitale, e infine 11 ore di bus per Goreme.
Ed eccoci nella Cappadocia, ambiente desertico, caldo, leggermente tridimensionale, nel senso che non ci sono catene montuose strabilianti che ispirino dislivelli esagerati (almeno nella zona in cui siamo), ma ci sono canyon.
La camminata per la Red Valley e la Rose Valley iniziano con te che guardi dritto e non vedi nulla, deserto, solo il cielo alla tua stessa altezza, insomma pianura sterminata e arida. Avanzi avanzi, e man mano scendi, fino a poi calarti in modo repentino in un canyon rigoglioso, alberi, cespugli, verde, orti privati in ogni cantone.
Ti ritrovi sormontato da pareti di..terra (dai, non si può chiamare roccia), il sentiero svirgola in mezzo a torri e torrette, ogni svolta il paesaggio cambia, scopre un angolo nuovo, è una scoperta continua. Mi sento un bambino, un piccolo Indiana Jones affamato di scoperta, pronto a farne indigestione. Vorrei girare a ogni svolta, esaminarne ogni anfratto, salire ogni possibile protuberanza per avvistare intorno a me quale sia il prossimo luogo che ha più senso andare a cercare. Il tutto per la paziente “gioia” della mia ragazza..
Per un colpo di fortuna, o un’ottima intuizione, devio dal sentiero standard intravedendo qualcosa di carino, e infatti bingo, si trova una “costruzione”, una formazione rocciosa scavata come alloggio dentro la quale si riesce a risalire, guardare, brigare, scoprire, un paio di cunicoli e balconi “panoramici”.
Fa caldo sì, ma non lo sento. Si suda sì, ma la mente è fresca di nuove esperienze. Si fatica sì, ma lo spirito è appagato di nuove scoperte. Il tempo vola, vorrei passarci ore interminabili qui in mezzo, ma non si può. Il sentiero non è ben segnato, ben pestato ma non segnato, non vorrei perdermi, anche se non credo sia facilmente possibile.
Che colori. Che posti.
Finite queste due valli abbiamo ancora fame, e dopo un pranzo turco continuiamo verso Zelve. Era molto più bello prima come paesaggio, ma anche qui non scherza e l’avventura è maggiore visto che o sbagliamo sentiero o questo sentiero è nella fantasia dei local. Arriviamo a Pasabagi dopo ore di solitudine, qui ci si arriva anche con autobus perciò..
Camini delle fate, la natura che mescolando i suoi elementi e le sue forze ha realizzato in modo involontario uno spettacolo formidabile. Come le migliori invenzioni avvengono per caso.
Troppo tardi per Zelve, torniamo indietro per farcela tuta a piedi, chissà quanti km abbiamo macinato, direi almeno 20. Chapeaux alla mia ragazza. Ma si vede che quando ti diverti, la stanchezza arriva dopo, quando la mente è “distratta” da cose belle, le gambe non hanno voce in capitolo. Meglio!
Il giorno dopo si opta per la Love Valley, chiamata così per le formazioni rocciose, terrose, a forma di..pene! Ad accompagnarci all’ingresso della valle e a darci indicazioni, è il gentile gestore dell’hotel dove alloggiamo, il Gedik Cave Hotel.
Il giro parte in perfetta solitudine, solo noi, la valle è più ampia, il che ne concede una risalita senza dover deviare a destra e a manca, ma..un po’ devio lo stesso per andare a toccare con mano ciò che gli occhi vedono da lontano.
Questa valle ce la mangiamo in poco tempo, quella di ieri era molto più articolata e varia e “nascosta”. Risaliamo al livello della civiltà e sostiamo a berci un succo d’arancia (la Turchia è piena di queste micro bancarelle che ti spremono arance sul posto), un po’ di sano svacco e poi saliamo verso Uchisar.
Dall’alto del castello (o meglio, della formazione rocciosa dentro la quale hanno scavato stanze, scale ecc, fino a giungere sulla sommità per fare un posto di avvistamento) si contempla tutto il paesaggio intorno, vedendo anche in lontananza un 3900, sigh. Ma quanta roba ci sarebbe da esplorare, calarsi in ogni vallettina che si vede, infilarsi in tutti i camini delle fate per risalirne le vecchie abitazioni.. Il cappello fa molto Indiana Jones, dei poveri.
Dopo un pranzo in svacco anche quello, si scende nella Valle dei Piccioni per tornare verso Goreme. I camini delle fate sono meno pronunciati, ma tutt’intorno le formazioni geologiche sono spumose, viene voglia di cavalcarle. A un certo momento rubo anche qualche minuto alla morosa per lanciarmi in una veloce esplorazione risalendo la valle in un altro punto per osservare cosa c’è.
Quanto ci sarebbe da scoprire.. E nel tornare indietro mi “perdo” pure non ritrovando il punto in cui risalire! Poca roba e pochi minuti persi, ma questo mi fa rendere conto di quanto siano ancora selvagge queste zone e non addomesticate.. Si continua a scendere, verso l’ennesima meritata birra.
Il quarto giorno in Cappadocia ci affidiamo a un tour organizzato, Green Tour, visto che quello che si poteva esplorare intorno al mio alloggio lo abbiamo già fatto, andiamo altrove. Era meglio essere indipendenti, più libertà, meno tempi morti, ecc, ma vabbeh.
Lungo viaggio in navetta bus, dormitona, in mezzo al deserto su queste strade che sembrano cozzare con l’arretratezza del paesaggio intorno. Visita a una delle città scavate nella roccia più grandi, nella quale ci lasciano qualche decina di minuti per scorrazzare liberamente: fortuna ho portato la frontale, perché mi infilo in ogni buco che trovo!
Poi Valle di Ilhara, stupenda, incastonata in un canyon di roccia ben più solida che quella delle valli dei giorni passati, ma alla mia domanda se si arrampichi, la guida risponde in modo superficiale, mi sa che non sappia nemmeno cosa voglia dire “arrampicare”. Ma che voglia che mi viene.. In realtà non percorreremo tutta la valle ma sono un pezzetto, e già c’è parte della comitiva che vede questo pezzettino come una maratona interminabile..
Anche qui, in 15 minuti di libertà, torno indietro correndo per andare a visitare una grotta vista solo da lontano. La curiosità non è solo femmina, mi divincolo tra turisti che affollano il sentiero in camminate troppo lente per il poco tempo che ho, sorpasso di qua e di la e poi arrivo al bivio, salgo ed eccola. Ne valeva la pena, anche questa è in realtà una vecchia abitazione o chiesa semicrollata. E si vedono pezzi che devono ancora crollare ma lo faranno presto, meglio andare.
Il tour prosegue in una delle città sotterranee più grandi, e che impressione. Ci si cala dentro la Terra per metri e metri, in cunicoli stretti per poi trovare stanze ampie. Capisco cosa sia la claustrofobia! Pensare che ci vivevano per degli anni interi per scappare alle persecuzioni, che crosta ragazzi, e che ingegno nel creare condotti di aereazione, espellere rifiuti e simili, metter animali e scorte di cibo. Ovviamente non resisto a scendere in tutti i cunicoli possibile!
Poi la giornata finisce nel peggiore dei modi, sosta a una fabbrica di gioielli dove il riccone di turno si ferma a contrattare degli acquisti. La parte di vacanza in Cappadoccia finisce qui. Ora 9 ore di bus per la costa sud, mare, caldo, ma poi una giornata si fugge a fare il bagno nelle piscine naturali di un ruscello (Sapadere Canyon), che acqua fredda! Troviamo sulla strada una tartaruga da terra, un camaleonte, e poi visita alla grotta Dim Cave, semplicemente stupenda.

Link a altre foto, qui troppo poco spazio per tutte (Cappadocia sono i day 3,4,5,6):

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