sabato 28 febbraio 2015

La ravanata dell’anno: canale nord Vallaccia con AG1

Ci stava finalmente di finire a nuotare nella neve, evento che mancava ancora alle escursioni di quest’anno (beh, forse anche quella volta in Val Seria..), il peccato è esserci finito col corso AG1 2015 del CAI di Carpi, ma è stato un incidente di percorso..
Uscita programmata, meteo discreto (come al solito in questo pazzo inverno è cambiato ogni giorno a volte in meglio a volte in peggio, finendo in peggio), ma una svalangata di neve in Appennino obbliga a cambiare meta, e il bramato Canale Nord che conduce alla Forcella Vallaccia in Val di Fassa sembra essere l’unico itinerario che mixa al meglio i vari fattori che devono concorrere alla programmazione di una gita del genere.
Tra questi si annovera chiaramente la qualità della neve, e per una serie di valutazioni si pensa che possa essere decente da salire. Ma così non sarà.
Si parte non di buon ora, e dopo aver litigato col benzinaio dell’area di disservizio Nogaredo estche di nuovo “si rifiuta” di farci metano, sosta colazione salendo al Passo di Costalunga, dove i pini sono più carichi del previsto di neve.. Al parcheggio Soldanella il Catinaccio risplende al sole, comunque vada sarà una gran bella giornata in un ambiente da favola.
Si parte, Gianluca tira la carovana, siamo a casa sua, ma appena si abbandona la forestale si inizia a temere che sarà dura: 30cm di neve soffice in cui si affonda. Mi spoglio, presto farà caldo. E dopo poco decreto che è tempo di ciaspole, cambio assetto nella speranza di salire un po’ meglio in questo bosco candido. 
Tracce di sci in discesa, che bella sarebbe questa neve da scendere, peccato il buon controllo che servirebbe per evitare di schiantarsi contro gli alberi. Il morale è comunque alto data la bellezza dell’ambiente che ci circonda, e in uno spiraglio tra un pino e l’altro si scorge la caratteristica vela di roccia che sovrasta il canale che vorremmo salire.
Qualche pausa per ricompattare il gruppo dove la fatica inizia a farsi sentire, ma a distanza si continua a scherzare, “Ehi Nico, quello laggiu è lo Spigolo delle Bregostane!”. Il popolo ciapsolatorio avanza, la trincea va formandosi, ma davanti battere traccia non è comodo. La neve da ignorante, o quasi.
Poi finalmente si arriva sotto la parete di roccia del Sas da le Undesc, ci si inizia a incassare sbisciolare in mezzo a dei salti di roccia che finalmente rendono la salita davvero estetica, anche il canale vero e proprio è ancora bello distante. Sono davanti e proseguo ciaspole ai piedi, ma sento che dietro di me optano per i ramponi.
In effetti qualche metro dove i ramponi fanno comodo c’è, ma per i restanti centinaia di metri meglio le ciaspole. Proseguo in esplorazione a vedere come prosegue la storia: si alternano saltini a spianate, neve sempre non trasformata, ma intorno regna la montagna. Sassolungo dietro di me, cielo limpido (ancora per poco ahime), roccia a destra e sinistra, dritto la nostra meta.
Mi volto a vedere se qualcuno arriva, ma nulla. Però non è un bel posto per fermarsi, avanzo ancora un po’. Solo che questo “po’” piano piano si somma sempre più, e arrivo alla base del cono del canale. Il cielo si è fatto un po’ plumbeo, il vento porta la musica delle piste del Buffaure, bleah. Ma che conca magnifica questa, e che canali più cazzuti si vedono.
Mangio, bevo, mi vesto, mi imbrago, mi rampono, mi preparo, ma oh, nessuno si vede. Inizio a preoccuparmi. Scendo sulle mie tracce di ciaspole coi ramponi, si va giù bene, non che con le ciaspole si galleggiasse, ma era meglio. Poi finalmente ecco Gianluca, e dietro il resto della comitiva.
Ok ci si lega (è pur sempre un uscita didattica), io Simone e Matteo, avanti tutta a cerca di seguire le tracce del cane dello sciatore che deve essere sceso nei giorni scorsi. Ma tiene poco, dopo un centinaio di metri “no ragazzi, mettiamo le ciaspole di nuovo”. Cerco di gradinare e pestare al meglio, ma dietro di me faticano lo stesso. Chi mette le ciaspole, chi prosegue coi ramponi.
Ben presto Simone getta la spugna con le ciaspole, gli sono di impaccio, allora tutti coi ramponi, mentre si iniziano a scorgere tre sci alpinisti sopra di noi: voi si che vi divertite! Passa davanti Giorgio con Morgan Valerio e Christian, Nicola con Rossella Andrea e Roberto, poi ripartiamo noi.
Il live motive della salita diventa il mio bombolone che penzola in una sporta dallo zaino, tutti lo vogliono nessuno poi ne vorrà un pezzo. Si fischietta, ora che sono dietro otto persone si sale decisamente meglio, ma il piede poggia mediamente 40 cm sotto il limite del bianco. Tutta scuola anche questa!
Passo davanti a Nicola difendendo il mio bombolone a picozza tratta, poi supero anche Giorgio per darci un po di cambio. Il canale si restringe, carino, ma che neve. Poi gli ultimi 30m goduriosi finali su neve ventata quasi quick quick: 1000m di dislivello su neve fresca per 30m di neve dura.
Paesaggio lattiginoso ormai, con le cime più alte col cappello.
Arrivano anche gli altri, per ultimi Federico Diego Laura e infine Gianluca Stefania Federico, questi ultimi forse un po’ più cotti degli altri, ma nessuno è una rosa (chissà chi domani non si alzerà dal letto!!). Ci si ricompatta alla Forcella e poi si decide per scendere per dove siamo saliti, niente anello per Rifugio Vallaccia. Ora scendere è più divertente, anche se sogno gli sci, ben presto siamo alla base del canale.
Tempo di prove artva, ma il tempo è poco, siamo saliti davvero lenti, non è ancora finita l’ultima prova che Gianluca si è già defilato e sceso verso la birra. Cercando i pendi a neve più fresca, scendere è spassoso, affondo fino al ginocchio per la gioia dello spirito e meno dei quadricipiti. Si torna allo spiazzo che riporta nel bosco e si ricambia assetto.
Via i ramponi e su le ciaspole, ma io no, scendo senza nulla che non mi va di essere impacciato. Diego invece con le ciaspole scivola di continuo, il suo modello è un po’ troppo escursionistico. Ma certi toboga non lasciano scampo nemmeno ad attrezzi più seri!
Dopo 10 ore siamo all’auto, chi esausto chi già coi piedi sotto il tavolo. Tavolo che a breve raggiungeremo anche noi, e dove si vedranno montagne di panini girare.. L’appetito vien..ravanando!

Qui altre foto.

giovedì 26 febbraio 2015

Zingarata: Skialp in notturna

Zingarata sì, ma le prospettive erano diverse, poi come al solito all’ultimo è intervenuto il meteo complicare tutto. Ma spieghemose.
La morosa è via per lavoro, la luna è alta nel cielo fino a mezzanotte, gli sci sono li che dormono troppo, il meteo prevede una bella nevicata per martedì, mercoledì il cielo rischiara, allora forza! Scialpinistica dopo lavoro, sulle piste per non rischiare (visti anche i divieti comunali..).
Ma con l’avvicinarsi della fatidica ora il meteo peggiora, la neve scende ma continua a scendere, ormai però siamo già in ballo, io Riccardo e Dreia, quindi dai andiamo lo stesso, al massimo finisce a birra e salsiccia in una trattoria dell’Appennino.
Salendo a pochi km da Febbio la neve fa la sua comparsa sulla strada, al parcheggio ce ne è una spanna abbondante, ci stiamo già gustando la riuscita! Certo non credo che usciremo dal limite del bosco, mica voglia di finire sotto una valanga, figuriamoci di notte poi. Alle 20 sci ai piedi si parte.
Neve ce ne è, ma quanto è pesante. Una traccia già presente ci fa risparmiare fatica, anche se ogni tanto cerco di farne una nuova per far godere i quadricipiti. Deviazione all’avventura, poi si riprende la strada abbandonata. Dreia purtroppo deve rinunciare per KO tecnico delle pelli, un po’ continuiamo per vedere se troviamo pendenza maggiori lassu, lui ahime con calma scenderà.
Nevica ancora, spettacolo di serata, sarà una delle discese peggiori della mia vita, ma che ambiente. Neve incrostata su ogni albero, ramo, lo sci che affonda nella coltre bianca e ne viene sommerso a ogni passo. La frontale che illumina la neve e col suo riverbero acceca.
Finisce il bosco, anche la visibilità cala, mi pare ovvia la scelta di scendere. Ci dirigiamo verso un pendio che però dall’alto sembra troppo ripido, troppo accumulo, no no, torna indietro (camminando, risalita di 100m interminabili), poi di nuovo sci ai piedi in assetto discesa e via giù!
Che effetto strano sciare con la visibilità dei 6-7m quadri della frontale, le gambe che molleggiano seguendo il pialla mento che lo sci fa sulla neve, la fifa di cadere, piantare lo sci e perderlo al buio conficcato nella neve profonda!
Qualche curva, poi il pendio spiana, tocca stare dentro la traccia di salita per avere qualche chance di non rimettere le pelli. Che neve faticosa anche da scendere, che brutta discesa, nessuna curva, sempre o quasi dentro la traccia per scivolare un po’!
Però che ambiente. Ben presto siamo giù alla macchina, immancabile la birra finale gentilmente fornita dalla mia dispensa. Un’esperienza da ripetere..ma con neve che si faccia scendere!

Qui altre foto.

sabato 21 febbraio 2015

Ride bene chi ride ultimo: Fontanazzo dx (alta sx)

Meno male dopo una settimana di sole passata sulla scrivania (e sul divano malato), i giorni che si potrebbero passare all’aria aperta sono intrisi dell’ennesima perturbazione del weekend. Complice il coprifuoco pressante, il caldo anomalo (ormai normale se si prendono in considerazione gli ultimi anni), non resta che lanciarsi verso quelle cascate dallo scarso avvicinamento e facilmente piene in giornate belle. Fontanazzo arriviamo. 
Sempre sentite citare, mai salite ne nemmeno viste, c’è chi me le consiglia per bellezza e per difficoltà (son scarso). Inizio quindi a documentarmi sul web, e scopro una confusione sulle Fontanazzo.. Destra, sinistra, chi sale di qua, chi ne da una di grado 3 e chi 4+, chi ne da una 4 e un altro 5, chi le da entrambe 4. Ma possibile? Un post su un forum dedicato proprio a questo casino! Non resta che andare a vedere.
Si parte di buon ora, io poi avevo in programma di andare a letto presto, così come avevo promesso a Riccardo, ma all’ultimo momento rispunta una cena, e le ore di sonno si riducono un po’. Colazione triste in autogrill, ma meglio che niente, e quando ancora deve albeggiare siamo al parcheggio della Dolciaria Fassana, nella quale bramiamo di far sosta finita la cascata.
Alle 7 siamo in cammino, su questo lunghissimo e tortuoso avvicinamento. Oddio, non è proprio da prima vita messa dal finestrino dell’auto ma quasi. La Fontanazzo sx si vede bene lassu, ma per oggi meglio lasciarla stare, partiamo dal facile. Pista da fondo, sinistra, 100 passi ed ecco una traccia che sale (chi è quel coglione che ci ha cagato sopra poi..), costeggi ruscello, bivio, destra e in breve si vede del ghiaccio. 
Si, ma che ghiaccio. L’acqua scorre, pendenza blanda, camminabile con solo un muretto appoggiato piu su. Va beh ma lo sapevo che i primi “tiri” sono ben evitabili, prepariamoci di tutto punto ma andiamo in slego per ora, anche perché la corda finirebbe di certo in una poccia e avrebbe l’effetto viagra.
Sperando nessun ponte di neve o ghiaccio crolli, andiamo verso quel muretto (il torrente qui è largo), Riccardo sulla destra io sulla sinistra a cercarlo un po’ più lungo. Una volta superato ognuno prosegue e dall’alto vedo che il mio amico prima cerca di passare sotto un tronco orizzontale, poi sopra, poi ci pensa, ma che diavolo fai? “è troppo alto per me, ma troppo basso per piegarmi”. Risolto un altro grande problema delle Alpi, possiamo andare.
Si svolta a destra nella gola, in vista finalmente di ghiaccio un po’ più serio e di una conformazione a forra affascinante. Solo che tocca ancora fare zigzag tra le finestre aperte sul mondo dell’acqua liquida sottostante. E una di queste finestre sta pure sotto il salto di ghiaccio che ci apprestiamo a salire. Ancora una volta, non vogliamo bagnare le corde, sembra si possa salire slegati, andiamo. 
E una volta sopra, ecco un bel ciccione di ghiaccio visto di profilo (di profilo perché li c’è da girare a sinistra), ok ora possiamo legarci. Parto io, secondo i miei calcoli e la relazione che mi ha fatto Nicola (che l’ha salita due settimane fa) dovrei così trovare i salti più difficili e carini io, lasciando così riprendere confidenza col ghiaccio al mio amico. Ma no, o circa.
Risalendo questa parete di ghiaccio cerco di complicarmi la vita alla ricerca di difficoltà maggiori, ma facendo ciò mi ritrovo con anche il secondo appoggio indice (l’accessorio delle quark che in cascata non uso, ma in canale) spaccato, porca paletta!
Pittoresco arrampicare il ghiaccio vedendo l’acqua sotto che scorre impetuosa.. Fammi salire alla svelta va la, che inizio ad avere paura che non riusciremo a uscirne da questa forra. Una sosta a spit sulla sinistra è invitante, ma meglio farla vicino a dove salirà il mio amico dopo, perciò cammino verso quella pancia sdraiata di ghiaccio, scavo scavo e trovo ghiaccio decente per le viti. Vai Riccardo!
E mentre sono li che lo recupero, guardo questa parete di ghiaccio davanti a me, più larga che alta, o siamo li. A sinsitra scorre acqua, al centro le meduse pisciano e sembrano di cristallo luccicante, a destra..ma no! È quella foto di Nicola dove saliva in camino diedro ghiaccio roccia! Volevo farlo io questo tiro.. Ma a ben vedere, la parte bassa di ghiaccio non c’è più, non è più igenico salire di li..
Eccolo Ricky, avanti te! Cerca il punto più facile sopra di noi, solo che litiga col ghiaccio cercando quello idoneo per infiggere una vite, sembra una barzelletta. Provo qui, provo li, stendo la, torno qui, che ridere. Poi prosegue, il ghiaccio spiana ed è fatta.
Lo raggiungo con lui già che se la ghigna “adesso tocca a te”, oh ma cosa avrà mai visto??? Ah ecco. Inizio pure a comprendere la fonte della confusione di tante relazioni. Si vede si un bell’anfiteatro lassu, ma anche del ghiaccio piu a sinistra, che sembra piu estetico. Oltre che piu facile.
Inizio a salire questo trasferimento su neve, guardo l’anfiteatro, ma ispira di più la colata, andiamo a sinistra che sembra più carino, e comunque tracce ce ne sono in entrambe le direzioni, perciò tutto si sale. Poi dai, se facciamo presto prima saliamo di li, poi ci caliamo e saliamo di la. Essè. Intanto la perturbazione in ritardo ci consente una vista sul Sassolungo, il Canale Moppo, bei ricordi.
Eccoci alla base, qui il ghiaccio sembra ottimamente plastico bagnato, piccola sminza sosta e parte Riccardo che sembra più facile questo tiro che quello dopo. Mentre Ricky sale, con calma e ancora senza longe sulle picche, guardo ancora più a sinistra, chissà che non ci sia qualcosa da esplorare anche in la. 
Riccardo supera le difficoltà iniziale, poi aumenta la sua velocità di progressione. Tocca a me, come si pianta bene tutto quaggiù, ma su è più spaccoso, peccato. E cosa vedono i miei occhi: che muro la peppa, che delicato, che colonnette o candelette. Ma ce la faccio? E Riccardo un po’ se la ride..
Alla base di questa bestia ricordo le parole di Nicola “più facile della Madre, più difficile della Jahrzahlwand”, e penso al fatto che al di la di questa ultima parte, la cascata è un po’ una ciofeca, saltelli intervallati da passeggiate. Ma ride bene chi ride ultimo! E la cascata sta per ridersela bene.
Inizio a salire, ho visto che verso sinistra è più facile, o meglio più lavorato, sopra in alto sono candele verticale saldate tra loro, poi però mi sa che toccherà uscire a destra ancora di più. I primi metri sono già allegri, ghiaccio fragile per i piedi e un po’ di stillicidio dall’alto. Le chiappe iniziano a stringere! Altre voci alle nostre spalle ci indicano che non siamo più soli.
Piantare chiodi diventa dura, mi sa che sto osando come grado, ma porca miseria mi sembra ben più difficile della Madre! Abbandono il sogno iniziale di salire dritto, anche perché piantare le punte in mezzo alle candelette mi sa sarebbe una pessima idea, servirebbe il monopunta. Devio a sinistra verso la roccia, passaggi di cordate precedenti ancora un po’ visibili.
Fortuna un po’ di agganci ci sono, perché inizio a sentirmi un pelino impiccato. Sarà la malattia non ancora passata del tutto, sarà che non mi aspettavo questa sorpresa. Ma sono qui, tocca uscire, meglio traversare verso destra adesso, a meno che non voglia salire candele per raggiungere le quali dovrei lanciarmi. E il traverso è sempre un’emozione, inoltre le viti iniziano a scarseggiare.
Una bella pancia da salire, ma chi mi ha superato è stato tutto a destra, dove è tutto ben più lavorato anche se esile.. Andiamo che comincio a essere cotto. Siamo ancora abbastanza verticali, forse anche un pelino di più se non vedo i miei piedi. Quanto sono arrugginito porca vacca. E che freddo, forse non sono ancora guarito, ma speravo nella cura adrenalinica!
Arrancando un pochino esco alla ricerca di ancora qualcosa dove piantare le picche, ed ecco l’albero dove arrivare a fare sosta! Scambio due chiacchiere con chi è salito più a destra mentre recupero il mio amico, che per fortuna prima mi ha detto essere già contento così senza calarsi e fare anche l’anfiteatro. Bene, perché adesso ho un freddo! Stanco no, ma se dovessi ricominciare a trazionarmi mi sa che duro poco.
Eccolo Riccardo, ha pure iniziato a nevicare, debole ma ha iniziato. Peccato non averlo visto salire però. Non è nemmeno mezzogiorno, mettiamo via le nostre cose con calma, ci vestiamo che io ho davvero freddo (insolito per me, molto insolito) e soprattutto mangiamo e beviamo che ne abbiamo di sete.
Via giù adesso, verso il dolce! Una volta sul sentiero, lisciatina e ci togliamo i ramponi visto che la poca neve fa affiorare i sassi sotto. Così facendo ci ritroviamo come gatto Silvestro a scendere brevi tratti di neve dura dura, con uno dei due che cade e ognuno pronto a ridere dell’altro, che asini.
Purtroppo arriviamo giù che la dolciaria ha gia chiuso, cuori spezzati che adesso dovranno vagare alla ricerca di birra e panino, sognando e ammirando le altre cascate della valle. Una giornata in cui non si poteva chiedere di più! Almeno abbiamo salito una delle cascate più frequentate del trentino quasi da soli.

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