domenica 29 marzo 2015

Alpinisti h24: Cascata della Funicolare

La rivincita è compiuta! No ma che rivincita, come suona male. Non è una battaglia, non è una disputa, la “Lotta con l'Alpe” non è il mio alpinismo. Anche perchè sarebbe un combattimento impari, noi poveri minuscoli uomini alla montagna facciamo il solletico e solo quando lei se lo fa fare. Alpinismo è divertimento, confronto con se stessi, crescita personale, capacità di sapersela cavare con le proprie forze, e capire i propri limiti. Quindi..la salita è compita!
Dopo il tentativo di inizio anno, ci risiamo, destinazione Val d'Avio, uno dei più bei paradisi montani che si possano pensare, laghi (va beh, artificiali) in successione, cascate di ghiaccio, cime di oltre 3000m, la Nord dell'Adamello. Nasce tutto (o quasi) per caso, come le migliori invenzioni: una giornata pianificata là sognando qua, un trovarsi nel posto giusto al momento giusto, un sabato abbandonando l'uovo oggi sperando una gallina domani.
Venerdì sera, serata di voto al CAI di Carpi, il nostro sostegno a Gianluca non può mancare, votiamo e poi ci rifugiamo ognuno sotto le proprie coperte, per dormire quel paio d'ore, chi più chi meno. Alle 2:30 la giornata del gruppo inizia, ci si ritrova sotto casa di Nicola, Giorgio che ci ha visto lungo scatta la foto di inizio, ha già capito che quella di fine verrà scattata 24h dopo (effettive, mica barando con cambio solare legale).
Io, Gianluca, Giorgio e Nicola, e al casello Cristian, che ha gli sci. Momento di sconforto, lo scazzoman decreta “riportatemi al parcheggio, ma dove cazzo andiamo”, già è stata dura fargli mandare giù la storia di portarsi dietro le ciaspole, ora che vede gli sci è la fine. Ma l'insegnamento dell'orso insegna: “se ti imbatti in un orso, non scappare, non combattere, fingiti morto”. Quindi “se Gianluca si lamenta, non convincerlo, non aiutarlo, ignoralo”. L'auto parte piena di 5 persone e della loro attrezzatura, incastrata magicamente come nemmeno il re di tetris saprebbe fare.
Il viaggio si svolge tranquillo, l'atmosfera non è scherzosa come al solito, forse perchè siamo tutti stanchi per le poche ore dormite o perchè già sappiamo che di tempo per dire stronzate ne avremo tanto. La colazione è prevista al sacco, un incubo per Nicola (e stranamente oggi non per Gianluca), che tenta l'ultima carta del solito bar/pasticceria/forno aperto fin dalla mattina presto, ma si sveglia troppo tardi per proporre un “ma non è aperto il..non ricordo il nome ma avete capito?”, tardi, ormai siamo più avanti.
Temù, e cartelli per Malga Caldea. Stavolta non commettiamo lo stesso errore dell'altra volta, quando su una lastra di ghiaccio intraversammo il Qubo arancione (temendo anche di vedercela davvero brutta, oltre che di parcheggiare davvero in basso), e calziamo subito le catene sull'auto di Giorgio. Che però arranca. Neve marciotta o ghiacciata, auto col cambio automatico, si tenta di spingerla anche. Qualche pozza di neve viene superata, a fatica, passiamo un paio di alberi caduti, ma giunti al primo tornante, game over. Di più non si sale.
Manovre su manovre per girare l'auto, e la si parcheggia un centinaio di metri più giù, saremo intorno a quota 1300. Stessa scena dell’altra volta, sforzarsi di salire il più possibile in auto, e invece abbiamo perso più tempo che se avessimo parcheggiato in basso. Amen, almeno stavolta abbiamo parcheggiato un po’ più su, non rischiato l’auto nel burrone, e perso un po’ meno tempo. Anche oggi qualcuno ci passerà davanti con un’auto 4x4 fregandoci la salita?
Il baule dell’auto viene denudato, le cibarie dedicate alla colazione sbranate bevendo il the dei thermos (azz, niente caffelatte, mi sento già debole..): abbiamo i belsoni di Giorgio, una torta Motta mia (che non verrà toccata e prevedo verrà passata di baule in baule nei prossimi tre/quattro mesi) e dei dolcetti Pan di Stelle dalla mia dispensa, leggermente scaduti. Il cibo non ci manca mai. Cristian lascia gli sci in auto (chiazze di neve sulla strada impediscono di proseguire in auto, ma se ti guardi intorno di materia bianca ce ne è poca o nulla) e mentre aspetta che tutti siano pronti, torna sul sedile a riposare un po’.
Sono le 7: Gianluca si avvia imprecando vari santi, non lo si tiene più, dopo poco inizio anche io ad incamminarmi. La forestale è sempre una noia, quando poi è in mezzo a un bosco”secco” (nel senso che non è nemmeno quel bosco incantato di bianco), non passa più. Ma la destinazione, quello che ci aspetta, la visuale lassù, rendono questo “supplizio” passabile. Raggiungo il mio amico, la neve si fa sempre più presente ma è sufficientemente dura da non richiedere l’uso delle ciaspole.
Il bosco si apre, i monta rozzi a nord del Pizzo di Mezzodi fanno bella mostra di se, e tra di loro scorgo un bel canalone che poi si restringe e sale vertiginoso su per una cima. Al sole, ma estetico. Io che quest’inverno ramponi su neve (buona) non li ho ancora messi, ho una fame di canali o vaji.. Sempre insaziabile. Ma chissà se poi dall’altra parte si riesce a scendere comodi. A casa studio la cartina, sembra si possa, idee..
Gianluca continua a lamentarsi del male alla spalla (partiamo bene), siamo giunti a Malga Caldea, e da qui possiamo vedere anche la bastionata rocciosa delle Valli Incavate. Accidenti l’Adamello mi da l’idea di essere un gruppo per quanto famoso, pieno di angoli e angolini sconosciuti, ma che per essere scoperti richiedono del pelo. Avrò mai questo pelo per l’esplorazione nuda e cruda?
Eccoci ai tornanti che portano a La Palazzina, la neve è continua ora. Mi pare ce ne sia più dell’altra volta, ma solo sulla strada, intorno mi sembra meno, meglio così. Non credo che nessuna auto oggi possa sorpassarci qui, non ne abbiamo viste altre parcheggiate, quindi molto probabilmente saremo i primi ad attaccare il flusso ghiacciato. Anzi, saremo gli unici.
Si scorgono le colate di ghiaccio, ormai mezze sciolte, che scendono dal Laghetto d’Avio, e quelle sopra i tornanti al sole. Non sembrano tanto in forma, lo sarà la nostra Funicolare? Gianluca è un trattorino “lento” ma inarrestabile, continua a salire, sotto di noi scorgo gli altri tre, con Giorgio che lascia indietro Nicola e Cristian (già li a parlare di progetti futuri, insaziabili anche loro). Che caldo che fa, lo sapevamo, ma domani e prossimi giorni sarà peggio, sappiamo che quasi di certo questa è l’ultima cartuccia della stagione.
Eccoci a La Palazzina, inutile cercare il custode per chiedere il permesso di passare nel tunnel, è già aperto. Inutile anche aspettare qui gli altri tre, avanziamo che piuttosto li aspettiamo alla fine, in paradiso. Accendiamo la luce, e tac, via dentro la montagna. Non lo ricordavo così lungo questo tunnel: considerando la porta già aperta, l’orario, e quanto sia stretto in certi tratti, spero solo di non incrociare il furgoncino degli addetti dell’Enel.
Lasciamo le luci dietro di noi accese, sarebbe un brutto scherzo spegnerle a i nostri amici mentre si trovano a metà di una tratta di illuminazione. Dalle “finestre” lungo la galleria scrutiamo i monti che sovrastano il Lago d’Avio, “Gianluca, la Funicolare è quella laggiù” è viva, “e quella è la Nord dell’Adamello”. Che cielo sereno.. Candelotti di ghiaccio penzolano dal tetto esterno, la cosa mi fa ben sperare.
Portone chiuso, lo apriamo, welcome. Il bacino del parco giochi intorno al Lago Benedetto è superlativo: non sono passati nemmeno tre mesi dalla prima volta che sono venuto qui, ma è comunque uno spettacolo da godersi. E questo sole tiepido, la seduta possibile sull’erba senza bagnarsi di neve o sporcarsi di fango, concilia lo spaparazzarsi a fare le lucertole aspettando gli altri merenderos.
Le cascate sopra la Malga di Mezzo (ci sarà da tornare per loro, ma l’anno prossimo), il paretone dei paretoni che fuma, la nostra meta (mmm, sembra un po’ bianchina), il cielo azzurro azzurro e un bel sole. Non voglio dire che questa vista ripaga già del viaggio, ma quasi.
Gianluca continua a lamentarsi della spalla, sta enunciando l’opzione di “arrivo la sotto poi vedo, magari mi prendo le chiavi e vi aspetto in macchina. O qui al sole”. Tattica dell’orso.. Arrivano anche gli altri, il gruppo si ricompatta e sale deciso verso la Funicolare. Io e Nicola sappiamo che la parte ostica dell’avvicinamento ci attende. Speravo che ci fosse una quantità di neve maggiore al fine di stendere un tappeto uniforme su quei maledetti blocchi di roccia pieni di buchi tra loro, invece no.
Attraversiamo la diga, sgombra da neve, abbandoniamo la luce del sole e raggiungiamo la partenza della cabina che da il nome ala nostra cascata. Tracce recenti non se ne vedono, ma vecchie di sci sulla sponda del lago sì. Sponda del lago, insomma, il Lago d’Avio è parecchio basso, il Lago Benedetto è un ruscello: fosse pieno avremmo i piedi in acqua!
Il terreno è meno infido di quello che temevo, ma qualche piede finisce giù nei crepacci tra le rocce: temo di più il ritorno che l’andata. Si continua a traversare sembra guadagnare quota, meglio risalire quel cono valanghivo appena prima della cascata. Cono valanghivo? Ma questa zona (a differenza dell’avvicinamento precedente) non dovrebbe essere super esente da questi pericoli?

Risaliamo il terreno smosso, in realtà stiamo calpestando ciò che resta della Madonnina: il candelone del primo tiro ci sarebbe, ma sopra non è rimasto nulla. Che dobbiamo pensare? Quanto è bello però anche solo il primo candelone.. Però dai, non stiamoci troppo tempo sotto, si sa mai che questo terreno smosso non voglia incrementare il suo spessore e il suo tormento. Lasciando il cono, il terreno regge meno il mio peso, finisco in un buco fino all’ombelico, come una cimice a pancia in su non riesco a uscirne, e quel furbone di Gianluca decide di venirsi a infilare anche lui in questa trappola.
Eccoci alla base della bestia. Quanto è bella, quanto è alta. Non sembra tanto verticale, invece lo sarà. I primi metri che l’altra volta erano stati quelli più duri e delicati sono parzialmente coperti da un cono di neve. Speriamo che il ghiaccio sia dello stesso tipo di Lujanta, sarebbe una figata, bello plastico e bagnato, saliamo in un attimo. Invece contro tutte le previsioni non sarà di buona qualità.
“Andrea, ho scommesso con Cristian: hai doppi ramponi?” “Nicola, ovvio, te mi hai prestato i Rambo, ma metti che mi trovo male, io voglio avere i miei soliti, se no non salgo” “visto Cristian, che ti avevo detto?!” Però nel mio zaino non trovo le pile di ricambio per la macchina fotografica di Cristian, che onta..
Le cordate che avevo proposto erano io con Gianluca e gli altri tre insieme, un po’ per essere più equilibrate, un po’ per fare cordata io e lui. Ma il suo male alla spalla gli fa optare per un “meglio cambiare, non so se riesco a tirare qualcosa con questo male”: la Funicolare rivede così la cordata della volta scorsa, io con Nicola. Facciamo zaino unico (accidenti a lui e i suoi miseri 0,5l di acqua), mangiamo e beviamo e siamo pronti.
Le danze abbiano inizio. Sono le 10. Speravo attaccare prima, ma almeno siamo solo noi.
“Stavolta il primo tiro te lo fai te”, agli ordini capo! Ma prima lasciamo andare avanti Cristian che scalpita ed è già pronto: senza nulla togliere agli altri, lui è sicuramente il più forte ed esperto tra noi, e vederlo procedere guardingo e circospetto mi fa pensare. Ma ricordo dall’altra volte che dopo i primi metri è tutto più facile. Diamo sfogo ai rambo.
I primi metri sono drittini, poi le difficoltà spianano, al massimo qualche mezzo passo quasi verticale, ma è una rampa verso destra di gobbette. Solo che il ghiaccio non è proprio piccozza-friendly, spaccoso, esplode, una crosta di neve ghiacciata lo ricopre. Ma spero che migliori più su!
La conoscenza aiuta (nel senso che ho già salito questo tratto), e arrivo in sosta senza penare troppo, anche se sembra più un Alpine Ice che un Water Ice. Ma confido che sia come sabato scorso, ovvero che migliori salendo. Ma così non sarà.
La prima sosta è tutto sommato comoda e possiamo starci tutti e cinque quasi comodi. Io e Critstian recuperiamo i nostri secondi, arriva prima Giorgio, poi Gianluca che ha sempre la sua spalla dolorante, e infine Nicola, che oggi sfoggia le sue piccozze alla seconda uscita, ma ramponi e imbrago sono appena tolti dal cellofan.
La vista da quassù è spettacolare, e anche da brividi vedere i pendii sopra la Madre. Giorgio decide di tirare lui il secondo tiro, gli spiego dove si trovi e come arrivare alla seconda sosta: inizia la sua salita su ghiaccio che poi più su lascia posto a un po’ di neve accumulata.
Parte anche Nicola, e arriva infine la nostra volta. Usciti dalla sosta e dal breve muretto di ghiaccio, scorgo Nicola più in basso di Giorgio, esattamente dove fece sosta l’altra volta: ma porca miseria, dovevi andare più su, metti che poi il tiro che tocca a me non ho sufficiente corda per salire alla sosta!! Però anche il suo ragionamento fila: “ti ricordi com’è la sosta qua sopra? Era scomoda in due, figurati in 5!”.
Aspetto che Gianluca e Cristian arrivino in sosta, sarebbe spiacevole partire per farsi una doccia di mattonelle di ghiaccio a gratis e da primo. Posso andare, cerco il percorso più agevole, destreggiandomi in modalità diedro tra queste colonne di ghiaccio: ancora spaccoso ma divertente una cifra.
Le difficoltà sono maggiori che sul primo tiro, già alla partenza qualche passo a inclinazione più sostenuta è presente, in più sembra di andare un po’ alla cieca, aggirando i rigonfimenti non si sa mai cosa troverai dietro: si esplora!
Arrivo così in vista del muretto sotto il quale forse Nicola volesse che sostassi: ma di corda dovrei averne ancora, mi guardo sulla destra a cercare la sosta ma nulla. Va beh dai, mo me lo tiro io, qualche metro su dei buoni 85° che mettono in fibrillazione. Ci manca solo l’uscita in cui le picche non riescono a trovare ghiaccio ma solo roccia e siamo a posto. Picchia le picche!
Solo su uno scivolo di neve, quasi comodo ma non certo una cengia. Altro muretto sopra di me. Mmm, provo a urlare per farmi dire quanta corda ho, ma il numero che mi pare udire non sembra sufficiente a raggiungere quel terrazzino su cui ipotizzerei si possa trovare una sosta comoda.
Niente, me tocca far sosta su ghiaccio, nessun problema se fosse ghiaccio bello, ma questo sembra possedere una discreta quantità di aria al suo interno. Due viti da 22 e una da 16 fanno al caso mio, spezzone di corda dinamica e via andare. Intanto osservo Cristian salire circospetto sulla mia destra: muretto sottile e delicato, forse ho fatto bene a fermarmi qui.
Ci metto un po’ di tempo ad allestire la sosta, voglio essere comodo ma anche dosare bene le lunghezze del cordino ecc. “Nicola, puoi partire!” Ed eccolo che agile come un gatto supera i tratti ghiacciati, leggermente sotto la pioggia di Giorgio e Gianluca. Finchè lo sento dire “Andrea mi appendo” “cosa?!?!” ed eccolo che carica tutto il suo peso per..fare qualche foto.
Mi guardo alle spalle, vacca boia che ambiente, guardo giù, vacca boia che siamo in alto e se siamo verticali, vacca boia che bello.
Ecco il mio amico, due battute e poi si riparte, non che abbiamo fretta particolare, tanto che oggi la giornata sarà lunga l’avevamo messo in conto. Però ecco, questa sosta non mi aggrada troppo, qualcosa con due bei spit, fuori dai maroni, su una comoda cengia sarebbe bello: chiedo troppo eh?! Forza Nicola, Cristian ha già detto essere delicato il muretto a destra “ho capito, ma mica posso arrampicarti sopra la testa, se cado ti allargo il sorriso”, c’hai ragione anche te.
Parte inizialmente a destra, mette giù un paio di viti poi torna verso sinistra, sopra di me, inevitabile, il ghiaccio migliore è lì. Adesso inizia la pioggia. Il sole è alto in un cielo azzurro e limpido, ma di ghiaccio e neve ne viene giù. Passerò i prossimi non so quanti minuti accucciato, sguardo fisso sui moschettoni della sosta, visiera abbassata e denti stretti.
Nicola sale e lo sento esclamare il solito mantra “Vigliacc” “Crrroccante” “Delicato”, solo che quando sento che anche Cristian sale calmo, porca miseria deve essere davvero duro! Cerco di dialogare con Giorgio e Gianluca in modo che mi facciano da ponte con Nicola: dieci metri possono essere sufficienti per far arrivare la voce più in alto.
Alleluja, è finita, sento i tre strattoni che indicano prima “molla tutto” e poi “vieni pure”: ma Cristian non ha ancora finito il tiro, sono ancora sotto le sue scariche, aspetto un pochino va la. Chiedo cortesemente a G&G se possono lasciarmi salire qualche metro, giusto per uscire da questo posto che sembra l’imbuto di tutto ciò che può scendere dall’alto. Ok, ora posso andare, crrrroccante!
Qualche metro verticale, per uscire dal balzo tocca stare raggomitolato per avere anche le picche su qualcosa di decente, poi una piccola pausa prima che le difficoltà ricomincino. Ghiaccio da salire a diedro, con la complicazione delle corde di noi secondi che si ingarbugliano tra loro. Tolgo un loro chiodo e gli lascio uno mio, sento dietro che hanno fretta di tornare a una posizione comoda e meno “faticosa”, cerco di spicciarmi.
Un bel diedro aperto (che comodità di posizione, sono serio) e poi la sorpresa: ma dov’è finito il ghiaccio? Roccia erba e terra con Nicola che mi dice “Andrea, quei ciuffi d’erba hanno un’ottima tenuta alla trazione”, sono esili come l’erba dei campi da calcio appena tagliata. Cerca qualcosa per la picca, ficcala nella terra, fiducia sui piedi e uso un po’ di mano, riesco a issarmi fino alla sosta.
Nel durante ho maledetto (in modo scherzoso) il mio amico, nel dopo, ma che bello. “Cristian ti manca il Carega per queste cose” sento dire da Nicola. Arrivano anche gli altri due, S4 raggiunta, cascata fatta! O no?
Spesso le relazioni parlano che da qui la gente si cala già, anche se ci sarebbe un ultimo tiro per arrivare sopra, godersi il panorama della Nord dell’Adamello e rientrare per sentiero. Ma mister A l’abbiamo già ammirato e ci si cala in doppia. Inizia lo show.
Io “no basta per me, dai la cascata è finita, e guarda li che traverso secco e liscio e strapiombante su roccia”
Nicola “ ci sarebbe l’ultimo tiro”
Giorgio “oh, se andate io ci provo da secondo”
Gianluca “buon divertimento, io mi faccio la mia longe e vi aspetto qui”
Io “Gianluca, ci caliamo insieme”
Cristian “io non ci trono qui per fare l’ultimo tiro, oggi o mai più”
Io “oh va beh, allora vi seguo se andate”
Gianluca “ma porxx xx xx xxxxx xx xxxx xxxx xx xx x x xxx xxx xxx xxx. Io sto qui!”
Prova Cristian, ma sembra davvero dura. Con le mani nulla di buono, una presa rovescia e un appiglio troppo lontano che farebbe sbandierare. Piedi sul liscio. Picche che non arrivano alla neve/terra ghiacciata. Torna indietro. Io “bon, ci caliamo allora”.
 Nicola si batte il petto coi pugni a va a provare lui. Cazzo ce la fa. Le sue picche sono più lunghe delle nostre e arriva a prendere qualcosa, si fida dei piedi e via. Mi sa che son fregato. Cristian allora riprova, scava a cercare un buchetto in cui infila un friend, poi riprova con passi di arrampicata, e dopo un po’ di penare mette piede su terreno più consono ai ramponi.
Nicola è la che sale quel ghiaccio al sole: emozionante scalare del ghiaccio al sole, ma pericoloso per la qualità dello stesso. Infatti prosegue con calma, ma sale sale, non lo si vede più, la corda scorre, pochi metri, “Nicola 5 metri!” ma scorre, scorre, finisce, cambio la corda su cui sono auto assicurato per concedergli qualche metro in più.
Usando Cristian come ponte cerchiamo di capire se sia in sosta o no, e intanto Gianluca inizia, anzi continua rafforzando il suo sproloquio “ma guarda te se dobbiamo sempre complicarci la vita, adesso tocca salire anche a me perché qui in doppia non ci scendete” ecc ecc.
Sembra Nicola sia in sosta, smonto e vado. Ecco, tirami pure su questo traverso così siamo a posto. Come diavolo posso azzerare? Se mi rito sulla corda con l’elasticità finisco di sotto. Cordino dal chiodo di sosta per tirarmi un po’, azzero sul nut di Cristian, afferro la roccia, mi fido dei piedi, e delicato rimetto gli stessi sulla materia bianca.
Suspence finita. Cerco uno spuntone da tirare un cordino a Gianluca perché possa azzerrare più agevolmente, ora posso ripartire. È vero, è bello ed è un’emozione unica arrampicare su ghiaccio al sole (da tempo sogno una scalata a maniche corte, non goffo come l’omino michelin visti i vestiti da protarsi), ma che delicatezza. Qualche calcio sfonda le pareti ghiaccio scoprendo l’acqua che sotto scorre impetuosa.
Con calma si continua la salita, in questo tiro di ghiaccio ce ne sarà meno della metà, i primi 3m di roccia, il resto su neve. Ma l’ultima è neve che fa da ponte al ruscello sotto.. Ahhh! Dai che ci siamo, Giorgio mi supera, le corde girano ancora su loro stesse, poi vedo lassu i miei amici in sosta, quasi fatta. Gianluca sale, impreca, ma sale.
Eccoci all’albero, con cordone già in loco, ma il panorama è chiuso da dossi di neve, e Nicola sotto che diceva “dai saliamo, pensa che bel panorama lassù sul Garibaldi e sull Adamello”, panorama una sega, ma mentre attrezzano la doppia io e Giorgio saliamo un po’ per vedere qualcosa. Bello bello.
Dopo che i primi due sono scesi, il sole cala dietro le montagne. Visto Gianluca, te che ti preoccupavi della qualità della neve sui pendii sopra le nostre teste a scendere? Tanto scendiamo in notturna!
Facciamo anche presto a scendere in doppia, considerando che per le prime ci aspettiamo. Ma senza nulla togliere alla volontà e gentilezza di chi ha messo questi tasselli, c’è da fidarsi poco. Chiodi mezzi fuori, maglie rapide super esili. Meglio non guardare. Anche perché non c’è molto modo di rinforzare.
 L’altra volta avevamo abbandonato una maglia rapida e un cordino alla nostra prima doppia: non ci sono più. Mi chiedo chi si metta a togliere e portarsi a casa queste cose: punto primo, se sono state utili a te, magari lo saranno a qualcun altro; secondo, è materiale che è li da non sai quanto tempo..
In un ora e mezzo siamo alla base, meno male, quel nut e chiodi fuori a metà, brrr, mi sposto velocemente verso gli zaini lontano dalle scariche. Mentre aspetto i miei amici, mangio bevo e metto a posto lo zaino (com’è possibile che ho meno roba di prima ma non riesco a farcela stare?!). Ormai possiamo dire che è fatta!
La tensione si smorza, si ride, si scherza, ci si prende di nuovo in giro. Nicola “me l’aspettavo più dura, però il ghiaccio era davvero delicato”. A me si son strette le chiappe invece! Ma tornerei anche domani.
Sono ormai le 18e30 quando lasciamo la base della Funicolare. Gianluca davanti a tutti corre con le ciaspole ai piedi verso valle. Aspetto Nicola, magari qualche altra scena stile gracco nella sterpaglia me la regala. Tutto il giorno si sono sentiti crolli dalla Madonnina: quando scenderà il candelone che botto farà! Ma adesso stai pure ancora un po’ lì.
Si fa sera. Il tratto infido è ancora infido, i ponti di neve tra le rocce più deboli, mi rifiuto di mettere le ciaspole. Finalmente di nuovo sulla diga, che caldo, ci spogliamo, ma Nicola conserva le ciaspole ai piedi. “Ehi ma toglile!” “ no mi tira il culo, questi arnesi di merda” “ma fai le falistre!!”.
Ci fermiamo sulla diga. La luna sopra la cascata, le stelle, questa magica luce frutto del riflesso della neve. Se all’andata col sole era un paradiso, adesso cosa sarebbe?! Indescrivibile bellezza della natura. Bisogna trascinarsi via, costringersi a scendere.
Nicola continua a falistrare anche nel tunnel, solo verso metà le toglie. Usciamo dal tunnel ed ecco che il telefono squilla: bene, finalmente prende, così avvisiamo a casa. Detto fatto, il telefono di Nicola squilla perché è la mia morosa che mi cerca preoccupata. Cazziatone, taaac.
Io testardo continuo a scendere senza ciaspole, Mirko chiama Nicola, la moglie di Gianluca chiama me, tutto bene, siam vivi. Ma ora metto le ciaspole che a ben vedere mi alleggerisco anche la schiena, e Nicola subito “oh oh, vai con calma, non mettere il turbo ora”. Le altre frontali sono ben giù.
 Che luna ragazzi, che cielo, un aereo taglia a metà lo stesso, ma ci vorrebbe una macchina fotografica e dell’attrezzatura per approfittarne. Passa la malga, inizio a temere l’orso, ma siamo in due, e se proprio speriamo prenda Nicola! Falistre falistre, poi finalmente toglie le ciaspole anche lui, arriviamo ai tornanti e infine all’auto.
Sono le 21. Birra di Nicola, panini e finisce pure il belsone. Gianluca “dai datevi una mossa che andiamo a mangiare e bere seriamente, tanto ormai tornare alle 2 o alle 3 non fa differenza”. Riempire bene il baule come all’andata è impossibile, si mette dentro la roba e si chiude velocemente prima che il castello possa crollare.
Scendiamo delicati, silenziosi in questa bella valle, alla ricerca di un ristorante pizzeria che troviamo subito. Si ride e si scherza, si mangia (si versa l'aceto sulla pizza credendo sia olio piccante) e beve con avidità, ma Giorgio è leggermente cotto, faccia assente e non parla (ha guidato tutta l’andata..). In viaggio, mezzora di guida a testa mentre gli altri dormono, stasera scatta pure il cambio d’ora! Io domani qualcosa volevo fare, provare gli scarponi da sci. Ma mi sa che non sarò possibile.
Rieccoci a casa di Nicola, Giorgio scatta la foto che aspettava: come all’andata, stessa ora, ma giorno diverso. 24h (25 col cambio d’ora). Ottima, bella, avventurosa, lunga chiusura di stagione. Tra mettere a posto e stendere andrò a letto alle 4e30. Domani giretto in bici e basta.

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