sabato 26 settembre 2015

Si sperava meglio: Pala del Belia, Spigolo Sorarù

La voglia di un'altra bella via dolomitica è forte, il tempo c'è, la disponibilità pure, il compagno anche, il meteo sembra pure, quindi forza, sfruttiamo l'occasione che siamo agli sgoccioli! Ma la nevicata in mezzo alla settimana guasta un po' i piani, le papabili mete si sgretolano come neve..sulla neve. Ma il jolly Moiazza per queste giornate c'è!
Memore dell'anno scorso (qui e qui) so' che sulle quelle pareti si può star bene anche quando a valle c'è quasi freddo, purchè il sole le illumini. Si va, con un'altra via che ci gira da parecchio nella testa, Spigolo Sorarù alla Pala del Belia: Riccardo me la racconta un po' che lui l'ha salita a giugno, il gestore del Rifugio San Sebastiano mi dice che li di neve ne ha fatta poco e più in alto, Nicola e  Gianluca fanno i gufi, il gestore del Rifugio Carestiato mi dice che da metà estate non c'è più neve nel canalone, andiamo!
Sfruttando la libertà concessaci da morsa e moglie, io e Giorgio riusciamo pure a partire venerdì sera per esser già li al mattino: cosa vuoi di più dalla vita? Un bel panino formaggio e bresaola, con quel pecorino che mischiato al pane arabo impoma come cemento, ma sazia. A mezzanotte siamo al Passo Duran, Giorgio ripassa le relazioni e si corica nel mio sacco a pelo (fortuna prendo sempre roba in più..).
Suona la sveglia che fuori è ancora buio: abbiamo quasi un'ora di avvicinamento, da fare colazione, vestirci e gli ultimi ritocchi allo zaino. Ma voltiamo gallone altri 5 minuti.. Giorgino poi ha patito freddo stanotte.. Poi dai, è ora, abbiamo la speranza di una bella giornata davanti e magari senza tornare a ora tarda (troppo tarda). Spremuta e crostatine come se piovesse, e poi fuori non fa così freddo, daje!
Altre macchine arrivano, uffa. Ripartono, boh, vanno a funghi, mah. Ci incamminiamo con Pelmo e Antelao che se ne stanno sornioni in attesa del sole, e noi con le mani in tasca nella speranza di scaldarle. Conosco un po' questa zona, anni fa ci salimmo la Torre Jolanda, e l'anno scorso passai un bel weekend con Riccardo (qui qui), quindi sono parecchio fiducioso che il freddo di adesso, al sole sarà un tepore piacevole.
Senza farsi pregare troppo, la Pala del Belia appare nel suo splendore tra il verde del bosco che avvolge la forestale verso il rifugio. Il sole ancora non è riuscita ad abbracciarla, e la mancanza di ombre ci rende i suoi tetti meno vistosi. Ma per poco. Si prosegue verso il Rifugio Carestiato, evitiamo tagli improvvisati tra i mughi, e al ricovero troviamo anche le caprette.
Qualche foto verso valle, e ripartiamo famelici ora che il sole colora la roccia della nostra via. Però non sono troppo tranquillo: c'è sempre un certo timore revenrenziale quando inizia una giornata come questa, ma oggi c'è di più. Saranno le considerazioni di quei gufi di Nicola e Gianluca, non so, ma oggi non parte come vorrei. Il cielo è limpido.
Eccoci all'attacco, senza dubbio è lui, ancora non siamo al sole e per questo facciamo con molta calma. Relazioni in tasca, imbraco, ferraglia, .. Poi quando arriva la palla di fuoco l'eccitazione esplode: "Chi parte?" parte Giorgio.
Lo vedo guardingo, non ce lo siamo detti ma un po' entrambi siamo non al 100% di testa e morale. Ma siamo qui, con relativa calma, una discesa tranquilla (niente canalone di neve), senza orari e senza gente dietro che ci pressa. Solo che ci mettiamo 50min in tutto per il primo tiro.. Speriamo migliorare.
Parto per il secondo tiro, dubbioso su dove andare, credevo fosse molto meno da cercare questa via, e invece no! Sopratutto la parte iniziale, ricca di vegetazione, dove sovente occorre mettere la scarpetta (che fa grip sulla roccia, non certo sull'erba umida) su zolle verdi. Salgo, cerco, brigo, ma non trovo la sosta. Probabilmente sono troppo a sinistra, ma traversare non è possibile. E così salgo fino a un mugo, con Giorgio obbligato a fare qualche metro in conserva.
E così va via un'altra ora. Sono molto infastidito da questa scocciatura di non aver trovato la sosta, della constatazione che questa via va cercata. Giorgio riparte, almeno ora pare abbastanza chiaro dove ci sia da andare. Ma con tutti i metri del terzo tiro che mi sono mangiato, anche lui sale troppo lasciando indietro la sosta ufficiale (che si vede poco), e si piazza a metà del quarto tiro ufficiale.
Riparto, nella speranza che l'erba ci abbandoni: la relazione parla di "diedro con qualche zolla erbosa" a noi pare "diedro con qualche zolla rocciosa". Anche questi due chiodi si vedono poco, e infatti ci manca poco che salto la sosta: abbiam fatto pochi metri, ma non rischiamo, il secondo tiro ha lasciato il segno. Intanto si sentono e vedono altre persone salire..
Va Giorgio per il quinto tiro, le difficoltà iniziano a salire, e infatti lo vedo che un po' cerca, si sposta di qua, di la, mentre in sosta sono ormai in compagnia di un ragazzo di rovigo con cui scambio qualche parola. Più che altro anche per distrarlo dalla nostra lentezza. Quando toccherà a me, ammetto che capisco il perchè ci ha messo un po'! Almeno i tempi non sono come quelli dei primi tiri..
Ed eccoci al tiro del passo chiave, con però già l'irritazione dell'affollamento della via, di gente che ti arrampica a troppa poca distanza, non mi piace. Cerco di partire subito per mantenere la "testa della salita". Provo la rampetta a destra, ma poi è troppo duro il passo per alzarsi, riscendo e salgo, fin sotto allo strapiombetto, rinvio i due chiodi vicini, e dopo un paio di tentativi azzero brutalmente per la troppa pressione che mi arriva da chi sta dietro.
Vedo chiodo verso sinistra, ricordo dalla relazione che c'è da tornare quasi sopra la sosta e quindi traverso qualche metro per poi risalire, su bella roccia verticale ma ammanigliata, finalmente! Chi stava dietro invece è rimasto a destra, e lo vedo incasellare una bella serie di chiodi. Non ho ancora ben chiaro chi dei due sia finito fuori via. Forse nessuno.
Sosto dopo 30m nel timore di aver sbagliato qualcosa e di non trovare nulla su cui far sosta su (il secondo tiro insegna) mentre invece qui due chiodi ci sono. Recupero Giorgio e gli dico di andare verso l'alto, anche se lui mi dice che Carlo (un'altra cordata) gli ha detto che siamo sulla strada giusta, e infatti anche lui ci segue. Roccia ancora bella, le zolle erbose sono un lontano ricordo.
E sul nostro ottavo tiro le zolle erbose tornano alla ribalta! Vedo lassu il pilastrino, la cordata che ci ha sorpassato sulla destra me lo conferma, e salgo verso destra, ma dopo i gradoni di erba incappo in una paretina strapiombante che mi lascia perplesso. Provo a destra dove passano le corde dell'altro ma nulla; vado a sinistra, metto giu un friends ma mi pare poi di essere in palestra a fare del boulder. Torno a destra (tolto il friends) e sprotetto mi tocca fare un bel passo che direi che il V+ ci sta tutto: poi se c'era un modo più facile di passare,  non lo so. Salgo il diedro del pilastrino, e voilà.
Arriva Giorgio, ma nel mentre ci siamo popolati. Arrivo in sosta col ragazzo di Rovigo che recupera ben presto Valentina. Mentre recupero Giorgio arriva Stefano (in cordata con Carlo). La sosta viene lasciata dal ragazzo di Rovigo, a Giorgio dico di seguirlo di corsa che lui sa la strada (e il cielo si sta annuvolando..), ma Valentina è già partita (un loro moschettone incastrato nel chiodo dal mio, è stato rimpiazzato da un mio rosso, ce lo ridaremo dopo). Mentre io e Stefano prendiamo freddo in sosta, anche Carlo va.
Non ci sentiamo, meno male che c'è Stefano qui con me, se no patirei davvero solitudine. Il sole ci ha abbandonato, il freddo e l'umidità sono pungenti adesso, meglio vestirsi. Giorgio non sale, anche le corde dell'altra cordata sono ferme. Dopo un bel po' iniziamo a vedere movimenti strani, deduco che ci sono delle difficoltà: e infatti sta scattando un nuovo grappolo.
Partiamo anche noi secondi, e dopo il mugo (che offre una bella vista sul paretone giallo a destra) capisco il perchè di tanto patire: vacca che pezzo duro! Altro che V+! A giorni di distanza siamo ancora nel dubbio se eravamo nel posto giusto, ma mi sa che c'era da stare più a sinistra per fare il V da relazione. Con le mani ghiacciate poi, non è per nulla comodo. Coi denti arrivo in sosta che non mi sento le dita.
"Giorgio, anche noi giù per la ferrata?", mi sono rotto le balle di questa salita, partita male, continuato meglio, adesso però fa un freddo cane e non si vede una mazza, abbiamo trovato difficoltà maggiori delle aspettative (e la Decima alle Mesenade la ricordavo ben più fattibile!). Valentina col ragazzo mi sa che sono già scesi per la ferrata, adesso Carlo e Stefano optano per la stessa scelta:Giorgio mi guarda con quello sguardo che hanno solo i labrador dopo che ti hanno disfatto i cuscini in casa. "ok, andiamo in cima". (NB: non che sia stato un sacrificio e nemmeno una cosa rischiosa!)
Riparto per il tiro, che non è altro che un traverso in leggera salita per andare sotto al diedro aperto del prossimo. Le corde di Stefano e Carlo invece continuano a tagliare sulla cengia verso sinistra verso la Costantini. Recupero Giorgio in uno scenario spettrale.
Riparte Giorgio, lo guardo come per dire "diamoci una mossa però", ho il timore di quanto possa esser tari (invece tutto sommato nemmeno tanto). Lo vedo che armeggia, spacca, almeno qui è piuttosto chiaro dove ci sia da andare, di strada ce ne è una sola. Leggo la relazione del prossimo tiro, chi da del III e chi del V+, mah.
Raggiungo il mio amico passando sotto le sue gambe, oddio che brutta visione, mi sposto di lato su questa scomoda sosta, e preso un po' di materiale riparto alla svelta. Qualche metro di esposto traverso verso destra, e finalmente qualche metro di spigolo! Un clessidrone gigante alla mia destra, ma non credo sia questa la sosta, continuo e una volta uscito dalla via un cordino infilato in due clessidrine mi rivela la giusta fine di questa salita.
Recupero Giorgio e alleluja, è fatta. Guardo l'orologio, nemmeno le 16e15, dai non siamo stati nemmeno troppo lenti considerando quanto sono durati i primi due tiri e quello del grappolo. Fame e sete ma anche voglia di scendere visto che temo non sarà facile vista la non vista di cui possiamo godere Il cielo ci illude di aprirsi, ma appunto è un illusione. Un selfie per il gruppo di whattapp, non credevo che avremmo finito la via.
Si inizia con dell'erbetta ripida, una paretina di 2m di buon III, e poi a seguire deboli tracce e qualche ometto verso il basso, passeggiata su quell'infido ghiaino che copre lastre di roccia levigata, un passaggio in un colatoio d'acqua che in caso di neve e ghiaccio non voglio nemmeno pensare quanto sia pericoloso, e poi eccoci nel famoso traverso che per fortuna da qualche settimana ha esaurito la sua temibile coltre nevoso. Si risale, sempre nella nebbia, e siamo nei pressi della Pala del Bo.
Ricordo questa discesa come un pochino infida, ma almeno verso la metà usciamo dall'oscurità e dal grigiore dal quale si voleva fuggire ieri per fare le lucertole al sole. Il passaggio nel mugo che ci deflora lo ricordavo bene, e oggi il mugo si è pure depilato per essere più dolce! Scorriamo verso valle, ripassiamo sotto l'attacco, e filiamo verso il rifocillamento.
Eccoci al Rifugio Carestiato, dove eravamo d'accordo di incontrare Carlo e Stefano per pagargli la birra, e magari trovare Valentina per scambiarci i moschettoni che ci siamo prestati. Ordiniamo birra e panino, ma dei quattro manco l'ombra.. Forse abbiam fatto tardi, ma non mi sembrava così tanto.
La giornata arrampicatoria finisce. Ironia della sorte scendendo incrociamo un cacciatore con la sua canna scintillante a tracolla, e poche centinaia di metri dopo tre caprioli che pascolano allegramente sulla forestale. Il Gruppo del San Sebastiano tra luci e ombre ci invoglia ad altre salite, ma intanto c'è da digerire quella di oggi. Sì, alla fine è andata bene, ma mi ha beccato male, sono quelle cose che non si controllano.
E ormai alla macchina la Vale mi viene incontro, erano preoccupati, avevano chiamato anche il Carestiato poco fa. Gli altri tre sono ripartiti ma lei ci ha aspettato, meno male, cosi le ridò il loro moschettone e lei il mio. Senza vedere ne Pelmo ne Antelao, ce ne andiamo. Stagione dolomitica finita? Speriamo di no. Insomma oggi non si era in bolla, finire così non sarebbe "bello" e degno della stagione che è stata invece. E poi, gli devo due salite, sob.

Qui altre foto.
Qui e qui report.
Non linko relazioni perchè ci sono troppe (anche se piccole) varianti..a ognuno la sua!

sabato 19 settembre 2015

Pilastro Est del Vajo Stretto, Spigolo Noaro attacco diretto

Coppia inedita oggi, dato il gran numero di defezioni per il corso AR1 di domani e il meteo che ballerino cambia idea troppo spesso. Simone è agguerrito, mi propone un orario di partenza che farebbe svenire gente del calibro di Nicola e Gianluca.. Mediando, questo poi ci permetterà di giostrarci con calma la salita e rientrare in tempo per fare spesa, sistemarla, sistemare la roba da montagna, fare la doccia e esser pronto per la morosa.
Fugace colazione a Rovereto, e risaliamo la stretta e incassata valle verso Pian delle Fugazze. Sotto consigli vari, ma anche perchè l'avevo adocchiato io (va beh che la mia cartella di "adocchiati" è di svariati gigabyte..), oggi si tenta lo Spigolo Noaro, ovviamente per attacco diretto. Mi piacerebbe poi metterci in fila qualcosa che sta lassù..ma vedremo.
Con un buon margine di tempo ci prepariamo con calma, osservando il buco giallo della grande frana dell'inverno 2012: io qui venni qualche mese prima per salire la via Maica, perciò quella macchia a mo' di pesce fuor d'acqua non c'era. Ci si incammina per un sentiero che Giorgio mi aveva detto facile perdersi, ma deve esser lui ad avere qualche problema di orientamento (hihi).
Arriviamo all'attacco. pare ovvio sia questo, ma proseguo qualche metro per verificare che sia davvero lui: la vista del Vajo Stretto mi conferma ciò. Chi parte per primo? Simone si propone subito, è solito fare lui il primo tiro per rompere un po' il ghiaccio. Non ho problemi, anzi, così il chiave (che dovrebbe essere il secondo tiro) me lo becco io.
Simone parte subito guardingo e delicato, d'altronde rompere il ghiaccio con questo grado richiede calma.. Occorre seguire la linea di roccia pulita, a sinistra un po' troppo friabile, ma troverò anche la via piuttosto "consumata", ahimè. Lui mette giù protezione, poi si ritrova coi cordini che si sono fatti degli auto bocca di lupo..il caos. Giunge in sosta dopo un altro passaggio tostino. 
Lo raggiungo scoprendo il perchè ci avesse messo un po' di tempo, ha fatto una sosta "elaborata", come vedrò anche le prossime. Ma mi ci soffermo poco, mi sembra che siamo un po' troppo lenti, ed ho pure freddo! Io vestito con la maglia, e lui in maniche corte. C'è qualcosa che non va, sarò malato?
Vado avanti, mi trovo un po' impacciato oggi, sarà per il timore reverenziale verso la roccia delle Piccole Dolomiti, sarà per il fresco/freddo che mi rende le dita non proprio troppo sensibili, sarà per le scarpe che iniziano a presentare un buchetto troppo accentuato sulla punta della destra. Ma salgo, supero qualche tratto dove il V ci sta, e finalmente mi ritrovo su un vero spigolo, facile ma aereo, fino ai mughi. Come suggerito da Giorgio, salto una o due soste, rendendo il tiro un quasi 50m.
Saranno questi i mughi di sosta? Ne vedo una più avanti, ci vado, c'è il libro di via ma i due chiodi non mi ispirano troppo. Salgo sopra? non ho abbastanza corda. Va beh, saranno quelli giu i mughi giusti (le cui "foglie" raccolgono il ghiaino del Carega), ed è così.
Recupero Simone, che riparte per un tiro che sarà facile tranne un passetto iniziale dal libro, poi lo vedo salire svelto sullo spigolo, col restante spigolo che svetta estetico verso l alto fuggendo dal buio Vajo Stretto che cerca di inglobarlo come se fosse un buco nero.
Per un errore di lettura della relazione e vari convincimenti che non si sa da dove arrivino, gli do indicazioni sbagliate, e sale troppo. Ma riuscirà comunque a fare una sosta controventando due spuntoni. Accidenti, ma quanto gli piace controventare?
Lui è salito troppo e quindi mi ha mangiato un pezzo del mio tiro, che quindi finisce ben presto su due bei golfaroni che danno inizio alla parte alta della via. Il panorama è bello aperto nonostante la minaccia di un peggioramento al pomeriggio, lo spigolo prosegue verso l'alto con a destra quell'impressionante stalattite di roccia che si è spezzata a metà. 
Riparte il mio amico, un altro tiro facilotto ma sembra sul filo e quindi con l'esposizione che lo rende piacevole all'amica adrenalina. Arrivo alla sosta, e anche questa me la ritrovo con due friend controventati più il golfaro: il ragazzo ha un'insana passione del fare soste "ricche".
Si riparte con le difficoltà, entrare nel camino a destra richiede un passettino con sotto il vuoto, ma poi anche i primi passi di risalita sono piuttosto "psicologici", aggiungendo che il primo chiodo è altino e non sono riuscito a metter giù nulla.. Ma si va, con calma ma si va, lo supero e inizio a cercare i prossimi chiodi a indicarmi la via. Salgo dritto, forse con qualche difficoltà maggiore, ma ora che il ghiaccio l'ho rotto io, ho fame di arrampicare.
Sono in sosta, mi guardo intorno, sotto di me il franone e dietro di me il Pasubio. Sopra il tettino col passo duro dell'ultimo tiro. Arriva Simone, studia un po' il proseguo, dopo avermi detto quanto ballassero alcuni chiodi sotto: paura!
Parte il mio amico, onestamente non credevo che salisse questi gradi, invece lo vedo tranquillo anche se guardingo, ma ci sta (oggi lo sono anche io, mah). Prosegue delicato sotto il tetto, che poi invece sale abbastanza agevolmente. Scoprirò mio malgrado che in effetti la parte sotto non  è solidissima e obbliga alcuni passaggi al cardiopalma, mentre il tetto è ammanigliato (però accidenti alla spalla che mi duole!).
Siamo fuori dalla via, comodi, con la partenza che c'era stata temevo ci avremmo messo un eternità a finire la via, invece non è stato così: nella media tutto sommato. Non credo ci sarà tempo di salire qualcos'altro, ma almeno voglio andare a esplorare la parte alta!
Risaliamo le facili rocce fino in cima, foto e iniziamo la discesa, che la ricordo richieda attenzione. Si passa attraverso un foro che si restringe man mano fino a obbligare a strusciare fuori, con la sosta di calata sotto di te che devi raggiungere dopo alcuni movimenti innaturali.
I cordoni in sosta non sono sanissimi, mi calo prima io che l'altro "tiene famiglia" ma con uno spunto aggiuntivo. Tutto ok, si prosegue su cenge esposte abbracciando roccia e mughi come se fossero fratelli che non vediamo da tempo. L'ultima doppia (anche qui che cordoni..) ci deposita alla forcella di uscita del Vajo Stretto.
Al sole una pausa ristoratrice con parecchie chiacchiere ci sta da Dio. Propongo di non scendere per il Vajo Stretto, lo ricordo brutto, e vorrei esplorare la parte alta e la discesa dall'altra parte. Benissimo, siamo d'accordo e risaliamo verso la Sella dell'Emmele, piccola deviazione per scorgere la Parete dei Vaccari e infine verso la via Predoni per Caso.
Non sono sicuro del sentiero e della direzione, ma sono sicuro che questa fessura è bellissima! W le fessure! Un sentiero prosegue verso nord, chissà che non si scenda anche di la, ma prima arriviamo all'uscita della via Placca d Argento, torniamo indietro e proviamo altre tracce che non si sa dove si perdono.
Torniamo sotto la fessura e risaliamo diretti il ghiaione che si rivela condurre esattamente alla Sella dell'Emmele. Ottimo! Ora si scende comodamente chiacchierando filosoficamente sull'umanità, osservando e bramando il Baffelan che svetta laggiu, la nord est della Torre dell'Emmele che porca vacca quanto è dura, e cercando altre fessure.
Dall'auto, dopo aver riposto il materiale, con comodo cammino si raggiunge Malga Cornetto, dove birra e panino vengono divorati. E intanto si sogna ancora quella fessura, si sogna di salire ancora, si sogna come sempre.

Qui relazione (la più corretta secondo noi).
Qui e qui report.
Qui altre foto.