sabato 24 ottobre 2015

Dal Lago alla cima atto 3: Cima Valdritta da Assenza

Ci risiamo: dopo l'atto 1 e l'atto 2, ecco la terza volta che salgo su una cima del Baldo partendo direttamente dal livello del Lago di Garda. In realtà il terzo atto nasce poi dalla "scoperta" del Baldo Vertical Run che però non ho potuto nemmeno valutare di disputare in quanto occupato in impegni istituzionali. Da tempo agognato, oggi è la giornata giusta per provarci. 

Parto di buon ora, ma nemmeno troppo presto: non ho voglia di iniziare a camminare con la frontale. Una ricognizione automobilistica sulla Gardesana nei pressi del paesino di Assenza, non mi permette ancora di individuare la partenza del sentiero (è sempre stato difficile trovare i sentieri che partono nei paesi), ma trovo un parcheggio comodo. E visto che l'alba è ancora lungi dall'iniziare, mi concedo un sonnellino. Mi sveglio e mi accorgo che potevo evitarlo! 

Mi vesto, credevo ci fosse più freddo, ma nel mio zaino sono sempre pronto con un po' di tutto, comprese un bel po' di scorte di cibo, 3l di acqua e un gatorade. Posso anche bivaccare coi camosci! Scendo verso la piazzetta del paese e scopro che i macchina ero passato esattamente sotto il cartello del 654, che indica la partenza per l'ascesa al Rifugio Telegrafo, 2100 D+, data 6h dal cartello. In meno di 3h ci arriverò. 

Si inizia su stradina asfaltata in mezzo a muri che racchiudono piccoli giardini segreti colmi di olivi, si attraversa il paese di Sommavilla e poi si abbandona la civiltà inerpicandosi in mezzo ai boschi del Baldo. Ci rifletto solo ora, ma un'ascensione di un tale dislivello permette di vivere molti ecosistemi di piante uno diverso dall'altro e dipendente dalla quota. 

Il bosco ancora fitto permette pochi scorci panoramici sulle montagne della sponda ovest del lago che si illuminano lentamente. Assordanti invece gli spari che si odono. un po' di strizza quando sento intorno a me muoversi qualcosa, e vedere solo dopo parecchio tempo che si tratta di un cane. Anche se dalle dimensioni, dal colore, e dal luogo..mah, chissà se era un cane. 
Guardo poco l orologio, testa china e salire, ma arrivato a Malga Zovel, 900m D+, uno sguardo lo concedo e son ben lieto di averci messo solo 1h. Pratone panoramico sul lago dove vale la pena fermarsi un attimo a rifocillarsi, anche se non per molto visto che sono ancora in ombra e il sudore da fermo fa effetto frigo. Poi la vista del cacciatore con la doppietta in mano che passeggia fianco a me, non mi rende tranquillo. E oggi ne vedrò altri tre di questi!


Si riparte su un tratto di strada asfaltata, seguo i segni del BVR, si rientra nel bosco, che adesso è una faggeta colorata di giallo e rosso. In realtà da qui fino a su ho già percorso il sentiero 654, ma in discesa, ed è tutta un'altra cosa. Oggi ne apprezzo la scoperta dietro ogni angolo, ogni svolta, di un paesaggio leggermente diverso, un bosco che lascia man mano spazio alla roccia, che appare qua e la, prima con piccole placche nel verde e poi con belle pareti al sole. 

Ma io sono ancora all'ombra, e si sente, e si vede: brina rigida per terra! Scorgo dove salirò i prossimi metri, ma ancora della cima nessuna traccia. Tutta questa roccia, questo calcare vergine e tagliente mi insinua una voglia di arrampicare che faccio fatica a contenere: cerco di ricordarmi che il tempo stringe e di andare. Poi quando inizio a pestar neve, va beh ciao, datemi le picche! 

Scorgo il primo camoscio della giornata, il bosco che finisce e il sole che scalda i prati dove passerò a breve, finalmente del calduccio. La nord della Vetta delle Buse dove corrono alcune vie, e dopo tanto, ecco laggiù il Rifugio Barana: uno sguardo alle mie spalle mi rivela quanto sono salito e quanto sia blu l'acqua del Lago di Garda. Riprendo a camminare, da solo, verso il cielo. 

Eccomi al rifugio, avevo già valutato se fermarmi a prendere una birra, però saggiamente opto per la versione salutista e la evito. Guardo l'orologio: fin qui dovrei aver percorso il BVR, 2100 D+ e..in meno di 3h! Sono ben soddisfatto, allora la gamba c'è ancora, considerando che me la sono presa con un po' di calma, fatto foto, ecc. Andiamo in vetta. 

Cima Telegrafo, eccoci qua. Momento per mangiare qualcosa, bere, e godersi un po' di panorama. L'Appennino che galleggia sulla foschia della pianura, i giganti della Val d'Aosta, il gruppo dell'Adamello e del Brenta, e le Dolomiti piccine da qui, giganti quando ci sei dentro. 

Confermo in cuor mio parte del piano che avevo, ovvero arrivare anche su Cima Valdritta, la più alta del gruppo. Quindi via giu per la cresta e poi per il sentiero, costeggiando una conca a nord ovest bella bianca e coi camosci che brucano il brucabile. Ora il sole è bello carico. Incontro un signore al quale chiedo info di percorribilità dell' ultima parte del piano, la discesa per sentiero 5 e 7. 

Ed in men che non si dica (circa) anche Cima Valdritta è conquistata, e mi sento anche bene e in forma. Contentissimo. Per ora. Resto poco, che la strada a scendere è bella lunga! 

Scendo di nuovo alla Forcella Valdritta e mi inoltro in un terreno a me sconosciuto, ma non ai camosci che anche qui abbondano. Abbonda però anche la neve, la quale mi procura parecchi mezzi scivoloni alcuni dei quali salvati in extremis da una mano veloce a sostituire la gamba. Solo che, fa male il ginocchio. Inizia l'agonia. 

Mi godo e sogno altri lastroni di roccia da esplorare, chissà un giorno che vorrò fare l'alpinista serio. Breve risalita e il paesaggio cambia radicalmente: dietro di me la pietrosa Valdritta, davanti a me un bosco di mughi con un sentiero di radici e ghiaccio. E dei bei scorci verso il lago nord. 

Sognando lo Spigolo Bianco, vedo altri spigoli, paretoni, che emergono dal verde del bosco e come sirene mi invitano a metterci il naso, maledetti tentatori! Fantastica la roccialavorata che trovo in un tratto, paurosa la potenza dell'acqua! 

Rientro in mezzo ai faggi, ecco un bivio! Mangio qualcosa ma rabbioso per il dolore e per la consapevolezza che c'è ancora strada.. E che questo non è il bivio col sentiero 7! Ma eccolo che arriva finalmente, un miraggio. Ma è una staffetta di miraggi, e lo sarà fino all'auto.
Il bosco colorato d'autunno, la fugace vista sulle cime bianche, i camosci (così in basso?!), gli spari, tutto a far da cornice a questo scemo che oggi ha deciso di spaccarsi di fatica, e invece vorrebbe scendere in funivia. Altri mille metri di salita li farei, ma 500 di discesa no.
Finalmente arrivo all'incrocio con l'altro sentiero, passo sotto il traliccio come correttamente narrato dal signore lassù e poi la scelta: scendere rapido per poi farsi un pezzo di Gardesana, o prenderla più larga e stare più tempo su sentiero? La seconda ovviamente, che mi comporta anche una risalita. 

Sento fischiare, una sorta di richiamo per delle bestie. Vedo un cane da caccia, faccio rumore per far capire alla doppietta pazza che non sono qualcosa da abbattere. Lui esce dal cespuglio e alla radiolina dice ai suoi compari "escursionista!": mi assale un po' nervoso misto paura. Ma se questi qui sparano a qualcosa nel bosco, come fanno a esser sicuri di non beccare me? 

Continuo veloce, che bello un po' di salita, poi di nuovo discesa. Arrivo di fianco a quella che doveva essere una fortezza di guerra ricavata nella roccia: due spioncini e un tunnel per entrare. Entro o non entro? No lascia stare, ci manca solo ci sia qualche bestia dentro. E di fianco c'è l'Eremo di Benigno e Caro, ultima tappa.

Ma come non fermarsi a questa panoramica panchina? Un doveroso spuntino e qualche minuto di contemplazione. Poi ricomincia il calvario della discesa, a rallentatore: sono più lento a scendere che a salire, roba da matti. Odo il rumore della civiltà, rientro in mezzo agli ulivi che segnano il basso Garda. 
Un ultimo sentiero in mezzo agli ulivi mi riporta a Sommavilla, dove nello stesso punto c'è lo stesso gatto di stamani! Che come stamattina prende paura al mio passaggio (sarà mezzo sordo..). Passo di fianco all'auto, ma la foto da fare è quella con gli scarponi sul lungo lago: dal livello del Lago di Garda alla cima più alta del Monte Baldo, fatto. 

Ma oltre alla "performance" sportiva (di soddisfazione personale, perchè di gente più forte di me ce ne è a bizzeffe), è l'attraversamento di biotipi, paesaggi, viste, che ti appaga dentro. La varietà.

Qui altre foto.
Qui report.

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