sabato 30 gennaio 2016

Nelle azzurrite viscere delle Dolomiti: Perla Azzurra

E niente, questo inverno non vuole arrivare. Niente neve, poca pioggia, freddo a spot, spesso caldo: peggio di così per le cascate non può andare, di sciare manco nei sogni. Ma una giornata libera, un buon meteo, e un amico con voglia di picche, non si possono lasciar scappare! Avrei una sfilza di flussi che vorrei salire, ma a ragion veduta oggi questo è uno dei pochi che si potrebbero portare a casa: mi spiace per chi vorrebbe ma non può, ma la Vallunga ci attende.
Armati della relazione del buon Gianluca che con Nicola l'ha salita qualche settimana fa, si parte: l'orario di ritrovo è da capogiro, l'1e30. Ma questo timing ci consentirà a me e Riccardo di passare tutta la giornata da soli, un lusso di sabato e con questa fame generale di ghiaccio. Al parcheggio arriviamo alle 4e30, e mentre ci prepariamo si apre il portellone di un furgonato, una tizia ancora dentro il sacco a pelo ci chiede tutta scossa se andiamo a fare "La Piovra" "no no tranquilla, torna a letto".
Le piste da fondo si intrecciano in una sorta di labirinto che a buio non è facile districare, impronte ovunque e ghiaccio orizzontale che abbonda. Riusciamo a fatica ad abbandonare la parte iniziale del dedalo di piste e infilarci nella parte nel bosco, dove spesso ho l'impressione di girare quasi in tondo, ma se guardo le montagne la direzione è circa quella giusta. La luna lassù illumina, ma le radure.
Caldo per caldo, ma insomma, sento che il mento si sta "saldando": è il ghiaccio che inizia a incollare i peli della barba da loro. "Saliamo" (le virgolette sono d'obbligo in questa camminata spesso in piano) con calma che di tempo ne abbiamo, due frontali ci inseguono ma poi salgono verso "La Piovra", che immagino attaccheranno con la frontale. Cristalli di ghiaccio superficiali sul manto nevoso indicano che qui fa frio.
Lasciata l'ultima radura, ora nel bosco, solo su traccia pestata, non su pista da sci, con il cielo che piano piano diventa meno buio. Non ci godremo nessuna alba, ma il chiarore che avanza sì. E il chiarore che avanza scopre i primi flussi, le Palestrine: allora siamo vicini all'attacco! Una traccia devia verso destra, deve essere la nostra. Ben presto un letto di ghiaccio sul quale si avanza solo evitandolo, ci fa sentire odore di..ci siamo.
Wow, che bastionata di ghiaccio! Muretti ovunque, sembra una fontana, una fontana che dovrebbe placare la nostra sete! E una fontana bella incassata nelle rughe della parete rocciosa! Ambiente top fin da subito. Non si sa nemmeno bene da dove partire, se a destra, a sinistra, al centro, talmente ce ne è! Ci sono dei metri quadri, non dei metri cubi..
Uno zaino alla base, uno sulle spalle di Ricky, e io parto che ormai sono le 8. Il rumore dell'acqua si sente, l'acqua si vede, e si sentirà più tardi. Un primo piano inclinato deposita su pianoro: buona scelta esser partiti a sx, il muretto di dx presentava poi un bel pezzo di infide croste. Muretto a sx delicato a candelette, a destra muretto facile con simil goulottina, su di là! E mi viene in mente come Gianluca settimane fa non abbai esitato a scegliere questa linea, mentre Nicola lo incitava a prendere il muro difficile di sx.
"10m" sento urlare, ma la sosta è lassu vicina, provo ad andare che qui quasi si cammina. Quasi però. Arrivo alla sosta, ignaro che in realtà il mio amico fosse già partito perchè la corda era finita: quasi non me ne sono accorto, che affiatamento! Recupero Riccardo mentre penso alla romella del prossimo tiro, quello dove anche il maestro si è trovato in difficoltà, e questo mi spaventa.
Scambio materiale e riparto, breve traversino innocuo, breve salitina innocua, ed eccoci sotto quei 15m di muro. Soppà! Non pare presentare molti punti deboli, al centro è un po' a diedro ma è anche il punto dove piscia di più e dove le candeline abbondano più che sulla torta di un ultra millenario. Va beh, siamo qui, proviamo. Intanto ho già buttato un occhio a Tunnel, e non mi pare assolutamente salibile (i primi metri sono una candela che posso abbracciare senza prolunghe).

Con passi poco eleganti e spesso di braccia, mi faccio strada su questa vera e propria parete azzurra, proteggendomi quando posso, altra operazione faticosa. Provo a infilare una vite, ma dopo pochi giri si sente che avvita l'aria, urca! Cambio punto e il ghiaccio che ormai ne tappa la fresa non permette l'infissione e..mi cade. Pace, "Riccardo, dopo recuperala!". Sento l'acqua che mi bagna il braccio destro, le picche con forza cercano la penetrazione completa.
Una bella faticaccia, ma alla fine sono fuori, con gli ultimi passi di quello scomodissimo cambio di pendenza per uscire da una sezione a quasi 90° e passare a una a 20°. Uaahhhh è fatta, il tiro chiave superato, ora i grossi timori su questo flusso se ne vanno! Un po' di camminata a gattoni e raggiungo la sosta (che poi rinforzerò coi friend lasciati a Ricky giù..).
Mo vacca se son rilassato adesso. Parto per il terzo tiro, mentre la valle respira e alza vapore acqueo che nasconde lo scempio di questo clima impazzito (che abbiam fatto impazzire): zero neve sui versanti dietro di noi. Un muretto iniziale di ghiaccio burroso come piace a me, bagnaticcio in superficie ma solido, un passettino in traverso delicato a cercare ghiaccio migliore, e poi sono dentro la montagna.
Inizia la sezione più incassata della cascata, quella più estetica, con saltini di ghiaccio intervallati da piani poco inclinati, ma sempre dentro la montagna, una ruga profonda e scavata che oggi ci accoglie senza capricci. In lontananza vedo il muretto citato nella relazione, sotto il quale sosto, ora su ghiaccio.
Recupero il mio amico col cuore già pieno, appagato dalle difficoltà del secondo tiro e dalla bellezza del terzo, in attesa del quarto, e in completa solitudine: sentiamo qualcuno che ci “segue”, ma riusciamo a tenerli distanti. Inizio anche a bramare l'idea di evitare di calarsi in doppia, tanto Tunnel non si sale, e di scendere per sentiero. O meglio, salire e poi dopo un po' scendere.
Due chiacchiere con Ricky e parto per quello che dovrebbe l'ultimo tiro. Il muretto appena sopra la sosta è facile a sinistra, meno preso di petto, faccio una mezzavia per far contenti tutti. Uscito poi da questo, l'incassamento continua e laggiù vedo quello che mi aspetto essere l'ultimo muro. Intanto quasi si cammina, contemplando l'angusto ambiente e un sole che per un attimo si è fatto largo tra le nuvole a illuminare il versante sud delle Puez.
Ah però, delicatino il murettino: magro a destra, festoni a sinistra, e dritto vuol dire mettere un piede nell'uno e nell'altro visto quanto è stretto! Fortuna sono pochi metri, perchè le emozioni provate qui sono comparabili a quelle di L2! Già che c'è da rompere un po' di colonnette di cristallo sperando sotto ci si qualcosa di più solido, poi cercare con le picche una bella presa. Un mano sulla roccia di sinistra ed ecco che vedo l'abalakov dei nostri amici che ci hanno preceduto.
Questo abalakov è troppo magro però, scavo nella neve a trovare ghiaccio, una sosta orizzontale piuttosto scomoda, ma la corda è finita. Anche Riccardo constata la delicatezza del camino di ghiaccio, per poi essere preda della ribollita appena fuori da esso: lo vedo che agita le mani come se dovesse attirare l'attenzione di un bagnino mentre stà annegando.
Ed eccoci di nuovo insieme, espongo la mia idea: io continuerei, data la quota e la cartina, c'è da salire solo 150m per trovare il sentiero, c'è poca neve quindi dovremmo cavarcela bene, Tunnel tanto non si sale, evitiamo di pestare chi sta salendo, e non roviniamo le corde. Che affiatamento, la pensiamo uguale.
Salgo allora, ancora legati perchè del ghiaccio c'è, provo a dare un'occhiata a sinistra se ci sia un passaggio più breve, torno giù e rivedo il muretto che avevo visto da lontano, bello azzurro e spugnoso ed estetico pure lui, racchiuso tra due pareti di dolomia. Solo che la corda finisce e devo farci sosta sotto.
Divertimento rimandato al tiro successivo, che dopo la risalita di questo breve tratto ghiacciato, torna nella neve, in un canale con un po' di ghiaccio ma poco. Salgo puntando delle rocce per far sosta, per poi scoprire girandomi che Riccardo è già partito da un pezzo. Allora si continua, anzi no, esco a sinistra che qui c'è troppo accumulo.
Ci si slega che non ha senso, e parte l'esplorazione dell'ignoto, con le nuvole che sostano più alte della quota massima che dobbiamo raggiungere, altrimenti sarebbero guai. Ma non sono manco troppo fitte dai. Un po di sano alpinismo invernale, saliamo su pendenza moderata che raramente richiede le picche in trazione, e finalmente raggiungiamo l'altopiano.
Non resta che traversare verso sinistra, alla ricerca dei passaggi migliori. Dopo tante tracce di animali, inutili da seguire visto che loro sono dei 4x4, laggiù pare scorgersi una bella pista di umani. La si punta, mentre ognuno di noi, da solo, esplora e si sente un tutt'uno indissolubile con questo magico mondo che è la montagna.
Vista Saas Ciampac e Sassongher, eccoci in prossimità della forcella, a sinistra della quale possiamo scendere verso l'attacco di nuovo. Ma prima una sosta ristoratrice, al sole finchè dura, ad assaporare tutto quello che ci circonda, tutto quello di cui ci siamo circondati. Il Mars, altri dolci, e noto che le tracce di umani vanno tutte verso Colfosco, nessuno dove dobbiamo andare noi.
Bando alle ciance, la birra e un panino caldo chiamano, giù per il pendio, troppo poco innevato per non grattare e scivolare sulla ghiaia sotto, ma non abbastanza carico di neve per essere un pericolo di distacchi. Bolli rossi sparsi, vecchie tracce, forza di gravità, ci guidano giù, facendoci scoprire altre rughe interessanti..
Di nuovo all'attacco, di nuovo ad ammirare queste cattedrali di ghiaccio che inspiegabilmente ci attirano così tanto. Teniamo bene i ramponi, ricordando le insidie di stamani, uno sguardo alle Palestrine 1 2 3 4, a Re di Picche, avrei ancora voglia di ghiaccio, ma l'esser sceso per l'alto mi ha riempito l'animo.
La Vallunga si rivela davvero lunga in discesa. Ma sempre pressochè da soli siamo, tra i cristalli ingigantiti dal freddo, cercando le cascate dure della valle, Jumbo Jet e La Piovra, quelle che scaliamo solo nei sogni. Il sole ancora latita, lo raggiungiamo ma ci scalda solo pochi minuti
Poi in mezzo a qualche temerario fondista, finiamo la nostra corsa all'auto, dove sul parabrezza ci aspetta una multa: il parcheggio. Porca vacca, avevo notato il parchimetro, ma alle 5 di mattina lo immaginavo spento! Pace, 28 euro, esattamente come birra, panino, dolce, caffè (tutto per 2) che tra poco ci riempirà uno stomaco contornato da un animo pieno anch'esso.

Qui altre foto.
Qui relazione.
Qui e qui report.

domenica 24 gennaio 2016

Cercando pendenze in Appenino Reggiano: NordEst del Prado

Se tutto fosse andato bene, oggi dovrei essere a letto fino alle 13 visto che probabilmente sarei rientrato a notte fonda. Stanco, affamato, ma terribilmente appagato e sazio. Se tutto fosse andato bene. Invece ieri è finita con un trekking in ValNarcanello, grazie sopratutto a un errore di valutazione a casa, che almeno abbiamo arginato in loco non facendone uno ben più grave (almeno a nostro avviso). 
Devo tirarmi su il morale, ho pure la giornata libera, non sono (non dovrei essere) stanco, chi può leccare le mie ferite? "I know, it's only Appenino, but i like it!". Luna piena, poco vento, temperature confortevoli, poca neve lo so (ma magari qualche canale si trova), voglia di esplorare, minima spesa. Disfo uno zaino, ceno e ne preparo un altro.
L'idea era di arrivare davvero presto per salire a buio, ma col senno di poi potevo anche partire prima: alle 6 sono in cammino. Di nuovo qui a distanza di una settimana, ma oggi in versione più aggressiva e con più tempo a disposizione da dedicare alla montagna. Parto diretto per il sentiero che mi condurrà al Passone, poca neve e un po' di ghiaccio sparso, la luna che purtroppo finisce già dietro a un monte.
Il cieloall'orizzonte si infiamma, lentamente brucia, la frontale non serve più anche se il sole non è ancora sorto, l'occhio è diventato felino. Prossimo all'uscita dal bosco oggi punto al Passone, in maniera diretta, lungo quel pendio che in stagioni normali può essere o una lastra di ghiaccio o un pendio pronto a scaricare una valanga. Non è una stagione normale, è solo un pendio di neve non trasformata oggi.
Salgo osservando il versante alla mia destra, poco ripido ma con del misto e già al sole. La pianura, succube dell'umanità e dell'alta pressione che arriva, avvolta nello smog. I pendii alla mia sinistra, regolari, pacifici. I passi sotto di me, profondi. Il cielo sopra di me, azzurro, vicino, da toccare con un dito.
Ben presto sono fuori, anche se la croce è molto più a sinistra: oggi cerco pendenze, non esagerate visto che sono da solo e non roba troppo tecnica, ma almeno da divertirsi un po'! Ma devo aspettare per questo. Osservo la mia prossima meta, la Valle dei Porci, anfiteatro nord tra Sassofratto e Prado, entrambi solcati da numerose rughe di neve, tutte da pestare.
Disastro termico, pendii scoperti, poca neve, Abetina Reale nuda. Punto al Passo di Lama Lite, seguendo il più possibile il fil di cresta, un po' per aumentare il dislivello, un po' per essere controcorrente, un po' perchè le creste sono la mia passione. Ancora non si vede nessuno in giro, e questo è bellissimo.
Al Passo di Lama Lite parte l'esplorazione vera, taglio tutto il versante est del Monte Cipolla per portarmi nel Vallone dei Porci, sprofondando spesso, e sono senza ciaspole, col sole che ora che ha fatto capolino e mi scalda bene a modo: altro che la settimana scorsa! Meno male c'è poca neve, o questo taglio sarebbe pericoloso per le valanghe. Chiaramente, zero tracce.
Un parco giochi si apre lentamente davanti ai miei occhi. Il versante del Sassofratto nord / nord ovest tagliato in modo regolare e slanciato da strisce di neve in mezzo a strisce di roccia: da lontano verticali, da vicino più appoggiate. Il versante est / nord est del Monte Prado, più irregolare, più roccioso, con le rughe bianche che si nascondono in mezzo al marrone scuro dell'"ottima" roccia appenninica.
Punterei a salire il canale della Clessidra, ma certo che non è facile orientarsi in quel dedalo di linee sinuose. Provo a confrontare qualche foto, ma un'angolazione differente e la notevole differenza di innevamento, falsa tutto. Sarà quella la? Boh, ammiro e mi avvicino, notando quanto mi avvicino alla sella tra Cipolla e Prado: potevo scendere da li.
Un po' di neve dura mi illude, penso che pazienza, la neve non è buona salirò per un altro canalone più dolce. Mi avvicino sempre più, puntando quello scudo di roccia al fianco del quale parte un canale che poi si stringe, sarà quella la clessidra. Giunto con calma, forse troppa, sotto di lui, metto il casco e tiro fuori le picche (i ramponi sono ai piedi da prima del Passone). Casco? Da solo? Certo. 
Lascio la protezione dello scudo di roccia, e inizio a salire. La parete sarebbe esposta al sole, ma il canale è riparato dall'angolazione delle rocce. Si sprofonda a ogni passo, o fino al ginocchio o fino a metà coscia o più. Proseguo questo primo tratto che punta verso sinistra, penso che comunque da qui posso ancora scendere.
Arrivo in vista della strettoia, mica tanto ricca di neve, anzi. Proseguo, sembra il passaggio più ostico, sopra pare meglio. Insomma, la pendenza non è troppo blanda, le picche vanno in trazione a volte su neve che sembra ottima ma che spesso suona a vuoto sotto. Qualche passo di misto e di arrampicata mi pare più "solido".
Oh però, che metri al cardiopalma, dai che ora si calma. Si calma niente, la neve si alterna dura, sfondosa, ghiaccio e farina, di tutto. Tengo la sinistra che mi ispira di più, ma devo ammettere che non sono del tutto tranquillo: un po' come arrampicare in Piccole Dolomiti. Ancora in trazione sulle picche, la pendenza non può essere solo 50°.
E dopo la roccia, anche la terra ghiacciata, l'erba e i mirtilli diventano utili alla salita, delicati ma utili. La strettoia era solo l'assaggio delle difficoltà, ma vedo la cresta sopra di me, l'uscita, vicina ma lontana. Altri passi delicati, un mezzo traverso, spuntoni su cui trazionarmi sperando tengano, ancora tengo la sinistra ma non è stata una scelta azzecata. Ultimi passi a rischio sbandieramento e sono fuori dal canalino.
Mannaggia, ma la cresta nord non è questa, è la di fronte.. Mi giro a sinistra: c'è da salire ancora su terreno delicato, meno ripido ma con tratti ancora in trazione sulle picche, ancora variabilità totale tra ghiaccio, neve, farina, roccette, erba, terra, mirtilli.
Una sorta di parete, dove tocca scegliere dove andare, e ogni scelta che fai non sai se sia la migliore, ma devi farla. Scendere è impossibile. Salire! Ancora passi a cercare la neve buona, sul ghiaccio con le punte dei ramponi classici. Ma quando finisce? Altri traversi, sbandierate, e finalmente la pendenza volge a calare sul panettone di vetta.
No ma quale vetta, non la vedo ancora! Però il panorama è bello, quassù c'è neve e pare inverno, un campo da calcio sul quale vagare e poi fermarsi a sedere a godersi il sole e far calare l'adrenalina. Mica banale quella salita! Chissà cos'ho salito (a casa scoprirò essere il canale a Z, ma non in buone condizioni), ma ora mi godo la pace.
Mi rialzo per andare in cima e pensare a cosa fare, ben presto ci sono. Direi che oggi come canali sono a posto, guardo l'orario e anche lui mi conferma ciò, per essere a casa a un'ora che mi permetta di dormire un pochino per recuperare. Mi siedo ancora, il Mars di vetta me lo sono meritato, e ora che inizio a stare meglio, l'appetito è tornato prepotente! Il cielo è terso, Corsica e Monte Rosa sembrano a un tiro di schipppo.
Ma il vento si alza consigliandomi di non prendere freddo e scendere. Solo ora incontro altre persone, loro che invece salgono mentre io valuto se tagliare per qualche pendio nord del Prado invece che fare tutto il sentiero. Lo percorro quasi tutto, poi giù per un canalone e infine al Lago Bargetana. Altra parete da esplorare, la nord ovest del Cipolla.
Tornando al Passo di Lama Lite incontro quattro ragazzi con la corda che dicono aver tentato il Vallestrina ma non era buono, ora provano il Cipolla. Mentre di nuovo percorro la "cresta" verso il Passone, altri due con la corda: c'è voglia di pendenza in giro!
Non mi va di scendere per il Passone, voglio vedere lo stato delle piste, anche perchè mi sa che come tempi faccio prima, anche se mi tocca salire altri 200m. In cammino in mezzo a chiazze di erba scoperta, di nuovo sulla schiena del gigante, ora con alcune persone che salgono anche loro. Due senza ramponi, bah.
Supero tutti, avanti, anche se accuso la fatica, ma ormai una volta in cima a La Piella è fatta. Spunta il Cusna, oggi non ci salgo. Dritto verso gli impianti, salendo sulla destra un ammasso di rocce che non avevo mai salito, e noto che oggi non c'è la ressa di scialpinisti come l'altra volta.
Il cielo si è fatto lattiginoso, e questa particolare luce regala immagini affascinanti sulle Apuane e non solo.
Un elicottero che recupera col verricello qualcuno non è mai una bella visione, non sto a guardare da lontano ma scendo, meglio la birra che mi voglio bere e il panino che mi voglio fare. La discesa per le piste è veloce, e offre la possibilità di notare il deterioramento dell esiguo manto nevoso: metri e metri marroni, altro che sci da sassi.
Nonostante ciò, il primo tronco della funivia è aperto, e gli sciatori non mancano: si torna alla civiltà, alla caotica e rumorosa civiltà. Una birra, wurster e formaggio, coronano una giornata di recupero dalla batosta di ieri: ricarica di pile completata. Voglia di andare in montagna..placata solo per alcune ore!

Qui altre foto.
Qui report.
Qui e qui guide.