sabato 30 aprile 2016

"Voglio cantare e sudare su" Via Michele

"Giorgio decidi tu" io non ne voglio sapere, ma pongo solo il mio parere sul meteo delle possibili mete: già trovarsi al parcheggio sapendo quale autostrada prendere è importante. Si va ad Arco. Già ma che via? Mi appisolo pesantemente in auto, eh oh io quando non guido mi addormento anche sulle spine, e mi risveglio al bar Placche Zebrate. Mi risveglio mentre per radio passa questa canzone..è la fine.

Colazione senza che stavolta nessuno freghi le paste a nessuno (link) e mo', che famo? E niente la dittatrice Stefania decide per andare alle Coste dell'Anglone, con un ventaglio di vie di cui sogniamo di concatenarne due. Giorgio, la tua idea sarà per la prossima volta, anche se ci odi. Beh, ci odi, io non ho fatto nulla! Tranne canticchiare di continuo quella maledetta canzone, sono molesto ora che sono sveglio. 

Parcheggiamo e solo ora decidiamo quale delle vie attaccare, Michele. Senza che io e Giorgio possiamo fiatare, la dittatrice ha già lanciato il suo editto "io faccio gli ultimi tre tiri". Che anche li.. La descrizione parla di 10-12 soste, lo schizzo mostra 9 lunghezze di corda (xxm) ma meno soste a livello testuale "sosta su albero".. 

Ben presto alla base, per fortuna soli, e te credo visto l'orario, ma dalla parete cadono lo stesso pietre. Ecchecazzo ma chi c'è lassu a fare sta sassaiola! Non può esserci nessuno che arrampica però.. Bestie? Vento? Terremoto? Il mio canto? Col pari o dispari nelle nostre menti, optiamo per la partenza del fortissimo Giorgio. 

Ma soccia, L1 pare già piuttosto tosta! Giorgio tentenna, e così iniziamo a temere che sarà già dura uscire da questa via piuttosto che pensare a quella da concatenarci dopo. Placca all'ombra freddolino, poi quando saremo al sole andrà meglio, ma per ora.. Quando toccherà a me avrò l'illuminazione su uno dei dogmi dell'arrampicata "non importa se la c'è un appoggio grande e qua uno piccolo: se quello piccolo è nel posto giusto per l'equilibrio, usi quello piccolo", così dopo minuti di tentativi, quest'illuminazione mi permette di passare. Forse dovevo averla qualche anno fa. E metterla in pratica anche.. 

S1 pure scomoda, e per far ripartire Giorgio ci districhiamo per il giro di corde, ma nulla in confronto a quello che verrà. Si viaggia più spediti ora, seppur la via sia da cercare in mezzo a tutto questo verde che costella il grigio calcare. 

Su L3 il buon Giorgio si inventa una variante per complicarsi la vita: i bellissimi e rassicuranti chiodi artigianali (non me ne vogliano gli apritori, non ci si lamenta del brodo grasso, se no pianto poi i miei o sto zitto) se ne stanno a destra, ma lui passa a sinistra. Evidentemente vuole godersi il suo ultimo tiro da primo. Intanto gente affolla Luna Argentèa o Argenteà, e sotto di noi nessuno, alè! 

A S3 succede il macello. Cambio corde che passo avanti io a sgugnare quei diedri, ma senza corda "fluida" non si parte. Mezz'ora a sciogliere queste due indiavolate innamorate che non vogliono separarsi! Scioglietevi per Dio, o volete dell'acqua fredda per calmare i vostri ardori?! No eh, pioggia no, resta sole a scaldarci. 

Finalmente posso partire, tiro facile ma delicato, la roccia non è proprio ottima e ci sono vari punti dove meglio tastare bene ciò che si tocca. L'arrivo in sosta dovrebbe essere rassicurante, ma uno dei due chiodi pare fuori per metà.. No nuts, no friends, non trovo nulla da aggiungere. E quel masso imbracato con fettucce vetuste legate a un alberello..andiamo via al più presto da qua! 

Riparto, per quello che probabilmente è il tiro chiave, L5, allontanandomi velocemente dal masso ballerino. Ora canto meno. Prima regola dei diedri: non entrarci ma starci fuori. Esattamente quello che non faccio. Mamma se è duro, piedi a incastro nella fessura e mani a cercare qualcosa che non c'è. Opposizione poco sfruttata. L'onta: un rinvio lo azzero, ma non so se così ho fatto più o meno fatica, visto che poi uscire anche da questo passo è tosto! 

Le difficoltà calano, "poi ridete meno miei cari!", arrivo in sosta ma..che sosta. Ahhhh! ma sarà la sosta? 45m Un chiodo e una clessidra cu roccia che ormai è sabbia. Mi arzigogolo per fare qualcosa, ma nulla di meglio che un magro spuntone, e anche nel chiodo tocca sciogliere un cordino perchè il moschettone non va. Quando arriva Giorgio aggiungiamo un nuts che ha lui. 

Anche L6 ha la fama e l'impressione di essere duro. Lassu vedo un proseguo tosto e il probabile albero di sosta. Che fregatura sto per prendere. Parto per questo diedro obliquo da salire in mezza dulfer, fatica sì ma difficoltà no, o almeno non c'è paragone con L5! Arrivo alla parte dove sembra parta il vero duro ma..non vedo ne chiodi ne clessidre nulla. alla mai sinistra invece un terrazzino con albero e cordone. Ma ho fatto solo 15m, non 30! 

La sosta invece è davvero questa. Bassa e scomoda, recupero i miei amici sdraiato e con fatica, poi faremo sicura a sedere perchè altro modo non c'è. Nonostante le lunghezze che non tornano, lo schizzo è lui. Tocca a Stefania. 

Un'altra sorta di diedro obliquo, ma più facile e perciò meno protetto, e quindi più psicologico. Il vento che ormai non ci permette più comunicazioni orali chiare e udibili, ma quando la ragazza recupera corda, non scherza: Giorgio sarà castrato. 

Ci troviamo così all'incrocio con Luna Argentea, lei a destra sul durissimo, noi dritto sul friabilissimo e ghiaiosissimo. Stefania fa quel che può, ma se non sono i suoi piedi ingannati, la corda che struscia fa cadere detriti piccoli ma "fastidiosi". Dubbiosa su dove andare ora che i chiodi non ci sono più, finisce su ghiaione dove dopo gattoneremo per non smuovere nulla: sul cristallo! 

S8, ma sarà lei? Secondo me no, prima di arrivarci provo ad andare un po a sinistra, ma il tentativo non cercato di surfare un blocco di calcare grosso tipo un lavandino, mi fa desistere, "ok andiamo di la, al massimo usciamo su Luna Argentea bona". Prendiamo in giro Stefania, ma è stato meglio così. 

Ed eccoci fuori, con tre delle mille cordate che han salito la Luna Argentea. pausa cibo e ripartono le prese in giro e le risate. "anche oggi avete deciso voi la via" "no è stata lei, io avevo detto decidi tu" "e perchè hai preso su la corda verde che l'avevo fatta su io e io devo prendere su la tua fatta da bestia!", col grado saremo scarsi, ma a ridere siamo dei 7a. 

Birrone offerto da Stefania per non ricordo quale pegno da pagare, ma Giorgio come al solito ne rovescia: stavolta addosso a se, tra l'altro. Il pampino.

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lunedì 25 aprile 2016

Zucconi più del solito: Cresta Ongania HimaLariana

Concordato con Giorgio e Stefania di andare a esplorare un posto nuovo, vediamo se andiamo anche a fare una cosa nuova. Anzi, non nuova, retrò. Meno male ieri sera hanno ascoltato le mie raccomandazioni: doppio zaino, scarponi, ramponi, piccozza, scarpette d'arrampicata.

Sosta bar nel quel di Barzio, con ancora l'indecisione su cosa fare. Ongania o Angelone? Al parcheggio arriviamo che siamo soli, e ancora il dubbio resta. O meglio..nessuno vuol parlare. Che io auspichi la Cresta Ongania si sà. Che Giorgio preferisca delle vie sullo Zucco dell'Angelone, pure. Stefania dopo un po' salta su dicendo "dai, andiamo a fare l'Ongania!"

Zainone con materiale d'arrampicata, picca e ramponi, scarponi ai piedi e scarpette nello zaino, bere e mangiare, giacche che oggi serviranno. Beh, casco, corde, imbraco, ferraglia e cordame. Cosa manca? I guanti! Che serviranno anche quelli. Stefania solo ora si rende conto che stiamo partendo da 810mslm e non da 1390mslm (relazione dei sassbaloss, partiti da Ceresola Valtorta), ma non si poteva fare altrimenti, indecisi fino all'ultimo con l'Angelone. Oggi si fatica.. 

La parte iniziale è tra le più noiose della storia a livello paesaggistico e di ambiente: una forestale non certo in buono stato, con tratti cementati, dove le jeep e le moto da cross ci superano di continuo. Ma le conversazioni e le cazzate che si sparano sono interessanti, tengono vivo il morale mentre facciamo già i conti con delle temperature poco propense ad arrampicare. E ancora non sentiamo il vento frustarci! 

I tratti fuori dal bosco regalano panorami verso un Grignone già nudo, sognando i 4mila alle sue spalle. Regalano anche la consapevolezza dell'aria in moto continuo e turbolento, ma noi si sale. Oddio, ogni tanto al seguito di qualche lamentela mi giro per dire "guardate che se volete torniamo giù e andiamo all'Angelone", ma si ride e scherza. Spero. 

Sbuchiamo sulle poco antropizzate (sono ironico) Piane di Bobbio, ci sono più bar qui che in centro a Barzio! Fortuna ancora non sono popolati e la ressa è lungi dall'arrivare: la funivia chiusa invoglia poca gente a salire evidentemente. Ricordo quando venni qui qualche anno fa a salire il Canale dei Camosci con Marco: appena messo un piede sulle piste, subito stoppati da un carabiniere "non si può!" 

Il Vallone dei Camosci e i tre Zucconi che lo proteggono dal sole, appare alla nostra vista, così come il rifugio Lecco verso il quale ci dirigiamo: i miei due compari di avventura sono quasi senza cibo, dimenticato nell'altro zaino. Beh, in realtà Stefania crede di aver dimenticato il cibo nell'altro zaino, e per tutta la salita si maledirà per averlo fatto. La sera, tornati all'auto, si accorgerà che era soltanto ben nascosto in una tasca. Occhi lucidi alla scoperta del fatto. 

Eccola l'allieva dell'inconsapevole Gianluca: Giorgio si prende due panini, lei una fetta di torta e una birra, tanto per cominciare. Scruto la cresta, la neve pare non ostacolare la nostra possibile salita, nonostante il Canale dei Camosci sia ancora salibile e salito in questo momento. Solo che questo vento.. Che ci fosse freddo lo sapevo, ma col sole a questa quota si dovrebbe stare bene. Wind Chill: la bestia appenninica che sconfina nel Lecchese, questa sì che raffredda. 

Finalmente lasciamo il rifugio, e ci avventuriamo nel Vallone dei Camosci per andare ad attaccare la cresta nel suo tratto roccioso, tralasciando il tratto erboso dalla Bocchetta di Pesciola. Scodinzoliamo così tra erbe, mughi e chiazze di neve sapientemente evitate zigzagando, alla ricerca di una traccia da seguire, che si trova e si perde, si ritrova e si riperde. Tutto nella norma, il trekking l'abbiam fatto, ora tocca alla parte alpinistica. 

Finalmente in cresta, ma con la roccia ancora lontana: occorre districarsi in mezzo a questi bubboni di roccia, pendii erbosi scoscesi e vento che ti sposta. Siamo soli e continueremo ad esserlo, in questa giornata intensamente alpinistica. 

Il sole è possente, ma nulla in confronto al vento: fa freddo. -3°C con vento a 30km/h ne fa percepire -10°C. E credo che il vento soffi anche più forte. Ma non ci perdiamo d'animo, vado in avanscoperta, passando sul lato sud a cercare il passaggio: giugno a una forcella, ma è cieca, o meglio, cieca per le nostra capacità e le difficoltà che dovremmo incontrare. Si torna indietro, traverso su erba scivolosa e risalita di un canalino misto roccioso terroso dove posiamo saggiare i primi passi d'arrampicata. 

Uno sguardo verso la conca degli Zucconi, ed ecco lassù quella che pare la partenza della cresta, arriviamo! Ma porca vacca, l'attacco è all'ombra. E al vento. Ma perchè non ci siamo imbracati e vestiti giù?? La vestizione viene intervallate da svariate pause per mettere le mani al caldo.

Chi parte per primo, come ci organizziamo: un'occhiata alla relazione mi fa propendere per un "Giorgio parti te, 2 tiri, conserva. Poi Stefania, 2 tiri. Poi io, conserva e due tiri e vetta". Calzare le scarpette sarebbe da congelamento sicuro. Già ci vestiamo coi guanti e la giacca, tremando quasi, con questo maledetto vento che non smette. ma io già avevo idea di salire con gli scarponi: ora anche i miei due amici la pensano uguale. Eh lo Zucco dell'Angelone! 

Parte Giorgio, ma lo vediamo poco, il vento invoglia a guardare altrove per proteggersi la faccia, poi il sole arriva e acceca, ma non fa in tempo a scaldarci che già tocca partire. Arrampicare coi guanti, quelli spessi, perchè fini non servirebbero a nulla. Le anelle dell'imbraco che mi restano nascoste dietro, troppe maglie e giacche addosso. Questo è alpinismo! 

Chiaramente abbiamo ignorato i resinati a destra, della variante, salendo per quella che dovrebbe essere la linea più semplice, dopo il sentiero. Di nuovo in sosta all'ombra, Giorgio riparte per quel bel gradone e poi si nasconde dietro a risalire un diedro, provando svariate volte la partenza: azz, è duro. Vediamo solo i piedi, che salgono e scendono, salgono e scendono, mentre noi tremiamo di freddo. 

Ma ecco il sole che arriva, illumina dietro di noi, che bello che ci scaldiamo "Potete partire!", mannaggia Giorgio, ma non potevi metterci un po' di più. Soccia, il tiro non è mica banale! La risata isterica di Stefania me lo conferma. Con le scarpette vedo almeno una dozzina di possibilità per i piedi, con gli scarponi ne vedo una, a un metro d'altezza. E dopo qualche tentativo, tolgo i guanti per avere la sensazione di un po' più grip. Bella storia l'arrampicata anni 40. 

Eccoci dal nostro compagno, al sole, ma sempre al vento. Non ci da tregua. Ma il morale resta alto grazie alle cavolate che si continua a sparare e alle prese in giro reciproche. Giorgio riparte, conserva lunga lunga, tanto eventuali sassi che cadono non finirebbero su nessuno, e di resinati sparsi ce ne sono. Finisce la corda e partiamo anche noi. 

Camminata esposta, un po' di I, ma soprattutto un gironzolare in mezzo a torrioni rocciosi più o meno grandi, cavalcando la sella verso il cielo. Giro l'angolo e vedo il mio amico laggiù, che sparisce prontamente dietro qualche metro cubo di calcare. Si risale un canale roccioso dove il nostro amico ha scelto la strada non protetta mettendo giù un friend, quando a sinistra c'erano i resinati. Che seguirà Stefania, giustamente. 

E rieccolo Giorgio, ma secondo me..s'è mangiato un tiro di Stefania. Da una forcella si risale qualche metro per raggiungere la sosta "Giorgio secondo me hai ciullato un tiro a Stefania" "Ma cosa dici?! Che poi lei mi ha fregato la pasta al cioccolato al bar!" Chi di pasta ferisce, di tiro perisce. Dai Stefania, sali ora, che "guarda che bel tetto c'è lassu", hihi, ma si va a destra. 

L'ambiente è un altra cosa rispetto a una via sportiva. Gli scarponi sono un'altra cosa rispetto alle scarpette. Lo zainetto con dentro solo acqua e una giacchina e altra cosa rispetto a uno zaino con ramponi, piccozza, bere, mangiare, giacca, bastoncini ecc (e me ne accorgerò nel mio camino). 

Stefania parte, gradone e poi arriva sotto il tetto con tre resinati, ma va a destra, che se no è almeno un VI! La corda scorre scorre, finchè possiamo partire anche noi. Ben presto si cammina, poi risaliamo ancora un po di roccia per giungere sotto la sosta. Stefania convinta che ora tocchi a me.. Mi avventuro per sentiero sulla destra invece che salire la parete sopra di noi, e vedo che i "miei" tiri sono lontani ancora. 

"Stefania, vai mo su te che è ancora il tuo turno" "ok, io vado di la" "no eh, te sali dritta per questa parete senza protezioni". E cerca a sinistra, e cerca a destra, infine su dritta, cercando di divincolarsi tra le difficoltà a cercare le inferiori. Superata la paretina, la corda scorre, segno che sta camminando. Viene il nostro turno, e superati questi metri di calcare, poi scorgiamo la nostra amica laggiu in sosta, e vedo ciò che mi aspetta dopo. 

Dalla sosta riparto io, si scende nell'intaglio e con salto felino si passa dall'altra parte. Salto che i gatti compiono con nonchalance, la gatta invece (che ha gambe più corte, a onor del vero) tentenna. Tirone unico che dopo l intaglio e un po' di roccia scema in camminata e passi di I, fino a giungere sotto il camino, sotto il quale una bella chiazza di neve conferisce un sapore più invernale. 

Oh bene, si fa sul serio, vado convinto, coi miei due compari se la ridacchiano mentre io fatica e non poco a capire come diavolo salire. Ah niente, tolgo i guanti, non vedo altro modo, passi da gigante (l'aderenza con gli scarponi non s'ha da fare) e cerco di issarmi per superare questi ostici metri. All'ombra, di nuovo, dopo che il sole aveva approfittato di un momento senza vento per scladarci. E lo zaino che si incastra e non permette di girarmi come vorrei fare. 

Le difficoltà poi calano, ma si passa da un IV a un T4: piedi su zolle di terra e mani ad afferrare ciuffi d'erba sperando le loro radici siano belle solide. Eccoci alla sosta, ultimo tiro e siamo praticamente in cima. Arrivano anche i due amici, che hanno ostiato non poco anche loro. Che ridere, adesso che io sono fuori e loro dentro, tie! 

Riparto, tiro divertente, dalle difficoltà sufficienti a divertirsi ma non estreme da cacarsi a dosso, solo che le mani stanno patendo l'assenza del cotone e pile che le ricopriva. vedo la madonna, quella di ferro, non quella di aria, e di nuovo la vento e al sole posso fermarmi per sostare e recuperare i due amici, mentre osservo tutto il detrito che sta sopra il camino finale. 

Ecco arrivare anche Giorgio e Stefania, la foto di via oggi può essere sostituita da una foto di scarponi! Fatte su le corde si cammina verso la cima, assetati e affamati e ormai un po meno infreddoliti dopo i vari tremori alle soste e i soffi nelle mani per scaldarle. ma niente sosta, continuiamo per fermarci più su, perchè l'orario è davvero tardo. 

Ormai abbiamo deciso di scendere per il canalone dei camosci, l'attrezzatura ce l'abbiamo, usiamola! Così diventa un'uscita davvero completa! La risalita allo Zuccone Campelli regala ancora dei metri di arrampicata di II/III, piacevole e appagante. Ma appagante è la sosta ristoratrice in cima, ancora da soli, solo noi e il paesaggio intorno. 

Propaggini metalliche ai piedi (Giorgio supertecnico oggi: come scarpette le vapor, non usate, come ramponi i blade runner!) e via giù per un canalone che nonostante l'insolazione è ancora bello duro! Segno che il freddo, c'è. Scelta azzeccata scendere da qui, probabilmente meglio della ferrata e senza risalita. Qualche bel saltino rimanendo faccia a valle e soste ad aspettare i merenderos, giustamente provati nelle gambe. 

In meno di 15minuti siamo alla base di questo breve ma estetico canale, seguiamo il più possibile la neve finchè c'è e infine pausa per togliere ramponi e vestiti che adesso fa un caldo che non ci si stà! Si torna a ridere e scherzare, bramando birre che arriveranno piccole. 

Di nuovo in mezzo all'antropizzazione, jeep che scappano prima che possiamo tentare a mettere la coscia fuori per chiedere un passaggio, ma un bel silenzio intervallato da raffiche di vento. Uno sguardo alle spalle, e già si sogna di fare la cresta in invernale e integrale fino al Barbisio e oltre! 

Si torna sulla noiosa marcia di avvicinamento, cercando di tagliare per una pista erbosa e sassosa che si rivela un trauma per le ginocchia. Jeep e moto continuano a sfrecciare, Stefania ha i piedi che van da se, caldo fame e sete, il miraggio dell'Alva che troveremo chiusa. Le risate da stanchezza sono le più genuine, quelle che hanno al loro interno la stanchezza e la soddisfazione, di cui oggi abbiam fatto scorpacciata. 

Pare infinita, invece dura 1h la discesa fino al parcheggio, al quale giungiamo con la speranza dei famosi calzoni al formaggio che Stefania si sarebbe dimenticata in auto, e per l'assenza dei quali si è disperata tutta la famelica giornata. Cerca in auto, nella borsa, l altro zaino, nulla. Occhi lucidi. Poi..guarda nella tasca del cammel back dello zaino che si è portata sulle spalle tutt'oggi: eccoli!

L'Alva è chiusa, troviamo un agriturismo dove entriamo annunciando che abbiam fretta, e invece resteremo troppo a lungo, ma non ce l'avremmo fatta ad arrivare a casa senza rimpinzarci! Pizzoccheri, birra e fragola con panna (per me e Giorgio amarene con gelato, visto che Stefania ha finito la panna). A panza piena, ora si può scendere. Panza e spirito pieni. 

Una giornata davvero formativa: trekking, dislivello, temperature, vento, sole, arrampicata con scarponi, tratti in slego e tratti di vera arrampicata, cresta esposta, discesa su neve. Quando ci ricapita?!

Qui altre foto.
Qui e qui report.
Qui la relazione seguita e con la quale ci siamo ritrovati.
Qui la guida.

domenica 3 aprile 2016

Abbuffata di fritto: Via Teresa

Al rientro da Rita, le telefonate già volano per capire cosa fare domani. Giorgio è voglioso, io non sono per nulla preparato sulle vie di "bassa quota", la sola di cui so qualcosina è per l'appunto Teresa, un'altra papabile al posto della Rita, e visto che questa l'abbiamo superata così brillantemente, perchè no? Dopo ClaudiaRita, facciamoci anche Teresa, e vai di donne! 

Stesso orario di ritrovo per lo stesso intento, cioè essere i primi e cercare di non avere nessuno davanti su questa parete che brulica sempre di miliardi di persone, dove l'unto è di casa, e dove i sassi che cadono dall'alto non sono numerosi come i base jumper, ma sulle placche si notano bene i colpi inferti  dalle cadute! 

Ma siamo un po' più veloci di ieri, solita camminata verso la base del paretone con un cielo limpido che più azzurro si fa fatica, e noi che speravamo nelle velature compatte per non morire di caldo.. Si scende in una conca detritica contornata da muri di sabbia, che mette un po' in soggezione. Alle 7e30 riusciamo già ad attaccare. 

Lascio partire Giorgio, tanto oggi non si scappa, i tiri duri sono sparsi, ma tanto se il 5c è quello di ieri, mi fa un baffo. Col c***o! Il 5c di oggi è peso! E pure il 4a non è proprio una passeggiata: "me lo ricordavo diverso il 4a" cit. Giorgio. 

In effetti anche quando tocca a me, trovo non molto confortevole il tiro, ma da secondo cercherò sempre di darmi una mossa per non perdere tempo: va bene essere galvanizzato da ieri, ma non caliamo la guardia. E faccio bene. Che poi, anche l'S3 di oggi è bello allegro in molti tratti. Ricordo vari tratti in cui mi giravo per vedere l'ultimo rinvio dove fosse, e più di 10m tra me e lui c'erano.. 

Per non rischiare evitiamo di concatenare tiri. Giorgio va a farfalle sul terzo tiro e trova la sosta solo dopo averla superata e lasciata a destra, ma poco male, così io riparto senza manco fermarmi. tanto abbiamo 16 rinvii in tutto, praticamente non ce li scambiamo quasi mai. 

La parete inizia a popolarsi, una cordata sotto di noi, e almeno 4 alla base di Rita mentre 3 sono già su, ben diversa la situazione rispetto a ieri. Meglio là che qua comunque. Continuiamo con questo 4a che pare un po' sottogradato, ma che almeno non è esageratamente unto, e ci avviciniamo al primo traverso esposto, placca di 5c, definito dalla relazione il tiro chiave. E tocca a me. 

Siamo ancora da soli a salire, un bel sole che scalda senza soffocare, e già la partenza sulle rocce articolate è un passo un po' boulderoso. Poi vabbeh, la placca con sotto il vuoto, questa striscia di robetta rotta per i piedi ma quei due passi in cui per le mani non c'è nulla, forse solo lo spazio per metterle a preghiera (ma non conviene), e infine la risalita fino alla sosta, che seppur non in traverso è ben placcosa anche questa! 

Fiuuu, andata, "Giorgio divertiti!", e lo vedo bene mentre affronta il traverso, sembra appeso coi piedi nel vuoto. Anche oggi poche foto per rimanere concentrati sulla velocità, e anche perchè l'amico s'è scordato la memory card nel PC.. 

Proseguiamo per i successivi più facili tiri, con la cordata sotto di noi che rimane dietro, gentili e rispettosi non ci passano davanti anche se ne avrebbero la possibilità. E i tempi non sono male, anzi. 

Ed eccoci alla seconda traversata esposta in placca, e ritocca a me. Madre de dios, meno male quello sotto era il tiro chiave! Qui si che sbuffo e sudo come non mai! Avrò sbagliato via, ma non credo, ma anche solo arrivare al traverso si presenta un'impresa: placca liscia senza mani, resinato sotto lontano e sopra pure, vari tentativi su come affrontare la salita, e dopo tempo immemore, passo. 

Ora tocca al traverso: soccia! due o tre passi senza mani assolute su dei piedi che pare abbiano appena pulito con l'olio esausto di una friggitoria cinese, poi un po' di mani aiutano, ma tocca pure scendere per arrivare in sosta.. Ci arrivo, e a momenti scivolo pure da questa, tanto è consumata.

Giorgio tutta tua. Purtroppo il mio amico è incalzato da una cordata di altoatesini, che dopo quella di ieri mi fa davvero pensare che c'è qualcosa che non va in loro. Il primo (figlio mingherlino) che fa sicura al secondo (padre robusto) col secchiello..in vita! E questa è solo una.. Giorgio vai avanti che almeno ti fai il tiro duro in serenità senza corde tra i piedi.

E parte il mio amico, su un tiro non continuo magari, ma che ha i primi metri davvero tosti, con quella manetta super consumata. Nemmeno una foto concentrato come sono a reggere una sua eventuale caduta e a sorvegliare chi mi sta  a fianco.

Parto io, sotto pressione per chi mi scalpita dietro. penso che oggi il mio l'ho già dato, mi tiro un po' sul rinvio per evitare il sapone e cerco di raggiungere Giorgio veloce col ragazzino che mi segue a ruota. Adesso la via dovrebbe essere nostra, i tiri duri sono stati tutti superati! Ma ieri ricordo che ho faticato e non poco all'uscita.. 

Anche perchè nei prossimi metri, in cui i due altoatesini ci supereranno in conserva media protetta (media, su una via dove i resinati sono a 5-6m minimo, vuol dire avere 2, massimo 3 protezioni tra i due), Giorgio reciterà la sua famosa frase "il 4a me lo ricordavo diverso", e non posso dargli torto, qualche passo arduo me lo sono trovato, ma non certo come sotto.

A fianco a noi salgono altre cordate su altre vie, ormai sembra di essere al mercato o in falesia con tutti i "molla tutto!" "parto" ecc che si sentono. Arriviamo alla 13ima sosta, guardo Giorgio e gli dico "oh, io quasi quasi concateno così usciamo". Diciamo che c'ho anche tanta voglia di arrampicare e di uscire io: lui non si fa tanti problemi, d'altronde deve essere a casa presto. 

E ancora questo 4a che mi suona più di 5a mi rende la vita frizzante, ma al punto giusto, è il 4b d'uscita che mi preoccupa, visto com'era il 4a di ieri e visto che anche questo sarà unto da far paura. Passo la sosta e vado verso il diedro, che alla fine non si rivelerà duro, solo la partenza delicata per passare da un leggero strapiombo a una salita più umana.

Esco dalla via delicato per la quantità di detriti presenti, evito la sosta per lo stesso motivo, cordino su albero per tenere alta la corda per lo stesso motivo, e sosto su resinato distante a fianco di un aroma di caffè che due ragazzi stanno facendo col fornelletto (dopo aver scalato immagino, quindi zaino pesante, respect). 

Ecco anche Giorgio, evvai! Anche questa andata! via sicuramente ben più dura di ieri, e comunque anche oggi in tempi decenti, 6h30 per 14 tiri. Soste tutte fatte in serie con le corde di cordata per essere più veloci, così ne abbiamo imparata un'altra. 

Stessa discesa di ieri, ma ben più accaldata, in mezzo al bagno turco degli alberi che fa venire voglia di spostarsi a 2000m ad arrampicare della dolomia.. Intanto ci accontentiamo di una birra fresca al bar delle Placche Zebrate.

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