domenica 26 giugno 2016

Nelle rughe solari del Pizzo d'Uccello: Diedro Sud + Tiziana

Ed eccoci al momento clou del weekend. Il tentativo di concatenare Diedro Sud e Tiziana, cosa già tentata ma fallita per ritardi, meteo incerto e primo tiro di Tiziana bello bagnato. Ero con Claudio a quei tempi, e ricordo comunque una via mica facile, ma non la ricordo bene visto che il tratto più duro lo supero bene, uno di quelli che non ricordavo mi fa penare..
Facciamo colazione come se dovessimo andare a fare la nord, ma tra il caldo patito ieri, la nostra non velocità e la voglia di non tornare a casa domani, preferiamo così: tanto il gestore deve svegliarsi per quelli che fanno il trail , sicchè.. Il Pisanino fa più ombra di ieri..

E meno male, così saliamo un bel pezzo all'ombra, in più oggi c'è un bel venticello che regala sensazioni di benessere senza sudare come nel deserto. Stessa salita di ieri, ma sotto consiglio di Omar non saliamo fino alla Foce di Giovo, per poi scendere, traversare nell'erba e risalire un canalone, ma ci dirigiamo al Giovetto.

Da qui ci ha detto di traversare, senza avvicinarsi troppo alle rocce. In un qualche modo troviamo la nostra strada, un avvicinamento a naso e sensazione, coi piedi che affondano nell'erba senza vedere cosa ci sia sotto, mani sulle pietre traballanti: i love Apuane! E comunque il panorama regala ancora e ancora.

In un'ora e mezza siamo alla base del Diedro Sud, che nonostante il nome, resta in ombra per parecchio, e per fortuna! Di nuovo qui sotto, ma stavolta me la devo cavare io coi tiri duri..

I nostri amici sono più veloci di noi, parte Federico quindi, seguito poi da Dario, e da Stefania. Si inizia a salire nell'erba, non certo rassicurante, un accenno di diedro e poi via in placca a cercare qualche fessurina e un chiodo che non si dovrebbe vedere bene..e infatti non vediamo. Poi ci si infila in un camino canale tenebroso, sbucando su una scomoda sosta su terrazza.

Dario segue una linea che zigzaga nel secondo tiro, io lo ricordo invece un bel sistema di lame esposte che l'altra volta mi sono proprio goduto, e che mi godrò anche oggi! Sempre in vista della sosta, bei passaggi su spigolo, un po' placcosi e lame in tutte le direzioni. Occorre infilarsi in un diedro per poi uscirne subito verso la sosta, e anche qui un passo che si fa sentire prima di raggiungere Dario.

A mia memoria, ora ci sarebbe il tiro col passaggio più duro della via. Recupero Stefania, e riparto io come pattuito (speriamo anche che Stefania si sia ripresa rispetto a come ha finito ieri!). Ci si infila nel camino, occorre poi uscire e affrontare di nuovo uno spigolo placcoso..ma senza lame stavolta. C'è un po' da pensarci e fidarsi dei piedi, poi si sale. Verso destra, e di nuovo un piccolo camino col passaggio chiave, che contro ogni mia previsione, supero al primo colpo. Forse mi ricordo male la via!

Arrivo in sosta, ma la ricordavo diversa la partenza del tiro successivo. Di nuovo, mi ricordo stramale! Decido di continuare a salire visto che sento Dario dire che ha trovato una sosta 15m dopo, e parto. Invece no, era la sosta giusta! Mi ritrovo infatti ben presto al bivio: camino stretto o placca esposta? E come fatto l'altra volta, vai di placca esposta, esposta e dura accidenti! Fatico a tornare sullo spigolo e infine in sosta, ma entusiasmante!

Addirittura freddino in sosta, all'ombra e col vento. Sosta, in realtà sono a metà del quarto tiro ufficiale.. Ma va bene, mi sono sparato anche la placchettina esposta, yeppa! Dario sbadiglia attendendo il suo turno, mi sa che Federico sta concatenando qualcosa anche lui..

Arriva e riparte Stefania, Dario è già andato. Dopo poco non la vedo più, un tiro da stare attenti alla roccia un po' meno compatta che prima, in parete e sempre all'ombra. Meglio per il mio coppetto ustionato, ma vorrei gli scaldamuscoli sulle braccia (i miei amici sono in maniche lunghe..).

Beh dai, la via me la ricordo difficile su L2 e L3, e sulla variante di uscita che prese il compagno l'altra volta, e che oggi non faremo, quindi sono tranquillo. Invece dovrei mangiare qualcosa che mi aumenti la memoria, perchè funziona davvero male. Ben presto infatti mi ritrovo in un bel caminone..

Mo vacca che roba croccante! Qui si che ti devi sapere muovere in spaccata e in opposizione! Sento la mi amica giù che dice “che bella foto verrebbe!” ma tanto lei non le fa e comunque “lascia stare, pensa al mezzo barcaiolo”. Un tiro davvero da strizzo, col vuoto sotto e sopra..chissà. Sopra l'erba, e mi tocca uscire a sinistra su placche lisce per tentare un improbabile traverso per andare sul terrazzino di sosta. Fiuuu, sarà fatta ora?!

Ecco, ora sono al sole, al vento, e il coppetto strilla pietà. Stefania parte, la relazione parla di IV, passo V-, ma penso si possa fare anche più facile. Con la coda dell'occhio ho visto gli altri due prima, ma sono già andati. E invece.. La vedo muoversi lentamente su, e c'ha ragione! Qualche metro facile, ma poi altri belli tosti prima di uscire su prati pietrosi e vederla in sosta su uno spuntone.

Bene! Diedro Sud andato! Sono titubante che si riesca a fare Tiziana vista la nostra non velocità..ma siamo qui, e non ho orari di rientro, proviamo! Pausa acqua e cibo, su la roba, e si parte per un trasferimento su erba, cenge, esposte, fino a svoltare l'angolo e vedere Dario su S1 e Federico sotto che aspetta, si sono messi avanti!

Riparto io, il temuto tiro di Tiziana, sempre bagnato, ma non oggi (mi aveva rincuorato il Pappa che l'ha salito ieri) e ci sono due spit ad aiutare. Ho visto che Dario ha mezzo giu un bel po di protezioni pure! Vacca se è duro! Diedro che parte appoggiato ma con insidiose prue di roccia, bisogna che “mi metto bene”. Lentamente ma costantemente vinco la gravità.

Poi il diedro dalle mille prue diventa strapiombante. Vacca. Poi da uscire in placca sul niente. Poi da rientrare a strapiombare. Dario è vicino, ma non abbastanza. Friend blu ficcato dentro, l'ho quasi comprato apposta per lei, per Tiziana (un anno fa..), e finalmente raggiungo la sosta (scomodissima anche da soli!). Beh dopo sarà ben più facile! Circa..

Stefania, con calma, sale il tiro anche lei arrancando ma senza “aiuti” dall'alto, brava! Ghisata anche nel.. ma va bene. Ho sentito Federico cercare a lungo la sosta, visto Dario faticare.. Riparto io così lei riposa i muscoli. Incassato nel diedro camino, passo non facile per uscire, poi ci si ritrova su un bel paretone espostissimo dove salire, traversare, salire, traversare, spaccare sul vuoto, salire in sosta. Bello!

Stefania invece quando c'è da spaccare sul vuoto sembra che balli il tiptap per provare a come mettere i piedi per partire “dai Ste, c'è riuscito Dario a spaccare!”, ed eccola che passa. Che bella esposizione questo tiro. Davvero belle vie oggi!

Riparte la mi amica, c'è da seguire un fessurone di 40m. Che fessurone godurioso, ormai mi rilasso e inizio (riprendo) a canticchiare. Lame, placche, incastri, davvero fantastico! E le temperature sono mitigate da un discreto vento che nel tiro prima mi rendeva sfuggevole il rinvio dove passare la mia corda.

La sosta si trova su una salle a manger di marmo liscio bianco. Cosa deve essersi staccato da qui e rotolato giù.. Gasato salgo dritto a rendere difficile un tiro che parte facile, canticchio di nuovo, tra l'altro canticchio il coro di “Altrimenti ci arrabbiamo” (ciao Bud), per raggiungere poi i due strapiombetti con spit, e quella che dovrebbe essere l'ultima vera sosta.

Stefania sbuca dall'orizzonte. Va avanti lei, ora cresta facile ma credo lunghetta ben più della corda. E invece quando è circa a metà, si vede Federico spuntare sopra di lei: ma allora era cortissima! Si poteva fare conserva corta, vabbeh.

Siamo fuori, Ma la cima è ancora da raggiungere. Ma che bel concatenamento di vie, nessun tiro davvero banale, e tanti al limite delle mie capacità, ma nessun resting o A0, davvero soddisfatto!

Tutti e quattro saliamo verso la panoramica vetta del Pizzo d'Uccello. Ne parole ne foto possono descrivere la vista, cielo limpido e montagne intorno. Bisogna andarci.

La discesa dalla normale del Pizzo non è certo un EE. E i miei compagni se ne accorgono presto, tra saltelli di roccia, ghiaia, tratti ripidi, passaggi di I e II da disarrampicare, il che rende la giornata davvero alpinistica, davvero completa, davvero appagante.

La discesa sul sentiero è invece solo un conto alla rovescia per la birra. La sbarra chiusa della cava decreta la fine di un bel weekend.

Sistemata l'auto e cambiatici infatti, finiremo nelle grinfie di un astuto cuoco, quello della mela come dessert. Ordiniamo i nostri piatti, poi se ne esce con un “vi faccio anche questo?” e fallo dai, e mangia. “vi faccio anche questo?” no dai, basta se no stiamo qui fino a domani a ingrassare “volete una fetta di torta fatta con le mie manone?” Ah beh allora si “il caffe alla garfagnina” un mix di caffe, rhum e cherosene, e vai anche quello “e il mi liquore?” ok, ma poi basta!

Qui altre foto.
Qui report
Qui e qui relazione.
Qui e qui (io però ho la versione 1998!) guide, ma..lascio a voi giudicare.
Qui la giornata di ieri.

sabato 25 giugno 2016

Guglie della Calde(Vacche)reccia: O sole mio e Via degli Allievi

Un weekend intero in montagna s'ha da fare. Libero da altri impegni, occorre approfittarne: meteo e condizioni per l'alta quota non ci sono, ma sotto il crinale dell'Appennino il meteo dovrebbe essere ok, anche se caldo. La scelta cade presto su un weekend arrampicatorio in Apuane con Stefania, Dario e Federico. Un programmino ce l'ho già in mente, lo propongo e siamo a bolla. 

Partenza presto sabato mattina per avere più tempo a disposizione per la nostra passione e anche per usufruire delle ore meno calde. Dopo una colazione al Rifugio Donegani (dove alloggeremo stasera) dove il Pisanino ci accoglie sotto la sua ombra, alle 8 siamo in cammino e presto saremo già sudati! 

Come tre settimane fa, la destinazione di oggi sono di nuovo le Guglie della Vacchereccia, a scopo ludico esplorativo: partendo da qui, l'avvicinamento diventa anche un bel trekking, anche se non certo esente da fatiche, ma così facendo siamo comodi per vitto, alloggio e per l'idea di domani. 

La solita cava abbandonata che ho già avuto occasione di vedere mette tristezza, l'altra che squarcia la montagna per chilometri ancor di più, ma non voglio tediare nessuno con questa storia: vi chiedo solo di lasciare stare il marmo.. 

Si sale per sentiero verso Foce di Giovo, tremendamente accaldati al sole, dentro il bosco si sta un po' meglio, ma appena appena: oggi non tira nemmeno un filo di vento. Per fortuna arrivare al valico coincide col passare dall'altra parte all'ombra, ma non prima di essersi girati intorno ad ammirare il panorama: Pizzo d'Uccello, Pisanino, Contrario, Cavallo, Grondilice, Sagro. siamo nel cuore delle Apuane. 

Si scende per il sentiero marcato, ma l'erba alta un metro non facilita certo il capire dove si debba andare: una palina è fondamentale per districarsi in questo verde rigoglioso! Il 37 che ci conduce verso Capanna Garnerone è un bell'approccio per i miei amici per comprendere i trekking nelle Apuane, non siamo certo in Appennino: erba alta, passaggi facili su roccia, sentiero esposto. Passaggi inrigogliosi fiori gialli

Si passa sotto la Pera ma si continua, per fortuna ancora all'ombra della cresta del Garnerone, fino a individuare finalmente le sagome delle Guglie della Vacchereccia. Ci siamo! Quasi..perchè nella speranza di avvicinarsi meglio a quella che vorrei fosse la meta della mia cordata, proviamo a risalire un ghiaione che ben presto lascia lo spazio a distese di paleo e bosco insipido. Per poi sbucare sulla traccia percorsa tre settimane fa: allora tanto valeva fare quella più comoda.. 

Dario e Federico si fermano sotto lo Spigolo della Torre Torracca, io e Stefania puntiamo a O Sole Mio sulla Torre Cartuccia. "Scorrere sotto le guglie fino ad arrivare all'attacco". Memori di una spittatura vista partire sullo scivolo sud della Cartuccia quando scesi dalla Torracca, iniziamo a traversa dopo aver salutato i nostri amici. Passaggi delicati ed esposti, molto delicati, parecchio esposti, ed ecco due spit! S1 della nostra via. 

Allora c'era da stare più bassi, ma di tracce non ne ho viste, perciò.. Pace, attacchiamo da qui. Parto io, e per vincere questo strapiombo iniziale duro non poca fatica: prova di petto, prova di la, prova di qui, bucati una mano con questa roccia aguzza. Alla fine riesco a passare e dopo questo passo la via si fa più easy. Talmente easy, che per velocizzarci concateno anche il tiro successivo, trasferendomi dallo zoccolo della Torre Biforca alla metà della Cartuccia. 

Sosta vista mare: che bello sarebbe fare un bagno fresco adesso! Inizio a recuperare la mia amica, ma ci deve essere qualche problema. Ok, in effetti il passaggio non era facile. Aspetta. Aspetta. Stò per armeggiare per un paranco, ma una voce arriva "dammi un po' di corda", chissà che è successo, ma poi arriva anche lei con la sua risata isterica. 

Riparte Stefania sulla parete sopra di noi, seguendo la linea di radi spit ed integrando qua e la, e ben presto arriva alla sosta. Meno male siamo ancora all'ombra qui.. Tocca a me, e cerco di complicarmi la vita salendo a goccia d'acqua sopra la corda: non sembra, ma spesso ci sono delle buone mani nascoste in questo conglomerato di roccia. 

Azz, l'esposizione inizia a esser tale che si vacilla tra sole e ombra! Riparto io, da schizzo ci sarebbero altri due tiri, ma immagino siano corti, perciò potrei concatenare così facciamo prima e in tempo a fare un'altra via.. Intanto vado su questo spigolo abbozzato, verticale e a tratti strapiombante, ciò che ama la mia amica per l'appunto. 

Trovo la sosta, ma la cima è davvero vicina, "Ste, io continuo ok?" e via che si sale, più facile ma con ancora qualche passo interessante, e la catena è su un bel terrazzino dove armeggio per mettermi in sicura e recuperare la mia amica: intanto foto alla cordata a fianco sulla Torracca, mangio, bevo, mi cambio scarpe, alè!

Stefania mentre sale, nonostante i miei avvisi "Stefania parla bene che c'è gente" si lascia andare a sproloqui verso gli strapiombi, cose che una signorina non dovrebbe dire.. Arriva e si spiaggia per un attimo ad ammirare il panorama, che da quassù è davvero notevole: boschi veri, prati anche, poi rocce grigie, cielo blu, e mare laggiù. 

In fretta ci si cala, nello stesso canale della Torracca, spero solo non si incastrino le corde, cosa che per fortuna non accade, e con un altra doppia (e con una sola corda) siamo giù, di nuovo il traverso per tornare alla base della Torracca mentre vediamo i nostri amici già impegnati sulla Via degli Allievi. 

Anche i ragazzi scesi dalla Torracca alla fine vengono su questa via, e per fortuna, così ci indicano l'attacco giusto (e Stefania "visto che avevo ragione? Era li"). Un po' per dividerci le difficoltà, un po' per pareggiare il numero di tiri a testa di oggi, parte lei: occorre districarsi in mezzo a questo marasma di spit o simili (mai come Rocca Sbarua però!). 

Tocca a me, salgo assaporando la qualità e colore della roccia, una varietà infinita tra calcare, conglomerato e gneiss, e mix. Riparto io, per un bel tirello di misto placca e di nuovo un passetto strapiombante, mi piacciono queste vie! Alla mia amica un po' meno, invoca placche e solo placche. Intanto al sole stiamo cuocendo, anche le lucertole le osservo cercare l'ombra: il mio coppetto e braccia stanno abbrustolendo. 

Ultimo tiro per Stefania, traversino a sinistra esposto e panoramico, e poi su verso i nostri amici che stanno aspettando per calarsi in doppia. In doppia? Ma ci dovrebbe essere la possibilità di scendere a piedi! Qualche foto a Giampaolo e Matteo che ci seguono. Tocca a me, trovo un bell'esempio di riciclo di chiodo. Passo a fianco di Dario e Federico che mi riferiscono di averla trovata troppo impervia la discesa. 

Arrivo da Stefania, andiamo a cercare sta discesa, che non c'ho voglia di far doppie e voglio esplorare anche la discesa. In effetti è impervia, va un po' cercata e intuita. Legato mi districo tra prati e cenge, finalmente vedo qualcosa che pare essere camminabile, e infatti i due toscani sono proprio li. 

Scendiamo per cengette da camosci e ghiaione scomodo, assolati e assetati. Torniamo alla base delle Placche degli Allievi dove Dario sta terminando di far su la roba, e insieme scendiamo alla Capanna Garnerone, o meglio alla sua fontana, che prosciughiamo! 

Non c'è molto tempo per riposarsi sugli allori del tavolino, la strada è lunga per tornare al Rifugio Donegani, e ci si vorrebbe arrivare per fare le cose con calma.. Ripercorriamo a ritroso il sentiero dell'andata, più secco e tutto al sole. Un leggero vento allieta il rientro, ma occorre essere anche all'ombra per stare bene. 

Il paesaggio però regala ancora grandi squarci di natura quasi selvaggia. E il Pizzo d'Uccello, col suo versante sud, che magari domani riesco a completare! Risalita estenuante alla Foce di Giovo, passati di sudore e un po' provati, anche perchè circa 750 metri di dislivello camminando li abbiamo fatti, e 200 arrampicando. Stefania infatti arriva alla foce piuttosto malconcia, complice l'aver bevuto e mangiato poco pure, e la cena di ieri sera. 

Giù di corsa al rifugio, due chiacchiere con Michele, Davide e Omar, una doccia (che siamo appiccicosi come la carta moschicida) e poi a cena, al tavolo in sette, col gestore e il cuoco che ci pigliano in giro per le nuove abitudini alimentari di Dario, ma mai offendendo: e poi lui ci sta al gioco! Dessert per Dario: la mela!

Relazioni se ne trovano poche, anche le guide sono fatte in modo approsimativo rispetto agli standard cui siamo abituati. Qui e qui (io però ho la versione 1998!) guide, ma..lascio a voi giudicare.
Qui report (ricco).
Qui altre foto.
Qui la giornata di domani.

domenica 19 giugno 2016

Se solo il meteo fosse stato dalla nostra.. Valpelline, Corso A1

Ne sarebbe uscita una super uscita probabilmente. Faticosa, ma appagante come non mai. Ma si sà che la nostra passione è condizionata in maniera massiccia da ciò che il cielo che ci manda, e stavolta ci ha mandato una bella buferella di neve. 

Ai tempi che furono, alla riunione di pianificazione del Corso A1 2016 del CAI di Carpi, vennero fuori una serie di mete per ogni uscita del corso, e per la prima uscita su ghiacciaio, tra le finaliste che andarono alla votazione online, ci fù anche la Tete de la Valpelline: meta sconosciuta ai più, ma proposta da uno che di solito becca le chicche di salite fuori moda, e per questo affascinanti. E fu lei la più votata. 

Ma questo anticiclone che non vuole piazzarsi geograficamente bene ci fa temere. Si rimanda? Si cambia meta? Urca, trovarsi d'accordo in 30 per rimandare è dura, trovare un posto libero per 30 persone è dura. E poi le previsioni sono ballerine: un giorno danno discreto, qualche ora dopo annunciano tempesta, poi nuvoloso, insomma manco loro lo sanno. La settimana dopo non sembra che si aggiusti nulla, e tutto il nord Italia è avvolto nell'incertezza. Insomma, se anche si potesse rimandare o cambiare meta, il meteo sempre uguale è: incerto. 

Dopo 4h30 di viaggio, un giretto per le tangenziali di Milano in cui ci siamo persi, una colazione-pranzo con una barista che non sorride manco a pagarla (e l'abbiam pagata alla fine!), siamo al parcheggio della Diga del Lac di Place Moulin. Poche auto, segno di una valle che ancora non è presa d'assalto dai turisti, spettacolo! 

Carichi, più di schiena che di aspettative (meglio tenerle basse per non illudersi e non commettere errori di valutazione domani) ci incamminiamo. Aspettative basse certo, ma emozioni pronte a esplodere: da troppo tempo non preparavo lo zaino da "alta quota", e in più io, Nicola e Giorgio abbiamo la mezza idea di rimanere per tentare un'altra cima al lunedì. Mezza idea che abbiamo battezzato "abbiamo il 3% di possibilità di farcela", tanto per stare sul dai forza. 

Le acque del lago sono di un azzurro verde che lucchirebbe al sole, ma sopra le sue acque una decina di metri di terra scoperta mostrano come il livello delle acqua sia basso: siccità o prelievo idraulico? Speriamo il secondo. Ancora più sopra il verde sfoggiante dei boschi, e salendo il grigio brullo delle rocce e lassù il bianco della neve: cinque colori, what else? 

Non si fa in tempo ad arrivare al Rifugio Prarayer che inizia a piovere: coprizaino, giacchina dei puffi e ombrello pronti all'uso, ma che per fortuna ben presto rimetteremo a posto (tranne il coprizaino, che per ogni evenienza meglio stia lì): intanto scorgo che non solo io ho l'ombrello, ma anche il maestro Davide! Superato il rifugio, la forestale lascia posto al sentiero, e ci immergiamo nel verde. 

Passaggi sopra ponticelli sotto ai quali scorre impetuosa l'acqua che si scioglie dai ghiacciai che speriamo di pestare, e la salita discontinua, intervallata da lunghi tratti in piano e pezzettini un po' più ripidi: 12 km per salire 800m di dislivello! Il Larice con più di 500 anni segna l' inizio della prima salita un po' ripida, che ci fa passare dal verde del bosco ai colori scuri delle rocce. 

Cerchiamo di salire con calma per preservare le forze, il paesaggio si apre e la possibilità di fare foto aiuta nel nostro intento di fare pause. Solo noi in giro, due chiacchiere, due risate, e gli occhi che salgono con la mente ciò che le gambe ancora non possono solcare. Le prime serraccate, le prime cime..il cielo chiuso. 

Scorgiamo in lontananza altri puntini colorati (i coprizaini), ora che siamo di nuovo su un tratto pianeggiante che passeggia sopra il dirupo sotto il quale scorre il ruscello. Giungiamo a pestare la prima lingua di neve: quanto mi mancava questa sensazione! Mi guardo i piedi, nel frangente che rialzo lo sguardo la mente torna ai problemi della vita quotidiana, ma quando gli occhi puntano la serraccata del Glacier des Grand Murailles..puff, svaniscono di nuovo. 

Raggiungiamo Roberta, Roberto, Mattia e Dario, laggiu altri dei nostri che si apprestano a salire il prossimo gradone, una salita a tornanti che in breve fa guadagnare quota, dove Nicola contro ogni pronostico ha un buon passo: come dice Giorgio, Nicola "piagne e fotte", dice dice, poi le gambe le ha! C'avrei sete, ma non voglio intaccare le riserve idriche lasciandole per domani, e togliere l'impalcatura del coprizaino mi scoccia..errore. 

Salito il gradone, giungiamo sull'ultimo pianoro, quello pervaso da nevi tardive (come ci dirà il rifugista, c'è più neve adesso che in primavera..ahia!), quello che inizia a farci assaporare l'ambiente glaciale un po' più da vicino: Probabilmente è tra poco che dovremmo trovare il bivio dove si può salire per il sentiero nuovo o per il vecchio, dove si trovano delle catene: non ho pregiudizi, ma mi pare di aver letto che si consiglia di seguire le frecce gialle.. 

Federico parte all'inseguimento delle frecce gialle, ma in mezzo a queste pozze di neve in mezzo a fiumi di rocce, non pare esserci traccia precedente, eppure 9 dei nostri devono esser già su, e anche i rifugisti.. Mah.. Guardo in lontananza, per quella che mi parrebbe la salita più ovvia anche se non la vedo per intero, e mi pare di scorgere una traccia. mi fido però dei segni e di Federico la davanti, da qualche parte si passerà senza traversare quel muro di ghiaia spero! 

Il terreno ripido si fa un po' insidioso ma mai pericoloso, e risalito il fianco della morena, non resta che cavalcarla per giunger e al Rifugio Aosta: vari sali scendi che ci portano ad innalzarci anche oltre la quota del rifugio, che appare e scompare dietro le dune di detrito. Uno sguardo a destra verso il vallone che conduce che all'attacco del nostro sogno del lunedì, sogno proibito per stavolta. 

Un bel nevaio dove le scarpe da ginnastica di Cristian sono messe a dura prova e siamo al rifugio, dove i 9 di venerdì sono appena arrivati. Intanto il cielo si è irreparabilmente chiuso: un po' di sole ci ha baciato nella salita, ma ora è un lontano ricordo. Il vento inizia a soffiare, e la temperatura è tale da consigliare di entrare in attesa dell'arrivo degli altri: il gruppone inizia a compattarsi.

Un gelone alle dita mi obbliga a posizionarmi vicino alla stufa, in un'oretta tutti sono al rifugio col meteo che sta lentamente peggiorando, quindi che si fa? Sistemazione in camera e poi teoria dentro. Tre stanzoni in cui dividerci: 14, 10 e 6 posti, un rifugio TUTTO per noi, occasione più unica che rara, una chicca da apprezzarsi in ogni suo aspetto. 

Come promesso al director, mi vesto (meglio mettere i pantaloni lunghi ora) ed esco in esplorazione per vedere le condizioni dell'avvicinamento. In condizioni normali dovrei poter agilmente salire anche in alto, senza zaino, senza mettere piedi sul ghiacciaio, e invece in breve mi trovo il pendio bello carico di neve in cui sprofondare fino alla caviglia o anche fino alla vita! 

Sguscio dietro il rifugio, nevica e tira vento, l amia giacca gialla deve essere un bel pugno in un occhio a chi mi potrebbe guardare, ma cerco di non disturbare la quiete tempestosa della natura che mi sta intorno. Gironzolo sulla neve ma sempre tenendomi vicino alle rocce (non si sa mai si stacchi qualcosa), le risalgo con qualche passo che richiede le mani, mani di fata visto lo sfasciume che si trova. 

Guardo lassù, ma oltre i 100m non si vede nulla, tutto bianco grigio. Continuo sopra giusto per stare un po' all'aria aperta, lo so che non sto andando da nessuna parte. Inizio a vederla grigia per domani: speriamo la visibilità sia buona e conceda di salire un po', ma c'è anche da cercare il passaggio giusto su questo pendio carico. Sopra comunque si può stare vicino alle rocce. Vedremo. 

Rientro nell'edificio accaldato, 30 persone in pochi metri cubi sono un bell'effetto stalla: mi piazzo in configurazione da spiaggia, pantaloncini e maglietta e basta, mentre er Director rispiega la progressione in cordata e la trattenuta della caduta di un compagno in un crepo. Poi arriva l'ora della pappa!

Tutti fitti, in 5 per panca, col gomito sinistro che non si sa dove metterlo. Saggiamente niente vino, ma l'ingordigia la sfogo sul cibo ripulendo i piatti degli altri, "io non faccio prigionieri e non mi piacciono gli sprechi!". Intanto fuori il cielo non si apre e nevischia. Saggiamente il rifugista ci fa assaggiare il suo genepì, e siccome con un bicchierino non si apprezza la bontà, ne trangugio un altro, e un altro e un altro. Ma tutto sotto controllo. Tranne il cane del rifugista che vuole mangiarsi la mascotte di Mattia.

Arriva il momento in cui non si può più fare finta di nulla.. Al nostro tavolo si radunano tutti gli istruttori con odg "che minchia facciamo domani?": la situazione non è facile e Gianluca già paventa la sicurezza che alla fine saremo nella situazione intermedia, ne bene ne male, ma in mezzo, il perfetto campo minato per fare delle cazzate. Si concorda colazione alle 4:30, si guardano le condizioni e..si valuta che fare. ma l che vada, si torna a letto, e si fa solo didattica più tardi.

La speranza è l'ultima a morire, ma la prima ad ammalarsi. 

Suona la sveglia. La finestra è lontana per poter capire che meteo ci sia fuori, quindi esco dal letto quasi di corsa per vedere, ma tutto bagnato e appannato (chi ha chiuso la finestra stanotte?!), prendo armi e bagagli e scendo sperando di essere uno dei primi, ma no, c'è già altra gente sveglia e..sconfortata. Mi vesto, un'occhiata fuori e..nevica. Douh! 

Colazione spartana, di quelle che se mi metto a camminare tra mezzora ho già fame, e arriva il momento difficile per Nicola: "ragass, io così non me la sento, ci vediamo alle 6:30-7 che usciamo a fare un po' di didattica". Chi torna a letto e chi no, chi va a tentare la salita (gli aspiranti Fiorella e Dario, che torneranno indietro per ovvie e condivisibili ragioni). Io faccio in tempo a russare, poi si torna in giostra. 

Non nevica più, il cielo si è un po' aperto, ma il fugace sole che vedremo sarà l'unico della giornata. Recupero Roberta e Gianluca coi quali formerò la cordata di oggi, che non gusterà il Mars di vetta, ma pazienza, questa è la montagna. 

Si sale dietro il rifugio, piuttosto bardati perchè il sole è poi già sparito, e dopo poco a puro scopo didattico si calzano ramponi e ci si lega, insomma si simula il ghiacciaio, che invece è un bel nevaio nella realtà. nevaio di neve bagnata e pesante senza rigelo, insomma 'na vera medda. Si ripassa la legatura, e si parte coi passi base: io chiaramente parto con la progressione frontale, hihi. 

Sì, ma c'è un motivo: su questo pendio non mi metterei a fare dei traversi! Meglio salire frontalmente e mettersi a fare traversi e salite meno di petto più su, in mezzo o vicino alle rocce. E così sia, un po' di metri in frontale e poi arrivati sotto le rocce si può andare più soft. 

Qualche passo sullo sfasciume coperto di nevischio per rendersi conto della precarietà di questo fondo, e man mano il meteo peggiora, sempre più chiuso, un po' di neve, vento e nebbia, alè! Ancora su dritto, ma stavolta a zigzag, sempre vicino alle rocce, arrivo all'altezza di dove ero arrivato ieri (ma ieri solo per rocce), un'interrogazione al capo che dice di salire ancora un po'. 

Se non fosse per le isole rocciose affioranti che mi danno un po' di fiducia sulla fermezza del manto nevoso, non andrei, ma si può e salgo, di nuovo in frontale a cercare quella rara neve dura. Faccio provare a Roberta e Gianluca cosa voglia dire "fare la traccia", "provate a spostarvi di lato dalla mia traccia!", e capiscono al volo.. 

Si sale senza meta, ma con sempre più neve e vento, alla fine ci andiamo a infilare verso un budellino tra le rocce, su pendenze anche sostenute, ma la qualità della neve frenerebbe ogni possibile caduta al primo metro di discesa. In più cerco sempre di fermarmi e "sostare" al riparo sotto delle rocce per ricompattarci un attimino. 

Roberta non trova pace col suo cordino da ghiacciaio, spero le vada meglio alla prossima uscita, io ormai avrei raggiunto il massimo che mi concederei di salire, ma va bene, qualche altro metro, ormai sferzati dal vento e da una nevicata bella fitta. Mi sa che io, Giorgio e Nicola non si resta qui un'altra sera.. 

Scendiamo per primi, a rotta di collo, verso il pluviometro dove con le cordate di Giorgio e Federico faremo le prove di autoarresto, difficili con questa neve, ma questo c'è.. Questo e questo paesaggio alpino, ostile di default e oggi in un picco della sua ostilità, ma siamo in tutta sicurezza così numerosi e vicini al rifugio. 

Si scende, via al rifugio a valutare il da farsi, perchè la mini bufera di neve ci sta dando bene e occorre valutare se non sia il caso di andare verso le auto prima che peggiori ancora di più: in fondo sta nevicando anche sotto al rifugio! 

Ci ricompattiamo al rifugio, ma c'è chi è già qui da un po' e logicamente vorrebbe o agire o andare. Si preparano tutti gli zaini per scendere, e alla fine si opta per questa soluzione, dividendosi tra chi preferisce il sentiero vecchio e chi quello nuovo: io conoscono il nuovo e vorrei ripetere il tracciato di ieri che mi è parso sicuro, qualche altro istruttore sembra d'accordo con me, perciò aspetto gli allievi che preferiscono anche loro il nuovo e via! Discesa sotto la neve! 

Solo che azz, mi ritrovo da solo con Licia, Roberto, Roberto, Mattia e Alessandro.. Fortuna dopo poco vedo la sagoma di Giorgio raggiungerci, almeno che lui chiuda il mio gruppetto.. Si torna a cavalcare la morena, sotto la neve ma anche accaldati. Merda, non c'ho pensato e fatto lo zaino male, lasciando le cose che mi servono in basso.. E niente, sto senza guscio. 

Il terreno si dimostra molto più percorribile di quello che credevo, e ben presto siamo nella parte in cui occorre scendere dalla morena, su terreno ghiaioso e friabile: "Ragazzi, delicati come farfalle sulla morena!", ma alla fine è molto più comodo di quello che credevo. Si punta ora a seguire le lingue di neve evitando il più possibile i massi per salvaguardare le ginocchia. Alessandro mi scorre a fianco sciando.. 

E di nuovo all'incrocio traccia vecchia - traccia nuova, nevica ancora e tira vento, devo per forza vestirmi. Uno sguardo verso il rifugio, cielo sempre più chiuso, "adios sogni di gloria!". Arrivano altri che hanno seguito le catene, e ora si può scendere in modo spensierato verso valle, verso il ristoro. Verso un nuovo attraversamento di diversi paesaggi. 

Eh già, questo avvicinamento è "importante", e in discesa pesa ancora di più, ma non è noioso o almeno non per me. Faticoso sì, ma il fisico è comandato dalla mente, ricordiamocelo. I detriti glaciali, di nuovo la discesa del gradone, poi sul sali scendi della steppa della Valpelline, col ruscello che scorre impetuoso a fianco e la pioggia e neve che vanno e vengono: vorrei spogliarmi ma non posso. 

Discesa in cui il gruppo si sfalda, in cui spesso mi trovo da solo assorto nei miei pensieri, o in nessun pensiero: riuscire a non pensare a nulla è fantastico, è catartico. Ma alzo anche gli occhi e sogno di esser lassù. 

Non c'è traccia di sole, ma questo è pure meglio, sono accaldato come non mai ma non mi posso spogliare. Giunto al Larice secolare però non ne posso più, mi spoglio e tac, ricomincia qualche goccia, ma ora me ne frego, tie! All'arrivo al rifugio Prarayer è confortante e avvilente allo stesso tempo: manca ancora il costeggio della diga, ma so bene che siccome si tratta di discesa, il tempo pare doppio a quello della salita, tieni botta! 

Due chiacchiere con Alessandro, e arriviamo al bar, dove Cristiane Mattia sorseggiano al sole una birretta mentre Giorgio è già a mettere a posto la roba all'auto: faccio anche io così poi mi svacco al sole ma..il sole va via e viene pure freddo per colpa del venti! Uffa! 

Ricompattare il gruppo richiede tempo e pazienza, alla fine arrivano tutti, nessuno zoppica o pare stremato, anche se stanchi quello sì. ma anche soddisfatti mi pare. Niente cima, nemmeno il tentativo, ma ambiente super, rifugio intimo, e montagna che ci ha mostrato uno dei suoi aspetti, uno di quelli che preferiresti non vedere, ma che esiste, e va preso in considerazione.

Qui altre foto del primo giorno.

Qui altre foto del secondo giorno.