domenica 28 agosto 2016

Finalmente al fresco: Torre Orientale Meisules dala Biesces, Via Giulia

Ieri sera andiamo a letto con due vie papabili per oggi, che devono farci tornare a casa a un orario decente, essere plaisir (nel senso di ricerca della via) e con discesa comoda. Dovevamo anche fare colazione al fornello, ma siamo troppo pigri e vaghiamo alla ricerca del primo bar che apre. 

Alla fine si opta per quell'ombra, e dopo aver verificato bene che Giorgio abbia il casco in testa, lasciamo l'auto a bordo strada per salire in breve verso l'attacco della via Giulia alla Torre Orientale Meisules dala Biesces. Fa quasi freschino, meno male! 

Parte sempre Giorgio, la caballa è questa, solo che oggi funziona che i tiri belli se li fa lui. Si parte in placca con qualche tratto non male, ma quando serve la buona mano c'è sempre. Un po infreddolita sui primi tiri, ma c'è. 

Poi invece a me tocca arrangiarmi a cercare di arrampicare in mezzo all'erba, ma non lamentiamoci che la via oggi l'abbiamo scelta per finire presto, rientrare a orario decente e beccare poco traffico: almeno questo ci riusciamo! 

Il terzo tiro va già meglio, anche se la bellezza vera dura poco (ohi, mica si vuole offendere la via eh! ben venga che esistano anche queste vie!), poi Giorgio pensa di proteggersi così e arrivare in sosta. 

Altro tiro dove divincolarsi alla ricerca della roccia e della roccia migliore, ormai siamo caldi ma sentiamo già moschettonare da basso, mentre dalla strada arrivano solo rombi di auto e moto. Questo rende la via meno d'ambiente, ma non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca. 

Il quinto tiro è abbastanza caratteristico, con uno spigolone da superare a cavalcioni in traverso, e poi scendere e risalire su un altro, insomma ci vuole dell'intuito nel salire per di qui! Comoda sosta poi per il mio amico, a sedere. 

E sul sesto tiro qualcosa della relazione di Bernardi non torna, mi sa che è saltato via un chiodo. Infatti finisco a fare sosta su una clessidra unica (almeno è bella), temendo che ormai da qui il mio amico uscirà diretto, mentre mi ero tenuto l'ultimo tiro per me, a sgusciare in mezzo agli strapiombi.. 

Giorgio infatti riparte e sale, sale, lo vedo che oramai gli mancano pochi metri, ma si ferma. Forse perchè la corda tira, forse per lasciarmi uscire a me, chissà. Solo che la sosta è piuttosto psyco: uno dei due punti è una clessidra formata da un sassolino incastrato.. 

Il nostro ultimo tiro consiste in un traversino esposto verso sinistra e poi l'uscita fuori: in tutto 10m di arrampicata, e poi facile passeggiata alla ricerca di un punto di sosta: la radice del pino a dx, così sto all'ombra. 

Alle 11e45 siamo entrambi fuori. Con calma si mangia, ci si cambia, la calma che si addice a un qualcosa che non si vuole abbandonare, anche se si sa che si deve. 

La discesa è di nuovo all'ombra, discesa dolomitica su ghiaie in traverso dove non bisogna scivolare, passando vicino alla cascata del Murfreit. Sulla parete sotot cui passiamo si vede gente che si tiene davvero, altro che noi. Mi viene male solo a guardare, scappo via. 

Pausa cibo "da Michele", e poi si scende accaldati verso valle, si torna alla vita quotidiana: più o meno per me..

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sabato 27 agosto 2016

La testa fra le nuvole: Grande Cir, via Rabanser

Beh oggi ce lo siamo tenuto come il giorno cruciale della supermini vacanza, e infatti abbiamo scelto una bella via lunghetta. Dovevamo sceglierla ieri sera, ma Giorgio s'addormentava sfogliando la guida, così stamani con cappuccino e pasta davanti agli occhi, sfogli sfoglia, prima individuiamo la zona, e poi la via: Federica al Pisciadu. 

Alle 8 a Passo Gardena osserviamo il tappeto di nuvole che copre la Val Badia, ma appena pronti ci lanciamo sul 666 (già salito pochi giorni fa tra l'altro), ben contenti di percorrere un sentiero all'ombra e una via a nord, non come ieri che ci siamo un po' cotti (meno di quello che temevo però). 

Cerchiamo di esser svelti per arrivare prima di tutti: altre cordate sono impegnate sulle vie precedenti. Nello zaino ho messo il costume, perchè porca miseria se riusciamo a finire la via, stavolta lo faccio il bagno nel Lago Pisciadu! Superiamo la Val Setus, si scende, finalmente vediamo la nostra parete, una cordata sta già salendo, una ci segue. 

Arriviamo alla base della via dopo 1h di avvicinamento, Giorgio apre lo zaino e..ha lasciato il casco in macchina. Attrezzo fondamentale per poter salire. Torna indietro a prenderlo e lo aspetto qua? No verrebbe troppo tardi. Pace, bye bye Federica, andiamo all'auto e cerchiamo altro. Dopo il tentativo fallito al Cervino, anche questa.. Dai pace, non me la prendo certo io! Oggi a te, domani a me. 

Giorgio prende il largo e arriva all'auto prima di me (beh io ho dovuto far una sosta). Spostar la macchina non troveremmo da parcheggiare, vie con discese complicate non abbiamo tempo, alla fine si adocchia qualcosa nella zona del Grande Cir (già salito): e niente, saremo al sole tutto il giorno.


Risaliamo la parte opposta del Passo Gardena, alle 11e20 siamo all'attacco della Via Rabanser, dentro un fresco canale che diventerà freddo mentre aspetto che il mio amico finisca il primo tiro. Tanti escursionisti sotto di noi, ma nessuno che arrampica (c'è qualcuno più in alto ma lo vedremo dopo e solo da lontano). 

Parte Giorgio, un tiro di mezzo trasferimento che aggira due enormi massi incastrati. E la ricerca della sosta che non è proprio banale: chiodi cementati si, ma che si mimetizzano perfettamente con la roccia! 

Eh eh, oggi c'ho guardato ai tiri, il secondo me lo sono tenuto per me e mi sono già prenotato quello duro in alto. Infatti il secondo tiro è bello verticale, ammanigliato quando serve e placcoso quando serve, ci si divincola a cercare il facile ed evitare le pance. Poi anche io mi scontro con la ricerca della sosta, meno male un ometto me la segnala! 

Giorgio riparte per il terzo tiro, mentre quelli lassu compiono il traverso strano e pittoresco che poi toccherà a me.

Nel quarto tiro mi perdo un po', alla ricerca di una sosta alla fine di un canale ma che doveva esser preceduta da un chiodo: mi sa che il chiodo non l'ho visto e la sosta l'ho saltata di conseguenza, meno male che uno spuntone poco pronunciato ma ciccione mi accoglie. 

Giorgio riparte, a naso intuiamo dove dovrebbe girare la via, e il naso funziona quando il mio amico cercando il chiodo cementato quasi ce lo sbatte contro. 

Ed eccoci al traversone superesposto del sesto tiro, dove tocca pure scendere quatto quatto su placchette e manine scarse, con protezioni lontane e aria sotto i piedi. Spettacolare! Ma sono solo pochi metri, e l'adrenalina si calma subito. Ora tocca a te caro. 

Giorgio su L7 maledice la qualità della roccia, ma è l'unico tratto un pochino friabile. Ora ci sarebbe l'ultimo tiro che deposita sulla spalla, oppure un trasferimento che porta a tre tiri sul versante nord, più duri di questi: andiamo a provare! 60 me su ghiaia scoscesa, ed eccomi alla base. 

Eccoci, a noi due! "Giorgio faccio io i prossimi due e poi te l'ultimo? Così siamo pari". Una partenza un po' travagliata alla ricerca del passaggio migliore, fino ad arrivare a quel muretto di IV+ che è davvero ostico! Due, tre tentativi, prima di trovare quella tasca lassu dopo un movimento di sbilanciamento. Se questo è il IV+, chissà dopo.. 

Aspetto in sosta trepidante il mio amico, sopra di me è già chiaro dove il passaggio duro, quel V+ che onestamente mi chiedo se sarò in grado di affrontarlo in quest'annata in cui mi sento più scarso del solito. Anche Giorgio fatica a superare il muretto e lo sento perplesso sul proseguo: ma ormai siamo qui, al fresco del versante nord, con la croce poco sopra di noi. 

Vado, e già la partenza non è banale, inizio a esser dubbioso, ma ho bisogno di iniezioni di autostima in questo periodo. Arrivo al comodo terrazzo strapiombante da dove occorre uscire col passaggio duro: mi guardo intorno, piedi li, mano la, piede li, dai ci provo. Qualche sbuffo ma al primo colpo ne esco in modo pulito e quasi elegante. Arrivo in breve in sosta che un urletto di gioia ci starebbe: ma è un V+, queste cose le fanno chi chiude del VII+. 

Anche Giorgio comunque supera meglio questo passaggio che quello sotto, e in breve mi scappa via verso l'ultimo tiro, stagliato contro il sole che sta per ricominciare ad abbrustolirmi il coppetto. Lo raggiungo che ha fatto sosta sulla croce: quando si dice "uscire in vetta"! 

Poco dopo le 16 siamo in vetta, gli uccellacci son già lì che elemosinano cibo, noi che glielo mangiamo davanti. Mentre davanti a noi tutto il panorama di questa vetta sfoggia le sue virtù. 

Si scende rapidi sulla saponatissima normale, tratti attrezzati levigati come le più antiche falesie del veronese. Sosta a Baita Jimmy, dove la fame e la sete e la voglia di placarle con una bella vista, ci spinge a ordinare due birre medie, un piatto di affettati, uno di formaggi, per un conto di 40euro. Io credo che in questo posto non ci metteremo più piede. 

Ben presto all'auto alla ricerca di un posto dove darci una lavata, che troviamo. Cenetta da campeggiatori abusivi, poi birretta al bar mentre decidiamo cosa fare domani (si cammina con una sporta piena di kg di guide). Trovato, possiamo andare a letto, e questo è il panorama dal nostro tetto: five billion star car hotel.

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venerdì 26 agosto 2016

Quando la storia serve: Sass de Mezdi, via Dibona

Quest'estate è stata davvero inusuale rispetto alle scorse, e solo ora mi ritrovo nella possibilità di passare qualche giorno (3..) in Dolomiti ad arrampicare. Con Giorgio, che ha ottenuto un permesso speciale per "aiutare" un amico. 

Sulle Odle entrambi abbiamo sempre voluto arrampicare. Io ci sono passato qualche giorno fa vicino, ma anche anni fa. Lui ci passa spesso essendo amante della zona insieme a Chiara. Bisogna portarci anche le scarpette! Anche se solo in auto decidiamo davvero la zona della meta, e solo al bar scegliamo la via. Spigolo Dibona al Sass de Mesdi. 10 tiri, difficoltà contenute, dai come riscaldamento va bene! E invece.. 

Al parcheggio alto ci prepariamo e partiamo in mezzo alle nebbie, alchè opto per i pantaloni lunghi: passeremo tutto il giorno a cuocerci al sole. Qui ci ho già arrampicato nemmeno un fa, ma quella volta l'avvicinamento era molto più breve: oggi saranno ben 2h30 tra parcheggio e mani sulla roccia! 

Salutiamo il Rifugio Juac, un'occhiata alle spalle che il Sassolungo è risorto dalle nebbie, le Torri alla nostra destra, e le Odle che si specchiano nel lago: che bella cartolina! Ad avere una macchina fotografica bussa..verrebbe meglio. 

Usciti dalle nebbie e dal bosco, siamo al sole, e ben presto al Rifugio Firenze. Si prosegue allegramente per un avvicinamento che non credevo così lungo, ma tanto oggi il meteo regge, quindi sfruttiamo la giornata. La strana Piera Longia, e davanti a noi i paretoni sud delle Odle: più ci si avvicina, più sale l'acquolina. 

Risaliamo ognuno per la sua strada il ghiaione, trovando qualche traccia solo più tardi, e incredibilmente ci pare non ci sia nessuno ad arrampicare. Solo giunti a pochi metri dall'attacco odiamo delle voci, ma sono più avanti a fare una sorta di monotiro: in parete saremo soli tutto il giorno, su questa classica. 

Parte Giorgio, col dubbio di non essere nel posto giusto finchè non trova uno dei 12 chiodi presenti sulla via (secondo alcune relazioni). Cercare la via è la cosa che fa perdere più tempo di tutte, e oggi ce ne accorgeremo bene. 

Infatti anche io sul prossimo tiro titubo parecchio, anche se mi pare logico andare li, non è così certo: quando poi traversi.. Un cordino in alto mi ricorda della gita letta al bar (si sono calati per non aver trovato la via), e per fortuna l'ho letta, così ignoro questo e il cordone lassu nello strapiombo! 

Riparte Giorgio per L3, abbiamo già trovato nei primi due tiri ben un terzo dei chiodi totali! E infatti tituba parecchio il mio amico, e rispetto alla relazione di bernardi "si perde". Un cordone su un grosso spuntone indica comunque che qui qualcuno sosta ce la fa: mi sa che nei primi tiri, ognuno arrampica la "propria" via Dibona. 

Ora a me l'arduo compito di "tornare in via", con un gran traverso esposto ma ben ammanigliato. Cerca di capire lo schizzo, cerca qualche indizio, sarà sa salire, sarà da continuare a traversare.. Mica facile la vita. Ma con un pizzico di fortuna arrivo a vedere la sosta, ottimo! 

Ora trovare la via non è più così complicato: il quinto tiro dopo esser saliti dritti, chiama una cengia da traversare fino alla sosta, e tutto fila liscio. Per fortuna, perchè vedo che le lancette dell'orologio scorrono..e oggi doveva essere una giornata tranquilla. 

Il sesto tiro è una sorta di trasferimento strano per andare a prendere da vicino la "bellezza" del prossimo, e mi mangio le mani ad aver fatto scegliere a Giorgio chi doveva partire per primo. Domani mi studio bene la relazione e decido io come dividerci i tiri, uffa!

Il settimo tiro infatti parte con un traverso esposto sul vuoto, foto da far impazzire tutte le fan di GioCobain, il quale però tituba sul quando occorre salire: quell'anfratto sembra più difficile di quello che la relazione chiama, e invece è proprio lui. L'ottima roccia della via permette una salita senza troppe..strizze. 

Un po' in mezzo all'erba, vado a cercarmi la roccia migliore per salire l'ottavo tiro, complicandomi forse un po' la vita, ma ora che ho iniziato a carburare..voglio impennare! 

Ultimo tiro per il mio amico, qui non si può sbagliare, il camino è evidente: basta che non scarichi nulla che io sono proprio sotto. E mentre sono qui, la mia ombra viene proiettata sulla roccia a fianco. In questo delicato momento della mia vita, mi appare ancora più evidente come debba "separarmi" in due in modo che uno dica all'altro cosa fare e come agire. 

E poi vabbeh, l'ultimo tiro è una mezza cioffeca, roccia rotta e varia per arrivare sulla cresta della cima, ma cerco comunque di fare qualche passo di arrampicata giusto perchè io mi gaso quando sono alla fine. Vorrei arrivare fino in cima, ma la corda tira ed è meglio fare sosta giusto a fianco del libro di via. 

Alle 17e15 siamo in cima, finita la via, in totale solitudine. Ammiriamo il panorama e meditiamo su quanto ci abbia impegnato la via, che non ce l'aspettavamo. Ma va bene, abbiamo tempo e voglia. 

Trovata la traccia di discesa, la normale è proprio la tipica normale dolomitica: fortuna ci sono gli ometti a indicare in quale anfratto infilarsi e in che direzione seguire la ghiaia! Ci si deposita sui prati finali, per poi ripiegare a destra e tornare alla base della parete. 

Trotterelliamo verso il Rifugio Firenze affamanti e assetati, un bel piatto caldo e una birra fresca non ce le toglie nessuno, mentre il sole lentamente scompare dietro i profili delle montagne, lasciandoci godere il tramonto su Sassolungo e Sella mentre rientriamo verso l'auto. 

Perchè serve la storia? Perchè Dibona usava pochissimi chiodi! Ora, senza arrivare all'esagerazione che "nella mia vita ne ho usati 15", però pochi pochi ci credo! Giorgio mi dirà di aver trovato più impegnativa questa via che lo Spigolo delle Bregostane..

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sabato 20 agosto 2016

Esplorazione a Rocca del Prete: Spigolo Nord e Indiana Giones

Finita l'Alta Via 2 delle Dolomiti con un giorno di anticipo, ho tutto il tempo per programmare il weekend per riprendere ad arrampicare. Peccato il meteo non aiuti: sopra il Po il meteo non è buono. Cogliamo così l'occasione per andare a esplorare una zona a noi lontana ma che ci ha sempre incuriosito: il regno di Lucio Calderone, la Rocca del Prete.
Con relativa calma, frutto anche dei tempi del percorso stradale, della colazione, dell'esser arrivati fino a Santo Stefano d'Aveto quando invece c'era da fermarsi prima (ma meglio così, ho soddisfatto un languorino), solo alle 9e30 ci incamminiamo nel bosco di faggeti, seguendo le indicazioni un po' a naso, finchè il paretone appare ai nostri occhi.
Di roccia ce ne è, ma mi pare anche di erba.. Al parcheggio due ragazzi ci hanno messo in guardia dal tipo di roccia, e noi per tutta risposta "non so se può essere peggio della Pietra di Bismantova". Cominciamo a risalire il Canale  Martincano, ma ben presto rileggendo capiamo che tocca tornare indietro un pochino per attaccare lo Spigolo Nord. Partiamo con questo, il classicone, anche per dosare il tipo di arrampicata.
Parto io, il tiro comincia abbastanza dritto, ma poi si abbassa fino a una comoda sosta.
Dalla sosta pare mica male il secondo tiro, ma Stefania sguscia verso destra su terreno più facile, anche se una bella spaccata obbliga a tenere i nervi saldi. L'arrampicata inizia a farsi più da vero spigolo.
L3 è la presa in giro per me, e la mi amica si diverte parecchio in questo sport: la presa in giro, non la presa di roccia. Insomma, questo è davvero camminabile, tantochè vorrei proseguire dopo la sosta ma..evito.
L4 è già un po' più aereo, ma comunque resta facile: insomma dai, questo grado ce l'abbiamo senza particolari problemi. Almeno il panorama si fa vasto essendo sempre più in alto e sullo spigolo.
Su L5 cerco più roccia possibile al fine di complicarmi la vista, con una parte iniziale in mezzo ai gendarmi.
Con L6 arriviamo quasi in cima, e in due ore siamo in cima, dove scorgo Emanuele, "figlio" di Lucio, che avevo giusto contattato ieri per avere qualche info, e col quale scambiamo due chiacchiere. Hanno salito Indiana Giones loro, andiamo anche noi finchè il meteo regge!
Alla ricerca del sentiero che poi ci fa scendere per il Canale Martincano, attrezzato con alcune catene e scivoloso. Tornati all'attacco, torniamo a ritroso fino a trovare dei segni gialli sugli alberi da seguire. Finchè con risalita scivoloso nell'erba, eccoci nella conca nella quale parte la nostra via.
L1 me lo tengo io, che dovrebbe essere quello col passaggio più duro della via. Ed è così, anche se così facendo la progressione, Stefania si becca i tiri più belli.. L'aggiramento del masso incastrato è tutto sommato un mix tra tecnica e forza, e io che di tecnica ne ho poca..vai di forza!
L2 gran tirone lungo dalle difficoltà blande ma costanti, che si infila in questo diedro camino strano per poi sbucare su un pianerottolo.
E ora dove si va? Alla faccia del traverso L3! Gradi facili ma tutto esposto e con pochissime protezioni, due delle quali le vedo solo una volta che le ho passate.. Ma anche questa è fatta.
Resta l'ultimo tiro alla mia amica, che mi urla "dopo ti voglio vedere mentre ti incastri!", mah, io filo liscio come l'olio.. 15e20 siamo di nuovo in vetta, scendiamo diretti verso la macchina evitando di ripassare sotto le pareti, tra chiacchiere sul passato e sul futuro. Intanto il futuro prossimo sarà rifocillarsi al Rifugio Lago Nero con Emanuele, poi doccia e Planet Funk innaffiati di birra doppio malto.

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