domenica 29 gennaio 2017

Appennino da godere: via Anni 70 all'Alpe di Succiso

Ci sono treni che se non li prendi al volo non passano più. Le condizioni in Appennino sono uno di questi treni: una catena montuosa dove l'influenza dei pazzi agenti atmosferici e dei forti venti, rende l'inverno parecchio capriccioso quando si parla di condizioni delle neve. Se ci metti che la settimana prossima danno meteo perturbato, se ci metti i francesismi dei messaggi di un collega, e il fatto che i report delle cascate su facebook parlano tutti di “docce”, e allora le stelle sono allineate per.
Con Simone partiamo alla volta delle mille curve che ci separano dal parcheggio: sono meno di 100km che diventano 2h15min grazie alla tortuosità delle strade. Ma alla fine ce la facciamo ad arrivare a Succiso Nuovo, e dopo aver girato in tondo per il paese, troviamo i cartelli di partenza del sentiero. Colazione al sacco, preparazione materiale che pare andiamo a fare una big wall, e dopo la giornata di ieri, sono di nuovo in Appennino.
Si parte al buio come compete a certe salite e ambienti: il non vedere ha anche il vantaggio che al ritorno sembrerà meno noioso scendere da qui. Non fa freddissimo, presto ci spogliamo salendo su una mulattiera debolmente innevata. Debolmente innevata ma fortemente ghiacciata, una trappola mortale che al ritorno annienteremo calzando i ramponi quasi fino all'auto, tie! E più s, fa freddo: la barba è ghiacciata.
Arriviamo nei pressi del Rifugio Rio Pascolo (memorie di un capodanno di tanti anni fa, nel quale venne scattata la foto che fa da sfondo a questo blog) che la frontale non serve più anche se l'alba non è ancora compiuta. Ed ecco che dal locale invernale escono quattro possibili concorrenti alla salita, tra cui inconfondibile Marco degli Alpinisti del Lambrusco.
Insieme ci incamminiamo dentro il vallone, parlotto con Marco, finchè più avanti mi fermo, il lambruscaro mi ferma, Simone mi raggiunge e “oh ma te quando vedi qualcuno davanti devi per forza mettere il turbo?!”. Proseguiamo senza ramponi su una neve al limite, pregustiamo che questa durezza del terreno possa farci godere anche sul verticale oggi.
Ci si addentra sempre più nel vallone, e pian pianino iniziamo a scorgere le pareti rocciose interessanti, solcate da strisce di neve dura: bianco e grigio scuro che si alternano come su un quadro di arte moderna.
Alla base della muraglia ci fermiamo per: mangiare, bere, vestirci, imbragarci, picozzarci, ramponarci.. Gli altri quattro devono solo legarsi, e attaccano la muraglia in una zona coi controc: una striscia bianca pare abbordabile, ma la nostra via è altrove, e saggiamente Simone mi dice “andiamo su quello che abbiamo battezzato”.
Ci si sposta ai piedi di un'altra muraglia, dove parte la via Anni Settanta. Ci si lega, una sosta su friends alla base, e mi preparo a partire. La striscia di neve pare davvero stretta, ma dai, vedrai che riesco a spaccare alla mia sinistra su quell'altra e salire agevolmente. Eh sì certo.
Parto arzillo, mi ritrovo compresso, poi esaltato. Spaccare con le gambe è da contorsionisti, anche con le picche si fa fatica, troppo aperto. Presto mi ritrovo a salire su una striscia larga una spanna, con una picca piantata sopra l'altra, e i piedi anche loro uno sopra l'altro. Un friends 20m sotto di me come unica protezione.
Ma le picche e i ramponi entrano che è una goduria: solo punte, quel che serve. Esco da questa fessura di 30m, mi volto verso Simone e gli faccio il pollice alto: tutto il giorno penserò a questi 30m superlativi. Traversino, poi qualche metro più verticale su neve misto erba e terra, da cercare dove piantare gli attrezzi ma fidarsi sol dei piedi!
Un sasso incastrato (o congelato?) sotto un pietrone mi premette una sosta che altrimenti..boh, non so dove avrei fatto. Recupero il mio amico che si gode la salita. Lo so, sembra un rapporto sessuale con tutta questa goduria, ma così è.
Simone parte, dopo un pendio innevato davanti a noi si erge una nuova piccola muraglia solcata da diedri innevati che ci chiamano come le sirene chiamava Ulisse. Ma la nostra corda segue la via originale, che sguscia a sinistra per poi rientrare a destra verso il fantomatico camino. Finita la corda, parte la conserva, mentre i lambruscari salgono per vie ben pi dure alla nostra sinistra.
Simone armeggia alla base del camino per far sosta, nei 130m di conserva ben due friends a proteggere la nostra progressione! Di più, non si poteva.. Lo raggiungo contemplando il prossimo tiro che pare ancora croccantello, rinforziamo la sosta, gli chiedo se voglia andare lui, poi parto per la serrata di chiappe!
Dalle foto sulla guida, di solito questo camino obliquo è pieno di neve: oggi no, l'uscita sarebbe su placca afferrando spuntoni marci. Meglio salire dritti su neve sputata e vomitata e pressata che però è un pochetto psyco. Una protezione sulle rocce a destra, poi via in libera per decine di metri di neve ottima ma esigua: niente falistre, ma si sente che le becche picchian la roccia..

Uscito dal piano inclinato a bubboni di neve, dolce (beh, dolcino) pendio misto erba costeggiando una fascia rocciosa che almeno permette una sosta che pare robusta. Ma che bello. Che goduria. La picca si pianta talmente bene che si fa fatica a estrarla!
Arriva anche Simone, che riprende un attimo fiato perchè il fatto che entrino solo le punte dei ramponi una bella “ginnastica” per i polpacci. L'amico sale su buona neve, si ferma sotto delle rocce provvidenziali per metter giù una protezione, e poi dritto verso l'uscita sulla cresta est della nostra cima.
Lo raggiungo festante, soddisfatto: la via di oggi non era proprio una passeggiata! Un bel sole ci scalda le membra che nella parete ombrosa soffrivano lo stare fermi.. Una stretta di mano di soddisfazione, e la contemplazione del nostro Appennino (mezzo nudo a dir la verità).
Riorganizzato lo zaino ci dirigiamo verso la cima dell'Alpe di Succiso, per una sosta ristoratrice e decidere per dove scendere: le possibilità sono diverse e tutte ben documentate sulla guida, che ovviamente mi sono portato nello zaino per intera!
Dai, scendiamo per la Cresta Nord, così chiudiamo l'anello in modo meno banale rispetto a scendere per la est e poi per il vallone. Vecchie tracce ci indicano che non deve essere impossibile, qualche roccetta, e solo verso la parte finale un pendio ripido con poca neve su placche rocciose, che scendiamo faccia a monte.
Poi daje de caviglia per arrivare fino al Rio Pascolo! Scendiamo sulla mulattiera infida di stamani, accaldati e assetati, e pure in orario. Non c'è che dire, oggi abbiamo preso un treno in perfetto orario, e goduto una neve rara.

Qui altre foto.
Qui report.
Qui la guida.

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