sabato 24 giugno 2017

Ortles cattivello che ci tendi un tranello: Hintergrat, tentativo

Domani concertone, ma oggi vorrei davvero rimettere piede sul terreno che più amo: l'alta quota. E così, memore di alcuni scambi di messaggi di tempo fa, tento la sparata "Lorenzo, che ne dici di tentare l'Hintergrat sabato? Però diretta, io non riesco ad avere due giorni e fermarmi in rifugio". Beh, non c'è stato mica bisogno di convincerlo.. 

Non sono certo tante le salite compiute con lui (Presanella, Suldengrat, alcune scialpinistiche), ma mi sono sempre trovato bene e mi è sempre parso un ragazzo con la testa sulle spalle: oggi me ne darà conferma tra l'altro. E poi io seguo l'istinto, e lui mi dice che questa cosa si può fare. Mica andiamo a fare un ABO, si tratta di una salita su sfasciumi, un pezzo di cresta e una discesa su facile ghiacciaio. Certo sono quasi 2000m.. 

Si parte venerdì pomeriggio, qualche ora presa dal lavoro per poter dormire qualche ora in più la notte prima della salita. No, per poter dormire qualche ora, visto che la sveglia suona all'1:40! Una pizza a Solda, la vista di una nord dell'Ortles rocciosa in mezzo (e pochi giorni fa l'hanno scalata..ma che caldo fa?!) e via a letto. A 2000m, finestrini aperti, in mutande fuori dal sacco a pelo..ma che caldo fa?! 

Al nostro risveglio il cielo è stellato: daje! Il meteo nei giorni scorsi era peggiorato come previsioni, mi aveva fatto titubare, e invece dai che forse ce la facciamo.. Colazione con un nuovo porcopandoro, e via che si va! Ma già non siamo soli: un solitario con cui scambieremo qualche chiacchiera in salita prima che ci semini, due che scelgono l'avvicinamento per la strada degli impianti, e altri tre che arriveranno dopo. Allora l'idea non è così folle dai.

Bastoncini, tic tac itc tac, aiutano la salita, rinforzano le spalle e fanno sentire meno il peso dello zaino. Si scorre prima a lato del torrente, poi ci si inizia a inerpicare maggiormente col frastuono di acqua che cade sotto un'incombente verticalità: al rientro capiremo di cosa si trattava. Mamma mia che sudata! Voglio rallentare un po', arrivare bagnato fradicio al rifugio non mi va molto.

Stanotte un boato ci ha svegliato entrambi. Ora mentre saliamo, altri rieccheggiano nella valle: sembra crolli tutto. Ok che sono montagne sfasciumose, ma sembra davvero che rotolino a valle dei bilici. Tutto ciò non è di gran buon auspicio. Beh, finchè tutto resta alle nostre spalle e non davanti o sopra di noi, è ancora sopportabile. 

Iniziamo a pensare che il rifugio lo vedremo solo una volta che ci sbatteremo il muso contro la porta. Il sentiero zigzaga parecchio, intervalle tratti semipiani a salite ben più ripide, gira parecchio e a buio, senza punti di riferimento oltre i 20m, si perde il senso dell'orientamento. Finchè ecco che a 150m appaiono le luci del Rifugio del Coston, e le frontali di chi è già partito! 

Pausettina, qualche foto, e pi si parte anche noi. Traccia evidente, poi però seguiamo il sentiero del ghiacciaio invece che salire in groppa alla cresta della morena: e sbagliamo, scendiamo, probabilmente finiamo coi piedi sopra il ghiacciaio di Solda coperto di detrito, finchè non torniamo indietro sulla strada corretta.

Dopo poco, la sfasciumosità del luogo raggiunge il suo apice. Dietro l'angolo tocca risalire un ghiaione talmente franoso che una traccia non dura più del passaggio di due persone. Ma come tempi stiamo andando bene, abbiamo del margine, siamo fiduciosi e ottimisti. 

In vista dei primi nevai, residui di un inverno povero, sollievo per la discesa futura. Le frontali davanti a noi che non sembrano molto veloci, mentre invece quelle dietro di noi ci stanno raggiungendo rapide: non è una corsa, ma se si riesce a evitare di avere gente sulla testa che ti scarica addosso pietre nei passaggi duri..sarebbe positivo. 

Lentamente il cielo rischiara. Qualche nuvoletta innocua sporca il cielo che si tinge d'azzurro: il Cevedale e il Gran Zebru dominano la nostra vista siccome l'Ortles è nascosto da bubboni rocciosi sopra di noi. 

La salita non è proprio obbligata, infatti ci sono almeno tre direzioni diverse prese dalla gente oggi, noi stiamo su quella più a sinistra, e in un canalino di facile misto le prime scariche di quell'incauto altoatesino sopra di noi. Non mi piace quello lì, sale a cazzo senza pensare a chi ha sotto di lui. Il suo amico invece sì. 

Direi meglio mettersi il casco mentre ammiriamo il sole che ci colpisce e le puntine delle montagne che si illuminano. Qualche folata di vento rinfresca una salita troppo accaldata. E si riparte su sfasciumi, preludio a qualche tratto un po' più interessante ma sempre delicatissimo se non voglio uccidere Lorenzo che mi sta sotto: sassi e ghiaina dappertutto, ma finalmente qualche passo da usare le mani. 

Sempre più passi da usare le mani, una paretina, poi crestone e un diedrino. Ancora slegati, quindi non sono concessi errori: ma non abbiamo nemmeno i guanti viste le temperature! Ok, solo bisogna poi tirare ciò che non balla.. Finalmente siamo sulla cresta, quella che ti permette di vedere lontano, quella che ti permette di vedere la cima, quella che ti permette di..ma porco cagnone, è coperta! 

Va beh, però intorno non sembra malaccio: solo mister Ortles ha il cappello, e solo negli ultimi 200m. Andiamo avanti. Pausa ristoratrice alla sella nevosa che precede le difficoltà rocciose della via. Tutti avanzano, continuano. Però intanto tutto peggiora, dalla valle dietro il Bivacco Città di Cantu il cielo diventa sempre più scuro, carico, si espande il brutto. 

Ripartiamo, ma ben presto la situazione si fa sempre peggiore e Lorenzo mi dice "Ohi, a me non piace la situazione", e come dargli torto.. Tutto sta peggiorando un po' troppo velocemente, anche il Gran Zebrù è coperto e pare che tutto stia scendendo pure di quota. Nonostante noi siamo al sole (sono poi le 7..è basso il sole ancora e in diagonale ci raggiunge). 

Ore 7e12, poco più di 3500m di quota, 1600m D+ abbondanti in 4h45, si abbandona e scappa via. 

Forse si poteva ancora proseguire un pochino, ma memore della disavventura di un caro amico pochi giorni fa..non voglio imitarlo! Che poi anche la discesa ci darà del filo da torcere tra disarrampicata e sfasciumi. Ci darà anche molto da fare vedere che intorno alle 8e30/9 il cielo si rischiara nettamente. Argh.. Ma comunque nella giornata erano previsti temporali, non sfiderei la sorte. 

Gente però continua a salire, mi pare tardi, ma vabbeh. Sfruttando tutte le lingue di neve che troviamo, cerchiamo di dare sollievo alle ginocchia e gambe, ammiriamo il panorama e piangiamo una nord del Gran Zebru morente. 

Alle 10 di nuovo al Rifugio del Coston, soli soletti, accaldati e con qualche rimpianto: ma la montagna sta li, non la porta via nessuno, ci torneremo, sopratutto ora che abbiamo constatato che in giornata si può fare tranquillamente. 

Ancor più delle altre volte, la discesa è costellata di descrizioni di sogni, descrizioni di prossimi mete, scarpe, scarponi, fighe, pardon..cime. Un passaggio sul ponte sospeso, allora era l'acqua che gli scorre sotto a fare tutto quel casino stamattina presto! 

Eccoci all'auto, fa caldo, perfetto. Sistemiamo un po' le cose, e via a immergere i piedi nell'acqua ghiacciata del torrente, dove immergo fino alla coscia per poi uscirne in preda a quei simil crampi di freddo: un dolore preludio di un sollievo inenarrabile. Il Mars di vetta non ce lo meritiamo, ma una birra alla Forst..certamente! E pure in compagni di un vecchio amico siciliano trapiantato a Merano.

Qui altre foto.
Qui e qui report.

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