domenica 2 luglio 2017

Il Bianco nel grigio: Aiguille du Tour Sud (A1 2017)

Io ci provo. D'altronde se nessuno tenta ogni tanto di rompere un pochettino gli schemi, tutto resterà fermo e fossilizzato nel passato: tutto evolve invece. Quest'anno che ho un grado in più, le mie idee possono avere un  peso leggermente maggiore, e quindi..proviamo. Che poi, chissà che prova: difficoltà e dislivelli contenuti, meta solo 15min più distante che il Gran Paradiso e costi simili al Monte Rosa. La Marmolada è stata una meta ipertranquilla ed economica e vicini. Ora.. daje! 

Ultima uscita del Corso A1 2017 del CAI di Carpi: destinazione Le Tour (Chamonix), Refuge Albert 1er e tentativo di salita al..incognita. 

Il bus ha la comodità di poterci dormire tutti, nessuno che deve guidare, ma la scomodità che obbliga a partire quasi 2h prima che se si andasse in macchina. Alle 3 lasciamo una pianura rinfrescata dai temporali di ieri, con la speranza che le previsioni meteo incerte ci regalino invece qualche bella sorpresa. Ronfata epica fino a uno degli autogrill più tristi della storia ma con una delle fami più cospicue di sempre. 

Poi eccoci al traforo del Monte Bianco, ma io me la dormo ancora, troppo stanco dalla settimana. Si sbuca di la con un meteo decisamente differente, dal quasi sole alla quasi pioggia. E il mio compagno di banco Roberto già mi ricorda la Verte: il quarto compleanno è vicino. E dopo poco più di 6h, eccoci al parcheggio degli impianti di Le Tour, carichi come delle molle, eccitati per l'ambiente in cui stiamo per immergerci. 

Con le gambe che piangono tristezza, mi tocca piegarmi al buon senso e prendere gli impianti. Quell'invitante sentiero che sale a mo di vertical non può esser mio, oggi. Due tronconi ci depositano a circa 2000m, e la Haute Savoie, per farci sentire maggiormente a casa, decide di regalarci un paesaggio tipicamente padano. Padano autunnale: la nebbia. 

E vabbeh, se questo è il prezzo da pagare per poter avere il sole domani, va bene! Tutti in marcia sul sentiero ben marcato, più in falso piano che in salita, con qualche tratto esposto ma attrezzato: ma tanto non si vede molto.. Però che bello, dopo un po' fiocca neve! Con Enrico che mi dice "oh ma neanche questo inverno ho preso nevicate così, me le devi far prendere tu a luglio!". 

Neve, pioggerella, un pelo di vento, tanta umidità nell'aria e nebbia: il paesaggio non è certo incoraggiante, ma la marcia è continua e lineare verso la speranza. Bianco per terra, bagnato, poi ecco che spunta la seraccata bassa del Glacier du Tour (la cui lingua vedevamo già da basso). Sorrisoni e voglie di artigli artificiali per poterla scalfire.. 

Ultimo tratto di risalita della morena, sempre a vista della seraccata, ma sopra ci sono le nuvole che non permettono di vedere la maestosità delle cime che contornano l'ambiente. Qualche gradino metallico, ed eccoci all'accogliente Refuge Albert 1er: accogliente e..che tope le cameriere! Val la pena di tornarci! Ci sistemiamo nelle stanza, si mangiucchia qualcosa, ci si ricompatta e ce la si racconta tra panini e risate e birre calde. 

Ma non siamo mica qui a pettinare le bambole! Tutti fuori per le esercitazioni di soccorso in valanga: sotto il rifugio, verso destra (faccia a monte) tre discreti nevai possono servirci come campi ARTVA. Enrico sale in cattedra e spiega l'attrezzo, come usarlo, poi viene il momento di provarlo, mentre di nuovo ricomincia a nevicare e il freddo inizia a farsi sentire. 

Si prova la differenza di sondaggio tra pietra e zaino, si spiega lo scavo, e poi dai, si può rientrare al caldo a far baracca e prendere piccozate in fronte. Io invece me ne vado alla ricerca dell'attacco di domani: un po' il ruolo, un po' l'aver proposto una gita che seppur di grado F è comunque sconosciuta a tutti (ma iper tracciata, una piccola A14 nella neve), meglio che mi metto avanti e vado in esplorazione. 

Seguo gli ometti sulla parte alta, giungo alle piazzole tenda, solo domani capirò di esser rimasto troppo basso, ed ecco il Signal Reilly davanti a me: ma già dalla sua base partono le nuvole che non permettono di vedere nulla. Mi siedo su un sasso, a pensare. La vastità, il silenzio, la serenità di un ambiente che dorme irrequieto. Qui il tempo è un concetto relativo. Meglio non relativizzarne lo scorre, alzarsi e tornare dentro, se no chiamano i soccorsi. Scendo e rientro a lato del ghiacciaio: porco cane, mica tanto lato, ci sono sopra! 

Tra chi dorme e non piglia pesci, non possiamo fare breafing prima di cena, solo qualche chiacchiera e considerazione sul domani . Il bello dei nostri corsi, è innegabile, è la convivialità che si crea velocemente tra istruttori e allievi: non c'è un fossato a separare le due categorie (beh, nei momenti didattici e nelle salite non può mancare un minimo di distacco), ma forse perchè siamo scarsi, non siamo supereroi, possiamo e riusciamo tranquillamente a mischiarci e passare dei momenti come gruppi di persone alla pari. Io poi che ho una forte autoironia ed è molto difficile che me la prenda per qualcosa, è un attimo che oltre all'immancabile Stefania, altri si allargano a prendermi in giro. 

Cenone della madonna con zuppa salvadenti (4 piatti), cous cous con verdure (per gli onnivori anche la carne), e torta. Ziobo maledetta ingordigia, ho un otre al posto della pancia! Ma perchè devo sempre mangiare come se non ci fosse un domani? Tartaruga capovolta, amica mia. E fuori fiocca alternata a pioggia. 

Breafing tra istruttori post cena. La traccia più marcata è quella dell'Aiguille du Tour, il grado e il dislivello (F e 800m) sono pienamente alla portata di un corso A1, è la cima più blasonata della zona: dai andiamo tutti la! Deciso tra noi, passiamo a trovarci coi nostri compagni di cordata per vedere loro cosa avevano elaborato (compiti a casa) e discutiamo il da farsi. Minchia che pancia piena! 

Tutti a letto, la sveglia suonerà presto (anche se non troppo presto su). In stanza faccio notare alla locomotiva Enrico, il fatto che "Beh Enrico, però a SA1 mica ti capita di essere in una stanza con più donne che uomini" ma la sua risposta mi gela "non so se sia un bene però!". "Vale, spegni la luce dai che dormiamo" la spegne e Steve con molta naturalezza (essendo ancora le 21 e quindi con luce fuori) "ah beh ora sì che cambia" e via a ridere! 

Suona la sveglia, ma non è la mia! Qualcuna l'ha messa prima di me: che orgoglio questi ragazzi! C'ho una smania addosso dopo aver visto che siamo sopra un tappeto di nuvole e che qualche stella si vede..ma presto le nuvole si alzeranno e non si vedrà più nulla. Vestizione, creme, faccia, colazione (senza esagerare, se faccio l'ingordo poi chi si muove?). Alfredo e Alessandro confermano non farcela e restano in rifugio. I ragazzi efficienti come sempre non si fanno aspettare (non a lungo almeno).

Si parte, davanti a noi delle frontali sono già sopra il Signal Reilly. Prendiamo l'avvicinamento che ho fatto ieri, a seguire gli ometti sulla pietraia che sale sopra il rifugio. La frontale quasi non serve già più. Morali alti e speranze profonde che alla fine il sole trionfi. Vincerà la nebbia mista neve e pioggia. 

Fa caldo. Porca vacca. Rocce bagnate. Un po' per voler "far strada", un po' perchè c'ho smania anche io, fame di alta quota e voglia di divertirmi, sto davanti e spesso devo fermarmi perchè il mio passo è troppo frenetico. Valentina mi sta dietro, ma meglio ricompattarsi un po' tutti. Poi ecco che come ieri, arrivato alle ultime piazzole tenda, si scende su fanghilia, si salta il torrente e si mette piede sulla neve. Si risale un po' di morena, e ora tanto vale ramponarsi e imbragarsi. 

Che palle inizia a piovigginare. E metti la giacca. Però tolgo la maglia se no muoio di caldo. E il coprizaino. Non li toglierò più all'arrivo in rifugio. Il gruppone avanza ora legato 3 a 3 per un totale di 8 cordate: l'assedio. Chi è già partito, coi miei proseguo un pochetto sulla morena per stare distante dagli altri, e anche per superarli: nessuna competizione, in montagna per me non esiste, solo vorrei esser io in quanto ad aver proposto la gita, a prendermi la responsabilità di eventuali errori di percorso. 

Si risale il lato sinistro del Signal Reilly, questa prua di roccia che emerge dal Glacier du Tour: coi cambiamenti climatici e il ritiro dei ghiacciai, diventerà sempre più prominente questa prua. Sembrava più corto questo tratto, poi si taglia a destra per salire in groppa alla prua ed accedere davvero al Glacier du Tour, bello sconfinato. Oggi poi che si vede per metà. E fiocca. 

Vabbeh, la traccia è buona, impossibile perdersi, il tracciato coincide con la relazione, proseguiamo. Dietro di me tutti belli in fila indiana come si addice a una progressione su ghiacciaio. Noto le prime rocce incrostate di neve, un qualcosa che mi richiama l'inverno appena passato, el soddisfazioni che mi ha dato. E oggi non sarà diversa. 

Traversone con un paio di risalite fino a giungere a una piccola discesa alla base di un contrafforte roccioso. L a traccia si divide: ho già idea che a sinistra risalga verso il Col Superior du Tour, mentre dritto prosegue verso il Col du Tour. Sulla cartina la traccia scialpinistica chiama quest'ultimo, ma le tre relazioni che ho fanno salire per il primo. Così pure chi si è svegliato prima di noi. 

Valentina e David, vamos! E la pendenza si accentua. Meno male tutto è pestato e gradinato, ma un "Pellegrini ci hai fregato!" da basso lo sento arrivare.. Anche questa scarsa visibilità, l'ambiente è mozzafiato. Dentro un canalone contornato da creste e guglie aguzze: ma che ne sa il Monte Rosa?! Qualche pausa per far riprendere fiato ai ragazzi, e poi ecco gli ultimi metri di roccia. Roccia incrostata di neve: tanto love. 

Ma che bello ma che bello! Un po' di varietà e di mani da usare non solo per tenere la picca, ma siamo comunque su difficoltà ben accettabili, anche se non proprio da grado F come dicono le relazioni. Qualche spuntone da assicurazione veloce, e con un passo strano sguscio fuori dall'ultima lama per passare in territorio elvetico: ben più nuvoloso del francese e pure più ventoso! 

Viste arrivare altre cordate, proseguiamo grazie a chi ci ha preceduto. La base del Purtsheller è un buon punto di riferimento per farci capire che non stiamo andando a farfalle. Un dosso da risalire, la traccia che arriva dalla Cabanne du Trient, ed ecco apparire davanti a noi la crepaccia terminale e la parete rocciosa da risalire per la vetta. 

Noi gli zaini non li abbandoniamo (anche perchè in cima voglio mangiare e bere), andiamo incontro alla bocca famelica del ghiacciaio che oggi resterà a digiuno, e alla base della roccia togliamo i nodi a palla e accorciamo la conserva, inizialmente pure troppo. 

Per fortuna chi è salito prima di noi sta già scendendo. Traversone in salita verso destra su roccia con mani e piedi che non si muove nulla, impressionante. Veramente sfizioso, ma veramente non può essere solo un F.. Ambiente suggestivo con le rocce sporche di neve, pandori con lo zucchero a velo:si vede che ho fame. 

Arriviamo alla breche che separa la nord e la sud (beh, non proprio, sarebbe più in basso) e di là..però che esposizione. Si risale in arrampicata facile, che però coi ramponi ha un po' più di pepe, così come con le moffole umide. Venticello, freddo, neve, bagnato: le condizioni meteo stanno alzando l'asticella delle difficoltà. 

Ancora qualche passo, e alle 8e40 eccoci in vetta all'Aiguille du Tour S! Solo che speravo fosse più spaziosa. Valentina però non si sente più le mani per il freddo: prova gli scaldotti, poi le do i miei asciutti, che dopo Alessia in Marmolada salvano anche lei. Intanto arriva su gente, e inizio a capire che non possiamo stare qui a lungo, non c'è posto. 

Arrivati Fiorella e Federico coi loro allievi, scendiamo. Scendiamo è un parolone. Più traffico che in A14 la domenica sera di luglio: buchon! Fortuna vuole che nonostante il casino, gli intrecci, la gente che passa non curandosi che tu stavi educatamente aspettando di avere il posto per passare in sicurezza senza minare quella altrui, tutto resta ancora piuttosto cauto. 

Ma siamo fortunati noi, perchè poi gli altri istruttori mi riferiranno che a momenti si veniva alle mani! Scendiamo incrociando Fabio Roberto. Urlo alla gente che se non ci fa scendere loro non potranno salire, mamma mia quanta gente. Che fosse frequentata lo si sapeva, ma nessuna relazione parlava di scarse possibilità di incrocio salita-discesa: qui certi metri sono obbligati a entrambi. 

Arriviamo alla breche dopo un'eternità. Ma non è ancora finita, c'è il traversone. E altra gente che sale e che scende e che sorpassa mentre io pazientemente volevo far passare chi saliva: cortesie percepite da chi saliva almeno. Penso che ci abbiamo messo quasi 1h a scendere un tratto che abbiamo salito in 30min. 

Ora sono più tranquillo, superato il tratto duro e dove il traffico era davvero un problema. Con calma facciamo le nostre cose e così ne approfitto per vedere tutti gli altri arrivare qui, e potermi così mettere la mente serena che tutti stanno bene. Claudio ed Enrico non sono saliti, avevano già visto troppo traffico e maleducazione alla base della parete.. 

Arriva Stefania con una frase che mi ricorderò per sempre "adesso ti abbraccio, poi ti dò due schiaffi": per fortuna si ferma alla prima metà. Poi arriva Linda..lei non sta bene. Scivolata, anche per colpa della ressa, lei che un po' ne sa dice essersi storta la caviglia (invece ha il perone fratturato!): ma ziocca l'ultima uscita! E sono già li che penso a come fare una barella, se chiamare l'elicottero, ma lei, stoica, dice di farcela. Solo deve andare con calma. 

Eh David e Valentina , a esser in cordata con il direttore tocca far questo: esser i primi a salire, ma gli ultimi a scendere. E oggi aspettare anche la cordata in difficoltà: che poi, parliamoci chiaro, gentilezza e mutuo soccorso, si aiuta perchè se fossimo al suo posto vorremmo essere aiutati. 

Sempre nella nebbia, scendiamo, lentamente, verso il Col Superior du Tour, di nuovo. Non ci fossero stati inghippi ne visibilità scarsa, si poteva proseguire e scendere per il Col du Tour, ma meglio di no ora. Che poi a scenderlo lo ritrovo molto più facile di prima. 

Il tempo si dilata. La nebbia che rende tutto più ristretto ma sapendo che invece tutto è ampio. Il caldo e la fame. Il dover progredire molto più lentamente del proprio passo. Non me ne voglia la povera infortunata, ma è durissima stare dietro al suo passo. Inizio ad avere un sonno e una stanchezza che mi ricordano la prima traversata dell'Appennino, quando per un colpo di sonno che sentivo arrivare, mi accasciai sul crinale a dormire, come un animale selvatico. 

Giunti quasi sopra il Signal Reilly, con la scusa di mangiare e bere qualcosa, chiedo a miei di fermarsi. In realtà mi devo ribeccare, e sono confortato nel sapere che anche loro due stavano vivendo lo stesso stato fisico e mentale. Onori invece a Linda che continua nella sua discesa, che roccia di ragazza! Mangiato e bevuto qualcosa, lasciato prendere un po' di largo a Federico, Fabio e Linda, ripartiamo a passo nostro. 

Discesone più prolungato verso est, per risalire le rocce più in alto di dove siamo scesi stamane. Ritroviamo i nostri tre compagni di viaggio, ci togliamo ramponi e corda e la libertà dei movimenti torna tra noi. Loro partono prima, di buon passo pure, la ragazza senza rampone si muove meglio si vede. Poi andiamo noi, e ben presto arriviamo al rifugio, dove ci sono tutti, alcuni già scesi, manca però Linda e suoi!

Come abbiam fatto a non trovarli? Strade così diverse abbiam percorso? Fantasioso quel costone roccioso con mille ometti. Eccoli finalmente. David si accorge di aver perso un rampone e torna indietro. Ma porca miseria. Inizio a fare i conti con la funivia: ultima discesa alle 16e30. Tutti scendono, io resto a fare due chiacchiere con la Vale. David ove sei?! 

Aspetta, conta, ammazza il tempo. 14e30, basta vado a cercarlo, ci manca solo sia caduto in un canalone: bella fine corso! Salito un po' lo vedo, senza rampone, "dai che dobbiamo andare!". Ci si incammina anche noi, scendendo sfruttando tutte le lingue di neve che si può: operazione salva ginocchia!

Messo piede sul sentiero che inizia a traversare verso destra, cavolo Linda è ancora lì.. Inizio a temere la funivia. La raggiungiamo e stiamo con lei e Federico (che le porta lo zaino) fino alla fine. Testa bassa, mi concentro solo sul suo piede, pronto a reagire nel caso dovessi vedere che perde l'equilibrio: potrei contare le cuciture della scarpa, che ipnosi. 

Linda. Ziobo che forza d'animo questa ragazza. Che positività. Non si lamenta, non dice di voler i soccorsi, ride, sorride, qualche ahia quando si appoggia male. Davvero una forza d'animo e una solarità invidiabile. Se affronta così la vita..tanto di cappello.

Paura di arrivare tardi. mando avanti David e Valentina "dai ragazzi andate a sentire il tipo dell'impianto che ci aspetti. Però filmatevi mentre col vostro italiano e inglese cercate di farvi capire da un francese!". Quanto è lontano l'impianto? Tanto fino alla fine non o vediamo, grazie alla nebbia. Poi sentiamo delle voci "chiude alle 16e45, avete 15 minuti!" arriveremo a pelo per 4. 

Bon è fatta, sospiro di sollievo. Sento che è quasi finita: questo weekend nella mia testa è filato molto più liscio che la Marmolada, nonostante tutto. Ma ora, che da me non dipende quasi più nulla, che le mie responsabilità stanno per finire, mi sento leggero. Spensierato. La seggiovia si tuffa nella nebbia, fredda, ventosa. Rinfresca la mente. Contento di tutto, sopratutto dei corsisti: ecco, sotto questo aspetto che sia quasi finita, dispiace.

Aiutando sempre Linda, una spalla a sorreggerla, zompettiamo verso il bus dove quasi tutti sono dentro che ci aspettano. Peccato, speravo fare un bel discorso di fine gita, ma rimanderò al dopo cena, ormai ce ne sono che stanno già dormendo in bus. E anche io, una volta cambiato e sistemato, non vedo l'ora di chiudere gli occhi e lasciarmi andare in shavasana! Ma profonda!

Che livido la Linda.. Tutti diventano dottori, ma bonari e spesso perchè "il mio ci assomigliava quando..". Passato il tunnel del Bianco, in Val d'Aosta splende il sole: in alto no, ma a valle si, e si odono le ole di "ma guarda te" "ma accidenti!". Sosta in autogrill per prendere del ghiaccio, e si riparte svelti.

La cena che tutti vorrebbero, in autogrill, ma almeno c'è del self service. Io e la Ste adocchiamo la pizza, la vogliamo tutta, facciamo lo scontrino, arriviamo davanti alla vetrina. Anche Alfredo e Alessandro hanno adocchiato la nostra preda, come leoni vogliamo difendere il cibo "no, quella l'abbiamo già presa noi", per fortuna loro devono ancora fare lo scontrino, così non litighiamo.

Finisco per ultimo di mangiare, pausa pipì, il gelato dell'ingordo, arrivo al bus per ultimo: già pronto e carico per fare il mio discorso ma..il cinematografo che è dentro Alfredo è già esploso e il film di montagna è già partito. Addio discorso. Perchè mica posso farlo quando finisce che la gente starà dormendo, ne a Carpi che tutti avran voglia di andare a casa. Pace.

Un'altra dormitina, mi aspettano due giorni in cui gestire tutta la fine corso per poi poter andare qualche giorno in vacanza in montagna. Ora c'è da gestire anche l'infortunio di Linda: non male come primo corso da direttore, già un'infortunata! Ma lei sorride, e io sorrido di conseguenza.

Qui altre foto.
Qui report.

Nessun commento:

Posta un commento