lunedì 9 aprile 2012

(Pan) Car(r)è Alto, ma ci fa tostati lui!


Pieni di speranza ci troviamo a partire io e Marco per una due giorni: meta da decidere entro Verona Nord tra una rosa di tre. Dire “pieni di speranza” sembra che partiamo alla carlona, invece le previsioni meteo le abbiamo ben scrutate e spulciate: certo che partire e trovarsi qui nella bassa con tutto nuvoloso e temporali sparsi, entrare in A22 e vedere un nero verso Mantova..fa strano! Ma appena arriviamo in zona Lago di Garda, verso nord il cielo è limpido: Carè Alto!
Per Marco è la seconda volta qui, l'anno scorso era già venuto ma a quota 3000m circa era tornato indietro con un suo amico. Bene, almeno lui conosce il posto: peccato che a ogni mia domanda la risposta sarà sempre la stessa “ma non lo so, non me lo ricordo”. Al parcheggio (1260m) esordisce con “tac, parcheggiata dov'era l'altra volta” e io gli dico subito di cambiare posto: ma questa bozza di scaramanzia non servirà a nulla.
Via si parte, son le 17e50, arriveremo al rifugio a buio, ma va bene, ciò ci permetterà di goderci un tramonto sul Brenta e una salita selvaggia. Stranamente siamo soli (sono ironico), nessuno sale, e non si vedono molte tracce nella neve oltre i 2000m. Già, perché verso i 1800 incontriamo la coltre bianca, bella dura, che poi invece da 2000 in poi diventerà insidiosa, da necessitare le ciaspole.
Man mano che si sale l'ambiente si spande, non vediamo “solo” Brenta e la Val Borzago, ma iniziamo a scoprire il granito dell'Adamello. Quella cresta di torrioni rocciosi (prolungamento della cresta est al di sotto del Rifugio Care Alto Ongari) che si staglia verso il cielo mi ricorda les Dames Anglaises (ok, forse è un po' esagerato).
Scorgiamo il rifugio, e in un barlume di memoria Marco si espone con un “ecco, da quando vedremo il rifugio mancano ancora 45 minuti”: solo le cose sconfortanti deve ricordarsi sto qua.. E sarà così, arriverò al rifugio alle 20e30, ormai col buio ma non ancora con tutte le stelle a risplendere Va detto che il pallino delle stelle dell'Adamello ce l'ho dopo la bella cascata di Nicola. Marco giunge un po' più tardi, è rimasto impantato nella neve.
Con fatiche degne di Ercole, issiamo i nostri zaini su per la stretta scala che conduce alla porta di accesso. Siamo solo noi, ceniamo sorseggiando la birretta (di cui riporteremo a valle le bottiglie vuote, come è normale che sia), usciamo un secondo ad ammirare le stelle, ma rientriamo presto perché c'è davvero freddo.. Fissiamo la sveglia per le 5.
Driin, si parte, ma si sta bene in questo calduccio,e titubiamo qualche minuto. Poi colazione con una pesantissima torta (Marco mi vuole uccidere) e via ad affrontare la parte più pericolosa della giornata: la discesa e traverso dal rifugio verso la base della Vedretta di Niscli: per fortuna c'è già un po di luce!
Ci si gode un'alba sul Brenta mozzafiato, col sole che sorge esattamente dalla Bocca di Tuckett (o almeno credo..). Man mano che saliamo vedremo sempre più cime, gli orizzonti spazieranno sempre di più, ma la limpidezza della giornata ha come prezzo un allegro venticello che ci spazzerà neve in faccia per bei tratti di salita, aumentando col wind chill una temperatura che sarebbe già freddina di suo..
Iniziando a salire sulla morena nord della vedretta di Niscli iniziamo a incontrare neve sempre peggiore: e sprofonda qui, e cammina col piede che va giù sempre 20cm, e piantati qui (“aiuto, chiamate un carroattrezzi!), e fatti un pezzettino su neve ghiacciata. E il Care è li che ci guarda, e intanto la sua cima fuma.
Va detto che alla partenza ieri non ero fiducioso sulla riuscita. Stamattina alla partenza ancora meno, poi quando vedevo la cima non così lontana avevo preso molta fiducia, sentivo la conquista già mia, ma appena rimetteremo piede sul ghiacciaio, tutto cambierà..
Insistiamo senza ciaspole: come ieri sera, quando Marco affonda, affondo anche io, quando marco galleggia non è detto che io galleggi. Pazienza, sono di buon umore. Cerco tutte le pendenze più accentuate, la neve dura, un po di granito, finchè arriviamo ormai allo sconfinamento sul ghiacciaio, e ci leghiamo. Son passate due ore abbondanti dalla partenza.
Partiamo, il Carè è li, manca poco. Davvero poco. Ma fatto sta che non si avvicina mai, è sempre la lontano. Marco ha le ciaspole, io no, temerario, o stupido, le metto più tardi quando ormai non ne posso più andare giù ogni passo 40cm. È come fare il triplo del dislivello reale. Ma anche con le ciaspole la vita non è rosa e fiori, si affonda nella neve spostata dal vento. Il paesaggio bianco è sublime, ma questa coltre maledetta ci rallenta un casino.
A circa 3000m marco mi dice che l'altra volta si è fermato qui, che questa è la quota dello sconforto (eh, insomma), ma che l'altra volta era comunque meglio, ed era estate, perciò fino al ghiacciaio quasi senza pestare neve. Lo prendo come un complimento ciò che mi ha detto ieri “arrivati li siamo tornati indietro per la neve, ma con te non ci saremmo certo fermati!”.
Mentre appaiono Presanella, Crozzon di Lares, Adamello, ripenso all'intervista barbarica di Simone Moro in cui diceva che sugli 8000 lui conta:” conto 15 passi, poi mi fermo a prendere fiato. Se vedo sotto 15, vuol dire che sono lento e torno giù”. Sono a 3200 metri, e io conto a tratti fino a 30, altri 25. Che fatica disumana. Mi sa che non ce la faremo. Toh, il Baldo che galleggia tra le nuvole, spettacolo insolito, sopra di noi è limpido.
E alle 11 diciamo basta. Siamo a 3280m, manca poco, ma ci stiamo mettendo troppo tempo, e siamo dubbiosi sulla pala ghiacciata: cornici e notevoli accumuli sopra ogni canale di salita.. Il bollettino dava rischio 2, una mail scritta pochi giorni fa a Nicola non vorrei prendesse significato troppo presto.
Un po' di foto, un video venuto di merda, un altro un po' meglio, foto di delusione, e ammirazione del paesaggio. Il Carè Alto che si snobba, il Brenta che sfacciato si fa ammirare, la Presanella col suo lato sud, le Alpi austriache, tutte le cime Dolomitiche, tutte queste al sole e sotto un cielo blu, mentre invece le prealpi venete e trentine, i monti del Garda, tutti che galleggiano sopra nubi basse e con sopra di loro estese lee clouds. Che spettacolare rovesciamento di regole.
Forza via giù, in un lunare paesaggio bianco, deluso ma contento per aver visitato un posto nuovo (chiamiamolo un sopralluogo), per aver visto montagne conosciute da altre prospettive, per aver visto montagne sconosciute. Marco forse più deluso di me, per lui è la seconda volta, e lo sento che dice “non c'è due senza..” “no no taci, la prossima volta cresta est, di agosto, quando c'è talmente caldo e la neve si è tutta sciolta, quando ci saranno le zebre al rifugio!”
Al rifugio arriviamo pieni di fame, e ci sfoghiamo. Poi giù: oh quanto è lunga la discesa! Cerchiamo di tagliare il più possibile sulla neve, poi ci sono gli infiniti gradini fino al ponte Zucal: che voglia avrei di buttarmi a mollo! Finalmente alle 15e45 siamo alla macchina, e cosa vedo.. Tutto! Dal parcheggio si vede sia il rifugio che la cima! Oh la peppa, da sconfortarsi subito appena parcheggi..
Alla prossima Carè Alto, ride bene chi si tosta per ultimo! La fatica è già solo un vecchio ricordo, riguardando le foto e sistemando il post per il blog, ho solo una gran voglia di tornare lassu (magari altra meta, ma stessa o maggior quota)!

Qui video realizzato al momento del dietrofront, panoramica.
Qui altre foto.
Qui relazione sul forum.

3 commenti:

  1. Ma porca vacca! S'èt andà a fàr?!? Sta roba va fatta con sci e pelli in codesta stagione! Altro che ciaspolare annaspando!
    Bel giro lo stesso, ottimo itinerario!

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  2. Eh bravi ai due inarrestabili caterpillar delle nevi. Quando la rifarete in estate vi sembrerà troppo poco faticosa a meno che non mi metto nello zaino di uno di voi 2.
    E' una montagna bella e non difficile ma che respinge molti.
    La prossima ci si riprova insieme, se poi vincerà sempre lei poco importa.

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  3. ilnick, spero presto imparare a sciare! Sono tanti i giri che abbiamo fatto in cui non c'era nessuno senza sci a parte noi..

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