Scesi dal Rosa (qui, qui e qui) dopo dieci 4mila siamo
insaziabili. Finché siamo in Valle d'Aosta, perché non salire il
Gran Paradiso? Dai c'andom! Dopo la giornata di ieri passata a fare
rafting nella Dora Baltea, Marco non è stato bene, ma oggi sta
meglio, perciò confermiamo i nostri piani.
Arriviamo a Pont che fa davvero caldo.
Non a caso tutti saliremo coi vestiti del giorno dopo nello zaino: io
sfoggerò l'imbrago sopra i pantaloncini da maratona..nello zaino lui
non ci sta! La salita è un via vai di alpinisti che salgono, che
scendono, di gente che va solo su a prendere un po' di sole (per il
nostro sbigottimento, ma vai al mare a prendere il sole!). Sale anche
un asinello, che scopriremo il giorno dopo trasportava gli zaini di
“famigerati” alpinisti, e non viveri per il rifugio come ci
pareva logico..
Ma da metà salita Marco non sta bene,
sale lento e stanco. Al rifugio non cenerà e il giorno dopo saliremo
solo io e Riccardo, peccato davvero.. Arriviamo al rifugio Vittorio
Emanuele io e Riccardo, e dopo un'abbeverata alla fontana fuori dallo
stesso, via ad immergere i piedi nell'acqua del laghetto..fredda! Ma
io vado giu fino al ginocchio, per il sollievo delle articolazioni,
ma con un male ai piedi per la temperatura..
E ammiriamo Ciarforon e becca di
Monciar, le loro nord. O quello che ne resta.. Ma si possono ancora
salire d'inverno? Ghiacciaio non ce ne è quasi più, si sentono
continue scariche di sassi, siam messi male. Qui il riscaldamento
globale ha dato dimostrazione di se. Anche la via normale al gran
Paradiso è cambiata, l'ho letto in un report su on-ice, devo sentire in rifugio.
La gente che popola il rifugio mi fa
già presagire l'ignoranza alpinistica che regna, ma non mi fa
immaginare cosa vedrò il giorno dopo su ghiacciaio. Ceniamo,
prepariamo gli zaini alleggerendoli il più possibile (c'è pur
sempre da passare da 2700 a 4061) e andiamo a letto, dopo aver
chiesto al gestore di lasciarci la colazione sul tavolo. La sveglia
suona, ma io volto gallone: cazzo, mi risveglio dopo un po, e finisce
che partiamo più tardi del voluto, ma comunque per primi, così come
arriveremo in cima per primi.
Lasciamo la vecchia traccia della via
normale e ci avventuriamo sulla morena di sfasciumi che separa
l'ormai morto Ghiacciaio del Gran Paradiso (ne constateremo il
decesso in discesa) e il Ghiacciaio del Laveciau. Un districarsi tra
massi fino a giungere su falso piano, ancora più complicato da
interpretare. Scendiamo sul ghiacciaio che ormai albeggia, altra alba
spettacolare, tutta sul massiccio del Bianco.
Alla faccia del F+, si attraversa una
zona crepacciata e seraccata da brividi! E per fortuna è mezzo buio
e non ci rendiamo conto di dove siamo..ma lo capiremo bene in
discesa. Riccardo è in forma, io inizio ad accusare un lieve
malessere (e nei giorni dopo andrà peggio, ma non mi negherò
nulla!). Ma saliamo imperterriti, da soli, noi e il Gran Paradiso.
Che bello.
Sbuchiamo sulla schiena dell'asino e
chi vediamo? Lei, la sfuggita Barres des Ecrins. E ancora crepacci, urca! Non ci aspettavamo
un simil percorso ad ostacoli. Ma proseguiamo, non solo vogliamo
arrivare in cima per primi, ma scendere da quel tratto roccioso senza
incrociare nessuno, se no è il caos, e Marco ci aspetta giù,
vorremo spicciarci.
I pinnacoli rocciosi che si innalzano
ai nostri lati sono simpatici, varrebbe la pena salirci sopra per una
bella foto, non fosse per i buchi che si vedono.. L'altimetro segna
3900, ma Riccardo insiste, “guarda che quella è la cima”, e ha
ragione, che sollievo! Gironzoliamo per capire dove si salga e dove
si prosegua, e con una sicura a spalla e i rinvii negli spit
giungiamo sotto la madonna. Panorama a 360 gradi, limpido limpido. Si
distingue il Dente del Gigante, il Cervino, tutto.
Vediamo già cordate che avanzano sulla
neve, dai che scendiamo, e riusciamo a finirà la parte rocciosa
prima di trafficati incontri. Poi è il festival. Gente che sale in
cordate da cinque, nessuno (ma davvero nessuno) coi nodi a palla,
gente coi bastoncini senza picca (anche capocordata) e ciliegina
sulla torta, gente slegata e alcuni solitari. Ora, io non sono un
maestro di niente, ma non mi pare il modo da salire un ghiacciaio,
sopratutto considerando come è sotto! E tutta questa marmaglia
continuerà fino all'attacco del ghiacciaio! Al colle dove si esce
sulla schiena dell'asino, cinque perone banchettano tranquille oltre
un'evidente crepa nella neve: al di là c'è semplicemente un
seracco, e loro sono oltre la linea di spaccatura. Una cordata inizia
la salita su ghiacciaio alle 10. Non ho parole.
Ma noi ci godiamo il nostro undicesimo
4mila di questa settimana. Riccardo non vede l'ora di lasciare questo
martoriato ghiacciaio, e ci credo, ma qualche foto a questi mostri va
fatta: è il fascino dell'orrore. La discesa su roccia invece ci
parrà infinita, scomoda, calda e polverosa. Ma questa è la vita
dell'alpinista ormai: vuoi la gita su ghiacciaio? E beccati questo
avvicinamento su sfasciume!
E come ogni discesa che si rispetti,
sogniamo birra e torta. Ci vediamo già Marco giù al parcheggio con
birre fresche, piatto di pasta fumante ad accoglierci. Se non fosse
per la birra, però sarà così! Grazie Marco!
Qui altre foto.
Qui report coi tempi.
Nessun commento:
Posta un commento