domenica 16 dicembre 2012

Correndo sui carboni ardenti: Monte Stivo

Parapiglia dell’ultimo minuto, e finiamo per scegliere questa cima come meta della giornata. Sveglia con calma per ritrovo alle 6, oggi non c’è troppa voglia di svegliarsi di presto. Gli obiettivi iniziali erano altri, ma una serie di considerazioni, valutazioni, impicci, ce li fanno cambiare: va bene così.
Però l’A22 non è incoraggiante: nella Val d’Adige c’è un tetto di nubi..perbacco, non saliremo mica come l’altra volta! L’altra volta: periodo invernale (quindi neve), salita con visibilità a 15m, un freddo cane, vento, calzare i ramponi in bilico su un pendio ghiacciato e con le dita congelate, la barba completamente bianca di neve e ghiaccio (mannaggia, la foto non riuscì quella volta, tutta sfocata!). Vade retro!
Invece salendo verso Ronzo-Chienis ci rendiamo conto che quelle nubi sono basse, e che ne siamo già ben al di sopra, meno male! Qui c’è il sole e il cielo limpido..goduria. Vuoi vedere che magari oggi ci godiamo la cima? Senza vento, senza freddo, ci restiamo un’ora in cima a guardare il panorama! Poi su c’è anche il cerchio di mattoni sacrificale con tutte le indicazioni delle vette, al massimo ci ripariamo li. E invece, maledetto vento, soffierà proprio nel verso di entrare per la fessura che usa come entrata!
Partiamo allontanandoci dalla macchina, dolci dolci perché siamo su una lastra di ghiaccio.. Poi appena possibile ci buttiamo nella neve, schifiamo la strada, e la copertura dolce e raccordante della neve sulle asperità del terreno e sulle discontinuità delle cose, è magica. Appare anche San Riccardo. La cima dello Stivo è già quasi li che ci osserva, e quella cresta vediamo già delle figure umano. Peccato, speravo fossimo i primi a salire e aprire le danze.
Usciamo dal bosco, la cresta è li davanti a noi, sì sì, meglio salire di qui. E in effetti è la scelta che han fatto tutti a vedere le tracce. Nel seguito della giornata invece, altri saliranno per il pendio, con gli sciatori che gli sciano sopra..mah. Il sole è alto, e scalda bene i pantaloni neri. C’è freddino, ma tra il sudare e l’irraggiamento..ci si mette in maglietta e basta.
La traccia è buona, appena esci si sprofonda nella neve fresca, che passa dai 10-15 in basso, ai 50-60 in alto. Ma ogni tanto una ravanatina per fare gli scemi ci stà. Due scialpinisti davanti a noi si alternano nelle cadute, e facendolo notare a Riccardo, esplode a ridere: vendetta! L’ombra data dal sole ci disegna delle gambe lunghissime sulla neve. I cristalli di neve luccicano.
La salita è assistita dal Care Alto che laggiu ci chiama. Che bella montagna, è solo un 3400 ma con un dislivello davvero importante, una forma piramidale, due creste interessanti da salire, e non dimentichiamo..nelle giornate terse sempre visibile dalla pianura di casa.
Alla vista della Val d’Adige notiamo che il tappeto di nubi è sempre lì, alla faccia vostra! Noi invece siamo al sole, beh anche al vento adesso, su una bella cresta che fa da spartiacque tra i dolci pendii erbosi lato ovest, e la verticalità di roccia friabile lato est: una montagna dalla doppia faccia anche questa. E guarda quelle tracce di camoscio, ma per dove diavolo è passato?! Ha sfidato la parete! Ma lui è un 4x4, lui può.
E guarda che cornici verso la Val d’Adige.. No no, puntiamo dritto alla cima, per il rifugio passiamo poi dopo! E così l’ultimo tratto viene salito con buona pendenza e traccia un po’ incerta, un altro pezzo di cresta, e tra la verticalità che sta a destra, le cornici che si tuffano in essa, il tappeto di nubi in basso e il sole in cielo, sembra di essere a chissà quale quota!
Finché non raggiungiamo la croce. Uno sguardo verso la parete sud per far tornare l’acquolina da canali e goulotte. Siam da soli, ma ci fa compagnia il vento. Capirai.. Ci vestiamo, ma qua non si sta. Ci accucciamo dietro al muretto del segnacime (speravamo metterci dentro, ma l’apertura per entrare è esattamente allineata al vento!) per mangiucchiare qualcosa.
Azzo, son poco più delle 10, siam saliti troppo svelti, e adesso che famo?! Ok, il giro per negozi ad arco alla ricerca (finalmente) delle scarpette da arrampicata era già in programma, ma così arriviam giù che dobbiamo aspettare delle ore prima che aprano i negozi..
Osserviamo il panorama a 360°. Beh, rispetto a Cima Undici, la parte interessante è inferiore ai 360°, visto che a sud c’è molta pianura e collina e poca montagna. Ma il Gruppo dell’Adamello Brenta ha il suo fascino. Video di vetta, e poi giù, la cima si è affollata. Ma Riccardo parte a scendere troppo presto, e nonostante provi a richiamarlo urlando, ormai la foto di vetta è sfumata e oggi non ci sarà.
Infatti al Rifugio Marchetti, che sta pochi metri sotto la cima, gli dico “ehi ciccio, adesso torniamo su per fare la foto di vetta!” “ma facciam senza!” che è quello che pensavo anche io, ora che siamo meno esposti al vento.
La discesa sarà compiuta quasi correndo nelle parti più ripide, come sui carboni ardenti come l’abbiamo ribattezzata. Non si può fare altrimenti, ci prende lo sblisgo! Scendiamo sempre per la cresta, e già qui qualche lastrone da vento si stacca. Poca roba, ma si vede la neve fredda sotto che non si è coesa per nulla. Qualche nube alta in cielo oscura lievemente il sole, fortuna che aravamo su presto quando queste nubi non c’erano.
In discesa incontriamo per un pelo anche l’allegra combriccola di Gianluca, Mazzi, Mirella, Luana, due chiacchiere con le due donzelle (gli ommini son già avanti) e continuiamo a scendere, trovando un sacco di gente che invece sale. Arriviamo alla macchina che non è nemmeno mezzogiorno. Possiam fare tutto con calma, prima che i negozi di Arco aprano abbiamo molto tempo!

Qui altre foto.
Qui report.

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