domenica 27 gennaio 2013

Chi marcialonga e chi marcialto: Cima di Litegosa

La giornata di ieri combinata al conto con Morfeo mi ha distrutto: sabato sera nessuna forza per cercare e brigare per un giro domani. Anche se le mie idee le avevo già esposte, quindi un minimo di ricerca già fatta. La sveglia suona alle 3, devo ancora finire lo zaino, ma alle 4 io, Riccardo e marco decidiamo che la meta sarà il Lagorai.
Ma se il buongiorno si vede dal mattino.. Giriamo in lungo e in largo alla ricerca di un bar aperto, che sembra come cercare un’oasi nel deserto in Val di Fiemme: son le 7 ormai e non si trova nulla. Poi finalmente un buco che fa anche da tabaccaio: latte macchiato e Kinder Fiesta.. E con tutti i bus che si vedono in giro, i norvegesi che sfoggiano le loro divise a bandiera, capiamo che oggi c’è anche la Marcialonga.. Non torneremo più a casa!
Bando alle ciance, si parte. Fa freschino, ma la giornata sarà di sole. Sì, ma la nostra valle è tutta a nord! Ci aspettano 1600m di dislivello, avremo modo di scaldarci. Ormai gli itinerari d’inverno li cerco nei siti di scialpinismo.. La neve parte fin dalla macchina, e dopo poche centinaia di metri è già ora delle ciaspole. Sarebbe anche ora dei bastoncini, ma uno dei miei non si blocca, e camminare con uno solo mi scoordina troppo: mi toccherà far senza oggi, e si sentirà!
Rispetto alla Cima delle Stellune c’è ben più neve, ed è bellissimo, un bosco invernale. Riccardo realizza uno suoi più grandi sogni: siamo su una forestale nel bosco, passiamo sotto molti rami carichi di neve, e quando marco è sotto uno di questi, ecco che Riccardo sferra un lancio del bastoncino teso a squassare la neve sul ramo e valangare marco! Che ridere.. ma rido ancora di più quando, parlando dei progetti futuri (non abbiamo ancora finito questa giornata e pensiamo già alla prossima), espone l’idea del Cevedale in invernale in giornata. Alche marco si mette a ridere come per dire “ma cosa diavolo stai dicendo?!” e Riccardo lo guarda malissimo. Dai che faremo anche quella!
Siamo solo noi in questa pace, ormai gli elicotteri della marcialonga non si sentono più. Si sente bene il freddo pungente appena ti fermi però! Infatti la neve è tutta super trasformata in granio giganti e leggeri, come patatine appoggiate su uno strato di zucchero.  La salita è lunga, ma ce la mangiamo bene. Quando dall’altro della cima vedremo dove sta il paese da cui siamo partiti.. Arriviamo allo spiazzo di Malga Toazzo e ci pare che ancora la nostra cima non si veda: ma quanto è distante?!
Adesso la forestale finisce, e la pendenza aumenta. Incrociamo la prima persona della giornata, già in discesa, e poi torniamo soli nel bianco. Alla Malga di Litegosa una breve pausa ristoratrice, molto breve che fa frio! E poi tra poco sbucheremo sul pendio innevato finale: semplicemente magnifico. Molto subdolo anche, visto che sembra che dietro ogni cunetta finisca, e invece no. Molto fotogenico anche, ci regala delle foto perfette da sfondo del desktop!
Vediamo una cima alla nostra sinistra, sarà quella. Ma man mano che saliamo ci rendiamo conto che non può esser quella, troppo ripida la salita, oppure cresta rocciosa non proprio escursionistica.. Infatti la nostra cima sarà a destra, e pure più alta di questa! Continuiamo a esser soli, e anche un po’ stanchi ora che siamo 200m sotto la cima. Riccardo mi guarda compassionevole, io che non ho i bastoncini, e lui che invece dice che ha quasi male alle braccia da gran che si spinge anche con quelle.
Pendio finale, un po’ pericoloso, la neve accumulata qui fa paura, ma cerchiamo di seguire il più possibile le rocce. E giungiamo in cima. Spettacolare il panorama in questa giornata serena. Presanella, tredici cime, Gran Zebru, Ortles, Palla Bianca, Latemar, Sella, Marmolada, Pale, Cima d’Asta. A forza di vederle così spesso, mi pare quasi siano mie amiche.
Il vento è anche clemente, e possiamo goderci la cima mangiando e bevendo. Ora arrivano degli sci alpinisti anche. Meglio scendere prima di loro! Scialpinisti che stavolta mi meravigliano. Nei primi metri di discesa, uno di loro invece che prenderci in giro “adesso vi godete la discesa con le ciaspole, ah ah ah”, ci dice “però, bella sgambata senza sci!”.
La discesa in questa neve fresca è goduriosa, si scivola che sembra quasi di non alzare il piede (perché è sotto un 20cm..). Ci fermiamo circa a metà del pendio, per mangiare un po’ di gnocco, e mentre sono chinato sullo zaino per tirare fuori la borraccia, giro la testa verso valle e vedo apparrire all’orizzonte sulla traccia, un lupo. Oh che è?! Visto così fa davvero impressione, è in realtà un pastore cecoslovacco, ma senza padrone (a vista nostra), nel bianco, dove ci sembra di essere in un posto selvaggio, fa la sua porca figura! Poi ci viene incontro e ringhia, ma sembra quasi un ringhio che dice “brutti stronzi, perché state li impalati invece che giocare con me?!” eh ciccio, perché Nicola insegna!
La padrona ci raggiunge, e sono commosso il lunedì dopo quando leggo la descrizione che ci fa qui. Scendiamo come delle saette, sulla massima pendenza, tagliando quando si può. Finirà che in 2h15 saremo già alla macchina! A Malga Toazzo ci raggiunge lo sci alpinista che ci aveva fatto i complimenti, ma adesso è un po’ più tetro “visto il pendio finale della cima? Era pericoloso. Ma ce l’avete l’ARTVA? Almeno che vi ritrovino, anche se morti” e Marco “ma guarda che può succedere anche a te”, tiè!
Arriviamo alla macchina che alcuni stanno ancora finendo la Marcialonga, ah, poppanti, adesso il prossimo anno ci mettiamo a fare sci di fondo e poi la vinciamo quella gara! Poi alla volta del ritorno a casa, troviamo un supermercato aperto, e possiamo prenderci la nostra scofanata di canederli da portare a casa, e tanta birra..

Qui altre foto.
Quirelazione.

sabato 26 gennaio 2013

L'illusione nelle nubi: Corno alle Scale

E dopo una settimana di lavoro, aspettarsi un bel sabato di sole, anche se freddo, in montagna, in mezzo a tanta neve fatta settimane scorse: che bello! Ok, sarà una giornata dedicata all’insegnamento trattandosi della prima uscita del corso AG1 del CAI di Carpi, ma va bene. Quando poi Nicola in macchina illustra le sue intenzioni, mi stupisco della quantità di moto che si potrà fare! Evvai!
Ma in macchina mi addormento, come al solito, e avendo dormito poco stanotte, ben normale che dormo di gusto. Mi svegliano sparlando di me quando siamo ormai a pochi km dall’arrivo, e al risveglio mi attende una brutta sorpresa: mi han messo il dentifricio sulla barba? No. Mi hanno fatto un tatuaggio di nascosto? No. È tutto nuvolo. Dove cazzo è il sole?!
Al parcheggio ci si veste, imbraca, si saluta Paolino che è li per testare il ginocchio. Poi si parte. La giornata inizia male, freddo, nuvolo, vento. Poi stupore nel constatare che dall’ultima nevicata nessuno è salito verso il piano sotto i canali del Corno alle Scale: mm, brutto presagio, oltre che una sudata assicurata per tracciare tutto! 20-30cm di fresca ci sono, e si sentono. Solo io ho le ciaspole, come al solito, ma sono troppo solidale per usarle.
Il passaggio sui ponticelli è quasi da brivido, già che io con questi passaggi ho un certo trauma arretrato. Al pianoro non si vede nulla, visibilità che oscilla tra i 50-60m in orizzontale e i 5-10 in verticale. Ci si lega e ci si arma di picca e ramponi per un ripasso dei passi base e la salita di un canale. Già, ma quale canale? Non sappiamo nemmeno se sia il secondo o il primo, ma andiamo su. Vedo Gianluca affogare nel mezzo del canale, perciò dico a Federico che ce ne stiamo un po’ defilati sulla sinistra. Tanto siam davanti noi, scegliamo noi.
Per fortuna la neve è anche meglio di quello che temevo. Oddio, si ravana eh, però c’è anche qualche bel tratto duro duro. Mi giro a guardare le formichine che salgono, che affollamento. Diciassette persone, sette cordate. Ma in men che non si dica siamo fuori: ma come, già finito?! Tira vento, nubi, freddo. Grazie Appennino. Paolino passa, mi fa una foto che è almeno da una birra pagata.
Pian piano tutti escono, e saliamo verso l’uscita del quarto canale, dove un palo piantato consente una sicura supplementare a soste fatte su fungo di neve o fittoni. Un bel po’ di teoria, e un sacco di freddo. Fortuna che sono mezzo malato, non può che farmi bene tutto ciò. Penso a domani, il bel giro che ho in mente, sarò ancora vivo?!
Dopo ore e ore qualche sprazzo di sereno, ma che dura poco. Finalmente, verso le 13e30, il sole esce, le nubi si abbassano, alleluia. Salgo verso la croce per scaldarmi: la croce è un pugno in un occhio, gigante, di ferro, fredda e nuda. Ma con la neve e il ghiaccio che la ricoprono di bianco massiccio, diventa quasi bella. Gianluca mi segue, Mirko ci raggiunge. Tre asini in cima, per fare i fighi ci spalmiamo la faccia sulla neve per fare l’effetto barba himalayana.
Poi venne il tempo dell’esercitazione ARTVA. Mentre finiscono le spiegazioni delle calate, si provano delle risalite su pendio ripido con sicura dall’alto, io Mirko e Roberto creiamo valanghe, sotterriamo, e scivoliamo sulla pala a mo di slittino. Iniziata l’esercitazione, nascondiamo l’ARTVA sempre più su, finché all’ultimo gruppo non tocca trovarlo sulla croce: che burloni.
Intanto, un sacco di sole. Prima freddo, vento e umido, adesso secco e sole. Le mie labbra e la mia faccia ringraziano, stasera sarò morto di stanchezza. Ma non prima di una birra e una polenta al rifugio del parcheggio.

Qui altre foto.
Qui le foto di Nicola.

sabato 12 gennaio 2013

Mettiamoci sempre un po’ di pepe nei nostri trekking: Cima Stellune


Grandi progetti arrovellano le nostre menti malate, ma oggi fly down. Down insomma, in realtà. Siamo un po’ nella stagione bastarda, le cose più tecniche non sono in condizioni ottimali, e quelle buone sono affollate, perciò niente di meglio che sfruttare una giornata di sole per un bel trekking di allenamento fisico. Con pur sempre un po’ di pepe alla fine.. Cima Stellune da Ponte Stue, catena del Lagorai, accesso da Molina di Fiemme.
Dovevamo essere io, Riccardo e Mirko, ma quando la mia sveglia stava per suonare, un sms di Ricky mi avvisava che lui era appena rientrato, e avendo mangiato come un bue non stava bene di stomaco. Pazienza, prossimo giro, noi due si va! Si va si va, ma dove si va?! In fretta e furia butto in una borsa materiale, guide, cartine, vestiti aggiuntivi, che magari Mirko vuole fare qualcos’altro invece che un trekking esplorativo. E invece si conferma una cima del Lagorai.
Ma la giornata inizia male con la commessa del forno dove ci fermiamo a prendere pasta e gnocco che ci dice “state attenti”: toccatina di palle uscendo dalla porta.. Parte maluccio anche il giro, siamo sconfortati dall’assenza di neve che c’è ovunque, incredibile. E vedere tutti gli alberi senza neve addosso a loro fa sembrare di essere in tarda primavera piuttosto che in pieno inverno. Che tristezza.
Partiamo, ci aspetta una lunga noiosa forestale fino alla malga più alta. Lunga, noiosa, e ghiacciata! Porca vacca, ma che è ‘sta roba?! Facciamo fatica a stare in piedi, e lo sblisgone è sempre dietro l’angolo: salita da brividi.. Passiamo sopra vere e proprie lastre di ghiaccio, finché non compare un po’ di neve, ma anche lei è pressata e schiacciata da precedenti passaggi. Oggi però non si vede nessuno, e non vedremo nessuno fino al ritorno in auto: semplicemente solitudinalmente favoloso.
Piano piano il bosco si apre, iniziamo a vedere qualche cima, e scrutiamo laggiù la nostra: si è lei, e Mirko “urca, ma quanto è lontana” “no no, vedrai che è più vicina di quello che credi”. Arriviamo a una malga che reca il cartello di “attenti al cane” e pensiamo allo sfortunato Nicola. Vediamo pendii ripidi intorno a noi, canalini, e ci sale la frenesia e la voglia di canali.. Siamo degli ingordi.
Dai su, siamo qui per la cima, perché alla fine uno può salire la cascata di ghiaccio più bella del mondo, ma una cima ha sempre il suo fascino: il punto più alto nei dintorni, il panorama, la soddisfazione di vedere parte del tracciato percorso. In cammino!
Fino al lago delle Stellune siamo all’ombra, e possiamo proseguire con gli scarponi nudi, l’importante è non uscire dalla traccia. Poi dal lago ci tocca montare l’asseto da ciaspola, per poche centinai di metri, ma non c’è scelta: e arriviamo al sole, che goduria. Niente vento, magari oggi ci godiamo la cima. Già, perché ormai siamo qui sotto, c’è solo da risalire per la cresta, o per un qualche pendio, un po’ di roccette, e la croce sarà nostra.
E adesso pepe sia. Optiamo per un canale, la neve in certi tratti è semplicemente perfetta. Passaggi a 50°, i polpacci che scoppiettano gioia. Un po’ di misto sfruttando le rocce che affiorano dalla neve. Un po’ di cresta nevoso, non certo affilata: poi addirittura diventa pendio, si potrebbe zigzagare per prenderla dolce, ma no, via dritti per continuare a scoppiettare. Poi toh, chi si vede, altra roccia: qualche tratto di facile arrampicata, ma forse un II ci sta. Questi sono i trekking che piacciono a me: quelli col botto finale. Tutto allenamento per il Bianco!
Ed ecco il panorama della cima: vista a 360°, pochissimo vento, tante cime. L’orientamento mi tradisce un po’, ma le principali riesco a individuarle. Sbaglio Cima d’Asta, e me ne rammarico, perché adesso che ho visto quel bel canale incassato, voglio salirlo. Finalmente mangio qualcosa, una pasta con sia crema che cioccolata, una botta di vita. Mirko guarda l’ora e mi chiede “ma perché sulla relazione c’è scritto 4h30 e noi ce ne mettiamo 3h30 scarse?!” eh questi son misteri!
Altre foto, due chiacchiere, si cerca di mandare un sms per far sapere che siamo vivi, ma alla fine non fa così caldo, e le dita si ghiacciano prima che la copertura del segnale possa tornare. Beh pazienza, avviso poi quando siamo ala macchina. E la discesa è tutta un’altra storia: beh le roccette alte impegnano un po’ ma poca roba, il pendio dritto per dritto e in due secondi sei giù. È nel tratto finale che (ovviamente) ci complichiamo la vita e finiamo a scendere del III, con neve marcia e sfruttando i pini che troviamo. Tutto fa brodo.
Nello scendere il momento più ilare è quando, seguendo tracce di sci di discesa (quindi non troppo portanti), sprofondo fino al’inguine con la gamba sinistra. E Mirko “dai vengo ad aiutarti” “no no, stai li che..” e finisce sotto anche lui.. Poi ce ne usciamo con un mucchio di risate: ora stiamo all’occhio che è meglio! Alla malga ci prendiamo il tempo per spogliarci un po’ e prendere un po’ di sole. Ma poco, perché inizia a fischiare un venticello fresco, e qualche nube si addensa. Poi ormai resta la parte in ombra della valle.
Osserviamo i canali, le creste, qualche cascata di ghiaccio intorno a noi. Sì, ci siamo divertiti in quei pochi metri di cresta varia, ma l’appetito è tanto, la voglia di fare qualcosa di davvero serio c’è. E che paragone potremmo mai usare tra noi per esprimere al meglio il concetto? “È come quando sei lì e l’annusi, l’annusi, magari la sfiori un po’, ma alla fine non concludi e ti resta un eccitamento..”. Il carro di buoi perde sempre.
Canale? Roccette? Cresta? Niente di pericoloso. Sono le lastre di ghiaccio dell’andata nella parte bassa che saranno il momento topico della giornata! Passi delicati su questo ghiaccio vivo che esce da tutte le parti. In una curva Mirko prende a scivolare, sullo 0,5% di pendenza, ma in queste condizioni non riesci a fermarti. 5 metri in piedi, poi caduta controllata, e via giù per una ventina di metri supplementari! Uno a zero per Mirko, non ci tengo a batterlo in questa partita.
L’ultimo spavento all’auto, che non vuole partire. Mentre mi cambio (quasi) integralmente a -5°C, Mirko da un giro di chiave ma nessuna risposta. Rido, come mio solito, anche se sono un po’ preoccupato. Prova una volta, due, tre, e finalmente parte, fiuuuuu! Bene, ora ci aspetta la birra (al bar un bel maremmano di tanti Kg ci fa tornare in mente Nicola) e un rientro verso il Brennero, ops!

Qui altre foto.
Qui il report coi tempi (che vanno presi con le pinze).

venerdì 4 gennaio 2013

Un'assolata candida (quasi) giornata: Monte Cusna

I progetti erano in grande, una due giorni a sciropparsi canali a tutto spiano. Peccato che le condizioni della neve e il caldo anomalo non indicassero questa come scelta ottimale. E quindi, al motto di “minima spesa massima resa” via verso l’Appennino Reggiano! Quando poi vengo a conoscenza del fatto che marco non è mai salito sul Cusna..il gioco è fatto!
Partiamo presto, si vuole sfruttare un po’ questa luna che non siamo riusciti a goderci negli ultimi giorni dell’anno quando era davvero possente. Ma la sorpresa che ci rivela il tratto iniziale di bosco è davvero triste: piove. Ma non dal cielo, dalle piante! La neve si sta sciogliendo a una velocità paurosa, e sono le 6e30 del mattino a 1000m: quanto caldo fa..
Pazienza, vorrà dire che ci abbronzeremo: le previsioni sono buone, ma abbiamo imparato che l’Appennino frega, perciò siamo sempre allerta di vistosi cali di visibilità e vento impetuoso. Per fortuna oggi non sarà così. Le prime luci iniziano a illuminare le cime innevate (spolverate), le rare velature in cielo si colorano di rosa e rosso, la palla infuocata inizia a fare il suo mestiere. God bless the sun!
Forza su, usciamo dal bosco che voglio ciaspolare (beh, la vista delle “pareti” di Sasso Fratto, Prado e Cipolla, mi fa venire poi voglia di picca e ramponi) e pentirmi di non aver portato la crema da sole! Non so il perché e il per come, ma perdo la traccia principale che va alle bandierine, e mi ritrovo sulla neve candida non ancora pestata. Si fatica di più, ma che soddisfazione. Il sole non ancora troppo alto colora la neve di una luce fioca, è tutto così rilassante.
La neve è davvero poca, crinali spelacchiati, erba affiorante, creste con versante invernale e versante estivo. È una tristezza vedere tutto ciò, soprattutto ricordando l’inverno 2008, quando si faceva fatica a vedere i segni del CAi sugli alberi (che d’estate sono a un’altezza di 1,5-2m da terra). Va beh, prendiamo quel che viene, siam figli del meteo.
Il Cusna è laggiù, ma ce la facciamo dai, sole alto, caldo (siamo in maglietta), niente vento (una leggera brezza), non possiamo non sfruttare questa giornata, che chissà quando ci ricapita! E inoltre c’è pure poca poca gente in giro..
Raggiungiamo il crinale del gigante, saliamo svelti sulla cresta per osservare il panorama, che c’è visto che scorgiamo distintamente Baldo, Carega, e tutte le Alpi e Prealpi Lombarde. Spettacolo. Ci mancherebbe solo un bel canale ghiacciato di 500m da risalire coi polpacci in fiamme e le i bicipiti in tensione. Ma non si può avere tutto dalla vita.
All’arrivo degli impianti le tracce che seguivamo finiscono: da adesso terreno inesplorato, traccio io! I traversi con le ciaspole non sono il massimo (tantoché al ritorno Riccardo conierà una nuova progressione per il traverso con ciaspole faccia a monte) e quindi la faccenda si (ma di poco) più ardua dovendo seguire tutti i sali scendi della cresta: beh non male, tutto ciò ci ricorda il Lyskamm..
Al passo del Morto (mi pare si chiami così) dobbiamo scegliere se le roccette o il traverso sul versante nord: accendiamo l’adrenalina, vai di roccette! Ma la neve è davvero uno schifo, quasi sempre pappuccia, andiamo di misto! E di piccozzate nella terra.. Un traverso interessante che da emozioni, qualche altra roccetta e siamo in vetta. Vista Monte Rosa, spettacolo.
Riusciamo a goderci la cima, non c’è vento, c’è sole, perciò per una volta possiamo fermarci e mangiare nel punto più alto dell’escursione: che lusso.
Per scendere ripercorriamo a ritroso lo stesso itinerario dell’andata, un po’ di allenamento sul misto in vista dei grandi progetti 2013. Il cielo si vela un po’, e ciò crea nuovi colori sui pendii imbiancati, oltre che permettermi di togliermi gli occhiali da sole per evitare il pandismo (fenomeno per il quale la facci diventa scura, ma intorno agli occhi resti bianco) e la fascia paraorecchie per evitare lo zebrismo (ovvero la fronte di due colori ben separati).
Come tre marmocchi ci mettiamo a lanciarci la neve addosso: ormai abbiamo imparato una tecnica particolare grazie alla quale non ci si bagna le mani e sono sufficienti due bastoncini con rondella. E c’è chi viene preso anche bene..
Devio per passare dai flauti della croce del Passone, tappa obbligata ogni volta che passo di qui.
Nel bosco ormai la neve è diventata fango: mamma che tristezza. Ci vuole una bella birra fresca, una pizza mini e un magnum bianco per finire la giornata: venti minuti dopo esser arrivati all’auto, avremo anche quella!

Qui altre foto.
Qui report.

martedì 1 gennaio 2013

Più lenti delle nubi: Costabella (Baldo)

Ci pensavo e pensavo, ma le previsioni non lasciavano speranza. Poi andare a letto alle 5 mi dava l'idea che mi sarei svegliato a metà pomeriggio. Invece alle 12 sono in piedi, guardo fuori e..wow, il sole, niente nebbia. Porcamiseria.. Webcam, ok, sole anche lassù. Inizio a pasturare "Ricky, ma guarda che giornata fuori". Meteo previsto, nubi in arrivo al tramonto. Nessuna risposta. Divento più esplicito "Ehi, si potrebbe andare a vedere un tramonto sul Baldo". Ore 13e30, la risposta "Alle 14 sono li".
Prepara in fretta e furia tutto, tantochè una delle rare volte che non prendo panataloni di ricambio, mi serviranno. Partiamo sapendo che dobiam esser più veloci delle nubi per poter arrivare in cima e vedere il tramonto, poi in discesa pazienza, tanto la luna sorge tardi. Ma già all'uscita dell A22 vediamo che le nuvole sono veloci!
Vestiti di corsa e parti, c'è da espiare la cena di ieri sera. Riccardo deve espiare anche il pranzo di oggi, infatti sale zavoratto poverino. Neve nulla e ghiacciata, tantochè la paura di ranare a terra in modo goffo e dando belle culate è tanta.
I piloni degli impianti assicurano un orientamento che non può fallire, e anche una salita dritto per dritto che ci porterà a un ritmo iniziale di 700m di dislivello in un'ora, e ad arrivare in cima in un'ora e mezza. D'altronde dobbiam esser più veloci delle nubi!
Fuori dal bosco la penombra della perturbazione oscura in modo anticipato tutto, e d'altronde manterrà anche una luce maggiore una volta calato il sole. Poi inizia a soffiare anche il vento, vai di punta per sfondare la neve dura, e siamo su in men che non si dica. Ma le nuvole oscurano un po' tutto, e a nord sono alla nostra altezza. Qualche foto e via giù, che il tortino in macchina aspetta!
Per inaugurare l'anno con qualcosa di nuovo, oltre alle mutande rosse (che se non fosse stato per il freddo, avrei anche potuto sfoggiare in cima), indosso la giacca: oh se si sta bene con questa addosso! Scendiamo ridendo come pirla appena uno dei due perde un po' l'equilibrio sulla neve dura. Scende qualche fiocco, ma proprio sporadico. Finchè non siamo alla lastra finale..
Mi fermo sulla lastra ma continuo a scivolare. Ricky fa il brillante, arriva e dice si fa così! Prende a scivolare, cade e poi "ok, allora si fa così" e col culo  aterra si spinge con le mani per quei 5m di lastra. Ok, anche io.
Il tortino in auto della sera prima ci regala un momento di sazietà, che sarà all'apice con la prima birra del 2013. Priam di innumerevoli spume gialle post pesissimi giri in montagna/arrampicate/cime/ghiacciai.

Colgo l'occasione per augurare a chi mi legge buon anno. Non so in quanti mi leggano e non voglio aver la pretesa che siano tanti. Scrivo per poter far sognare le persone coi miei racconti, che non sono niente di alpinisticamente cazzuto, ma che a livello di emozioni e piacere di stare in montagna e in compagnia dovrebbero poter essere condivisi da tutti. Se ogni tanto riesco a farlo, ne son bien lieto.


Qui altre foto.
Qui report.