sabato 16 febbraio 2013

Il Brenta invernale, Val d’Ambiez: tentativo Cima di Ghez

Se non si possono salire canali perché non in condizioni, si può andare in esplorazione addentrandosi in uno dei gruppi montuosi più suggestivi del trentino: il Brenta. Così come stiamo facendo col Lagorai, esplorato recentemente qui e qui, è giunta ora di scoprire in veste invernale anche questo angolo delle Alpi. E che angolo..
Dopo una doppia colazione siamo finalmente pronti per incamminarci in questa valle poco frequentata: così almeno dicono le guide, e così sarà visto che in tutta la giornata non incontreremo altro che camosci. La strada è innevata fin dall'inizio  ma pestiamo una buona traccia. Vediamo fin da subito una cima, che sia la nostra già? Mmm, difficile, non sembra così lontana. E invece scopriremo esser lei, ma la vicinanza è un inganno, visto che ci sarebbe da girarci intorno.
Saliamo con foga, il tracciato è lungo, il dislivello è importante, ma la voglia di arrivare in cima tanta. Ma non riusciamo a resistere alle pause per scattare qualche foto. Goulotte varie alla nostra sinistra, il passaggio in una bella e suggestiva forra, il silenzio. Canali, pendii, creste, non sembra così repulsivo il Brenta d’inverno, io che temevo fossero tutte guglie rocciose impossibili senza ferrate. Ma le cime davanti a noi respirano vigorosamente, talmente a fondo che sono annuvolate. E noi cerchiamo il sole..
Arriviamo al terzo ponte, dove dobbiamo abbandonare il tracciato sentiero che prosegue verso il Rifugio Cacciatore, per deviare verso malga Ben. Laggiù la conca del Rifugio Agostini, scruto una possibile via di salita alla torre che si vede e che credo sia Cima Ceda. “Ricky, adesso inizia il bello”, ovvero iniziamo a tracciare. Già, perché dopo l’ultima nevicata nessuno si è avventurato in questa direzione, e anche con le ciaspole affonderemo fino oltre la caviglia nella neve fresca e fredda. Ma intanto riesco ad ammirare le Crone, che versanti ripidi, che canali incassati: ci sarà qualche via la???
La salita ci scalda, il sole è fioco fioco dietro alle velature del cielo, e comunque siamo ancora all'ombra del bosco. Una volpe deve aver percorso tutto il sentiero che adesso stiamo solcando noi, le sue tracce sono ovunque. A Riccardo dico “guarda te, deve aver girato un casino in questa zona, ci sono tracce a zigzag ovunque, forse cercava da mangiare “ e la sua risposta è logicamente stupefacente “di certo non era qui per un trekking”.
L’ambiente è davvero suggestivo, la solitudine del luogo ci fa vivere la montagna nella sua pienezza. Le stronzate che diciamo fanno riecheggiare le nostre risate nella vallata. E inizio a vedere i camosci, ovunque, una decina laggiù, cinque o sei lassù. Prima del ponticello di legno ci fermiamo al sole a mangiare qualcosa, che ce ne è bisogno: a breve ci aspetta la parte più bella giornata, 1000m con pendenza media a 40°, un buon allenamento! E poi il panorama dalla cima.. Ma le Crona han messo il cappello, e il sole che prendiamo è solo grazie all'inclinazione invernale dello stesso, perché sopra di noi solo nubi, e inizia a nevicare.
Proseguiamo con le ciaspole, scrutiamo altri camosci, e prima del canalone saliamo dritti per la massima pendenza: infilarsi così nel canalone non è una cosa che mi riempie di gioia, meglio che sfruttiamo i pendii che sopra hanno rocce, e le creste spelacchiate (ok che siamo a sud, ma pensavo ci fosse più neve!) e la neve un’altra volta. Ok pericolo 2 oggi, ma pensiamo che “il miglior alpinista è quello che ritorna a casa”.
La massima pendenza si rivela pendenza buona, con le ciaspole siamo al limite, e la neve pare bella dura qui, o almeno c’è un bel crostone duro. Ma al primo spiazzo dove possiamo fermarci senza rischiare di rotolare verso il basso, cambio gomme e si montano i ramponi. E inizia il traverso per andare a tagliare la valanga e salire sulla sinistra del vallone. E il ravanamento ha inizio.
Ci si intervalla da consistenza dove si affonda “solo” fino alla caviglia, fino a tratti in cui si traccia un corridoio nella neve. Inizio a temere che la giornata non finirà come ci si aspettava. E la nevicata che prima sembrava solo polvere, assume dimensioni più ragguardevoli. Camosci ci osservano ovunque dall’alto, uno di questi resta li con la sua faccia sbigottita almeno un quarto d’ora: ma che vuole?!
Finito il traverso, riprendiamo a salire, ma la ravanata non si ferma. I bastoncini un po’ aiutano, ma spesso non sono un appoggio sufficiente. Tratti di neve goduriosa dove rimpiango non avere la picca in mano coi ramponi che mordono famelici, si intervallano a tratti dove i ramponi affogano sotto un metro di neve. Abbiamo già capito che non ci arriveremo oggi in cima, ma almeno vogliamo superare questo tratto che non ci fa vedere la cima per poter osservare cosa ci avrebbe aspettato.
Cerchiamo le chiazze erbose affioranti, quelle siamo sicure che ci sorreggono! Riccardo opta per tagliare verso una cresta mentre io sono salito dritto per dritto: l’ultimo tratto se lo fa a gattoni per aumentare la superficie di appoggio a terra..che classe!. Eccoci a un cambio di pendenza dove questa si addolcisce: Riccardo si sdraia sulla roccia, io mi osservo in giro, i camosci ci osservano.
La situazione è chiara: il ravanamento ci ha fatto perdere un sacco di tempo, è quasi mezzogiorno e siamo a quota 2050, con la cima a 2700, nevica, il meteo sappiamo che nel pomeriggio è previsto in peggioramento, la cima è coperta e quindi il panorama sarebbe più che scarso. Si torna giù e amen. Peccato, mi ruga, volevo friggermi i polpacci oggi, ammirare questa dolomia imbiancata, scrutare nuovi itinerari. Ma pazienza, occorre che vada male ogni tanto, oppure si rischia di diventare troppo spavaldi.
La discesa di questo tratto, seppur cerchiamo di prenderla più a sinistra, resta ripida e intervallata da neve compatta e farina. Arriviamo alla valanga a palle che stava a metà traverso, e li ci divertiamo a giocare a bocce con le palle di neve dura smossa dalla slavina, filmandoil ruzzolare delle stesse: bisogna anche divertirsi con queste vaccate. Camosci sulle alte creste continuano a osservarci: mi sa che di gente d’inverno non ne vedono tanta ‘ste bestie..
Pausa cibo nello stesso luogo dell’andata, dove un sole ci scalda nonostante un venticello che si è alzato e una nevicata che continua interrompendosi a tratti. Diventerà copiosa una volta finita la pausa pranzo, fino al ponte del bivio. Ripercorriamo così la forra, osservando meglio le formazioni di ghiaccio ai suoi lati: le cascate verranno domani col Corso AG1 del CAI di Carpi, ma così mi aumenta l’acquolina.
Discesa lunga, come ci si aspettava, ma intanto sappiamo che la prossima volta potremo percorrerla anche a buio che non ci si perde. Nei pressi dei candelotti di ghiaccio pendenti sulla strada, iniziamo a fare i distruttori della situazione, tirando sassi e pezzi di ghiaccio già crollati, verso le candele ancora attaccate. Momento fanciullezza.
Alla macchina il termometro segna 6 gradi, urca che caldo. Un po’ depressi decidiamo di scendere  verso Arco: ci consoleremo con una birra, un gelato, e qualche acquisto. Ma questa cima, ci rivedrà presto..

Qui altre foto.
Qui l'’itinerario.
Qui  il report.

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