domenica 3 marzo 2013

Vendetta a metà: Vajo Fratta Piccola

Vissuta nell’indecisione: come saranno le condizioni? Avrà scaricato? Pericolo valanghe? La terza uscita del corso AG1 del CAI di Carpi è funestata da queste domande. Ma tutti sommato sembra che si possa partire con buone speranze di concludere qualcosa, e così sia. Solo peccato partire così tardi: le temperature alte e il fatto di potersi approfittare (e godere) della luce lunare consiglierebbero una partenza più anticipata, ma pazienza.
Lasciamo il parcheggio coi primi raggi di sole che illuminano le cime più alte: pochi secondi e poi illuminano anche noi. La neve pare bella dura, ma qui siamo su una strada battuta: scopriremo man mano le condizioni. Oggi sarà all’insegna della scoperta! Ma anche questo fa parte dell’alpinismo invernale, scoprire le condizioni sul luogo, e scoprire e calcare tanti tipi diversi di fondo nevoso in pochi metri di percorso.
Superveloce colazione al Rifugio Battisti, e poi io, GianlucaMirko via sparati a rinfrescare le tracce che portano sotto i Vaji del gruppo Zevola-Tre Croci. Non siamo troppo ottimisti, non tutti hanno scaricato, lassù si vedono cornici, e sono già le 7e30! L’idea poteva essere quella di dividerci tra Fratta Grande e Fratta Piccola, ma notiamo che il primo non ha scaricato ancora, il secondo si, e con lui abbiamo un conto in sospeso: uniamo l’utile al dilettevole!
Aspettiamo gli altri sotto l’imbocco del Fratta Piccola (conto in sospeso), e ci prepariamo in modo da essere più svelti possibile: mai iniziato un vajo o un canale così tardi. Arrivano, si aprano le danze. Mirko prende Davide e essendo in due dovrebbero partire per primi, a seguire io con Massimo e Gabriele, e via via gli altri. Cerchiamo di esser sgaggi, e partiamo. E per questo parto prima io visto che siam già pronti.
E la partenza fa sudare. La neve non è dura, si va giù almeno fino alla caviglia, si cercano le zolle di valanga che sono più dure. Tocca pure gattonare con le braccia per aumentare la superficie di appoggio e riuscire a guadagnare qualche metro. La vedo grigia. Ma siamo qui, proviamo. Anche questo è alpinismo invernale, il ravanamento. E il tornare indietro se il ravanamento è troppo!
Al di sotto delle prime rocce, amara scoperta: il polistirolo. Brutta neve quando sta negli strati intermedi, questa crea un perfetto piano di scorrimento per le valanghe, e vedo che Massimo se lo ricorda bene! In più, in mezzo a questa farina, scendo fino all’ombelico, e non esagero. Tocca oscillare per scavarsi una trincea dalla quale si possa uscire! Forza voi sotto, ravanate un po’ anche voi! Io fatta la mia parte vado alla ricerca della neve pressata dalla valanga!
E la situazione migliora un po’. I corridoi di scarica belli piallati sono una goduria per i ramponi. E il salto roccioso che ci aveva fatto tornare indietro l'altra volta non esiste nemmeno: che differenza. Tantoché, esclusa l’uscita e la fatica per la poca consistenza della neve, io un D- a questo canale non lo darei oggi, al massimo un PD+. Il godimento sulla neve compatta, di quella che cigola mentre ci muovi il rampone dentro, dura sempre troppo poco, e si torna su quella che sfarina..sigh.
Vado spedito, meglio che mi quieto un po’ o li cuocio tutti (e non è il caso), tanto escluso Mirko gli altri sono belli indietro. Sarebbe opportuno mostrare qualche assicurazione, ma queste pendenze e con questa neve è inutile, oltre che difficile, vedremo più su. Il vajo è abbastanza dritto, e quindi si riesce già a vedere ciò che ci aspetta: ovvero altro ravano, perché non tutto il pendio è svalagato, ma ci sono bei tratti di neve fresca ancora da sverginare.
Arriviamo al bivio col Vajo Bandiera, qui siamo belli larghi e ciò ci concede una corsia a testa, io a destra, Mirko a sinistra, e chi sta sotto sulle nostre tracce, pardon, sui nostri gradini. Anche per questo il gruppo inizia a ricompattarsi, con Paolo che sale allegramente, oggi è parecchio in buona! Adesso invece la faccenda si restringe, con una bella parete verticale alla nostra destra che ci incassa insieme a una più piccola a sinistra. Bellissimo. Speriamo solo si stiano divertendo tutti quanti, nonostante la fatica.
Con le condizioni trovate, possiamo ancora tornare indietro, questa via di fuga non è preclusa. Ma eccoci a quello che sulla guida dovrebbe essere “con poca neve, strapiombo di IV”, ma oggi la neve c’è, e nonostante Davide spacchi mezzo ponte scivolando a mo di effetto crepaccio, con qualche passo lungo si supera tutto. Poco più su un altro passaggino delicato, ma è davvero robetta, giusto da richiedere un’assicurazione a spalla dall’alto e nulla più. Ma il bello deve ancora venire.
Ormai vediamo l’uscita, che però non è obbligata. Leggermente a destra una salita su neve verso l’alto, a sinistra qualche roccia affiorante e un uscita in goulotte mignon. Mi ispira a sinistra. Infatti anche Mirko piega per quella direzione, ma traversa troppo in alto, e il ravanamento lo fa desistere. Io intravedo una rigola che pare un vecchio passaggio di qualcuno, magari la neve li tiene: e così è.
Parto contento ed eccitato, lassù dei mughi e dei rami mi concederanno anche un minimo di assicurazione, e quelle rocce a destra e sinistra di un canalino di un metro di larghezza, saranno ben sinonimo di neve compatta al centro, no?! No. Salgo deciso, ma arrivo a un punto che mi rendo conto che sono su farina appoggiata su roccia, a 65°-70°. Guardo su, provo, a destra, a sinistra, ma niente. Mi torna in mente il Vajo Battisti, “ragazzi, no, si scende”. E li vedo preparati anche a questa mossa a gambero. Anche questo fa parte dell’alpinismo invernale, rugare di più i 10m di uscita invece che i 500m di canale!
Scendo una decina di metri, poi vedo un’altra riga poco più a destra, “ragazzi, riproviamo” “vai!” e vado. Ma niente. Da sotto sembra in un modo, quando ci sei dentro, la musica cambia drasticamente. E non si riesce nemmeno a metter giù nulla. No, altro dietrofront. Ma scendendo noto come Mirko sta faticando nella sua di uscita, e chi ci sta dietro anche. “va beh ragazzi, riprovo più a destra, andiamo a prendere quelle rocce la che magari aiutano”.
E torna sui 70° coi ramponi che si aggrappano agli smussi della roccia sotto, la punta della picca che cerca invana ghiaccio, lo trova una volta si e tre no, ogni tanto un buco nella roccia. Dai, li su sarà meglio, poi se no vado a destra sulle rocce.. Una fava! È davvero un tratto bruttino, ragiono decine di secondi su ogni movimento, vorrei solo arrivare alla mugaglia lassù che spero sotto quei ciuffi affioranti dalla neve, nasconda un bel tronco solido.
Traverso delicato per tornare a sinistra, sopra di me un muretto di roccia, a destra altra roccia ma non salibile. Sotto Nicola e Roberto han voluto seguirmi, anche se tra me e me mi chiedo “ma son scemi? Guarda dove mi sono infilato” ma da dove sono l’unica uscita possibile è verso l’alto. La mia speranza è arrivare ai mughi con Massimo e Gabriele ancora sulla parte decente della salita, e non sulla delicata! Ah, i mughi del Carega, un amore che nasce da lontano..
E invece toccherà muoversi sul delicato un po’ tutti insieme, ma arrivato ai mughi e all’albero riesco, oltre che a trazionarmi su essi, a mettere giù un bel po’ di protezioni. Intanto sento gli occhi di Nicola e Roberto addosso, sotto che aspettano mentre la mia salita gli fa un lavaggio di neve fresca che non si scorderanno! Bene, il duro è passato, la luce del sole è lì, a 3 metri da me, adesso non sono più impiccato a 70-75°, ormai è fatta. E invece nein! Adesso devo combattere con due metri di farina! Delicato delicato coi piedi, scavo e raspo con la picca alla ricerca di qualcosa di duro, piano piano metto la faccia al sole, Paolo laggiù ride e mi guarda. Per uscire devo gattonare, appoggiare il petto sulla neve e strusciare fuori, ma finalmente ci sono!
Recupero a spalla i miei due compagni di cordata, e intanto chiedo a Paolo di venire a metter giù una corda per Nicola e gli altri: non credo sia rimasta molta neve su cui fare quella debole presa.. Resto molto contento quando, oltre che uscire interi, Massimo e Gabriele mi dicono “grazie”. Nicola invece lo sentirò urlare della “troia” per un po’, eh eh!
Ora posso godermi il sole, sentire il calduccio (mi sono ghiacciato le dita negli ultimi passaggi, a cercare e tastare il nulla), mangiare e bere qualcosa, alleluia. Gianluca perde una muffola in salita, e rompe le balle a tutti nel chiedere “qualcuno ha trovato una muffola?”. Dopo un’ora e mezzo che sono fuori, anche l’ultimo di noi uscirà dal canale: vittoria! Vajo fratta Piccola aperto dalla marcia di 15 bisonti (13 bisonti e 2 gazzelle, se no prendo delle mazzate) della bassa, con due possibili uscite.
In seguito è una ciaspolata verso il Passo Ristele (per la gioia di chi le ciaspole non le ha mai usate, ma anche questo è alpinismo invernale), e in seguito una valanga umana nel Vajo Ristele: forse più pericoloso che il vajo percorso in salita, considerando il fatto che non ha scaricato. Decisamente giornata no per Gianluca, che appoggiato il caso sul sentiero alla fine del Vajo Ristele, lo vede scivolare inesorabile verso valle.. Ma lo andremo a prendere.
La gente è sparpagliata in parecchi metri di distanza adesso, la stanchezza si fa sentire. Anche perché ok che è discesa, ma quando affondi fino al ginocchio, anche la discesa è faticosa! Arriviamo all’auto accaldati, al sole mezzi nudi si sta da Dio, e dai commenti che si sentono in giro, facciamo anche la nostra porca figura.
Uscita decisamente andata bene, molto meglio di quello che ci poteva aspettare dai presupposti. Nella speranza che tutti si siano divertiti, e tutti abbiano imparato qualcosa!

Qui altre foto.
Qui le foto di Nicola.
Qui relazione coi tempi.
Qui la guida di Bellò, dalla quale attingere.

PS: è finita la sponsorizzazione Barilla. Non arrivandomi nessun pacco di pasta gratis, ho deciso di cambiare il paraorecchie.

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