domenica 4 agosto 2013

Trasferta Sfizzera: Nadelhorn dalla normale

Dovevamo esser in tre a ballare l’alligalli, ma siamo rimasti solo in due dopo il furto. Che facciamo? Ormai ci siamo troppo masturbati con la voglia di scoprire e salire qualcosa in questa nuova zona, perciò andom: io e Riccardo. Partenza il venerdì sera finito lavoro, giusto il tempo di fare lo zaino e verso mezzanotte (dopo un ciclopico errore di navigazione, “ma c’era scritto Svizzera” “sì, ma verso Lugano!”) mettiamo giù la tenda al camping RA, al Passo del Sempione.
Sveglia alle 6 (non vorrei che le autorità elvetiche ci portassero in galera..) e mentre noi facciamo colazione, le zanzare fanno colazione con noi. All’arrivo a Saas Fee un po’ di imbarazzo nel cercare parcheggio, e poi scopriamo una cittadina senza auto, con palafitte strane e mezzi elettrici stretti e cari che si aggirano silenziosi e pronti a investirti per le strade della cittadina. Un veloce colazione, un giro in un negozio e ci si va a preparare.
Dal parcheggio si vede già il Mischabelhutte: già, si vede, ma quanto è lontano?! Vabbeh, lo sappiamo che oggi è da sgugnare lunga.. Ci vestiamo e partiamo alla ricerca della chiesa dietro la quale parte il sentiero, indicazione 4h15min. E saranno tute belle sudate, in braghe lunghe sotto questo sole. Anche gli stambecchi se ne stanno all’ombra, e pur di rimanerci ci ignorano.
I 4mila che ci stanno intorno man mano si avvicinano, Sass Fee è sempre più bassa, ma mai abbastanza, il rifugio sempre lassù. È davvero lunga. Ce la prendiamo con relativa calma con qualche pausa al sole. Poi è ora di fare il 4x4: inizia la parte attrezzata sullo sperone roccioso.
La cosa “bella” di questa salita è che il rifugio è quasi sempre a vista, così come il paese. Inizialmente ti rendi conto che ti allontani dal paese, poi sembra di non salire mai in quanto le distanze si fanno meno percettibili, e fino a che non sei sull’uscio del rifugio, sembra di non arrivare mai.
Ma alla fine arriviamo anche noi, e nonostante la paura per quello che può costare, decidiamo che una birra ce la meritiamo. Ma prima, deshabillé! C’è da stendere un po’ i nostri vestiti, tutti intrisi di sudore. Saremo strani noi o gli altri: io e Riccardo in pantaloncini e basta, gli altri con calzettoni, pantaloni lunghi, felpa, mah! Poi cosa vedono i nostri occhi! Un tagliere immenso arrivare e posarsi su una roccia, bottiglie di vino, ci si accendono gli occhi, che bella accoglienza gli svizzeri! Ma no, è un aperitivo privato per il CAS di non so cosa. Che illusione.
Il panorama dal rifugio è grandioso: Laggirhorn, Weissmies, Allalinhorn, Rimpfishorn, Alphubel, Tashorn, Dom, Lenzspitze (sperando di aver scritto bene!). In più il meteo fa bischerate, siam partiti che su era nuvolo, saliti sotto il sole, adesso ci mettiamo e togliamo la maglietta a seconda di come e quanto le nubi oscurano il sole. Noiosa la vita in rifugio, alle 16 entriamo dentro in attesa della cena delle 17e30, sfogliando riviste e guardando un temporale che si sfoga fuori.
Cena da rifugio svizzero, brodo di cipolle e cavolo (con pochissimo cavolo), pure, verdure alla griglia, fetta di carne, fetta di melone. Ma va bene, il Bishorn era peggio! Sono le 19, e si va a letto. Stretti ma si va aletto, dopo aver ammirato il sole tornare a splendere sulle cime e i ghiacciai (beh, all’orizzonte imperversa ancora il grigio).
Driin, è ora. Abbiam chiesto la colazione come quelli che partono per fare la Nadelgrat. Sarebbe stato bello fare la Nadelgrat, ma infilarmi in un canale adesso non mi va, e poi data la lunghezza saremmo tornati alla macchina tardi, poi fa troppo caldo, e vogliamo tenerci per la settimana prossima. Il nostro obiettivo è il Nadelhorn, e se si riesce anche lo Stecknadelhorn. Sono le 2e30.
Partiamo con calma, non c’è fretta e lasciamo sfilare davanti a noi varie cordate. Osserviamo le luci di Saas Fee, chissà in quanti in questo momento stanno.. Cielo stellato, ma sappiamo non dover perdere tempo, le previsioni danno temporali dopo le 12, e io non vorrei esserci sotto durante il tratto attrezzato in discesa dal rifugio.
Ci svegliamo di colpo, la salita parte continuando sullo sperone roccioso, meno cavi attrezzati e più fantasia nel trovare la via. Una bella luna sale sorridendoci, speriamo sia di buon auspicio. Si mette piede sul ghiacciaio, e parte la grande vestizione. Due frontali sono sulla cresta del Lenzspitze, tutti gli altri qui: alla fine nessuno salirà la Nadelgrat. Stiamo recuperando quelli partiti prima di noi, ma la nostra lentezza nel prepararci ci fa mangiare il tempo guadagnato.
La traccia è vistosa (peccato al ritorno ci accorgeremo che passasse per qualche decina di metri su un ponte di un crepaccio che deve essere notevole!), la cordata davanti a noi lenta e forse con un componente poco preparato. Ma aspettiamo, non c’è fretta. Per ora.
Pian piano un po’ di luce illumina, al Windjoch cerco di fare qualche foto, ma sono troppo scarso. Ecco la Nadelgrat, appuntamento rimandato. Ecco la cresta di salita al Nadelhorn: arriviamo! Le relazioni parlano di una cresta affilata con pezzi di traverso con ghiaccio affiorante. Vedremo.
Il sole non sale potente, deve prima superare una coltre nuvolosa che lo attanaglia alle spalle del Weissmies, ma poi riesce a uscire. Noi continuiamo la nostra salita sulla cresta, mai troppo pendente, però è vero che ci sono tre traversi sotto delle rocce dove il ghiaccio affiorante lascia un po’ “perplessi”. Intanto altre lucine affollano il ghiacciaio sotto di noi, davanti a noi solo tre cordate.
Si ammira costantemente la Nadelgrat e la nordest del Lenzspitze, entrambi entrati a piedi pari nella to do list personale. Superiamo in altezza gli altri 4mila che fanno parte della Nadelgrat, e in men che non si dica, eccoci al tratto finale, le rocce. Come li definisce Riccardo, un ammasso di piatti fragili infilati in senso verticale. Ma non sarà certo questa lavastoviglie disordinata a frenarci.
Parto deciso, quel po di neve e ghiaccio consente qualche appoggio ai ramponi quando i gradini sulla roccia non sono netti. Le mani libere di afferrare e tirare gli appigli, ma dopo previa tastata. La cima è affollata, anche perché in più di tre dalla croce non ci si sta. Qualche pausa per una scura a spalla a Riccardo e infine mi aggrappo alla croce. Recupero Riccardo ed è fatta. Nadelhorn, 4327.
Il panorama è grandioso, le stesse cime che si ammiravano dal rifugio, più tutta la corona che comprende Weisshorn, Bishorn, Zinalrothotn, e poi il Cervino, il Dom, spettacolo. Un video di incoraggiamento a Roberto e poi giù, perché altra gente arriva, e in questi ultimi 70-80m si rischia l’ingorgo.
Tecnicamente sempre più facile salire che scendere, e abbandoniamo l’idea dello Stecknadelhorn: vediamo un solitario spicozzare e ramponare come un matto sul traverso, sintomo di ghiaccio sotto, e intorno le nuvole si stanno facendo minacciose. Dai giù, pazienza, tanto per la Nadelgrat c’è da ripassarci per forza! Scendiamo scattando numerose foto e incrociando gente che sale. Dallo Windjoch il meteo si fa avverso, ha fatto presto a cambiare, e in breve le goccioline rade diventeranno una nevicata di neve pallottolare.
Anche per evitare di fare roccia bagnata, scendiamo per una traccia sul ghiacciaio che costeggia lo sperone roccioso, passando sopra qualche ponte ben chiuso e a fianco di seracchi e crepacci da spavento. Ben presto risiamo al rifugio, dove entriamo per cambiarci e rifare lo zaino.
È fatta! Ma cerchiamo di spicciarci, siamo la prima cordata tornata al rifugio, la pioggia è finita, ma prima che ne scoppi un’altra ci vogliamo togliere il tratto attrezzato. E inizia così la discesa del perdono.. Per la gioia delle ginocchia.
I 4mila che prima vedevamo al nostro pari o poco più alti, lentamente scivolano verso l’alto, arriviamo alla chiesa per i rintocchi di mezzogiorno, in tempo per trovare ancora i negozi aperti, comprare qualcosa e poi filare alla macchina per toglierci di dosso tutto!

Qui altre foto.
Qui relazione.
Qui video di vetta.

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