venerdì 25 aprile 2014

Stavolta sarà l'ultima (mah): La Clava (Kolbenspitze)

Quando si dice meteo ballerino.. Le previsioni cambiano ogni giorno, impossibile riuscire a programmare qualcosa, a meno di prevedere 7-8 alternative per ogni giornata di un weekend lungo 3 giorni. In zona cesarini pare che il venerdì il tempo regga, almeno fino al primo pomeriggio, e sul gruppo facebook di Cusna Skialp il guru Stauder (che conosciamo solo di fama) parla di Val Passiria. Considerando che lui becca sempre il meteo migliore, facciamo i copioni.
Dopo cena si parte, arriviamo in Val Passiria alla ricerca della partenza della Kolbenspitze, La Clava, anche se io avrei preferito la Roetenspitz, Punta Rossa, un po’ di avanti e indietro, poi si parcheggia sicuri di essere al posto giusto. Si va a letto per dormire almeno 3 ore.
Sveglia, una fame della madonna, finalmente la torta Bauli che mi trascino dietro da Natale viene sbranata famelica dalle fauci mie e di Riccardo, un po’ di caffelatte preparato al sera prima e siamo pronti. Si parte alle prime luci per sfruttare al massimo la giornata.
Oh ma che bello, la neve fin dall’asfalto! Porca miseria, ma questa forestale è il cacatoio della valle? Bisogna fare lo slalom tra le defecazioni seminate sulla neve, ma porca miseria, almeno farla fuori dal passaggio?! Che razza di maleducati.
Neve fin dall’asfalto una pippa, diventa un togli metti continuo, ricerca della poca neve ai lati della forestale, ma Riccardo presto si rompe le palle e decide di rimettere gli sci solo al vero ingresso in valle, che poi scopriamo essere il punto di unione tra la partenza “bassa” e “alta”, ma la bassa era impraticabile per la mancanza di neve in basso.
Il bosco si apre e inizia ad albeggiare seriamente, vediamo montagne alle nostre spalle e in fondo alla valle che ci apprestiamo a risalire. La temperatura è frizzante, ma la salita scalda. Un ponticello davanti a noi permette d’estate di passare sull’altra sponde del ruscello senza bagnarsi, ma adesso si possono sfruttare i ponti di neve.
Dopo esserci portati sulla destra orografica, inizia la risalita di un pendio ghiacciato, con vecchie tracce di passaggio. Ci guardiamo alle spalle, nessuno sale, chissà quelli che abbiamo copiato a che ora partiranno: in realtà partiranno da un’altra valle!
Mi giro a guardare Riccardo che annaspa sulla neve dura scivolosa, mi rigiro e lo trovo che si stà mettendo i rampant: non li abbiamo ancora mai usati, mi sembra giusto finire la stagione provando anche questi attrezzi, non che poi alla fine oggi non ce ne fosse bisogno, li terremo fino in cima!
Da basso osserviamo che la forestale che ci ha portato al cancelletto probabilmente prosegue lassu in alto, per poi arrivare fino alla malga. Mi pareva logico che proseguisse, ma sulla cartina non ce ne era traccia, perciò non ci siamo fidati: meglio così, visto quanto sole prende, probabilmente il togli metti sarebbe stato estenuante!
Man mano che il pendio spiana, con Riccardo che perde le bacchette, l’alta valle si apre e ci permette di apprezzare l’alto crinale che si staglia verso il cielo, ma data la sua uniforme altezza, non ci permette di capire se la nostra cima è già visibile o meno. Intanto arriviamo alla Farmazom Alm, con il solo tetto che spunta dalla coltre bianca. 
 Ci fermiamo a ragionare su dove si debba proseguire, a sinistra si vedono tracce di discesa e lassu su quella cima anche, ma da cartina ci sarebbe da andare dritto. Ma dritto c’è una bastionata rocciosa che o la si supera per quel ripido pendio, o per il canale di cui non vediamo bene le caratteristiche in quanto incassato, oppure per traverso al sole su misto.
Scopriamo l’arcano: Riccardo mi aveva passato il nome della cima, io avevo cercato su web, poi sulla cartina, mi sono fidato del tracciato della cartina, tutto tutto a nord. Ma ve ne era anche uno che partiva dalla valle più a est, e quello aveva studiato Riccardo. Ora siamo qui, ma non sappiamo bene come si sviluppa! Dai dai, mi piace questa avventura!
Continuiamo a essere solo noi, avanziamo verso il pendio, studiando la cartina in ogni minimo dettaglio, seguiamo tracce semi cancellate, ah ecco, te lo dicevo! Non si passa per il canale, ma per il pendio alla sua destra orografica! Inizio la risalita, ma poi la traccia finisce..nel canale. Ok, non facciamo mancare nulla oggi, rampant e canale, via andare.
Sembrava più corto, e anche meno ripido, oggi sarà la giornata delle inversioni e delle maledizioni ai ciaspolari che rovinando la traccia e riempiendola di buchi non ci fanno trovare appoggio per i rampant e siamo sempre li li per scivolare. Ma siamo magnanimi, fummo anche noi ciaspolatori, e lo saremo ancora ogni tanto.
La parte finale del canale la saliamo a piedi, i rampant trovano solo buchi, e finito il canale, che man mano si era incassato, si apre lo spettacolo dell’alta valle dinnanzi a noi, incontaminato, mezzo al sole mezzo all’ombra, dolce, calmo, ma esplosivo. Si studiano già gli itinerari di discesa, anche se ancora non sappiamo bene dove salire..
A sinistra si sale inizialmente ripidi, poi spiana e si resta sempre all’ombra. Dritto poi leggermente a destra ci si incanala in una valle tra due pareti rocciose che però non riusciamo a vedere in tutto il suo sviluppo. Tutto a destra un pendio al sole. Mi pare più logico rimanere all’ombra, neve più sicura e almeno vediamo a cosa andiamo incontro.
L’iniziale traverso su marmo è bello ripido, poi si sale per andare dove spiana un po’. E infatti le vecchie tracce di passaggio sono qui, semisommerse e comunque inutili vista la consistenza della coltre nevosa (come farò a scendere io?!). Ma il paesaggio è incantato, selvaggio, rude nonostante l’addomesticamento che ne da la neve, solitario (continuiamo a essere sempre soli, meglio che mal accompagnati).
Fantastico. Ora vediamo distintamente la pala finale ricca di tracce, dove finiremo al sole e al caldo. Ma appena arriviamo a un pianoro al sole, la fame che ci morde da un po’ viene fatta sfogare col primo panino della giornata. Si riparte, passo avanti, e dopo poco la neve dura lascia posto a 30cm di farina tutta da tracciare su pendio anche mica troppo dolce. Al sole con questo caldo sembra di essere in sauna.
Spettacolare, scorci di cielo e di sole, una cresta che si avvicina e un vallone sotto che si abbandona. E finalmente metto piede, pardon, sci sul crinale, chissà se questa è la cima giusta, le prime nuvolaglie sono qui che incombono da sud, maledette, ma pochi metri verso ovest mi permettono di intravedere la croce, 10e15 e la tocco. Dopo poco arriva anche Riccardo immerso nella nebbia. Video.
Peccato per le nuvole che si intervallano e offuscano il panorama, che può essere solo intuito o unito come i puntini della settimana enigmistica. Di solito avrei il terrore della scarsa visibilità e sarei già qui a rompere le palle al mio amico intimandogli di scendere, ma immagino e spero che si tratti di nuvole che vanno e vengono, me ne voglio stare un po’ in cima, godermi la vetta, il cibo, e preparami con calma a scendere.
E ci stiamo una mezzoretta prima di iniziare a scendere, e proprio sulla cresta finale incontriamo i reggiani, capitanati da Stauder, coi quali scambiamo due chiacchiere ammettendo aver copiato l’idea dell’itinerario approfittando dell’esperienza altrui. Sarà mica un delitto?!
La prima parte è su quella farina tanto ostica da tracciare, ma dura davvero poche curve. Poche ma intense, una caduta che mi vede risollevarmi ridendo da solo: Ho assistito a essa come se fossi esterno, lo sci che si pianta sotto una crosta inaspettata, la faccia a rallentatore che finisce per tuffarsi senza eleganza nella neve, il personaggio che si risolleva bianco come l’omino Michelin. Buona la prima, ma più sotto ce ne sarà un’altra simile, e tante altre diverse.
La farina finisce presto, e la via di salita ha avuto troppo poco tempo al sole per smollare adeguatamente: tutto duro! E io che son scarso e timoroso, “cago la romella”! Curva qui, curva la, taglia il pendio per non prendere velocità, mosse strane per non perdere l’equilibrio o evitare una caduta che sembra inevitabile. Qualche sguardo indietro a riaprezzare la solitaria valle, che oggi ha visto solo noi solcarla.
Arriviamo così alla zona del canale.. Per dove scendiamo?! Dal basso sembrava invitante la sinistra orografica, ma ora che è tutta al sole chissà quanto roccia c’è. Poi le tracce vecchie sembrano passare alla destra orografica del canale, Riccardo butta un occhio in avanscoperta e via giù di li. Ma quanto è ripido! A posteriori scopriremo che questo itinerario è un BS. La cosa bella è che metà ha preso il sole e quindi ha della neve molle, l’altro rimasto all’ombra è marmo. Eh eh caro mio, qui si paga l’essere principiante!
Qualche altra caduta, inevitabile, Riccardo che se la ride, ma anche io rido di lui, è una ruota che gira. Ora verso la malga sommersa è tutto più facile, neve un po’ smollata (ma mai come il Fravort), qualche attraversamento di valanga, l’osservazione di un accumulo che sarà di almeno 10m (ma quanta roba è scesa da quel versante?!), e la discesa continua allegra ora che le difficoltà sono calate. Fermandosi ogni tanto a dare uno sguardo alle spalle, come se non volessimo abbandonare questa valle.
Al cancelletto Ricky decide basta sci, nessuna voglia di ripetere il togli e metti di stamani. Provo ad aspettare io, ma già la contro salita mi fa penare, poi il salto dell’albero.. Fuck, si prosegue a piedi fino all’auto!
Tosta come ultima scialpinsitica della stagione. Ma che fosse l’ultima lo dicevamo già la volta scorsa. Chissà che qualche alta cima non ci scappi..

Qui altre foto.
Qui video di vetta.
Qui report.
Qui relazione.

domenica 20 aprile 2014

Nell’imbiancato regno di Re Laurino: Rifugio Passo Principe

Sorpresa nell’uovo di Pasqua, insperata. Weekend lungo grazie al lunedì dell’Angelo, ma impegni in casa, non si può organizzare nulla di grandioso, meglio che il meteo sia infame, però almeno ci fosse una mezza giornata cavolo! E inaspettatamente arriva. 
Al sabato sera le previsioni danno una finestra per la mattina dopo, la neve fresca caduta stamani è ben documentata sull’account facebook del rifugio, quindi perché no? Dai che andiamo, speriamo nell’uovo di Pasqua di trovare una bella sorpresa.
In autostrada all’ingresso in trentino le nuvole offuscano il cielo, stai a vedere che ci frega! Ma nei pressi dell’uscita, è tutto sereno, forse ce la famo. Arriviamo in Val di Fassa, si sale verso Muncion (la strada la conosciamo, ci siamo stati qualche estate fa), e poi ancora oltre, poco dopo il ristorante La Regolina, fino al divieto in pratica. Ma prima di arrivare, due greggi di mufloni ci tagliano la strada.
Temperatura frizzante, temo la poca neve nella parte iniziale, e infatti spalleggiamo per una ventina di minuti, cercando di rimanere in equilibrio su una lastra ghiacciata continua che ricopre l’asfalto: una caduta a testa ce la schiviamo davvero per un soffio. Poi finalmente sci ai piedi, ma certe chiazze di catrame vengono aggirate su pochi mm di bianco, al ritorno sarà un togli metti estenuante!
Già dalla partenza la roccia dolomitica ci inebria alla luce del sole, sarà tutto un crescendo. La giornata è limpida, per ora, fresca, senza vento (o poco successivamente), ideale. E il percorso conta fare una graduale virata verso destra, abbandonando la civiltà e incassandosi nel Regno di Re Laurino. Uno sguardo alle nostre spalle rivela l’inconfondibile pronunciarsi verso il cielo della Marmolada (dove oggi era meglio non andare visto che già stanotte ne hanno soccorsi due!).
Ecco la est del Catinaccio (oggi protagonista di un book fotografico senza precedenti), poderosa parete solcata da numerose e agogniate vie, oggi teatro di spettacoli continui. La neve caduta ieri ha come nemico il sole, che ne rompe i deboli legami con la roccia sotto e la fa precipitare giù in una cascata di polvere bianca, fragorosa. Osserveremo almeno una dozzina di valanghe tra catino sud e catino nord, alcune non le vedremo ma le sentiremo. Il tracciato resta abbastanza distante dai conoidi, anche se qualche pallina di neve arriva dove scorrono gli sci. Bello spettacolo, basta solo che sia a debita distanza! Video.
Ben presto siamo al pianoro del Gardeccia, belli al sole, con la est del Catinaccio sempre più vicina, sempre più grande. Proseguiamo infilandoci in un rado bosco, sappiamo che d’estate fino al Vajolet si arriva in jeep, stiamo pestando una carareccia, niente bosco fitto. Osserviamo un gruppone di sci alpinisti davanti a noi, ecco di chi è la traccia che stiamo seguendo.
Il fragore delle valanghe dai catini del Catinaccio continua, e ormai siamo sempre più vicini a questa immensa parete, che ci fermiamo a osservare a più riprese. La pur più bassa Punta Emma, che è solo una propaggine nordica alla possenza del fratello maggiore posto più a sud, è estetica e mi rammenta ricordi di arrampicata settembrina.
Giungiamo al Rifugio Vajolet, splendido balcone sul Gruppo dei Mugoni che si erge proprio a sud di questo punto panoramico. Per prospettiva la est del Catinaccio si è assottigliata, ma sappiamo bene che parete sia. Lassù le Torri del Vajolet, simbolo dell’arrampicata di questo angolo di paradiso di roccia.
Non indugiamo, l’itinerario procede verso l’alto, addentrandosi sempre più nel cuore di questo gruppo montuoso. E questo “addentrarsi” è sottolineato ancor di più dal come si sviluppa il tracciato: ci si incunea in una vallettina stretta, senza centinaia di metri di roccia ai lati, ma quella decina è sufficiente a farti sentire piccolo piccolo. Si svolta leggermente a destra, leggermente a sinistra, si svirgola di continua in mezzo al bianco e al marrone, con sopra la testa l’azzurro.
Ogni tanto alle nostre spalle possiamo scorgere i Mugoni, articolati ma con un bel canale che li solca in mezzo, e ogni tanto davanti a noi possiamo indovinare dietro quale sperone roccioso si nasconde il Rifugio Passo Principe, all’ombra del mastodontico Catinaccio d’Antermoia. Ma sulle Zigolade iniziano a comparire le prime nuvole: che sia solo innocuo vapore di pioggia di valle di ieri scaldata dal sole mattutino? Sarebbe bello..
Si esce dalla valletta incassata, il campo si riapre. Dispersi/immersi nel Regno di Re Laurino. 
 Sotto di noi tre sci alpinisti hanno proseguito nella valletta incassata, seguendo le tracce del gestore del rifugio di ieri. Noi siamo usciti dalla valletta seguendo la pista del gruppo davanti a noi. Lo spettacolo è grande, sognavo un giro del genere, senza troppi tecnicismi, una cima da raggiungere, ma solo immergersi e lasciarsi avvolgere dalle dolomiti invernali. Video.
Il gruppone che finora ci ha battuto traccia inizia a salire verso sinistra, stanno puntando alla forcella Valbona per poi scendere per la valle omonima, un giro ad anello. Cavolo, questo gruppo si presta bene a giri ad anello, o meglio, a giri dove Sali e scendi per due versanti diversi. Poi c’è il problema di come tornare all’auto.. Anche noi oggi stiamo valutando la possibilità di scendere per il Rifugio Antermoia e la Val Udai, ma poi? 10 e passa km di cammino su asfalto? La stagione sciistica è chiusa, non ci saranno nemmeno autobus.. Prossimo inverno, si fa.
E così le ultime centinaia di metri sono tutte da tracciare in 30cm di neve fresca, ma come dislivello c’è poco. Siamo ormai in vista del passo d’Antermoia, che sarebbe da salire se volessimo scendere di la, ma..è piuttosto ripido. Con questa neve fresca..chissà. Il gestore del rifugio ci saprà dare consiglio.
La neve al sole luccica, segno che ha fatto freddino, il Catinaccio è un po’ nascosto dalle Torri, quello d’Antermoia si staglia maestoso verso il cielo. Noi, formichine in questa ampiezza, continuiamo modesti la nostra salita verso quella che finirà per essere la meta di oggi. Raggiungiamo la traccia che ormai siamo 20m sotto il rifugio. Alle 10e10, dopo 3h di immersione in questo mondo, siamo a poma. Verso nord il Passo del Molignon, che bello.
L’irraggiamento solare rende la temperatura ottima per un topless, ma prima entriamo dentro per scambiare quattro chiacchiere col simpatico e disponibile rifugista. Quattro battute, due consigli, e capiamo che oggi tocca accontentarsi (accontentarsi, puah) della salita fin qui percorsa. Prendiamo due birre, altrimenti saremmo troppo impomati dal panino che uscirà a breve dai nostri zaini.
Al sole, al tepore, panino, birra, e panorama mozzafiato, Pasqua ottima.
Quasi un’ora trascorrerà tra il nostro arrivo e la nostra partenza, ma qui si sta troppo bene. Peccato il cielo si stia caricando a modo,d’altronde le previsioni davano peggioramento dal pomeriggio: forse è un po’ in anticipo, ma che ci devi fare, la nostra passione è regolata dalla natura e dal clima, questi non si domano.
 Discutendo del fatto che questa sia la più bella sci alpinistica dell’anno o meno, ricordo a Riccardo Cima Forzellina: ecco, ci siamo capiti. Pronti a scendere, e come preannunciato al gestore, 10m e sono per terra, a ridere come un matto (una lastra ghiacciata ma preannunciata mi ha fregato). 
Scendiamo inizialmente seguendo il traverso che abbiamo tracciato, e che ora è solcato da una piccola scarica a debole coesione (oggi il grado 2 di meteotrentino è un po’ stretto, anche a detta di Sergio, sono lieto di non essermi avventurato su itinerari più belli ma più rischiosi), poi giù a sinistra verso la traccia dei tre trentini che ormai saranno già a valle per la loro grigliata pasquale (che bello essere un local).
Riccardo fa un capitombolo che mi pento non aver filmato, le risate, di entrambi, riecheggiano per la valle. Il bello di questa attività è che una caduta, su neve morbida, è ilare: in arrampicata, mai. Cerco di godermi la valletta come se fosse un pipe, ma sterzare su certi cambi di pendenza è forse qualcosa di troppo spinto per le mia non doti di discesista. Ma si può osare, la caduta non fa male.
Come se non volessi abbandonare questo posto, ogni tanto mi fermo per girarmi indietro e osservare di nuovo: poi faccia a valle per continuare la discesa e rendersi conto che le nuvole si fanno sempre più cariche. In nemmeno 20 minuti (“ma perché non abbiamo iniziato prima invece che muoverci con le ciaspole?!”) siamo di nuovo a contemplare il paesaggio dal balcone del Rifugio Vajolet.
Il sole ormai è un lontano ricordo, le nubi hanno preso possesso del cielo. La discesa si fa un po’ più impegnativa (video) ma sono contento di riuscire ad affrontarla decentemente. Si ripassa sotto la grande est, e poi si torna nel bosco, che ci dice che la discesa divertente è finita. Anzi, ora c’è pure da spingere e evitare le parti scoperte con cautela.
L’arrivo al Gardeccia segna, come se non fosse già chiaro, la fine dei giochi. Giù senza freni sulla strada dove la neve si è sciolta ancor di più, credo che almeno un 5-6 volte tocca togliere gli sci per non fare le scintille sull’asfalto. Alle 12e30 siamo alla macchina, e mentre ci cambiamo 2 gocce bagnano la schiena nuda. Giusto in tempo, la Pasqua è stata salvata.
Se sarà l’ultima sci alpinistica dell’anno, è stata una buona chiusura (di certo meglio del tentativo al Cevedale) della stagione, la prima stagione!

Qui altre foto.
Qui video di una valanga.
Qui video panoramico.
Qui video di Riccardo in discesa.
Qui report.