domenica 6 luglio 2014

Da 0 a 4000: Piramide Vincent, da non fare così

Mia mamma diceva sempre “fate quel che dico, non fate quel che faccio”. E noi, dopo tutti i proseliti sull’acclimatamento, sul mal di montagna ecc, che facciamo?! No beh, in realtà siamo semi costretti a farlo, col senno di poi (ma anche di pre) era la scelta la giusta, e tutti ce ne siamo resi conto, chi prima e chi dopo. Di certo l’importante è non fare come l’anno scorso io!
L’ultima uscita del  corso A1 2014 del CAI di Carpi prevede il pernotto al Rifugio Gniffetti e la salita a Punta Parrot: bella cima, e anche altina, già salita Ma il meteo si mette di traverso, come accade ormai spesso nell’instabilità di questa estate (ma anche prima): domenica il peggioramento si preannuncia sempre più in anticipo ogni giorno che passa, e sarebbe un peccato non riuscire a far raggiungere una cima agli allievi. Già ci sfava la rinuncia al nostro lunedì, almeno il corso va salvato.
Entriamo in autostrada nemmeno presto, e già questo bastona un po’. Sosta per una bellissima colazione in autogrill e uscita a Quincinetto per cercare di regalare meno soldi possibile alle autostrade della vda. Poi un’irrefrenabile voglia di gnocco alla cipolla mia, e di altro degli altri tre, ci spinge a una sosta veloce a Gressoney, ora si che siamo pronti. Al parcheggio di Staffal ci prepariamo a essere sparati a 3200m di Punta Indren.
Il meteo non pare già dei migliori, la corsa della funivia sfiora e finisce in mezzo alle nubi, ok aspettative basse, ma almeno oggi doveva essere buono! Arrivati alla massima quota meccanizzata, un po’ rischiara, fa un caldo notevole, e la voglia di salire aumenta. Saliamo.
Il tormentato Ghiacciaio Indren è oggi una distesa nevosa abbastanza uniforme, incontreremo parecchi sci alpinisti, beati loro che si godono un spanna di neve morbida su fondo duro. Il gruppo si spezza, ora ognuno fa riferimento al proprio istruttore, e così proseguiamo fino al Rifugio Gniffetti, dopo la risalita delle roccette ben attrezzate a canaponi.
Al rifugio tocca prendere l’ardua decisione: ci si prova o no? In fretta e furia si diventa tutti indipendenti, le cordate pronte possono partire, si tenta la Piramide Vincent, unica meta proponibile oggi: le altre troppo lontane, la Giordani lasciata alle spalle prevedeva una risalita finale per arrivare al rifugio, oltre che la risalita di un pendio esposto al sole.
Raduno Dario e Cristian e ci spostiamo in alto per passare alla modalità ghiacciaio. Il discorso è chiaro: a me non interessa arrivare in cima per gusto personale, ci sono già stato, ma capisco che un allievo vede il raggiungimento della cima (che oggi è anche il suo primo 4mila) come il coronamento dell’uscita, e forse del corso. Perciò, io non costringo e tiro nessuno, se volete andiamo, se siete stanchi poi torniamo indietro, ecc ecc. E secondo te cosa rispondono?!
La prima parte del ghiacciaio è un falso piano al cospetto del roccioso versante sud ovest della Piramide Vincent. Altre cordate in giro, ma tutte in discesa. Solo noi saliamo. La regola direbbe che non è sano mettere piede su terreno nevoso alle 13e30, ma onestamente pericoli particolari oggi non si pongono: crepi belli tappati dalla neve, percorso arci noto e super tracciato (anche con nebbia ci vuole dell’impegno a perdersi).
Siamo davanti noi, e iniziamo così a filare a lato dei seracchi che ci lasciamo sulla destra, mentre risaliamo un pendio che si fa più ripido. Gianluca, con Cristian, Alessandro e Stefano, ci seguono, poi ci supereranno, con cristian che da capocordata mi confesserà “cavolo, con questo vento fa più wild, è una figata”. Già, il vento, inizia ad alzarsi, e in cima sarà una mitraglietta di neve.
Il mio Cristian non è in formissima, ma è normale, fisicamente oggi è un endurance, in meno di 12 ore da 0 a 4000 non è sano, però di certo assicurerà un miglior acclimatamento per la notte visto che dormiremo 600m più in basso della massima quota raggiunta. Ma le pause per riprendere fiato giovano a tutti, è innegabile!
Tra una nuvola e l’altra spunta il Lyskamm Orientale e il Naso del Lyskamm, un alpinismo un po’ più di grado! Questo ambiente, che a un alpinista navigato fa venire un po’ di orticaria (mi riferisco all’affollamento) deve essere per un corsista mai salito in simili posti come il giardino dell’eden, e un po’ queste emozioni ce le passano anche a noi istruttori, rendendo la giornata più piacevole.
Svolta a destra per iniziare la risalita verso il Colle Vincent, che poi si abbandonerà per salire dritti alla cima. Pausa biscotti, un sorso d’acqua, e ripartiamo. Il vento sferza sempre più, ma è maggiormente alle nostre spalle, quindi per ora non troppo fastidioso, almeno finché siamo in movimento.
La parte finale aumenta di pendenza, e ciò rende le ultime fatiche..più faticose, ma ormai ci siamo. Gianluca e i suoi stanno già scendendo, non si sono goduti la cima che si è tutta coperta, e hanno optato per una discesa rapida. Varco il collettino e aspetto i miei filmandoli. È a questo punto la forza del vento si fa impetuosa, mi becco una raffica di proiettili di neve e ghiaccio in faccia che mi fanno subito girare.
Vetta, ci spostiamo un po’ più a sinistra su quella che pare essere la vera cima (30cm di più), ma più che altro lì c’è meno vento. Dario e Cristian sono contenti, questo è importante. Riusciamo a goderci un pochino la cima, il vento cala, un po’ di panorama si apre, anche se poco. Facciamo in tempo a veder arrivare Ivan e Fiorella (doc’è il terzo?) e Giorgio con Marco e Elena (dov’è l’istruttore?).
Di certo ci sarà qualcuno che non è stato bene o che troppo stanco ha chiesto di tornare giù. Incrociamo la cordata di marco che sale, e ne vediamo una verso il Balmehron: chi sarà mai? Quella faina di Nicola, in cordata con due ragazze e bam, si spara la vetta (4mila non ufficiale però) solitaria e con bivacco annesso.. Eh eh!
Io faccio andare avanti Cristian, così vedono un po’ anche loro cosa voglia dire stare davanti e provano qualche emozione in più. La strada da seguire non lascia scampo. Scendiamo col meteo che peggiora man mano, sempre più nuvole, più alte o più basse di noi, ci accompagnano e accarezzano, meno male non ci schiaffeggiano.
Passato il tratto di cambio pendenza, tento il colpaccio, come fece sul San Matteo l’allora mio istruttore Nicola quando ero corsista: all’improvviso mi butto per terra a simulare la caduta in un crepo, Dario si gira e sbambana un po’ senza capire, mezzo colto in fallo! E Cristian esclama “sapevo che l’avresti fatto”.
Faccio passare davanti Dario, per l’odio intrinseco nei due allievi che devono fermarsi e manovrare con nodi e cordini. Dai su, un po per uno! Nella parte finale, quando il ghiacciaio spiana, siamo in mezzo alle nuvole, Dario davanti è già una sfumatura di grigio: senza questa autostrada sulla neve sarebbe un casino trovare il rifugio. La risalita finale, 10m forse, mette a dura prova le ultime energie dei miei due, arrivati al colle, sdraiati per terra a fare due chiacchiere per riprendere energie.
Al rifugio trovo Gianluca che ha due notizie per me: 1, c’è uno zaino in un crepaccio, e che crepaccio; 2, Mirko sta da bestia. Mirko la quota l’ha patita parecchio, ecco perché Giorgio (aspirante istruttore) era da solo con due corsisti. Poi si riprenderà grazie alla bomba energetica che gli han dato in rifugio, ma che spavento.
Deciso che l’attività di domani sarà divisa in chi va a cercare di recuperare lo zaino (che bello, finalmente mi calo in un crepaccio) e chi va a fare manovre e ARTVA, posso darmi alla pazza gioia, bere a mangiare. È una soddisfazione stare bene fisicamente, avere fame e sete, dopo quello che era stato il malessere provato al V Alpini e Suldengrat.
Cena allegra, spensierata, bussolotti di vino, tanto mangiare, piccola riunione finale per decidere bene per domani, grappino e torta, e poi le barzellette di Alfredo. Poi l’incazzo. Vado e prendere i mie scarponi per portarli al caldo in camera, e non ci sono. Ci avevo messo pure sopra i mie ramponi perché nessuno li scambiasse, e invece. Io sono una persona pacifica, posso pensare alla buona fede di uno scambio, ma mi sale un nervoso..
Cerca, chiedi (ai gestori, perché tutti sono a letto, ottima disponibilità dei ragazzi gestori a cercare), esci 3-4 volte in maniche corte a vedere se qualcuno li ha messi fuori (e queste uscite mi fregheranno), niente. Cerca nella stanza, un paio simile c’è, ma manca un segno di usura che mi fa dire non sono i miei. A mezzanotte passata vado aletto con quelli in ostaggio, se domattina qualcuno si sveglia che gli mancano, gli ho lasciato un biglietto per dire dove dormo.
Alle 3 mi sveglio con un mal di pancia che faccio appena in tempo ad arrivare in bagno per vomitare, ecco, ho bevuto troppo mi dico, bravo coglione. Invece col senno di poi capisco che è stato il freddo preso a cercare gli scarponi: non mi sentivo brillo, la mattina dopo stavo bene (altro che post sbronza), e la non solidità dei miei escrementi mi fa capire che laggiù ho preso freddo.
Il risveglio non è piacevole, non sfrutto la colazione e mi prendo una coca cola per sistemare la pancia. No no, io non esco fuori a prendere altro freddo, scendo poi con Mirko che ancora non sta bene. Breafing, chi sale verso il crepo (invano, crepo a campana, troppo rischioso per uno zaino), chi verso il primo metro quadro di ghiacciaio per fare teoria, e noi due giù verso il benessere, e scappando da un meteo che ci ha svegliato con un cielo terso, ma che ora è già nuvolo.
Oh, sto già meglio, mi viene una fame che giù a Staffal ci spariamo una bella colazione, un giretto e poi a Gressoney a passare il tempo e comprare un crema dopo solo: che pirla che sono, ieri mi sono protetto collo e orecchie, e non la faccia: sono un panda, fronte e guance ustionate. Mentre ci prendiamo il prnazo, Gianluca chiama che sono giù, via a recuperarli!
Ben presto scendono tutti, e ci dirigiamo verso la Pineta di Gaby per camminare un po’ (contenti tutti, eh!) e poi bere e mangiare. Cin cin finale a una chiusura di corso A1 all’insegna del “così non si fa” ma “flessibilità in montagna, valutare e capire dove finisce la teoria e inizia la pratica”.

Qui altre foto.
Qui report.

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