sabato 6 settembre 2014

Bis Bismantova: Pincelli variane Mediana e uscita diretta più Oppio

Lasciamo pur perdere la voglia di rivincita sul bel meteo a nord, tanto non c’è scampo, andiamo in Pietra e buonanotte. E siccome in macchina abbiamo quelli bravi, Claudio, Mirko, Nicola, Paolo (in rigoroso ordine alfabetico onde evitare battibecchi), io e Giorgio che siamo quelli scarsi optiamo per la cara e vecchia Pincelli, ma con varianti.
Visto il meteo dei giorni passati, al nostro arrivo al parcheggio della Pietra, la macchina si svuota di sei persone e innumerevoli stronzate, e lo riempie, non c’è nessuno (o quasi). Ci incamminiamo, Mirko e Paolo verso il Diedro UISP, Claudio e Nicola verso la Via degli Amici, e io e Giorgio verso la Pincelli.
Parte il mio amico, questo tiro lascia sempre un po’ di perplessità, non è difficile, ma parte sempre con della sabbiolina sui primi appoggi, il primo chiodo è alto, e adesso ci sono pure quei sensori piazzati sulla roccia sopra di noi a destra, messi a monitorare eventuali spostamenti onde prevenire nuovi crolli. E con le piogge di quest’estate, è pure peggio, sporca di terra fino su. È sempre un tiro che ti drizza le orecchie.
Con la sosta un po’ spostata a sinistra, siamo sotto il placcone della variante mediana. In realtà ci sono tre varianti, la più difficile a sinistra, la media a destra, la più facile al centro: ovviamente saliamo al centro. E delicatamente e con circospezione (sempre d’obbligo su questa sabbia pressata) salgo seguendo a tratti la fessura che però non sempre è un buon aiuto per le mani. Ma il tiro è bello e lungo, ne vale la pena, potrei pensarci all’uscita del corso AR1 2014 del CAI di Carpi.
Alla sosta noto della pelle di serpente, e mi chiedo come abbia fatto ad arrivare fino qui a togliersela. Poi penso al fatto che questa montagna è tutta bucata.. Oddio, usciranno serpenti da tutti buchi! Altro animale che mi fa letteralmente cacare sotto è il corvo che si lancia in picchiata al mio fianco mentre arrampico: taglia l’aria con un sibilo che la sua apertura alare pare kilometrica! E sono bizzarre (e anche loro un po’ rumorose) le decine e decine di rondini che svolazzano su tutta la parete alta saltando da un settore all’altro.
Siamo carichi, perché non metterci dentro anche l’uscita diretta? Una delle ultime volte che sono venuto in pietra ho visto qualcuno uscirci, ha detto che non era facile, però dai, oggi c’ho voglia di mettermi in gioco. Parte quindi Giorgio per quella che sarebbe la variante alta, quella che per me è ormai un must a ogni corso AR1, ma dopo i due passi strapiombanti (IV+ e V) invece che salire la placca-diedro a sinistra, va dritto sotto l’uscita diretta.
Dritto è una parola grossa, sia lui che io (forse io di più) semplifichiamo il passaggio passando più a sinistra, ma è comunque una bel passaggio. Ed è strabiliante anche come possa trovare più difficile il passaggio della variante alta da secondo, che da primo. Ma questa è un’altra storia.
Eccomi qui, alla nostra terza sosta, sopra di me un diedro bello liscio e aperto, coi chiodi belli in fuori (nel senso verso l’esterno del diedro) e distanti: azz, speravo fossero più vicini, avevo ipotizzato una mungitura se mi trovavo in difficoltà, ma siamo in ballo, balliamo.
Parto deciso, primo chiodo, poi inizio a titubare: mi manca un passo, se prendessi coraggio poi sarebbe fatta. Sarebbe fatto questo passo, poi ce ne sarebbero altri. Intanto alla base della parete si è formato un gruppettino di spettatori: Mirko e Paolo appena tornati dalla loro via, e Riccardo con Lollo. Tutti a incitarmi..a modo loro.
Con sudore e A0 faticoso, riesco a salire pian piano, e finalmente sono fuori. Ad osare di più, bella variante, devo ripeterla, quando sarò più in forma. Vado a sostare sull’albero lontano per essere un minimo comodo a recuperare Giorgio.
Ecco anche lui, una foto, un po’ di rifoccilamento e poi che si fa? Dai, andiamo a fare la Oppio, che ho un conto in sospeso: fatta qualche mese fa con Paolo, non me la sentii di tirare l’ultimo tiro, e visto che il compagno di allora aveva concatenato secondo e terzo, io alla fine avevo tirato solo il primo. Oggi voglio fare secondo e quarto, che sono i più duri.
Ripassiamo sotto la base della Pincelli e notiamo Mirko e Palo impegnati sulla variante mediana, noi dritto. La linea della Oppio è davvero dritta, la roccia si è aperta, si è divisa, lasciando una fessura per vedere il cielo con un po’ di anticipo. Davvero estetica, e anche in via il cielo non manca visto che la maggior parte dell’arrampicata è tutta bella esposto col vuoto sotto il culo.
Anche qui parte Giorgio, così posso fare i tiri che mi han fatto paura la scorsa volto. Sale guardingo e ad un tratto gli cade pure un friend, “vai tranquillo, lo prendo io, ho visto dov’è”. Vado io adesso, e di nuovo questa sensazione di fare più fatica da secondo che da primo, uffa.
Nella parte stretta, struscio lo zaino a modo, finché non si sente qualcosa che inizia a cadere, e allora devo urlare “scarpe!”: già, scarpe, non sasso, sono le mie mythos che uscito dalla Pincelli ho staccato dallo zaino e non rifissate bene. Sto arrampicando con le scarpette nuove, ma nel dubbio del dolore ho portato anche loro, che adesso giacciono alla base della via. Dopo svariate fecondazioni di roccia, si arriva alla sosta bella scomoda, come la ricordavo.
Dopo aver filato e rifilato le corde (arrivando in sosta non si sa dove passi, poi le corde sono buttate su un terrazzino e poi spostate) riesco a partire. Poche mani, pochi piedi, chiodi alti e distanti. Sospiri e sospiri, e la mano che si alza verso la quercia, come un giocatore di basket che sta per schiacciare all’ultimo secondo per il punto della vittoria: ah, adesso resterei qui a penzolare come una scimmia, ma meglio proseguire.
Dopo qualche altro passaggio croccante, arrivo alla sosta in mezzo al guano, ben più comoda della precedente, ma più sporca. Siamo dentro la spaccatura nella roccia, la visione che abbiamo del mondo circostante si restringe a pochi gradi di apertura verso le colline.
Arriva Giorgio, che poi supera senza troppe difficoltà il terzo tiro, reso un po’ insidioso dalla cacca degli uccelli bella abbondante su questo tratto. L’anello cementato della sosta da però sicurezza, anche se pure questa è piuttosto scomoda, ma mai come la prima..
Ed eccoci, altra bestia nera. La partenza del quarto tiro è abbordabile, ma poi già si complica per un passaggio in strapiombo dove l’esposizione è davvero tanta. Ci penso, tentenno, ma qui voglio salire senza barare, e ci riesco. Ora è tutto in “discesa”. Eh no, c’è qualche altro passaggio ostico prima di riuscire a raggiungere la sosta sulla sommità.
Vedendo gli orizzonti aprirsi verso l’alto, non ci capsico più nulla, parto sparato a uscire verso sinistra, cerco la sosta, vedo un alberello, poi vedo la vera sosta, a destra: scendi e risali. Cerca di comunicare col mio compagno, ma non sente, vento. Passiamo alla comunicazione a strattoni di corda. Ah, che soddisfazione aver superato pulito la via!
Ci si reca al rifugio della pietra, dove arriviamo che Mirko e Paolo sono già li che bevono, e deridono per la figuraccia fatta sull’uscita diretta, ma pazienza. Prima scappo alla base della Oppio a riprendere le mie Mythos, poi evo. Nicola e Claudio? Oh mio dio, saranno incrodati. Quasi, dopo un po’ arrivano, ma la via è stata diversa.

Qui altre foto.
Qui report.

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