domenica 26 ottobre 2014

Sole autunnale dolomitico 2di2: Via Decima Cimpellin Pala del Bo

Ieri qui.

Suona la sveglia, 5e35, voglio andare fuori a vedere il cielo e fare qualche foto aspettando l'alba. No no, si sta troppo bene qui al caldo, rimando un po' la sveglia. Dopo una mezzoretta esco dal comodo e caldo sacco a pelo, se non altro perchè la vescica preme. Il cielo presenta qualche nube alta e velatura, ma nulla di che.
Resto fuori un po', rientro e trovo anche Riccardo sveglio, esce anche lui e fotografiamo lo spettacolo dell'alba, le nubi che da grigio notte dormiente si colorano di rosso acceso, quella luce laggiu che nasce dietro il Tamer, e l'Agner che si desta lentamente ma prepotentemente.
La fame chiama, e anche la voglia di arrampicare, quindi ci spostiamo all'ingresso del Rifugio Carestiato con fornello, pentolino, latte, caffe solubile e torta, a scaldarci che adesso il freddo punge, anche se pare essere ben inferiore a ieri. E mentre ci colazioniamo, la mascotte del rifugio viene a farci visita, guardinga, si avvicina piano piano, cerca briciole, finchè arriva ben vicino a cercare di impietosirci, ma ormai la torta è già nelle nostre pance.
Escono anche i quattro ragazzi romagnoli arrivati stanotte, al sole si sta proprio bene, ma noi abbiamo fame di roccia adesso e iniziamo quindi a prepararci, lasciamo uno zaino coi sacchi a pelo e le cose inutili al locale invernale, e ci avviamo di nuovo verso le pareti, inizialmente verso la ferrata e poi verso destra.
Sarebbe stato bello attaccare la Pala del Belia, magari non sullo Spigolo Soraru ma sulla Penasa, ma il meteo un po' incerto, la lunghezza della via, le temperature ok finchè c'è il sole ma dopo chissà, il coprifuoco e la soddisfazione di ieri, ci fanno optare per la più corta Pala del Bo, via Decima Cimpellin.
Già che ieri sera ne abbiamo viste delle belle. Tornati al rifugio dopo la nostra via, vedevamo una cordata impegnata sulle ultime due lunghezze, quindi verso le 16, e quando siamo risaliti al rifugio dopo la nostra lauta cena, le frontali illuminavano la cima della Pala del Bo, ben tre ore dopo. Chissà che han combinato. Siamo rimasti un po' a far vedere le nostre di frontali per far capire che c'era qualcuno se avevano bisogno di aiuto, ma poi sono scesi con le loro gambe.
Sotto la Pala del Belia che tetti, nulla in confronto a qualche decina di metri più su, ma già questi.. Si sale si sale, che caldo, anche oggi staremo bene assolati, intanto però questa parete ci affascina e anche se non siamo ancora andati via, ho già voglia di ritornare!
Alle 8e30 siamo pronti per attaccare, forti delle 5h di ieri come da relazione, siamo fiduciosi delle 3 di oggi, e invece.. Intanto ci gustiamo il panorama, verso sud, qualche monte, la valle, le nuvole basse in pianura e la palla di fuoco sopra di noi.
Parto io oggi, così pareggiamo i conti, risalgo il camino cercando di caminare il più possibile, almeno da rendere questo III un po' più interessante. Ormai psicologicamente le poche protezioni non danno più da fare, vedere che l'ultima è a 6-7 m sotto di te non fa più tanta impressione, ma quando è un friend mal messo.. Placchettina sulla destra a superare il masso incastrato in strapiombo nel camino e poi delicato traverso verso sinistra alla sosta.
Ora tocca a Ricky, arrampicata plaisir oggi, o almeno per ora. Alla ricerca però della via, visto che anche qui di chiodi se ne vedono davvero pochi. Giusto i due della sosta per il tiro del mio amico, ma questo sole scalda gli animi!
Vado per il terzo, ma salire di qui? Alla faccia dello strapiombo! Sarà ben ammanigliato per essere un IV: insomma.. Sono i piedi che fluttuano nel vuoto a cercare un improbabile appoggio, anche minimo, giusto per sollevarsi un po' e modificare la mano da trazione a sostituzione.. Taac, passato, poi vago su una parete uniforma alla ricerca della sosta.. Quanto tempo si perde a cercare la via! Ma eccola, che bruttina..
Uno strano diedro attende Riccardo, indecisi se sia di li o di la, ma deve essere di li. Almeno qualche chiodo la relazione lo da, e anche se procede un po' circospetto, lo vedo salire: certo che il V di ieri lo vedevo meno impegnativo però. Bel tiro però, buone mani e qualche passo niente male, poi la sosta è davvero scomoda, ci si scavalla per proseguire. Inizia a far freschino, ci vestiamo.
Ma dove proseguire?! Lassù sembra vedersi qualcosa, ma non può essere la sosta cosi vicina, la relazione chiama 45m! Ma già ieri abbiamo visto che forse pecca un po' questa guida.. Mah, vado, che traverso delicato, i tutti i chiodi dove sono?! Ne trovo solo uno. Canale detritico friabile in traverso, ed eccomi alla sosta. Ma dai, allungo bene questo rinvio e provo a proseguire, tanto se il tiro dopo è 25 ce la faccio, e così è, la camminata sulla cengia erbosa facendo il tiro alla fune. Il cordone avvolto intorno a un bassissimo masso incastrato mi fa intuire sia la sosta.
Mentre faticosamente recupero Ricky, osservo l'ultimo tiro, la fessura camino, ecco un chiodo, bello verticale! E infatti il mio amico lo vedo leggermente in difficoltà: passaggio ostico un metro sopra la partenza, strapiombo senza mani a sinistra della fessura, poi va, sale, ma poche protezioni, e dopo un certo tempo lo sento che arriva.
“Parto!” ma porca vacca quanto è duro questo passaggio?! Altro che IV, se faccio un confronto con ieri è un V pieno! Oh insomma, provo a salire, niente mani, scendi, riprova, una manina alta, ma non mi regge, torna giù, finisco appeso un bel po di volte, mi cuocio le braccia e inizio a capire come mai forse quelli di ieri sera sono scesi con le frontali. Provo anche la fessura, ma liscia liscia.
Riesco alla fine, non so dopo quanto, a superare quei due tre passaggi duri, poi le difficoltà calano man mano, lasciando un tiro bello verticale e ben ammanigliato solo in alto. Per questo tiro finisce che in due ci mettiamo un'ora a salire.. Poi siamo fuori, una fame della madonna e ci sfoghiamo su un po' di roba che abbiamo. E intorno a noi le nuvole hanno preso possesso delle cime più alte, tra cui anche il Moiazza di cui scrutiamo gli anfratti col naso all'insu.
Discesa ripida, inizialmente comoda nell erba, poi con la possibilità di affidarsi alla stretta dei mughi, e infine su ghiaino bastardo, il caldo che torna ad attanagliarci. Alle 13e30 arriviamo al rifugio per riprendere le nostre cose, sperando ci siano ancora, e scambiamo due chiacchiere con tre signori in la con l'età che parlano delle loro arrampicate qui come bei ricordi..
La mascotte del rifugio è ancora in zona, ma adesso con la fame e sete che abbiamo vogliamo solo scendere, altro che capra, ma solo dopo aver dato un'altra visione a tutti i panorami che questo balcone sulle prealpi bellunesi offre.
Il parcheggio oggi è bello affollato, ma nulla ci leva lo spirito selvaggio di un cambio abito integrale e in successione birra e torta sulla panchina. Gran bel weekend, temo l'ultimo di arrampicata in dolomiti, ma qui ci sono due tre vie che devo tornare a fare.

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sabato 25 ottobre 2014

Sole autunnale dolomitico 1di2: Via Decima Scalet Mesenade

Siamo stati indecisi fino all'ultimo, ma alla fine.. Un weekend libero da tutto, previsioni con sole ma..temperature fresche. Poi giovedì sera alla cena del corso AR1 2014 del CAI di Carpi, Luca mi gela con un “ma hai visto quanto ha nevicato?”. Telefona di qua, webcam di la, previsioni, consigli, in poche ore cambiamo idea 3-4 volte, poi si decide per andare, proviamo. Mai scelta fu più azzeccata.
In zona c'ero già stato con Marco per salire la Ferrata Costantini, e poi con Nicola, Paolo e Ivan per la Via del Topo alla Torre Jolanda, e rimembravo un posto magnifico, ma così tanto?! Quanto ha da offrire il Moiazza all'arrampicata! E sotto consiglio di svariati personaggi, per il sabato l'obiettivo è la Via Decima allo Scalet delle Mesenade, un classicone.
Il Passo Duran è magico, offre un'ottima vista sul Pelmo all'alba, lo si raggiunge dalla valle di Zoldo e sbuca all'improvviso dopo aver terminato il bosco autunnale. E al di là, un mezzo tappeto di nubi nella valle agordina. Il cielo è sereno, il sole si sta alzando..ma fa un freddo bestia!
Dubbiosi ci incamminiamo verso il Rifugio Carestiato, con questo freddo si farà qualcosa? E la neve che si vede esser caduta altrove, ha davvero risparmiato il Moiazza? Intanto ci godiamo un paesaggio fiabesco, luci e ombre, sole e foschie basse sulla valle agordina.
Poi ci si ringalluzisce il cuore nel vedere come il sole illumina con prepotenza la Pala del Belia e le altre pareti a sud: sta a vedere che Nicola ci ha visto giusto, e anche noi. Adesso famelici ci incamminiamo verso il sentiero che conduce all'attacco della ferrata, e che poi scende per passare sotto tutta la bastionata sud del Moiazza.
Cerchiamo la nostra parete, ma è ancora presto per vederla, giriamo un angolo ed eccola, deve esser lei. Cercare tracce verso destra che conducono all'attacco..eccole! Saran queste? Mah, andiamo, e ci rendiamo conto che forse siamo saliti troppo presto, ma le tracce ci portano al posto giusto. Almeno non faremo come le altre due cordate che hanno proseguito dritto e si sono circumnavigati la parete!
Ci armiamo, adesso al sole si sta anche bene, speriamo la roccia si sia scaldata. La salita anche se all'ombra ci ha accaldato, e ora siamo senza maglia. Fotografiamo la relazione del libro e ci resto un po' così così. Lo schizzo della guida di Riccardo è davvero magro accidenti. Errore mio, che non ho ancora avviato la stampante a casa.
Poco prima delle 10 siamo pronti. Ricky parte sul traverso del primo tiro, difficile da proteggere ma non difficile, non fosse che trattandosi di un traverso fa cagare in mano sempre. Almeno siamo bene a vista e possiamo comunicare. Si sta bene, sole, poca gente in giro, pace e..dolomia, mica calcare delle falesie!
Tocca a me adesso, e il mio iniziale e doveroso timore si trasforma ben presto in gioia, felicità, divertimento. Metto giù un po' di friend e salgo allegramente, mano il più possibile incastrata nella fessura del diedro, ma tocca un po' stare in placca, mia odiata. Un masso incastrato per una sosta piuttosto scomoda!
Il bel diedro prosegue, affrontato da Riccardo che deve poi abbandonarlo perchè per continuare dritto c'è da essere proprio dei pro. Alla ricerca dei chiodi iniziamo a scherzare sul “ma dove sono tutte queste clessidre?! Avremo mica sbagliato via”. Il “passaggio difficile” indicato dalla guida ci lascia un po' sorpresi, nel senso che non ci pare così difficile..
Al quarto tiro mi complico la vita, ma qui si vede la poca esperienza. “salire verso destra, poi traversare a sinistra”, ma traverso troppo presto, prendo una cengetta stretta e strapiombante, mi sta che sto spostando il tiro chiave della via qui. Oppure sono riuscito a prendere la variante: ma no, quella è più a sinistra ancora e ci stanno per salire una coppia di bolzanini. Giro e rigiro, ma ormai son qui, tocca salire. Tiro tosto davvero, arrivare al cordone di sosta è un sollievo. Bello!
Forza Ricky, ora stiamo per entrare nel vero colatoio, ma le distanze della guida ci traggono un po' in inganno, questi tiri li combiniamo un po' male, troppo corti, troppo lunghi, chissà. Ma adesso è tutto divertente, ludico, soste da attrezzare ovunque, ora iniziano a vedersi queste benedette clessidre.
Lo raggiungo a una sosta improvvisata, non sembra l'ufficiale, ma poco importa. Poi riparto io e sosto presto su quella che invece sembra davvero ufficiale, perciò meglio non mancarla! L'arrampicata è verticale, ma le maniglie sono buone.
Il mio amico riparte ormai non c'è relazione che tenga, si va su e bona, e si va su bene anche! Sotto di noi la coppia di bolzanini prosegue seguendo invece le soste ufficiali, e alla nostra destra una cordata è impegnata su una via ben più dura, sulla quale han tolto da poco gli spit anche.
Ottavo tiro, goduria pura. Il colatoio bianco levigato. Ma quel “levigato” che tanto ci intimoriva, non è un levigato stallavenico. Numerose manette, piccoli strapiombi, tratti verticali, ma tutto ben ammanigliato, si sale da papa, vorrei durasse cento metri questo tiro! Arrivato a uan specie di vasca però, quella clessidra gigante mi invoglia a una sosta, anche perchè mi pare sopra di me ci sia l'ultimo tiro.
Giunge anche Riccardo, che sul nono tiro sotto quel torrione staccato patisce un po di freddo rispetto al tepore che avevamo al sole. Lo vedo un po' titubare a uscire, ma poi da scaltro che è, lo vedo scomparire in quella che credo sia la cengia di fine via. Scaltro lui, io arriverò a sbucare su con la mano che a tentoni cerca qualcosa senza trovare altro che saponette lisce e i piedi nel vuoto in strapiombo! L'uscita vera era più a destra, ma riesco anche di qua.
Spettacolo di via, spettacolo di roccia, spettacolo di giornata e spettacolo di tempo: 5h! Siamo proprio soddisfatti.
Pausa cibo e bere, ci godiamo il panorama e il caldo, tantochè per fare invidia a chi è rimasto ben più a sud scattiamo qualche foto a petto nudo da inviare per telefono, che al Passo Duran non prende, ma al Carestiato si.
Sopra di noi un paio di chiodi indicano la possibilità di proseguire, ma non si sa su cosa, perciò vai con la cengia che offre un' abbastanza comoda discesa, e panoramica. Ridendo e scherzando sul fatto che l'attuale sia il passaggio di III, e non quello precedente, arriviamo giù alla base della parete con calma, a osservarne i tetti e le placche lisce.
Alle 16e20 siamo di nuovo al Carestiato. Ancora il tempo di ammirare ciò che ci sta intorno e ciò che ci sovrasta, ma soprattutto di verificare l'integrità del locale invernale: l'idea è scendere all'auto al passo, cenare, preparare la roba per domani e andare a dormire all'invernale con la colazione. Tutto a posto, possiamo iniziare a scendere dopo aver salutato la mascotte del rifugio.
Mentre scendiamo il freddo ricomincia ad avvinghiarsi a noi e le nuvole al cielo: cielo coperto vuol dire più caldo di notte, ma più freddo di giorno. Intanto ci facciamo antipasto a formaggio che abbiamo una fame assassina, poi mentre tremiamo quasi per il freddo si cuoce la pasta, non vediamo l'ora di finire e salire a dormire che abbiamo pure sonno!
Il tutto però godendosi un bel tramonto..
Alle 20e15 siamo dentro i nostri sacchi a pelo nel rifugio, che spettacolo dormiremo comodi forse anche 10 ore: domattina ci svegliamo e guardiamo il cielo, e decidiamo se tornare a letto o provare ad arrampicare. Andiamo a letto che il cielo è nuvoloso, ciò non ci fa ben sperare. Poi a mezzanotte irrompono altri quattro arrampicatori che svegliandoci per il rumore ci comunicano anche che il cielo è sereno adesso..

Domani qui.

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giovedì 23 ottobre 2014

Cercando l'Autunno, trovando il vento: Appennino Reggiano

Dopo la scorpacciata solitaria di km e paesaggi della Translagorai, in questo periodo di ferie da smaltire avrei apprezzato e di molto arrampicare un po', ma accidenti a tutti, adesso tutti lavorano e nessuno ha tempo in infrasettimanale.. Siccome mi è rimasta un po' li la giornata con Marco nella quale per la fretta non abbiamo potuto fare dislivello, torno nella mia palestra.
Parto forse troppo tardi per fare quello che vorrei, ovvero un giro circa già collaudato, un periplo dell'Appennino Reggiano, alla ricerca dei colori dell'autunno che quando venni con Marco non erano ancora esplosi, mentre oggi sono già passati, ahimè.
Parto quindi da Case di Civago, risalgo il 607, lungo e dissestato verso l'incrocio con la forestale che porta alla “sbarra”. Lo ricordo un sentiero a tratti ripido, in mezzo al bosco, un perfetto luogo autunnale, e così è. Solo che le piogge dell'estate e i metri di foglie secche, rendono la salita spesso ostica.
Uscendo dal bosco sento poi la botta, il vento. Nei giorni passati sferzava bene anche in pianura, speravo che oggi si fosse acquietato: non certo passato, in Appennino c'è sempre vento, ma oggi sarà fastidioso e mi farà desistere da un pezzo di tracciato. Soffia e soffia, e raffredda un tot. Già non c'è caldo, ma c'è il sole, il vento provoca un effetto wind chill notevole.
Sulla cresta del Ravino il panorama è ampio, l'Abetina Reale ha solo due colori: verde abete e marrone faggio. Niente giallo e rosso. Torno a ripetermi che questa cresta devo assolutamente riuscire a percorrerla d'inverno, ormai sono un paio d'anni che lo sogno: una bella cavalcata a lume di luna piena come quella di oggi, ma con neve.
Vado a testa bassa e corpo inclinato per combattere le folate, lascio il sentiero che scende per continuare in cresta, e dopo l'Alpe di Valestrina corro giù lontano dal vento, trovando al Passone un po' di ghiaccio e il laghetto a lato del sentiero che ha solo mezza superficie increspata dal vento: il resto è fermata da qualche cm di ghiaccio.
Via sulla schiena del gigante, e ora il vento me lo sento tutto squassarmi, cammino grazie ai bastoncini, il mio sguardo cade a piombo molto laterale rispetto al piede esterno, anche il mio baricentro non è in mezzo ai piedi ma al loro esterno. Tira eh! Faccio pure fatica a respirare. Inizio a rivalutare il progetto iniziale.
Dopo poco meno di tre ore dalla partenza, sono in cima al Cusna, ottimo timing, ma quello che vorrei fare di giro è ben più lungo. Ma l'altra volta quanto ci ho messo? Non mi ricordo. Vorrei mangiare, ma è troppo ventoso quassù. Arriva altra gente, io corro giù sul sentiero che scende a Presa Alta, sperando sul versante sud il vento sia minore e possa fare una pausa.
Devo scendere abbastanza per esserne al riparo, pensare di tornare sul crinale per prendere dell'altro proprio non mi alletta come idea. Mangio e bevo, poi traverso verso ovest sulle rocce che mi dovrebbero portare giù a Presa Alta, dopo un bel tratto nel bosco dove sorprendo due cervi e un cinghiale: o non mi hanno sentito, o il vento portava via il mio odore, o ormai il mio odore è per loro di casa.
Arrivato all'incrocio sulla forestale guardo l'ora, penso al vento che soffia sul crinale: no non mi va, non risalgo per andare sullo 00, salire sul Prado e farmi fino al Passo delle Forbici sullo 00, ore e ore esposto alla furia del vento che si sta pure rafforzando. Segue il 629 risalendo la forestale e ammirando la pace e la lenta “morte temporanea” del bosco.

Giunto quasi al Battisti, pestando altri metri di foglie, trovo altro ghiaccio, ma almeno la fontana è salva! Altra lauta pausa cibo, col vento che qui va e viene complice le barriere naturali intorno all'edificio. Ma quando viene, si sente. Un'occhiata la locale invernale, e via giù per il classico e noioso 605, dando un'occhiata da vicino al cervo finto che avevo visto con marco l'altra volta.
Una sosta al laghetto prima del Rifugio Segheria mi fa venire una voglia di fare un bagno.. Che acqua chiara! E adesso che non sento più il vento, non ho più freddo. Però fame sì. Nell'Abetina Reale trovo una bella sorpresa, sopra un tronco una scatola con dentro dei libri, una piccola biblioteca, e intorno altri tronchi a far da sedia. Altre cose simili disseminate qua e la cercano di valorizzare il nostro territorio.
Mi abbevero alla fontana prima del bivio per il Rifugio San Leonardo, poi scendo cercando di pensare a quanti miliardi di foglie sono accasciate in questi boschi, quante sono vecchie di almeno un altro autunno. La calma, l'inarrestabile vita e morte degli alberi, è impressionante.
Il parcheggio più lungo del mondo mi accoglie, poi vedo il cartello della nuova ferrata e mi maledico: ma perché non me lo sono ricordato? Potevo partire prima e farla! Ora sono stanco ed è ora che vada che stasera c'ho una cena, ma tornerò.. Comunque i miei 35km anche oggi sono in saccoccia.

Qui altre foto.
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