sabato 2 maggio 2015

A zonzo per camini: via Mussini Iotti e mezza Zuffa Ruggero

L’indecisione fino all’ultimo se azzardare sopra il Po, e il coprifuoco del tardo pomeriggio, fanno desistere speranze di un sabato glorioso in ambiente. Ma la voglia di arrampicare c’è, le ambizioni dell’estate sono tante (come al solito), perciò meglio mettersi in riga e allenarsi. Anche se questo vuol dire Pietra di Bismantova (amore odio vero). Dopo la Via del Diedro, si torna qui.
Giorgio, Matteo e Stefania erano già in mezzi accordi per questa meta, l’unica dove il sole sarebbe dovuto esser sicuro (anche la volta scorsa doveva esserlo, poi..), quindi andiamo, previ accordi che la mia limitazione d’orario non sia di impiccio impaccio a nessuno.
La giornata in effetti è radiosa, al parcheggio poche auto, d’altronde attacchiamo che sono le 8e30 la Pincelli Brianti. Si pensava di iniziare con la Zuffa Ruggero, ma lei è in ombra ancora e potrebbe essere fredda: si decide quindi per la Mussini Iotti, che ha salito solo Stefania al CorsoAR1 2014.
Parte Matteo, il mio compagno di oggi, per il primo tiro della Pincelli Brianti, che ogni anno vedo messa sempre peggio: sporca, terrosa, erbosa, friabile e crollata in vari punti. La vera “sorpresa” di oggi sarà quella di constatare come questa zona della Pietra si sia riempita di sensori di movimento. Non proprio un buon auspicio.
Arrivo presto in sosta, pronto per il secondo tiro con Stefania che insegue sotto mentre Giorgio le fa sicura. Sempre da leggere il secondo tiro, con quel passo che Nicola l’ultima volta che fecimo insieme (cordate separate, CorsoAR1 2014) battezzo “oh, ma qui è venuto giù qualcosa, mi ricordavo fosse un III non un IV+ iva). Al sole si sta bene.
Matteo mi raggiunge e parte per il terzo tiro, che traversa tutto a destra per raggiungere la base del camino della Mussini Iotti. Stefania tira anche il secondo tiro da prima, Giorgio attende per concedersi poi da primo il terzo e quarto. Traverso dato di III+, ma soccia se è esposto! Spettacolare, ma meglio farlo da primi che da secondi.. Quando poi si passa a mettere la manine sulla sabbia.. Salto sulla parete ed eccomi in sosta.
E voila il tiro chiave della via: il camino. Che in realtà parte con una bella placca, proprio l’arrampicata che piace a me sulla roccia che piace a me. Ma questo è niente. La bellezza di questo tiro risiede nel fatto che finchè non arrivi in sosta non puoi dire “è fatta”: le difficoltà crescono di continuo, e ogni volta che raggiunta una mezza posizione di riposo ti viene da dire “oh leh!” espressione accompagnata da un bello sbuffo, ecco che guardi in su e dici “e adesso?”. 
Arrivo al sasso incastrato nel camino che non so che pesci pigliare: salire di placca è dura, entrare nel camino non ci sto. Cioè, ci sto a pelo, e se poi mi incastro? E inizia la danza: entra nel camino, tira su il piede, scendi, esci dal camino, prova sull’appiglio svaso, torna nel camino. Dopo aver decespugliato una fessura ecco che vedo un bel appoggio! Risolto l’arcano. O meglio, adesso ci provo.
Sembra fatta, ma no, si struscia dentro questo imbuto di arenaria come alpinisti d’altri tempi, ma salendo un pensiero mi percuote: ma li su dove si passa? E sento Stefania che se la ride, lei che ci è già passata e ha già tirato accidenti al mondo intero.
Ah ecco dove si passa, fuori, in strapiombo atletico cercando di aprirsi il più possibile con i piedi. Fortuna dopo un po’ trovo una discreta presa ad aiutarmi, ma poi anche il suo “effetto” finisce. Ci si issa sull’altra parete in vista di una sosta che finalmente sembra  a portata di moschettone! Ma un ultimo passaggio al cardiopalma non ce lo toglie nessuno.
Super sbuffo di sollievo! Dai Giorgio, Sali invece che fare il nut umano. Ed ecco anche lui in sosta. “Matteo e Stefania, adesso salite che ridete meno!”, ora che è fatta ce la ridiamo io e Giorgio, altrochè! Resta l’ultimo tiro per uscire, che lascio al mio compagno in modo da uscire svelti, che questa non è una sosta per starci in quattro.
E mentre Matteo sale arriva anche Stefania, che parte per uscire dalla via. Ma il tiro del camino deve averla un po’ cotta: al primo spit inserisce il suo rinvio, ma poi invece che mettere la sua corda..mette quella di Matteo! Risata generale, si risintonizza la testa, e si esce.
Un bel sole sommitale ci accoglie (ci ha accompagnato per tutta la via anche, tranne che nel camino oscuro) e la fame e la sete la fanno da padroni. Speravo ci avremmo messo meno, in modo da essere sicuri di starci con una seconda via, e invece è stato “croccante”: ma la soddisfazione di quel bel tiro mi ha già appagato. Dai, andiamo verso la Zuffa Ruggero per provare a salire anche lei.
E mentre ci dirigiamo verso la scorciatoia del Sirotti, incrociamo una cordata appena uscita dalla Pincelli Brianti, si tratta di Marco Furlani, che io ovviamente nella mia grandissima ignoranza non conosco ma che imparerò a conoscere via web. Ci scambiamo le mail per poi scambiarci le foto fatte l’uno all’altro in parete.
Eccoci sotto la Zuffa, sono le 12e30.. Va beh dai, proviamoci e vediamo come va, al massimo ci caliamo poi. Sopra di noi un paio di cordate salgono ma sembrano abbastanza svelte. Parte Matteo, che trova ostico il primo tiro, e in effetti nemmeno io me lo ricordavo così. Andiamo bene, è il più facile.
Mentre salgo io da secondo, sento che la base della via si sta popolando di altre cordate, mi si insinua un presentimento che non mi piace. Poi inizia a tirare vento, la parete non è calda come quella di stamani, anzi è fredda, non da gelarsi le mani ma di certo non sono il top per arrampicare.
Parto per il secondo tiro, camino da leggere bene, ma quando mi ritrovo su quei metri dove la tattica dovrebbe essere quella di aprire i piedi sulle pareti opposte e fare sostituzione, trovo che anche qui la roccia è peggiorata. Un bel terrazzino crepato, un intero scudo lavorato al punto giusto da usare per piedi e mani, ma attraverso il quale passa quasi la luce.
E vai a cagare, se appoggio il piede li, ci do peso e poi si stacca, rimbalzo come una pallina da flipper tra le due pareti e non ne esco bene. Tac, A0. Dopo parecchio sgugnare, eccomi fuori dalle difficoltà del tiro e in vista della sosta. Ma dopo le difficoltà aumentano..
Giorgio mi segue, arriva in sosta, guardo l’ora, faccio due conti. Arrivano anche Matteo e Stefania, avanzo i miei dubbi sui tempi, sul traffico sotto di noi, sulle difficoltà che dopo aumenteranno, e su questo vento che ci sferza e col quale non vorrei trovarmi sul traverso placcoso del prossimo tiro. Beh, non è che gli altri tre abbiano la smania di proseguire!
Calo Giorgio su mezzo barcaiolo per stendere la corda e non tirarla in testa a chi sta sotto, poi verrà la volta di Stefania in doppia su questa corda ma con l’altro capo che svolazza verso la Via degli Svizzeri. Scende Matteo e poi è la mia volta, mentre uno di quelli che stava sotto è arrivato anche lui alla sosta, e al quale do qualche dritta sul proseguo della via. E che mi dice “ieri abbiamo provato la Via del Diedro, ma no, troppo dura e delicata e bagnata”, ma pensa.
Via giù anche io, e alla sosta sotto mi fermo a fare due chiacchiere con l’altro ragazzo della seconda cordata che ci seguiva, “oh, certo che il V che avete qui in Pietra è un bel V”, sono ragazzi genovesi in trasferta tre giorni, e questa roccia non è certo il calcare ligure, ci vuole tempo per adattarsi. Osservo anche l’eleganza della ragazza che sale in camino con lo zaino legato all’anello di servizio.
E fine, altra doppia ed eccoci alla base, di certo abbiamo il tempo per una birretta e panino al Rifugio della Pietra. Ma quella Zuffa troncata a meno della metà ci è rimasta su, occorre tornare a gridare vendetta!

Qui altre foto.
Qui report.
Qui relazione su gulliver.

1 commento:

  1. Grandissimi! Abbiamo fatto la Mussini-Iotti anche io e Marco domenica. Quel traversino di III-IV e l'uscita dal camino sono stati momenti veramente interessanti :)

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