sabato 19 settembre 2015

Pilastro Est del Vajo Stretto, Spigolo Noaro attacco diretto

Coppia inedita oggi, dato il gran numero di defezioni per il corso AR1 di domani e il meteo che ballerino cambia idea troppo spesso. Simone è agguerrito, mi propone un orario di partenza che farebbe svenire gente del calibro di Nicola e Gianluca.. Mediando, questo poi ci permetterà di giostrarci con calma la salita e rientrare in tempo per fare spesa, sistemarla, sistemare la roba da montagna, fare la doccia e esser pronto per la morosa.
Fugace colazione a Rovereto, e risaliamo la stretta e incassata valle verso Pian delle Fugazze. Sotto consigli vari, ma anche perchè l'avevo adocchiato io (va beh che la mia cartella di "adocchiati" è di svariati gigabyte..), oggi si tenta lo Spigolo Noaro, ovviamente per attacco diretto. Mi piacerebbe poi metterci in fila qualcosa che sta lassù..ma vedremo.
Con un buon margine di tempo ci prepariamo con calma, osservando il buco giallo della grande frana dell'inverno 2012: io qui venni qualche mese prima per salire la via Maica, perciò quella macchia a mo' di pesce fuor d'acqua non c'era. Ci si incammina per un sentiero che Giorgio mi aveva detto facile perdersi, ma deve esser lui ad avere qualche problema di orientamento (hihi).
Arriviamo all'attacco. pare ovvio sia questo, ma proseguo qualche metro per verificare che sia davvero lui: la vista del Vajo Stretto mi conferma ciò. Chi parte per primo? Simone si propone subito, è solito fare lui il primo tiro per rompere un po' il ghiaccio. Non ho problemi, anzi, così il chiave (che dovrebbe essere il secondo tiro) me lo becco io.
Simone parte subito guardingo e delicato, d'altronde rompere il ghiaccio con questo grado richiede calma.. Occorre seguire la linea di roccia pulita, a sinistra un po' troppo friabile, ma troverò anche la via piuttosto "consumata", ahimè. Lui mette giù protezione, poi si ritrova coi cordini che si sono fatti degli auto bocca di lupo..il caos. Giunge in sosta dopo un altro passaggio tostino. 
Lo raggiungo scoprendo il perchè ci avesse messo un po' di tempo, ha fatto una sosta "elaborata", come vedrò anche le prossime. Ma mi ci soffermo poco, mi sembra che siamo un po' troppo lenti, ed ho pure freddo! Io vestito con la maglia, e lui in maniche corte. C'è qualcosa che non va, sarò malato?
Vado avanti, mi trovo un po' impacciato oggi, sarà per il timore reverenziale verso la roccia delle Piccole Dolomiti, sarà per il fresco/freddo che mi rende le dita non proprio troppo sensibili, sarà per le scarpe che iniziano a presentare un buchetto troppo accentuato sulla punta della destra. Ma salgo, supero qualche tratto dove il V ci sta, e finalmente mi ritrovo su un vero spigolo, facile ma aereo, fino ai mughi. Come suggerito da Giorgio, salto una o due soste, rendendo il tiro un quasi 50m.
Saranno questi i mughi di sosta? Ne vedo una più avanti, ci vado, c'è il libro di via ma i due chiodi non mi ispirano troppo. Salgo sopra? non ho abbastanza corda. Va beh, saranno quelli giu i mughi giusti (le cui "foglie" raccolgono il ghiaino del Carega), ed è così.
Recupero Simone, che riparte per un tiro che sarà facile tranne un passetto iniziale dal libro, poi lo vedo salire svelto sullo spigolo, col restante spigolo che svetta estetico verso l alto fuggendo dal buio Vajo Stretto che cerca di inglobarlo come se fosse un buco nero.
Per un errore di lettura della relazione e vari convincimenti che non si sa da dove arrivino, gli do indicazioni sbagliate, e sale troppo. Ma riuscirà comunque a fare una sosta controventando due spuntoni. Accidenti, ma quanto gli piace controventare?
Lui è salito troppo e quindi mi ha mangiato un pezzo del mio tiro, che quindi finisce ben presto su due bei golfaroni che danno inizio alla parte alta della via. Il panorama è bello aperto nonostante la minaccia di un peggioramento al pomeriggio, lo spigolo prosegue verso l'alto con a destra quell'impressionante stalattite di roccia che si è spezzata a metà. 
Riparte il mio amico, un altro tiro facilotto ma sembra sul filo e quindi con l'esposizione che lo rende piacevole all'amica adrenalina. Arrivo alla sosta, e anche questa me la ritrovo con due friend controventati più il golfaro: il ragazzo ha un'insana passione del fare soste "ricche".
Si riparte con le difficoltà, entrare nel camino a destra richiede un passettino con sotto il vuoto, ma poi anche i primi passi di risalita sono piuttosto "psicologici", aggiungendo che il primo chiodo è altino e non sono riuscito a metter giù nulla.. Ma si va, con calma ma si va, lo supero e inizio a cercare i prossimi chiodi a indicarmi la via. Salgo dritto, forse con qualche difficoltà maggiore, ma ora che il ghiaccio l'ho rotto io, ho fame di arrampicare.
Sono in sosta, mi guardo intorno, sotto di me il franone e dietro di me il Pasubio. Sopra il tettino col passo duro dell'ultimo tiro. Arriva Simone, studia un po' il proseguo, dopo avermi detto quanto ballassero alcuni chiodi sotto: paura!
Parte il mio amico, onestamente non credevo che salisse questi gradi, invece lo vedo tranquillo anche se guardingo, ma ci sta (oggi lo sono anche io, mah). Prosegue delicato sotto il tetto, che poi invece sale abbastanza agevolmente. Scoprirò mio malgrado che in effetti la parte sotto non  è solidissima e obbliga alcuni passaggi al cardiopalma, mentre il tetto è ammanigliato (però accidenti alla spalla che mi duole!).
Siamo fuori dalla via, comodi, con la partenza che c'era stata temevo ci avremmo messo un eternità a finire la via, invece non è stato così: nella media tutto sommato. Non credo ci sarà tempo di salire qualcos'altro, ma almeno voglio andare a esplorare la parte alta!
Risaliamo le facili rocce fino in cima, foto e iniziamo la discesa, che la ricordo richieda attenzione. Si passa attraverso un foro che si restringe man mano fino a obbligare a strusciare fuori, con la sosta di calata sotto di te che devi raggiungere dopo alcuni movimenti innaturali.
I cordoni in sosta non sono sanissimi, mi calo prima io che l'altro "tiene famiglia" ma con uno spunto aggiuntivo. Tutto ok, si prosegue su cenge esposte abbracciando roccia e mughi come se fossero fratelli che non vediamo da tempo. L'ultima doppia (anche qui che cordoni..) ci deposita alla forcella di uscita del Vajo Stretto.
Al sole una pausa ristoratrice con parecchie chiacchiere ci sta da Dio. Propongo di non scendere per il Vajo Stretto, lo ricordo brutto, e vorrei esplorare la parte alta e la discesa dall'altra parte. Benissimo, siamo d'accordo e risaliamo verso la Sella dell'Emmele, piccola deviazione per scorgere la Parete dei Vaccari e infine verso la via Predoni per Caso.
Non sono sicuro del sentiero e della direzione, ma sono sicuro che questa fessura è bellissima! W le fessure! Un sentiero prosegue verso nord, chissà che non si scenda anche di la, ma prima arriviamo all'uscita della via Placca d Argento, torniamo indietro e proviamo altre tracce che non si sa dove si perdono.
Torniamo sotto la fessura e risaliamo diretti il ghiaione che si rivela condurre esattamente alla Sella dell'Emmele. Ottimo! Ora si scende comodamente chiacchierando filosoficamente sull'umanità, osservando e bramando il Baffelan che svetta laggiu, la nord est della Torre dell'Emmele che porca vacca quanto è dura, e cercando altre fessure.
Dall'auto, dopo aver riposto il materiale, con comodo cammino si raggiunge Malga Cornetto, dove birra e panino vengono divorati. E intanto si sogna ancora quella fessura, si sogna di salire ancora, si sogna come sempre.

Qui relazione (la più corretta secondo noi).
Qui e qui report.
Qui altre foto.

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