domenica 22 novembre 2015

Il richiamo dell'Appennino innevato: Monte Cusna


Finalmente l'Appennino si tinge di bianco, e con una bella giornata di sole in vista il richiamo è irresistibile.
Parto in mise non molto invernale, confidente nel sole e nella mia resistenza. Già dal parcheggio si contano un 15cm di polvere bianca, ma senza fondo purtroppo.
Abbandono la strada per risalire dentro un ovattato bosco sul 615, seguendo le tracce di chi mi precede, ma qui non mi perderei comunque.
L'ovattato lascia pian piano spazio a un sole che entra prepotentemente in mezzo ai rami, si fa strada nel bosco carico di neve e colora il cielo di un bel azzurro.
Il mostro Eolo lo si sente già urlare, ma non sono ancora nel suo mirino.
I faggi quasi di punto in bianco lasciano posto al prato oltre il guado, e questo consente al vento di prendermi in tutta la sua potenza: una provvidenziale mano ripara il lato della mia faccia sopravento.
Bellissima sensazione essere in questo spazio monocromatico ma che nasconde di tutto sotto di lui, addolcendo ogni spigolo e limando ogni asperità.
Risalgo in mezzo ad accumuli notevoli, all'ombra, per poi tornare al sole in vista ormai del crinale che porta alla croce del Passone, superando prima un quasi annegamento in neve, e poi di nuovo il vento che non lascia tregua.
Alla croce, sotto di essa, una pausa ristoratrice prima di riprendere il cammino, e anche per poter ammirare Valle del Dolo e del Liocca, unite dal Passo di Lama Lite che si inchina alla mole del Prado.
E allora via verso la schiena del gigante, che oggi deve avere il solito prurito appenninico, visto come il vento lo gratta con vigore cercando di disincentivare la mia avanzata. Sottoguanto, guanto, moffola in lana cotta, copri moffola e sono abile per proseguire.
Il vento ha lavorato parecchio, qui sul crinale è evidente. Neve soffice, dura, lastre, ghiaccio. Erba quasi scoperta, qualche puntina che emerge, accumuli. Il solito variegato e ostile Appennino invernale.
Poco prima del Rifugio Emilia 2000 supero chi mi precede, ora l'apripista divento io. Il percorso ora si fa cosparso di qualche roccia, ma i bastoncini e scarponi non hanno bisogno di essere integrati con picca e ramponi.
Seguo tutta la cresta, ben conscio che il sentiero sta più basso, ma oggi meglio godersi l'altezza. E in breve, dopo una discesa a nuoto, sono alla sella da dove partono le roccette.
Un po di brio, si usano un po' le mani, ma almeno qui sono al riparo da Eolo. Senza nemmeno incontrare troppa resistenza, se non quella alla fotografia (che oggi mi porterà a scattarne più di 100), ecco la croce.
Una fame da placare, sia di cibo, che di sete, che di panorami.
Cima quasi godibile, il vento si è placato, e posso soggiornare un po' al cospetto di croce e madonnina infreddolite.
Scendo per dove sono salito, riammiro le rocce incrostate di ghiaccio, il vento che gli ha sparato proiettili bianchi che non hanno intaccato la scorsa rocciosa ma si sono appiccicati come chewingum.
Di nuovo al Rifugio Emilia 2000 (che non è un rifugio ma la baracchina dell'arrivo della seggiovia) opto per salire sulla terrazza, scoprendo un balcone panoramico oltre che..caldo.
Il vento ha quasi smesso, posso così spogliarmi e godermi il massimo dell'irraggiamento solare, questa è vita.
Confermo la decisione di scendere per le piste, per vedere un po' come sono messe e anche per regalarmi una ravanata che non in salita non ho fatto come credevo.
Gli accumuli si intervallano a zone più spoglie nella parte alta, ma a metà tutto è più uniforme. Qui gli sciatori hanno infatti interrotto la loro risalita per scendere. Un po' al limite come quantità di neve, ma oltre al pelo di f, tira anche una sciatina.
In breve al parcheggio, dopo aver trovato la tana del bianconiglio, per una birra e un panino che bramavo, ma non tanto quanto la neve.

Qui altre foto.
Qui report.

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