sabato 30 luglio 2016

La conquista dell'inutile: Punta Zumstein, Gnifetti e Parrot

Nella vita bisogna porsi degli obiettivi. In realtà ne abbiamo molti di più di quelli che pensiamo, solo una minima parte sono chiari e nitidi, quindi descrivibili. Molti esistono ma non lo sappiamo. Il principale, almeno per quanto mi riguarda, è vivere una vita serena e felice, qualcosa di certo non facilmente descrivibile. Questo weekend raggiungo l'obiettivo della salita del mio 30imo 4mila, salita che non mi godo per nulla per via di una serie di pensieri che mai come oggi mi rendono la metafora dell'alpinismo come "la conquista dell'inutile" piuttosto amara e poco filosofeggiante.
Con il Weissmies sono arrivato a quota 29, il 30 vorrei fosse qualcosa di tosto, e le idee sono due: solo che il meteo boccia categoricamente quella che poteva essere la nostra preferenza, ma il ripiego non è per nulla un ripiego: cresta Rey alla Dufour. Così con Giorgio, venerdì mattina si parte per Staffal, un viaggio silenzioso e l'arrivo al parco giochi in tempo per essere all'arrivo della funivia d'Indren a 3200m alle 12 spaccate.
Una landa desolata, rocce rotte o levigate, un ghiacciaio agonizzante e un cielo che non si vede per nuvole basse che rendono il paesaggio triste al punto giusto. Paesaggio empatico. Salendo per i canaponi, in 45 minuti siamo al Rifugio Capanna Gnifetti, nelle nuvole. Il tempo di sistemarci in camera, di sentire il rifugista dirci che "la Dufour m'han detto è ancora carica di neve in alto", e ci spiaggiamo fuori sugli sdrai a mangiare e prendere un timido sole che ogni tanto sbuca dalle nuvole.
Chi dormicchia, chi ci prova ma non ci riesce. I pensieri sono numerosi e turbolenti come le nuvole, e nemmeno loro trovano pace. Mi sposto in cima al cucuzzolo sopra la chiesetta, mi sdraio, penso, medito, scrivo e leggo. La montagna mi ha sempre dato delle risposte e fatto ragionare. Oggi si pensa, qui, con calma, lontano dai pericoli e con tutto il tempo a disposizione. Domani si ragiona d'istinto, in modo rapido, senza possibilità di ripensamenti dati i pericoli oggettivi che ci abbracceranno.
Osservo gente scendere alle 15, alle 16, sul Ghiacciaio del Lys che adesso è tutto al sole: evidenti crepacci sul percorso, una nuova traccia per aggirarne alcuni, e questi (non tutti, ma molti) che scendono slegati, in barba alla vita, in barba a chi magari una vita non ce l'ha più o non ce l'avrà più a breve, in barba a chi a casa si preoccupa per loro.
Ma resto ancora un po' qui. In altri momenti avrei ammirato il panorama dei Lyskamm, dei seracchi, i contorti flussi glaciali che paiono immobili ma invece avanzano, si piegano, si infrangono, si spaccano. Una potenza pronta a esplodere in modo distruttivo. Cerco ordine nel loro disordine. Ma è tempo di darsi una pausa e smettere di pensare.

Breve dormitina a letto, studiamo le relazioni concordando che in mancanza di tracce non ci andiamo nemmeno all'attacco della Rey e tentiamo la normale, che già di per se non deve mica essere comoda! Inoltre facendo due conti, se vogliamo prendere la funivia delle 17 a scendere (l'ultima) occorre davvero pedalare e..svegliarsi presto. Oddio, al limite scenderemo per sentiero, per la gioia delle ginocchia e della mente che avrà altro tempo di pensare.

Cena abbondante, ma l'appetito è poco, poi via a letto. Domani (tra qualche ora) è un altro giorno, e non ci sarà spazio per pensare ai problemi "a valle" per non crearsene qui "a monte". Istinto di sopravvivenza. L'orario concordato sono le 2, per poter partire alle 2e30.
A colazione sento ancora la cena addosso, e quindi anche questa sarà scarsa. Niente stimolo per il bagno, e anche questo non è un bell'inizio. Ma siamo qui, andiamo, che magari riesco a trarre ottimismo e rinvigorimento sulla vita in generale se riusciamo nella nostra salita di oggi.

Alla fine mettiamo piede sul ghiacciaio alle 3. Non sembra nemmeno fare freddo, ma già mentre si faceva colazione, le raffiche di vento fuori ci facevano temere: dicono che la normale alla Dufour sia sconsigliata in caso di vento.

Partendo a quest'ora siamo quasi soli: solo una cordata partita dalla loro tenda, e più su un paio dal Balhmehorn. Raro essere così in pochi qui. Senza fretta, ma comunque in meno di 2h, raggiungiamo il Colle del Lys, che è ancora buio: impossibile vedere se ci sono delle tracce verso la Rey, quindi rischiamo? No, non rischiamo, e col senno di poi facciamo bene.
Una cordata ha già attaccato il Lyskamm Orientale, una vaga alla ricerca della discesa per l'attacco della Rey (sono troppo alti..), altre due sulla normale autostradale verso Capanna Margherita, strada che prendiamo anche noi. Ma che diavolo di freddo fa?! Vedo Giorgio battere i denti quando ci fermiamo, io con anche i coprimoffola. Te pensa attaccare una cresta rocciosa tra un paio d'ore..
La cordata dai Lyskamm torna giù, troppo vento? Ci sta.. E allora noi? Ho un brutto presentimento. La luce inizia ad avanzare sul bianco dell'alta quota, le prima cordate scendono da Capanna Margherita, immagino abbiano passato una brutta notte per esser già in discesa.. Altre verso la Punta Zumstein, ma che freddo.
Poi lo spettacolo dell'alba. Il cielo che si tinge di rosa, arancione, la debole luce che riesce comunque a proiettare l'ombra dei Lyskamm verso l'infinito. Nei pressi del Colle Gnifetti i colori del cielo diventano magici, cordate verso il cielo, il mare di nuvole sul versante est, nell abisso della est. Tutto rilassante, ma la vista del caotico versante valsesiano torna a farmi pensare al mio caos. Scaccia questi pensieri adesso.
Una bella crestina e qualche passo su roccia ci deposita su Punta Zumstein, mio 30imo 4mila, ma la mano che in foto regge tre dita alzate ha poco di cui essere allegra. Il sole comunque non ci scalda, il vento tira a raffiche e il freddo continua a far battere i denti a Giorgio. La cima è affollata da un po' di cordate, alcune delle quali partono per la Dufour: oh bene, così ci fanno strada.
Foto di vetta, panorama, contemplazione, ma una cordata torna già indietro. Ci leghiamo corti, e anche l'altra è di nuovo qui. Due su due, o tre su tre, non ricordo bene. La cresta che scende in effetti è affilata. mi sa che ho già capito, con questo vento, non s'ha da fare, e ci mettiamo poco a pensarlo entrambi. Quattro passi, due foto sulla cresta e si torna indietro.
Ora sulla parete nord dei Lyskamm è l'ombra di Zumstein e Dufour a essere proiettata. Noi scendiamo con l'intento di salire Punta Gnifetti, siamo qui, e così magari non dobbiamo tornare nel "bacino del Lys".
Con calma, tremando ancora, in mezzora siamo anche sulla seconda cima di oggi, cercando di trovare riapro dal vento per mangiare e bere qualcosa. Ora ce la prendiamo comoda, di tempo ne abbiamo. Ma la zona inizia ad affollarsi.. Dai va la, andiamo.
Il sole ancora non ci scalda, ho già proposto a Giorgio finchè siamo qui di salire anche Punta Parrot, che io ho già salito ma lui no. Torniamo sui nostri passi, tenendo la traccia alta per incontrare meno gente, osservando quali mastodontici seracchi giacciano sulla normale a Capanna Margherita, cossi via da qui!
La salita alla Parrot, in traversata est-ovest, è tutta per Giorgio, che inizia a sentire la stanchezza e ci sta. Un bel pendio e poi una bella cresta, larga ma estetica, e tutta per noi. Coi nostri tempi, in questa piazza di Milano ad alta quota, riusciamo a fare le nostre salite relativamente "soli".
9e30 di nuovo al Colle del Lys, abbuffata? No, il mio amico accusa un po' di nausea, meglio scendere, incontrare stranezze e tanti altri personaggi che col loro modo di condurre la salita, denigrano l'importanza della vita. Oddio, le mie cazzate le ho fatte anche io, e me ne vergogno, ma il minimo della sicurezza dai no..
Scendendo finalmente iniziamo ad avere caldo, alleluja. Ma Giorgio nella foga di saltare crepacci e correre via, mette male un piede e la giornata prende una brutta piega. Ci manca solo che anche io torno assorto nelle mie preoccupazioni.. ancora per mezzora no.
10e15 siamo al rifugio, tanto vale spicciarsi e prendere la funivia delle 12 prima che chiuda per la pausa pranzo. Ma la caviglia del mio amico non è agile come un tempo, e la discesa è da farsi con calma. Avevamo paura di perdere la funivia delle 17, e invece ci ritroviamo a scendere con quella delle 11e30!
Nella calma che ci crea la nostra condizione di anticipo sui tempi previsti ieri (temuti), possiamo concederci di sistemare le nostre robe e cercare un posto per mangiare qualcosa e poi un prato dove dormire un'oretta prima di ripartire per casa. Prima che la mente torni a focalizzarsi sulle preoccupazioni e pensieri "di valle".
Non posso certo dire che ero felice come volevo lassù, ma almeno dovevo pensare alla pelle, ora che non ho questa priorità di sopravvivenza, la bocca si chiude, le parole diventano rare, i sorrisi assenti, e il viaggio riprende come era partito. Silenzioso e assorto nei mie pensieri.

Qui e qui altre foto.

domenica 24 luglio 2016

Climbing on the Eggs: Sperone Sud al Piz Cuacena

2016-07-24 Climbing on the Egg: Sperone Sud al Piz Cuacena

Il meteo incerto non è molto incoraggiante per dedicare una giornata all'arrampicata in Dolomiti, ma la voglia di rimettere mano su questa roccia (siamo già a fine luglio!) è tanta, gli amici ci sono, e c'è pure Roberto che ha voglia e tempo di tornare a fare qualcosa: completano la squadra Riccardo e Giorgio.. Occorre però scegliere una via poco ingaggiosa e corta.
Il Passo Gardena è forse uno dei miei luoghi preferiti per arrampicare, ma forse sono troppo di parte visto che ne conosco pochi di luoghi, e mi innamoro di alcuni per i bei ricordi che mi legano ad essi (via Demetz al Grande Cir, via Adang al Saas Ciampac). In ogni caso, ci siamo focalizzati su questa meta, e in auto concordiamo anche la via, che per (quello che sembra ma non sarà) lo scarso ingaggio e difficoltà sarà una delle due sui Piza Cuecena.
La luce che troviamo al passo è fantastica, il versante nord del Sella è illuminato, o meglio appena scaldato dal sole, mentre il versante sud del Gruppo del Cir sta molto "meglio". Pronti per il divertimento, ci incamminiamo verso l'arrivo della funivia Dantercepies, dalla quale la nostra guida descrive come arrivare all'attacco.
Salita dolce in un ambiente mozzafiato, che ancora per qualche decina di minuti conserverà il suo silenzio, dopodichè sarà dato in pasto ai mezzi motorizzati, ivi incluse le risalite meccaniche.
Arrivati alla funivia, tocca guardarsi intorno, e grazie al passato di sciatore di Giorgio, capire che sì, dopo esser saliti da un versante, tocca scendere dall'altra parte. Intanto abbiamo deciso che tra le due, tentiamo lo sperone sud al V Piza Cuecena, che sembra più estetico e continuo: parliamo pur sempre di III IV.. E solo ora mi rendo conto che di Piza Cuecena ce ne devono essere diversi, le figure delle due vie non coincidono per nulla.
Scendiamo di poco, e subito siamo tentati di prendere questo accenno di forestale che permette di perdere molta meno quota rispetto allo scendere per la pista..proviamo! E ben presto ci troviamo sbarrati dalla frana.. Ma no, proviamo dai, c'abbiamo del manico noi! 
Traverso su terra e ghiaia a 45 gradi abbondanti, tuto sotto i piedi si muove, forse sarebbe da adottare la tattica del "corri sulle acque" ma non ci sentiamo affatto Gesù. Ecco perchè era meglio scendere fino giù, cosa non si fa per 50-100m di dislivello, in meno: delle cagate! ROberto abbranca il mugo dopo di me, e si sente meglio.

Ok che ci stiamo arrivando da di fianco invece che dal basso, ma ormai sembra abbastanza chiaro che il nostro sperone, il nostro spigolo, sia lì dietro. Solo c'è da arrivarci. Aspetto Giorgio e Riccardo, intanto Roberto sale ancora un po' a scoprire. Lo raggiungo, di nuovo su terreno delicato, solo che ora non è terra o ghiaina, ma massi belli grossi che se il piede ci resta in mezzo sono dolori. 

Di là non si passa, di lì nemmeno, proviamo di qui..ecco! Sotto il paretone di una sorta di masso erratico, e passato un canalino infido, un cordino in una clessidra direi identifichi il nostro attacco. Già già. Ci ricompattiamo, imbraghiamo, leghiamo, ammiriamo (il paesaggio, non noi stessi che siamo brutti), e pronti a partire!

Cordata Scagliarini e cordata Andrea con Riccardo. parte Giorgio, seguito poi da Riccardo. Spariscono subito ai nostri occhi aggirando la sosta a sinistra, e già dai sassolini che vengono giù viene chiaro che quel "Roccia: buona, da pulire" è presagio di camminare sulle uova, come se non l'avessimo già fatto per arrivare all'attacco.. 

Arrivo in sosta, e Roberto è già partito. Lo seguo a ruota, tiro facile ma dove occorre prestare attenzione alla roccia: tutta la via occorre prestare attenzione alla roccia! Ed è un peccato, perchè questo tiro, come altri, è davvero aereo su uno spigolo, su una cresta affilata dove stare quasi a cavalcioni. Per arrivare in sosta poi, tocca quasi saltare dall'altra parte.. 

Ai nostri amici tocca invece il tiro col passaggio dato più duro della via. Un passaggio però davvero estetico, dove vengono delle foto bellissime. Dove Giorgio lo si sente ostiare e non poco, non tanto per le difficoltà, ma per la roccia. Riccardo la prende più a destra, dopo che la roccia si è sgretolata sotto il suo piede.. Roberto ancora più a destra. Io chissà, ognuno fa la sua! 

Per me e Robbi invece, un altro tiro smorto, accidenti ai nostri amici che hanno scelto loro di partire per primi, maledetta gentilezza. Però davvero, fosse ottima la roccia, un altro tiro aereo a fil di spigolo, solo che alla fine tocca abbracciare una lama di un metro quadro di parete che..si muove. Sulle uova, sempre, si arriva all'anello di sosta. 

Il sole c'è, ma la via gironzola a fil di sperone, con ottima scelta di dove far le soste, tutte al riparo dei sassi che chi arrampica scarica, bravo Bernardi. Il sole c'è, ma tante soste all'ombra, e in maglietta ho quasi freddo: pensare alla pianura di casa invece.. Il quinto tiro corre sulla parete all'ombra, finendo su dell'erba, intanto osservo la discesa, mi sa che quella sarà ingaggiosa.. 

Finalmente per me e Roberto un bel tiro, su roccia finalmente bella (beh dai, anche il tiro di prima a parte qualche manetta, era migliorato), articolato e piacevole, non fosse per il ghiaino in certi tratti a ricoprire gli appoggi. E il panorama sempre top, col sole ancora splendido splendente e le nuvole lontane. 

Alla penultima sosta Roberto esordisce con un "ma c'ho pensato adesso, sto arrampicando con tre miei ex allievi!", io e Riccardo A1 2010, Giorgio AR1 2012, eggià, come scorre veloce il tempo. 

Ultimo tiro per arrivare in cima, un po' di arrampicata e infine una cresta sottile e affilata, sprotetta, dove alcuni tratti pare d'obbligo farli a cavalcioni, e così, alle 12 (orario inusuale) siamo in cima, seduti visto che lo spazio è talmente poco che non si può fare altrimenti. Speriamo le nostre sedie stiano ferme. 

Si mangia e beve, qualche foto, ma è presto per le congratulazioni, visto la discesa che ci aspetta e le nuvole che adesso si vedono arrivare più minacciose. Giorgio parte legato a cercare l'ancoraggio per la doppia, e ci mette un po' a trovarlo.. Tutti scendiamo assicurati che è meglio, vista l'esposizione e il terreno. 

Quattro doppie, tutte un po' da cercare, con Giorgio che fa il cacciatore delle stesse. Anche queste, bravo Bernardi, al riparo dalla sassaiola che ogni persona che scende scarica inesorabilmente. Corri corri, guarda che nuvole, e non vorrei trovarmi in questi canaloni o sulla frana da scendere, col temporale in testa! 

Camminatina nel canalone di uova, altra doppia, e brutta camminnata nel canalone erboso che incrocia la via di salita, con discesa bella esposta a cercare l'ultimo ancoraggio. Ora sì che si fa una bella doppia finale dentro un camino stretto che non si sa come affrontare e in strapiombo (che grotta profonda!). 

Alla base, sani e salvi, manca solo il come arrivare al muro di contenimento, perchè nessuno ha voglia di ripassare per dove siamo venuti! Prato ripido e poi a cercare la ghiaia migliore, siamo giù, alleluja, ciaone uova! 

Ombrello preventivamente fuori, chi può si affretta a risalire per il concreto rischio di bagnarsi che incombe.. Ma alla fine arriviamo tutti asciutti alla macchina, alle 15 precise, orario di inizio dei temporali, e in effetti qualche goccia cade (in valle si vedeva fino da metà discesa che pioveva!). 

Una birra e un panino (senza uova) concludono una giornata più alpinistica del previsto.

Qui altre foto.
Qui report coi tempi
Qui guida.

domenica 17 luglio 2016

Rapidi e fuori dagli ingorghi spumeggianti: Weissmies

Suona la sveglia! Ma facciamo cisti.. Qui al Weissmieshutte gli altri dormono..aspettano la colazione alle 4..ma sono le 3.. Furtivamente io e Riccardo usciamo dai nostri sacchi letto, prendiamo le nostre cose e scendiamo: dopo ieriStefania resta a letto ben contenta (e grazie che ci porterà giù la roba di troppo per salire noi più leggeri!). 
Tattica simile al Gran Paradiso: ci svegliamo prima degli altri per evitare ingorghi e file. Speriamo trovare qualcosa sui tavoli da mangiare, ma ahimè c'è l'acqua calda ma non le bustine, ci sono le marmellate ma non il pane. Pazienza, la cima è più importante della colazione! Fuori la stellata è spaziale, la temperatura ottima, Saas-Fee tutta illuminata e..pure la nord del Leinzspitze, che sembra un viale della città alta. La nostra meta è un'altra però, il Weissmies, la spuma bianca.
Ci incamminiamo per la strada scesa ieri, ben presto trovo la morena su cui salgano delle tracce, ma seguiamo la pista da sci scesa ieri. Con un po' di senso dell'orientamento, di fiuto, e di qualche traccia sulle pocce di neve, la direzione è quella corretta, e quando inizia a sanguinarmi il naso, la sagoma dell'arrivo della funivia è visibile in penombra.
Ben presto arriviamo da lei, abbiamo già osservato le luci di altre frontali sul o verso il Lagginhorn, e ora che siamo a Hohsaas ne vediamo tante altre salire sul dosso dietro la funivia, e così le seguiamo. Meno male il dubbio ci assale presto: ma non stiamo salendo troppo? Una letta alla relazione e la frontale superpotente, ci fanno scendere di nuovo verso basso, per mettere piede sulla strada che passa a lato del rifugio Hohsaas, quella da prendere: abbiamo già perso del tempo uffa!
Scendi per la strada barricata a sinistra dalle rocce e a destra dalla rete, poi ci si sbarra tutto per dei massi che occupano la strada stessa: aggira, svirgola, ed ecco il fronte del ghiacciaio coi suoi detriti di varie dimensioni. E ora? Sarà di qua, sarà di la, non si vedono tracce. Che due balle! Ma ecco che..saliamo un po'.. ecco, questa è la strada giusta! Ramponi, picca, corda, e via andare!
La prima parte del Triftgletscher è terrificante perchè si vede e si pesta il caos e la potenza del ghiaccio che trascina rocce e le frantuma. Il resto del ghiacciaio invece sarà tutto bianco o azzurro ghiaccio o..nero buio dei crepacci. Intanto però ci godiamo le luci che illuminano fiocamente i Mischabel, e l'alba che man mano li colorerà.
Ed eccoci sul nostro terreno di gioco preferito, il ghiacciaio, l'alta quota, l'aria rarefatta, il freddo, il silenzio. Silenzio. E solo luce naturale. Zero civiltà, zero società, zero caos umano. Finchè dura.
Risalita la prima tormentata parte di ghiacciaio, si traversa in falsopiano verso sud, la traccia è buona ma si vede che passa sopra a fianco di crepacci. Ma la neve è dura, speriamo bene. L'importante è che i seracchi sul versante nord stiano ben fermi mentre gli saremo sotto. Qualche pausa per non tirarci il collo (ancora non sappiamo che ci metteremo davvero poco a salire!), di tempo ne abbiamo, e di paesaggio da godere ce ne è.
La parte che ci pare più dura arriva, l'impennata dritta per dritta sotto i seracchi, e intanto appare un'altra cordata alle nostre spalle. L'imponenza di chi ci sovrasta ci fa sentire piccoli piccoli: non quanto sul Monte Bianco, ma la limitata visuale intorno a noi ci rende "limitati" anche in altri versi.
Sembra fatta, e invece.. Svirgolando tra buchi che potrebbero inghiottire un furgone, la traccia ora traversa verso ovest, con seracchi alla nostra sinistra e crepacci alla destra. Siamo su un ponte di neve gigante mentre davanti a noi si nascondono i Mischabel, sempre loro a farci compagnia. Il tempo passa veloce, e quanto passa veloce..
Si risale di nuovo, siamo pronti a una nuova pausa per mangiare qualcosa (qualche barretta a colazione s'è fatta, ma non è la stessa cosa), giunti su un falso pianoro, con la vista della cima laggiu (urca se è lontana ancora), mentre mangiamo la cordata ci raggiunge, non siamo più soli. ma ci sorpasseranno solo a pochi metri dalla cima.
Da basso sembrava che dopo l'impennata in mezzo ai seracchi tutto scemasse in una bella camminata, e invece no! Si sale ancora, si passa sopra dei crepi (ce ne sono fino a pochi metri dalla cima!) e fianco di seracchi: panettoni e pandori dal sapore poco dolce.. Noi sempre all'ombra mentre i Mischabel ormai al sole.
Qualche metro in falsopiano, e ora risulta evidente l'ultima pendenza da vincere prima di poter dire "vetta", non è finita. E anche i crepi non sono finiti: "Riccardo buco" è il segnale per metterlo in guardia. Qualche pausa per riprendere fiato, la tattica del contare. La voglia di arrivare.
Ora che si scorgono i raggi del sole, vuol dire che la cima è vicina. Il vento che si rinforza conferma questa conclusione. Finalmente il mio amico dimostra che non può essere così in forma e mi chiede di fermarci un attimo, nessun problema, ormai manca poco e di tempo ne abbiamo.
Ultimi metri, ed eccoci in cima alla Weissmies, con un'altra giornata stratosferica, vista a 360° e chissà quante cime si vedono, forse anche il Baldo! Da piccoli piccoli sotto i seracchi, ora ci sente grandi in cima.
Varie cordate arrivano dalla cresta sud, formichine iniziano ad affollare l'arrivo della funivia. noi si sediamo a goderci la cima, a mangiare qualcosa e riprenderci. Non sono nemmeno le 8, e sul ghiacciaio abbiamo messo piede 2h30 fa, per poi salire 850m almeno.. Non ce ne siamo accorti ma siamo scheggiati.
Momenti che vorresti durassero in eterno, ma occorre scendere. A parte che non c'è proprio caldissimo, e il mars e i piedi lo confermano, e poi prima scendiamo e meno calca troviamo e prima arriviamo al pranzo e a casa. Via giù quindi, un'altra corsa.
Da quassù ora il dedalo di crepi e seracchi che occorre attraversare anche nella parte alta è più chiaro. E ogni volta che vedo il mio amico accennare qualche passo di corsa, capisco che ha appena passato un crepo.
La vista magnifica obbliga a pause per ammirarla e fare foto, il numero di formiche che arrivano impone di sbrigarsi. Superiamo cordate che scendono, il caldo si fa pressante ma l'obiettivo è esser rapidi e indolori: saremo i primi ad arrivare giù.
Di nuovo il traverso galleggiante che ci riporta sotto la netta incombenza dei seracchi, ma almeno adesso siamo all'ombra! E non c'è nemmeno troppo traffico che sale, riusciamo a scendere dalla parte ripida senza nessuno a fianco, un successo!
Nessuno. Un lontano ricordo la salita nel silenzio e solitudine di stamani, ora che ci sono decine di cordate. Decine di casi umani. Gente con solo i bastoncini, col cappello senza casco, slegata, legata ma senza nodi a palla, cordate da 6, cordate da 4 dove nessuno ha la piccozza (nemmeno sullo zaino). Gente legata a 2m di distanza. Non so, a me pare follia. Su un ghiacciaio del genere.
Guardo l'orologio, "Oh Ricky, sta calmo, guarda che sono le 9", "ah ecco perchè mi fanno male i piedi!": alla fine in 1h30 scarsa saremo alla funivia, stica! Ultimi sguardi alla nostra salita, un pensiero al nostro pranzo: chissà che come per il Gran Paradiso, invece che Marco troviamo Stefania con la pasta sul fuoco!
Salutiamo la città dei seracchi, ci togliamo i ramponi e basta, e si risale alla panchina della funivia, dove ci denudiamo il possibile e sparpagliamo le nostre cose a terra, in preda al caldo e alla fame e alla voglia di scrollarsi di dosso questo materiale. Un messaggio a Stefania "Ste, siamo alla funivia" "e io alla macchina, oh correte se vi va eh!."La gente che sale in camicia ci guarda allibita. "Oh Pelle, a vedere come ci guardano, secondo me se prendiamo un cappello e lo giriamo, ci lanciano dentro le monetine!"
Alle 10, dopo lauta pausa, si inizia a scendere coi mezzi meccanici, contenti per un weekend dove abbiamo salito due 4mila, dove abbiamo riso, scherzato sofferto. Dove ho ritrovato il piacere della salita in alta quota con l'amico col quale ne ho già saliti tanti di 4mila, con un amica che deve farsi le ossa e che ieri ha dato prova di caparbietà nonostante tutto. Meteo ottimo, compagnia pure, cosa volere di più?
Il pranzo! Sistemata la macchina si riparte, sono le 11, facciamo in tempo a tornare in Italia per mangiare e bere, così non ci facciamo spennare dagli svizzeri! La tortillas piemontese piccante, con fagioli caldi, sarà una sudata peggiore che l'ultima parte della Weissmies..

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Qui ottima guida.
Relazioni a bizzeffe su web.
Qui ieri.