venerdì 26 agosto 2016

Quando la storia serve: Sass de Mezdi, via Dibona

Quest'estate è stata davvero inusuale rispetto alle scorse, e solo ora mi ritrovo nella possibilità di passare qualche giorno (3..) in Dolomiti ad arrampicare. Con Giorgio, che ha ottenuto un permesso speciale per "aiutare" un amico. 

Sulle Odle entrambi abbiamo sempre voluto arrampicare. Io ci sono passato qualche giorno fa vicino, ma anche anni fa. Lui ci passa spesso essendo amante della zona insieme a Chiara. Bisogna portarci anche le scarpette! Anche se solo in auto decidiamo davvero la zona della meta, e solo al bar scegliamo la via. Spigolo Dibona al Sass de Mesdi. 10 tiri, difficoltà contenute, dai come riscaldamento va bene! E invece.. 

Al parcheggio alto ci prepariamo e partiamo in mezzo alle nebbie, alchè opto per i pantaloni lunghi: passeremo tutto il giorno a cuocerci al sole. Qui ci ho già arrampicato nemmeno un fa, ma quella volta l'avvicinamento era molto più breve: oggi saranno ben 2h30 tra parcheggio e mani sulla roccia! 

Salutiamo il Rifugio Juac, un'occhiata alle spalle che il Sassolungo è risorto dalle nebbie, le Torri alla nostra destra, e le Odle che si specchiano nel lago: che bella cartolina! Ad avere una macchina fotografica bussa..verrebbe meglio. 

Usciti dalle nebbie e dal bosco, siamo al sole, e ben presto al Rifugio Firenze. Si prosegue allegramente per un avvicinamento che non credevo così lungo, ma tanto oggi il meteo regge, quindi sfruttiamo la giornata. La strana Piera Longia, e davanti a noi i paretoni sud delle Odle: più ci si avvicina, più sale l'acquolina. 

Risaliamo ognuno per la sua strada il ghiaione, trovando qualche traccia solo più tardi, e incredibilmente ci pare non ci sia nessuno ad arrampicare. Solo giunti a pochi metri dall'attacco odiamo delle voci, ma sono più avanti a fare una sorta di monotiro: in parete saremo soli tutto il giorno, su questa classica. 

Parte Giorgio, col dubbio di non essere nel posto giusto finchè non trova uno dei 12 chiodi presenti sulla via (secondo alcune relazioni). Cercare la via è la cosa che fa perdere più tempo di tutte, e oggi ce ne accorgeremo bene. 

Infatti anche io sul prossimo tiro titubo parecchio, anche se mi pare logico andare li, non è così certo: quando poi traversi.. Un cordino in alto mi ricorda della gita letta al bar (si sono calati per non aver trovato la via), e per fortuna l'ho letta, così ignoro questo e il cordone lassu nello strapiombo! 

Riparte Giorgio per L3, abbiamo già trovato nei primi due tiri ben un terzo dei chiodi totali! E infatti tituba parecchio il mio amico, e rispetto alla relazione di bernardi "si perde". Un cordone su un grosso spuntone indica comunque che qui qualcuno sosta ce la fa: mi sa che nei primi tiri, ognuno arrampica la "propria" via Dibona. 

Ora a me l'arduo compito di "tornare in via", con un gran traverso esposto ma ben ammanigliato. Cerca di capire lo schizzo, cerca qualche indizio, sarà sa salire, sarà da continuare a traversare.. Mica facile la vita. Ma con un pizzico di fortuna arrivo a vedere la sosta, ottimo! 

Ora trovare la via non è più così complicato: il quinto tiro dopo esser saliti dritti, chiama una cengia da traversare fino alla sosta, e tutto fila liscio. Per fortuna, perchè vedo che le lancette dell'orologio scorrono..e oggi doveva essere una giornata tranquilla. 

Il sesto tiro è una sorta di trasferimento strano per andare a prendere da vicino la "bellezza" del prossimo, e mi mangio le mani ad aver fatto scegliere a Giorgio chi doveva partire per primo. Domani mi studio bene la relazione e decido io come dividerci i tiri, uffa!

Il settimo tiro infatti parte con un traverso esposto sul vuoto, foto da far impazzire tutte le fan di GioCobain, il quale però tituba sul quando occorre salire: quell'anfratto sembra più difficile di quello che la relazione chiama, e invece è proprio lui. L'ottima roccia della via permette una salita senza troppe..strizze. 

Un po' in mezzo all'erba, vado a cercarmi la roccia migliore per salire l'ottavo tiro, complicandomi forse un po' la vita, ma ora che ho iniziato a carburare..voglio impennare! 

Ultimo tiro per il mio amico, qui non si può sbagliare, il camino è evidente: basta che non scarichi nulla che io sono proprio sotto. E mentre sono qui, la mia ombra viene proiettata sulla roccia a fianco. In questo delicato momento della mia vita, mi appare ancora più evidente come debba "separarmi" in due in modo che uno dica all'altro cosa fare e come agire. 

E poi vabbeh, l'ultimo tiro è una mezza cioffeca, roccia rotta e varia per arrivare sulla cresta della cima, ma cerco comunque di fare qualche passo di arrampicata giusto perchè io mi gaso quando sono alla fine. Vorrei arrivare fino in cima, ma la corda tira ed è meglio fare sosta giusto a fianco del libro di via. 

Alle 17e15 siamo in cima, finita la via, in totale solitudine. Ammiriamo il panorama e meditiamo su quanto ci abbia impegnato la via, che non ce l'aspettavamo. Ma va bene, abbiamo tempo e voglia. 

Trovata la traccia di discesa, la normale è proprio la tipica normale dolomitica: fortuna ci sono gli ometti a indicare in quale anfratto infilarsi e in che direzione seguire la ghiaia! Ci si deposita sui prati finali, per poi ripiegare a destra e tornare alla base della parete. 

Trotterelliamo verso il Rifugio Firenze affamanti e assetati, un bel piatto caldo e una birra fresca non ce le toglie nessuno, mentre il sole lentamente scompare dietro i profili delle montagne, lasciandoci godere il tramonto su Sassolungo e Sella mentre rientriamo verso l'auto. 

Perchè serve la storia? Perchè Dibona usava pochissimi chiodi! Ora, senza arrivare all'esagerazione che "nella mia vita ne ho usati 15", però pochi pochi ci credo! Giorgio mi dirà di aver trovato più impegnativa questa via che lo Spigolo delle Bregostane..

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