sabato 11 marzo 2017

"E balla finche ce n'è": sbornia di Alpinismo Invernale in Appennino Reggiano

E ti arrivano quelle giornate (e nottate) così: unisci i puntini, traccia una sequenza di avvenimenti, sfoderà qualche vecchio sogno, mettici la voglia di ammazzarsi di fatica, l'ingordigia di Alpinismo, la Luna Piena, una bella giornata. Oggettivo e Soggetivo, stati d'animo interni e condizioni esterne si combinano in un cocktail esplosivo: e allora esplodiamo, e allora balla finchè ce n'è!
L'idea nasce. Si insinua. Si realizza. un'oretta di sonno dopo lavoro, preparazione zaino, cena leggera, un paio di commissioni, e si parte. Arrivo a Febbio (non salgo a Pian Vallese, purista dell'inutile), teatro di tante girate in solitaria, in tempo per infilarmi nel sacco a pelo (da quanto tempo non capitava!), dormire un'oretta e mettermi in cammino: sono le 2, di notte.
La Luna, compagna di tante avventure, sorella notturna che quando è Piena mi (ci) accompagna nella ricerca dell'itinerario, illuminando quel buio tenebroso che incute un timore che si acuisce quando strani suoni lo riempiono. Suoni, versi, fruscii.

In cammino con lo zaino pesante per i 3 litri d'acqua (la giornata sarà lunga, ho il sospetto), sulla noiosa strada che costeggia piste da sci morte, che si trasforma in sentiero insinuandosi nel bosco. Pietraia e fogliaia maledetta dai mille scivoloni: passati, presenti e futuri. Ma oggi non c'è neve qui, ne ghiaccio, e il presente è più roseo.

Lasciatomi anche Pian Vallese alle spalle, le tracce marcate mi portano dove mi ero già prefissato di non andare. Sì, vorrei salire il Fosso della Piella, o Canale del Ghiacciaio della Piella, che manca nel mio mediocre palmares, ma ho già assunto di attaccarlo nella parte alta, seguendo il sentiero fino alla Conca del Passone e traversando da lì. Reputo improbabile a buio e senza tracce attaccarlo dal basso.

E invece dopo minuti di testa china, mi ritrovo alla presa d'acqua di cui parla la guida. Beh, ormai sono qui, sono fuori sentiero, proviamo. Deboli tracce sparse tra fogliame, poca neve, cataste di legna. mi allontano sempre più dal sentiero, e va bene, ma son sempre più timoroso del "ma dove diavolo sto andando? Mo mi perdo, e a quest'ora non sarebbe il caso".

Eccomi dentro un fosso, dentro un canalone, ma senza più tracce. Lo seguo, mi inerpico, ma in alto non vedo nulla, sono ancora nel bosco. Buio e sinuosità del canale fanno il resto, nel dubbio torno indietro, se no rischio di mandare la giornata in vacca. Mezz'ora persa così, per poi scoprire a casa con la traccia GPS che (come poi sospettavo) ero nel posto giusto: bastava crederci e continuare a salire nel buio.
Oggi il sentiero sembra più corto del solito: meglio, che sia che la testa abbia già iniziato a capire quale sarà l'antifona? Fuori dal bosco, nella Conca del Passone mezza illuminata da una possente Luna. Traverso tutto a destra, voglio salirlo quel fosso: voglio godermi un paesaggio e uno spettacolo indescrivibile, e difficilmente fotografabile. Ma ci provo a fotografarlo, tre piedi, modalità "cielo stellato", e vento che mi raffredda.

Più difficile portarsi dentro il canale che risalirlo: un pendio ghiacciato a 55° abbondanti, e poi eccomi dentro un dolce pendio. Mi osservo intorno, pesto neve, ma i lati spelacchiati mostrano un inverno debole che già se ne va. Le pause non mancano, meglio prendere fiato che l'antifona è quella la e bisogna giocare al risparmio. Sopratutto quando inizio a esser timoroso che salire tutta la roba che ho in testa a buio..potrebbe farmi più paura di quello che credevo.
In cima a La Piella, o almeno credo. Sì sì, è lei. Altre foto per rendere la bellezza collegata a questa follia: salire a certi orari, in certe condizioni, per cosa? Per questo: il silenzio, l'ombra creata dalla luna, le luci della civiltà, una civiltà spesso caotica con la quale occorre convivere, ma dalla quale serve disintossicarsi ogni tanto.
Guardo l'orario, andiamo bene. Direzione Passo di Lama Lite, conosco la zona e posso puntare le direzioni corrette anche senza una traccia marcata per terra. La Luna che al suo tramonto si specchia sui pendii di neve ghiacciata assomiglia al Sole al suo di tramonto che si specchia nel mare. Mare di ghiaccio e mare di acqua: stessa sostanza, stato di fase diverso.
Svarioni. Il sonno mancato si fa sentire con forza: mi ricorda la traversata del crinale dell'Appennino. Quella volta, poco prima del Sillano, fui costretto a sdraiarmi lì dov'ero senza pensarci, prima di carambolare a terra per un colpo di sonno. Oggi non posso, morirei di freddo. La redbull che ho nello zaino è provvidenziale.
Giunto al Passo di Lama Lite le prime luci rendono già la frontale inutile. Le paure si placano, posso proseguire senza scuse. Devo. Le sagome di Vallestrina e Ravino diventano più nitide, più colorate. La Cresta Nord del Monte Cipolla è tinta di un blu tenue che ne armonizza ancor di più le curve. La attacco, famelico di giungere in vetta prima del sole.
Uno sguardo al Giovo dove probabilmente stanno per iniziare la loro salita gli amici Cristian e Stefania. Oggi sono solo, come altre volte, come altre volte in cui mi vengono schizzi di follia in cui non vorrei esser seguito da nessuno: non voglio così male agli amici.
Le roccette finali scoperte rendono più frizzante la salita (ancor più frizzante sarà scenderci!), salita tutta da tracciare tra l'altro. Tutto sarà da tracciare oggi, tutto sarà da decidere, insomma oggi è la giornata del tutto in autonomia. Rischi maggiori, probabilità di successo minori, soddisfazioni maggiori. Ed eccomi in cima, il panettone del Cipolla.
Naturale prosecuzione è la Cresta Nord del Monte Prado, e a me la natura piace. Avvicinandosi a essa, la poesia dell'alba va a tingere di rosa la prete nord est del Prado: una pannosità dolce ma ripida, un colore tenue ma che nasconde del brusco. Un onore assistere a un tale spettacolo, quasi come svegliarsi al fianco al viso di una bella ragazza. NB: quasi.
Cresta affilata, e col vento che c'è (che già quella precedente mi ha fatto perdere l'equilibrio un paio di volte) va percorsa con attenzione. D'estate la si abbandona sgusciando sul alto ovest, d'inverno la si segue integrale, superando un paio di risalti a 70° e sfruttando la mica tanto sana roccia che c'è. Ma tutto fila liscio come l'olio, testa e fisico reggono bene.
In vetta al Monte Prado, il sole ormai la fa da padrone, ma anche il vento: meglio abbassarsi per sperare di essere un po' riparati da esso. Colazione sul mare di ghiaccio, la foto dei piedi alpinistica, la pace dei sensi, la mente libera.

Bene, e tutto ciò per cosa? Per andare finalmente ad esplorare il Sassofratto! Uno strano modo di fare l'avvicinamento alle sue pareti, ai suoi canali, ma di certo molto estetico nella sua originalità! Scendo verso la Valle dei Porci, neve dura alternata ad accumuli per fortuna esigui (se no ci sarebbe da preoccuparsi). Sbircio la est del Prado, ma oggi ho intenzione di lasciarla stare. Intenzione che sarà abbandonata.
Finita la discesa, occorre traversare per portarsi all'attacco dei percorsi possibili. Ma traverso troppo presto, tocca tornare indietro e scendere ancora di più. Intanto già ho buttato l'occhio ai canali nord ovest: belli, ma forse troppo duri per salirli in solitaria. Forse. Di nuovo al sole, e col foglietto in mano per capire sotto cosa sono.
Voglio (provare a) salire il Canale NordEst del Sassofratto, devo quindi traversare ancora e portarmi nel budellino che nasce fin da dentro il boschetto. Eccomi sotto, anche se sono già rimasto stregato da un altro paio di salite possibili che ho visto da basso.. La neve è ottima, il vento mi lascia in pace, ma più su avrà una spinta maggiore dovuta alla conformazione del canale. Saliamo.
Itinerario in mezzo a costole rocciose che tagliano questo versante in modo a volte regolare, a volte no. Il bello dell'Appennino è che si può lavorare di fantasia, salire dove più ti piace, variare salite classiche: un po' come in cucina (o almeno per come piace cucinare a me).
Il sole torna a baciarmi, il vento a spazzarmi. Sono fuori dal canale. Contemplo una vallata calma e tranquilla (quella sotto le pendici nord di Monte Vecchio), troppo isolata per esser presa in considerazioni dalla maggior parte delle persone. I polpacci godono, i quadricipiti son caldi. L'orario concede un altro giro in giostra. "Balla finchè ce n'è!"
Riscendo nel Vallone dei Porci, ritraverso sotto le pendici del Sassofratto, risbaglio a traversare troppo presto e riritorno sui miei passi. Riarrivo sotto il Canalone Nord (o Paretina?) del Sassofratto e..via su di qua: dall'alto l'ho visto meglio e pare bello anche lui, anche se l'uscita è ben più dritta di quella che ho da poco lasciato.
Giunto al risalto roccioso in mezzo al canale, la confidenza raggiunta tra le mie propaggini metalliche e la consistenza ottima della neve che a volte è pure ghiaccio, mi accendono la folle-fantasia. Proviamo a salire questa parete rocciosa coperta da ghiaccio sottile e solcata da rigole di neve. Ma dopo qualche metro demordo: non rischiamo troppo dai.
Demordo qui, riprovo su. Una paretina di ghiaccio misto erba sulla sinistra, ciò che di più Appenninico ci possa essere: delicato a tratti, godurioso ad altri. Traverso verso destra per riportarmi dentro il più comodo pendio di neve, zigzago e perdo tempo. Perdo tempo, guadagno spasso.
E in vista dell'uscita, vedo una bella goulottina sulla sinistra. Roccia, erba, neve, ghiaccio, mancano solo i mughi (li troverò tra qualche ora) a completare la NdA. E come non resistere? Mi ci infilo dentro, me la godo, me la salgo, me la fotografo. Sassofratto, ne valeva la pena di venirti a trovare!
Di nuovo in cima. Di nuovo al sole, di nuovo al vento, di nuovo "e ora?". Ce n'è ancora? Vacca boia se ce n'è! Altra discesa come prima, verso il Vallone dei Porci. Mi guardo a sinistra: la est del Prado. Mi guardo a destra: la nord ovest del Sassofratto. AD/AD+, forse troppo. O forse no? Andiamo a dare un'occhiata da vicino.
Ottima scelta, la salita più bella della giornata: Canale Centrale alla Parete NordOvest del Sassofratto. E in cuor mio ballo pure! Saranno meno di 100m di dislivello, ma che classe: una neve ottima che la picca fa fatica a estrarsi, tutta sulle punte (dati anche i 60° continui, a volte di più), tratti di misto roccia, di misto erba, di misto terra. SPETTACOLARE! La commozione quando le becche sfondano il ghiaccio.
E come prima esplorazione al Sassofratto, averne salito ben tre itinerari..beh niente male! Dai ora però mi accontento. Guardo l'ora, penso che sarebbe meglio arrivare alla macchina presto per dormire quello che non ho dormito stanotte. Penso che per oggi ne ho fatto già abbastanza. Penso che però come mi riporto al Passo di Lama Lite in modo elegante? Come se fossi due persone, mi frego, torno giù per la Valle dei Porci, sapendo che non la scenderò tutta. Penso che.. "balla finchè ce n'è!"
Sotto la nord est del Prado apro la guida, cosa ho davanti a me? Via dell'Ottantadue al Monte Prado, why not? Ad anche questa, ma vabbeh dai, vediamo la neve basale com'è: se è buona si può andare, lassù già vedo che pullula di erba e mughi ma piana (i maroni).
Neve discreta nonostante il sole, salita comoda e invitanti varianti a sinistra che però lascio stare: accontentiamoci dai. Tanto sta per pensarci l'Appennino a "rassodarmi i glutei" con un po' di sana strizza. Già, perchè dietro quel masso mi aspettano 30-40m di misto NGEMTR: neve, ghiaccio, erba, terra, roccia. Adrenalina e paura escono dai pori insieme al sudore.
Uff, è fatta, però cavolo che caga! Davanti a me solo il bianco della neve e l'azzurro del cielo: what else? Che giornata che sta venendo fuori oggi, che morale che torna su! Torno in vetta al Prado: con lo stesso sdoppiamento di personalità di prima mi sto per rifregare.. Una sosta maggiore, a decidere il da farsi: a confermare al cervello ciò che il cuore ha già coniato.
Scendo per il Canalone NordOvest del Prado, proprio sotto la cima a costeggiare la cresta nord, in mezzo a piccoli accumuli che se fossero grandi (tipo quelli che vedrò dopo sotto al crinale) sarebbero da cacarsi sotto. Scendo appagato, felice, assolato, stanchino anche. Sono le 10e30, son solo 8 ore e mezza che sono a zonzo a spicozzare.

E dal Canalone Ovest del Cipolla vedo scendere qualcuno, la prima anima viva oggi: mi avvicino, le nostre strade si incroceranno per forza. "Buongiorno", poi noto il casco, sento la voce della risposta, lo vedo che trotterella verso di me: è Roberto! Due chiacchiere e due risate, ma pensa te chi trovo. Mi dice cosa ha salito, e così il mio cuore chiama il cervello e gli dice "Visto? Quindi non rompere e andiamo anche li!".
Scendiamo, in lontananza tre scialpinisti, dai colori sgargianti, una stazza che mi pare lui, il sesto senso non mente: Andrea, Federico e Stefania. Ci fossimo dati appuntamento, non ci saremmo riusciti così bene! Il tempo si dilata, le chiacchiere, i saluti, poi il passo che si placa per continuare a parlottare con Roberto.
Alla base del Canalone Nord del Monte Cipolla saluto il mio amico e riparto per l'ultima salita della giornata: mi prometto che sia l'ultima. Seguo le tracce di Roberto che lìha percorso poco fa, poi però verso metà noto che lassù potrebbe essere interessante: rocce, neve scura, sento odore di quick quick. Lascio la traccia dell'amico che ha traversato verso sinistra, e su dritto per la mia variante.
Goduriosa, di nuovo. Tutte belle salite oggi, con condizioni buone o ottime (giudizio relativo a quelle che possono essere le condizioni in Appennino: permalose). Anche qui pendenze accentuate ma (relativa) sicurezza per la qualità della materia prima: lame che entrano e faticano a uscire, progressione ambia piccoza dx + rampone sx e viceversa. Manca solo una colonna sonora rockeggiante.
Di nuovo al sole, di nuovo in cima al Monte Cipolla. Pausa pranzo sul panettone, contemplazione della bellezza del luogo, della pienezza di questa passione (ognuno ha poi la usa), dell'amore per la vita vissuta intensamente. Pensieri sui rischi che ci si può prendere quando pensi ne valga la pena, quando pensi che ti porterà a qualcosa.

Più che pensare, è uno scommettere. Ma se la vita non fosse un rischiare, un mettersi in gioco, un "va beh dai, proviamo", che gusto ci sarebbe? Non siam fatti per esser piatti, ma piuttosto spigolosi, incassati, aerei come creste e canali. La stanchezza inizia a farmi delirare. O a farmi ragionare, chissà. Nella vita, "balla finchè ce n'è", che a non essercene più si fa sempre in tempo.
Ora di scendere, di rientrare, di dire stop per oggi. Pensare di scendere per il canalone ovest del Cipolla mi viene male; idem per l'est. Resta solo la Cresta Nord del Monte Cipolla, da poco percorsa in salita, perciò fattibile direi. E sticazzi invece, imbocco troppo a ovest le roccette e mi ritrovo faccia a monte a disarrampicare dei buoni 60°-65°: facevo prima a girare intorno al panettone!
Al Passo di Lama Lite posso tirare i remi in barca, o meglio metter le picche a posto. Oggi che volevo stare da solo, e ci sono stato parecchie ore, ma ora il traffico in zona Rifugio Battisti inizia a farsi largo. Riguardo il Sassofratto con tutte le gioie che mi ha dato oggi, mi giro verso l'agonia della risalita al Passone: tutto regolare.
Sole forte, faccia cotta da vento e caldo, fame e sete (dei tre litri non è rimasto nulla), strette di mano interiori. Giornata di Appennino Invernale da incorniciare: qualità e quantità. Concatenamenti logici e numerosi: nulla di eccezionale o di cui vantarsi con nessuno. Sono un umile amante dell'Alpinismo spinto da questa passione. Null'altro.
Discesa diretta dal Canalone Nord del Passone, e a ritroso il sentiero dell'andata, che pare pure corto oggi: misteri della mente. Ritrovo Roberto a Pian Vallese, altre due chiacchiere e poi giù, all'auto, alla birra e al panino, e pure al tiramisù, che oggi me lo son meritato. Oggi che mi sono tirato sù.

Qui altre foto.
Qui report.
Qui la guida.

Nessun commento:

Posta un commento