sabato 8 aprile 2017

In qualche modo: Il Profondo Rispetto (reciproco) per l'Indria

Questa via era rimasta un po' lì: quella volta riuscii a trascinare Nicola ad arrampicare con me, lui che ormai viaggiava su un grado più alto del mio e con lui era quindi ormai impossibile andare fuori insieme, se non tirandosi il collo. Ora viaggia due gradi sopra il mio, quindi ciaone. Però quella parete, quel nome, quell'aspettativa stroncata da una parete fradicia, mi erano davvero rimaste lì.

Ritentai successivamente di coinvolgere qualcuno, ma con scarsi risultati. Anche perchè, visto il grado della via, serviva anche un compagno in grado di portarmi fuori da questo cavolo di VI! Nell'ultimo periodo, vuoi per un inverno finito prematuramente (è mai iniziato), vuoi per una voglia dolomitica che mi fa tornare voglia di allenarmi, Arco è diventata meta frequentata dei miei weekend.
Voglia di fare una via dalla media lunghezza, un bel meteo, nessun orario, tanta voglia di arrampicare e un pochino di mettersi in gioco, oggi è la volta che si ritenta “Il Profondo Rispetto per l'Indria”, con Giorgio, e da casa un Nicola profetico che ieri mi scrive (dopo aver suggerito altre vie, ovviamente al di fuori del nostro grado) “ma orami vedo che vi lanciate sul VI, e in qualche modo ne uscite”. “in qualche modo”, a volte in A0, a volte in A1, magari una volta ne uscissimo puliti.

Partiamo alla solita ora: un po' prestino per molti, ma le temperature sono già ok, la colazione si trova senza problemi, e la voglia di non trovare nessuno davanti a noi (e farci superare il pi tardi possibile). Peccato solo la cena semidistruttiva di ieri sera: non ero più abituato al Lambrusco, e si vede che ne avevo tanta carenza. Risveglio dopo poche ore di sonno piuttosto duretto, e in A22 collasso sul sedile.
Dopo la colazione, siamo al parcheggio, che cazz c'è già gente. Va beh, mica andranno tutti all'Indria! Zaino unico anche oggi, alla fine ammetto che arrampicare libero è bello, anche se la schiena me la sento poco protetta, e sento ancora di più di essere in un ambiente più falesista che alpino. Giungiamo all'attacco già accaldati, carichi al punto giusto, con un profondo rispetto.
Parte Giorgio (squadra che vince.), l'altra volta ero partito io L'altra volta era anche parecchio bagnata la parete, e ricordo bene essermi cacato sotto anche sul IV. Oggi  tutta un'altra storia, è pur vero che le difficoltà maggiori arrivano dopo.
“dopo” vuol dire poi subito per me. Placcossimo tiro da primo, che però mi scorre bene e rilassato: oddio, rilassato  una parola grossa, diciamo che sudo il giusto e la cosa mi fa prendere coraggio. Vuoi vedere che oggi la portiamo a casa? E pure discretamente bene? Un bel traversone delicato sotto strapiombo, ricco di prese rovesce, e arrivo ben presto in sosta. Carico e fiducioso.
Riparte il mio amico, che mi avverte che c'è gente sotto. Che palle! In realtà, se anche c'era qualcuno, poi se ne va, lasciando la via tutta per noi, cosa unica e rara ad Arco. Muretto un po' tosto, poi si scivola bene verso la sosta. Oh, che muro giallo sopra la sosta! Fortuna c'è da sgattaiolare a destra alla ricerca di un diedro nascosto.
Oggi tutti a me i diedri. Struttura che di solito mi garba assai: arrampicata con un po' di forza, bella esposta, col vuoto sotto i piedi. Andiamo a vedere, andiamo a sgugnare. Un primo tratto divertente, poi una sorta di bivio dove mi pare naturale andare a destra, troppo tosto a sinistra. Ma quell'anello lassù indica che occorre tornare con un traverso “eccitante” dentro al diedro a sinistra, per poi scartabellarsi e inventarsi un po per proseguire su queste pareti lisce. Uff, ecco la sosta.
Brillanti e simpatici quelli che hanno inciso frecce sulla roccia in varie direzioni, fortuna quella blu  una sola e non ci si può sbagliare. Sul quinto tiro Giorgio sparisce presto alla mia vista, per poi tornare sopra di me sullo spigolo. Quando tocca a me, ci scatta la prima azzerata della giornata: la placca non mi piace, provo a salire, ma non va bene, tornare gi non si può, tocca traversare sul nulla e...afferrare la fettuccia. Pace.
Vengo pure punito col tiro più brutto del momento, un semi traverso su roccia delicata e pure breve Definirlo “brutto”  come sputare nel piatto in cui si mangia: una piccola discontinuità su una via per ora davvero appagante. La preoccupazione per quella “sosta fragile” viene annientata alla vista di due spit. Ho conservato lo zaino su questo tiro, vista la sua facilità e per evitare tempi persi per due scambi: altruismo e risparmio.
Riparte il mio amico, mentre di nuovo un elicottero gira vicino a noi per soccorrere qualcuno: sta diventando un'attività troppo “numerosa” quella dell'alpinismo. Finito il traverso esposto, si salta dall'altra parte per arrampicarsi in verticale alla ricerca di buone mani che per fortuna non mancano.
Ottavo tiro, dai che siamo a più di metà, anche se il tiro chiave  poi alla fine. Altro diedro, però cavolo se strapiomba in alto! Questo sarà più duro, di certo più fisico: sospirone, e via andare, che non c'è da cincischiare quando il rischio ghisa is in the air. Vado, un friend a integrare, e poi verso l'alto, tra sostituzione e trazioni guadagno altezza.. pause di rflessione, lettura della roccia, cuore in agitazione, strapiombo e dai che son fuori!
Passerella di terra gradinata (mamma mia Grill, che impegno a mettere in “sicurezza” tutti questi tratti), e alberello con tronco secco pendulo. E qui, salgo troppo a sinistra, come al terzo tiro sbaglio e tornare giù non  comodo, ma possibile visto che sono da primo. Riparti per una bella placca che riesco a vincere fiero di me e delle mie mythos (in realtà, mo' vaca se son scarso).
Dubbioso se la sosta sia questa, ma credo di sì, allungo il barcaiolo di almeno 6m per poter vedere il mio amico salire e scambiarci due battute: ridevo meno quando ero al suo posto. Poi riparte, un salto su una lama traballante, e poi un bel traversone delicato ed espostissimo la cui bellezza  proporzionale al “cacchio che vuoto sotto i miei piedi!”, almeno per me che adoro ciò.
Ed ecco il tiro più brutto della via, il mio! Un trasferimento di I (e anche qui, dire I è tanto, si cammina per sentiero) dove la corda ha pure il coraggio di bloccarsi! La fame e la sete ci fermano per la seconda volta: in parete al sole fa già un caldo assassino, estate aspetta!
Giorgio mi rende il favore conservando lo zaino anche per il prossimo tiro, una facile ma pittoresca rampa sotto degli strapiombi a sfruttare una bella fessura di prese rovesce. Voglio la birra! Fortuna qualche sosta è all'ombra, perchè 1,5l in due oggi è davvero poco. E meno male che ci mettiamo un tempo dignitoso a finire la via.
Eccoci sotto il tiro chiave col passo chiave, la spaccata, banzai! Altro diedro, sempre a me: a fine giornata il mio amore per i diedri sarà in crisi.. Subito un resting, per poi scoprire la manetta salva vita: zioccan. Strapiomba pure un po' il maledetto, e dopo poco diventa davvero liscio sulla parte destra. Come prima, ma pi di prima, gioco di incastri alla Yosemite style, braccia e gambe nella fessura, ginocchia in sostituzione, ne uscirò con un polpaccio destro un po' graffiato.
Bello eh, ma che duro! Perchè non salire quella fessura a destra? Ah, ma tra poco ci vado. Cordino lassu, sotto quel masso incastrato che da superare in alto  impossibile, ma ci arrivo cotto e mi tocca trazionare anche su esso (Giorgio quando arriverà in sosta dopo mi dirà “ma c'era una manetta appena più in alto a sinistra”, noooo). Daje de spaccata adesso!
Oh, ok che faccio yoga (con scarsi risultati, ammetto), però.. Allunga il piede varie volte e tastare quel terrazino inclinato lontano, che tanto al cambiare del tentativo non si avvicina, non si allarga e non si pareggi. Resta uguale. Forza, una specie di Dulfer col fiato strozzato, e son di la. Dai che forse la portiamo a casa!! Ma il tiro non è finito, verticalità netta per risalire verso la sosta, la corda troppo angolata negli ultimi due rinvii mi sega..le balle.
E la pala placcosa che faceva cagare sotto fin dall'osservazione da valle, è di fianco a noi. Ma non abbastanza da esser lei il nostro ultimo tiro! Preoccupatissimo per di nuovo quel grado di placca che sotto mi ha fatto azzerare, infreddolito da una sosta all'ombra e al vento (pelle d'oca e quasi tremo), osservo Giorgio sul 13imo e ultimo tiro.
Sale la fessura, massi instabili, arriva sotto lo strapiombone diagonale. Da qui non si può vedere se ci sia una bella fessura solcata dal vuoto a indicare delle buone mani: non farci sorprese! Il mio amico scorre liscio, supera il tratto, arriva in sosta e lo sento gridare, yeah! In qualche modo ne uscirò anche io! E ne esco pure bene, niente A0, strana questa diversa gradazione rispetto a sotto: ma io son scarso, probabilmente anche nel leggere la roccia.
Ok, tre A0 (di cui uno da secondo) ma sono soddisfatto, e Giorgio (nessuno A0, maledetto) pure. Riusciamo a salire una via davvero bella, appagante, varia, e in totale solitudine. Al sole, col sole, in tempi anche dignitosissimi (almeno per i nostri standard, 6,5h), e con gli ultimi ruttini al Lambrusco. Ero quasi schifato dall'idea di bermi una birra e mangiarmi un panino, ma ora non vedo l'ora!

Qui altre foto.
Qui report.
Relazioni a bizzeffe su web.

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