domenica 28 maggio 2017

Run for Fun, Run to Live: Marcia dei Tori 2017

Non sono un trailer, non sono uno skyrunner. Non mi alleno in modo specifico e/o controllato, non mangio contando le calorie, le proteine, i carboidrati. Magari non mangio schifezze, cerco di evitare farine bianche, zucchero, sono vegetariano, però mi date del tiramisù non mi tiro indietro.  Faccio pochi trail all'anno, e quasi sempre solo perchè quel giorno non riesco ad andare in montagna (non sono nemmeno un alpinista o un climber a dirla tutta).

Tranne questo. La Marcia dei Tori è il trail di casa, organizzato magistralmente dai volontari della mia sezione del CAI (CAI di Carpi. Gente che a titolo gratuito spende il proprio tempo e energie per far star bene, la unica ricompensa l'appagamento interiore, oppure anche queste poche righe, spero. Gente che con sole o pioggia prepara il percorso giorni prima, lo ripulisce dopo la gara, lo monitora, si riunisce da mesi prima per pianificare tutto. Gente che si fa il mazzo.
Alla Marcia dei Tori non rinuncio nemmeno per la montagna, dal 2010 salgo a Capanno Tassoni per correre (e camminare) sui sentieri del mio Appennino. Da quella volta che scoprii la gioia che ti da questo tipo di attività, e la maestria delle zie del CAI nel preparare dolci per il ristoro dell'arrivo. Solo un anno ho saltato: le condizioni meteo erano talmente avverse che già da giorni prima si era optato per il giro "corto" a valle.
Quest'anno invece c'è pure la novità del percorso lungo, e senza pensarci due volte, senza rifletterci, mi ci iscrivo subito. Solo al venerdì prima della gara inizierò a riflettere sul "ma, ce la farò?". Quest'anno poi, all'ultimo minuto si aggiunge Stefania a gareggiare. All'ultimissimo pure Anna. Alla mattina troviamo pure Alessia, Andrea, Linda, Marco, ragazzi che stanno frequentando il corso A1.
Una scappatina in bagno a fare pipì mi fa perdere la partenza ufficiale, non riesco ad augurare il meglio agli amici che fanno la corta. Corta, sono poi 13km! La frenesia, le preoccupazioni, le angosce. Allo start tutto si spegne, le gambe iniziano a muoversi in modo felice, la mente si pialla, e si pensa solo a..godersela.
Discese veloci, discese tecniche, single track, salite sbuffate camminando. Un caldo opprimente, ma meglio che le bufere che a volte fa in Appennino. Il ristoro, un bicchiere d'acqua, una manciata d'uvetta, uno spicchio d'arancio, e via verso il percorso classico, quello che ti permette di toccare il cielo una volta fuori dal bosco.

Incredibile correre questo tratto senza la calca della partenza, da solo, puntando qualcuno la davanti ma senza mai raggiungerlo. Ma questo genere di sport è una competizione verso se stessi, non verso gli altri: beh certo, facile parlare così quando già so che non ho nessuna chance per il podio!

La salita che ricordo, il preludio al momento più bello. Fugace appare il crinale tra i rami dei faggi, un solo battito di ciglia ed è già tornato a nascondersi dietro al fogliame. I salti sui single track tra le rocce, e sbam, eccoti la salita allo Spigolino dritta davanti a te. Meglio guardare giù, su ci riguarderò all'arrivo in cima.

La cima arriva senza nemmeno che fossi preparato a ciò: la mente già vagava per i fatti suoi nel vuoto. Oppure non faceva nulla, chissà. Discese in campo aperto a frenare una gravità che resta nemica anche quando i più direbbero che aiuta. Un altro bicchiere d'acqua e spicchio d'arancio al ristoro, e via, per l'ultimo terzo. Peccato, siamo già verso la fine..

Sali scendi con qualche strappetto, si tocca il cielo con un dito, e infine il deciso taglio a destra a kamikaze prima tra pratoni e poi nel bosco, ad abbracciare tronchi d'albero sulle discese ripide per non perdere l'equilibrio. Qualche "permesso" e "grazie" a chi mi lascia passare, e di nuovo sulla forestale, dai tutto quello che hai!

Il tifo, quello genuino di chi non sa manco chi sei. Ma ti vede sofferente (mah, anche se il fisico soffre, la mia espressione è comandata dal cervello, che è felice), ti vede fare qualcosa che per loro è incredibile, per altri sarebbe robetta da principianti: ma te corri per te, non per gli altri. Ti incita, ti supporta. Poi il tifo degli amici è ancor più prezioso.
Arrivi al traguardo, lo varchi, contento, ce l'hai fatta. E subito a pensare alle tue amiche e amici che fine hanno fatto. Anna l'ho vista sul percorso, ma gli altri? Ma sta a vedere che..mo vacca boia sono già arrivati! Grandissimi, prendere pure soddisfazione dalla loro performance e sentirsi dire "ah ah, non mi hai superata!". Solo che ragazzi, ora sò chi mettere a battere traccia alle prossime uscite del corso A1..
Ed eccoci. Tutto finito. Finita una sofferenza che le endorfine tengono a bada, che ti fanno dimenticare e dire "la prossima quando?". Il banchetto del ristoro dell'arrivo e la birra fresca però ti fanno apprezzare il momento di calma, di termine del cuore a mille. Pausa, meritata, giocosa, a chiacchiere amabili.
Con un bagno nel Panaro, e il prolungo del recupero alimentare e bevereccio, finisce un'altra giornata da incorniciare, resa possibile innanzi tutto dalla Natura, ma che senza l'organizzazione, l'entusiasmo, la carica dei volontari del CAI diCarpi, sarebbe lì, pronta a farsi ammirare, ma difficile da trovare, scoprire e vivere.

Non sono un trailer, non sono uno skyrunner, non sono un alpinista, non sono un climber. Sono solo uno che cerca di divertirsi, di vivere. E alla Marcia dei Tori mi divertono. A correre toccando il cielo, vivo.

Qui, qui e qui altre foto da modenacorre.it.

domenica 21 maggio 2017

Sfuggendo alla folla e al caldo: Tessari (A1 2017)

Suona la sveglia, la spengo subito. Metti caso che abbia disturbato il sonno dei miei compagni di stanza, me ne sto fermo qualche minuto prima di sgattaiolare fuori dal letto. vado in bagno a cambiarmi quatto quatto. Cavolo i calzini, li ho dimenticati! Torno in camera a prenderli. Alle 5e30 sono fuori dal Platano , vestito da corsa, voglioso di libertà, quel senso di libertà che ormai solo lo skyrunning sa darmi.

Scarto l'ipotesi iniziale di andare a Caprino Veronese e salire a La Fabbrica, andiamo a esplorare la zona del Forte di San Marco! Così, senza sapere la strada, e infatti salgo a sinistra ma dopo qualche centinaio di km torno giù e vado a destra. Entro a Lubiana, vado troppo avanti, salgo a una frazione, torna giù, cartina in centro paese.. Boh, trono indietro e salgo di la. Sembra corretta. 

Cerco di correre (parolone, cerco di non camminare) tutto il tempo, al Forte di San Marco riesco ad arrivare su pietraia spacca gambe che attentano ai malleoli. Albeggia sul Lago di Garda, vento forte dalla Val d'Adige. C'è tempo, seguo il crinale verso nord, e dopo un bel single track nel bosco, il paesaggio si fa più roccioso e pietroso. Tocca iniziare a camminare, anche perchè alcuni tratti sono piuttosto esposti, e alcuni di questi hanno corda fissa. 

Ma che libertà. Correre su crinali, toccando il cielo con un dito: non dico che volo, ma siccome mentre "salto" sono la cosa più alta che c'è intorno a me..beh, bello. Faticoso sì, ma bello. Riesco a salire fino al Monte Cordespino, con un occhiata all'orologio e all'orario. Va beh dai, ma in discesa recupero, al massimo non farò colazione. La cartina indicava che sceso dal monte ci deve essere una diretta fino al paese. 

Capre che pascolano, il sole, il vento, speriamo non le zecche. Scendo scendo ma non trovo nulla. Cacchio, ma sto scendendo verso Tessari! No eh, tornare indietro fino al primo rientro che ho visto, non mi passa niente. Mi farò venire a prendere a Tessari, o meglio, li aspetterò lì, sudato, sporco, affamato.

Per fortuna ecco la discesa, tutto asfalto ma pace, almeno mi doccio e magno! Arrivo all'albergo con le due tigri e il dormiglione che escono e mi guardano un po' così.. Eh oh, io ho questa malattia. Colazione abbondante come se non ci fosse un domani, vi mangio anche i piatti! Usciamo, ma non tutti sono pronti, anzi. Mi pare che ce la stiamo prendendo un po' troppo con calma. Sta a vedere che arriviamo la che c'è gente. "Eh ma sono le 8, chi vuoi che ci sia!" 

Il parcheggio di Tessari è quasi pieno, non uno, probabilmente due corsi si stanno preparando per partire. Questo è il secondo giorno della terza uscita del Corso A1 2017 del CAI di Carpi, e dopo ieri questa è una nuova giornata di arrampicata su vie a più tiri. "Ragazzi sbrighiamoci e andiamo!" dico a tutti e in particolari ai miei due compagni di cordata, Gioele e Francesca.

Ben presto siamo pronti e ci avviamo per primi, lasciando chi ci ha preceduto al parcheggio indietro. "Andrea, a che ora ci ritroviamo qua?" mi viene chiesto, e nella fretta commetto l'errore di "vediamo come andiamo nel durante e ci sentiamo per telefono dai!". Salendo coi miei due, gli racconto un po' della parete e della disputa tra lo storico e il nuovo apritore. Io me ne sto fuori non conoscendo bene i fatti, io ringrazio che posso arrampicare qui.

"Avete addocchiato qualche via che volete salire? Vi ho mandato le relazione i giorni scorsi" e Francesca mi chiede subito Il Cappuccio del Fungo: cavolo, però non vorrei rubarla a qualche istruttore che me ne aveva parlato.. Va beh oh, siamo davanti, andiamo la. Ovviamente la si trova libera, riconosco la radice, forza, prepariamoci.

Bene siamo avanti a tutti. Intanto Davide e Alfredo scorrono e vanno poco più avanti. Abbiamo tutta la giornata davanti, siamo a un corso, nessun treno da prendere, ma..milioni di persone stanno per arrivare e affollare la parete, meglio muoversi, meglio fare bei tiri lunghi! A fine giornata, 3 vie in 9 tiri. Stavolta ho pattuito che, visto che non ci sentiremo, il "molla tutto" corrisponderà al fatto che recupero 5m di una sola corda. 

Vado, supero i primi tratti leggermente verticali, salgo svelto Salto la prima sosta ufficiale che non c'ho voglia di trovarmici in tre cordate su questo cavetto d'acciaio, continuo verso l'alto, la via è piacevole. Mi assicuro solo su clessidre: spettacolo di parete. Sento che mi urlano che la corda è a metà, a un certo punto dovrò sostare. Guardo giù: linea perfetta, rinvii dritti. 

Recupero i miei compagni, anche loro salgono svelti, si godono l'arrampicata plaisir e la temperatura non ancora eccessiva. In più in alto il vento ci accarezza dolcemente, che caro! Riparto, di nuovo svelto, di nuovo tirone. Nella zona di una sosta in cengia all'ombra, rinvio altissimo sull'albero per evitare che la corda tocchi terra e faccia cadere sassi. Davanti a me la placconata finale del fungo. 

L'arrampicata si fa un po' più difficile, ma sempre alla nostra portata: un pizzico di pepe su una già saporita pietanza. Sotto di me vedo che un po' ci stiamo affollando, ma sono tranquillo per ora. Anche qui, la metà corda urlata l'ho sentita bene, non posos salire oltre, due bei clessidroni mi concedono una buona sosta. Sole e vento sono un connubio super piacevole al momento! 

Gioele e Francesca si godono il tiro, osservando anche loro che le difficoltà sono aumentate, spaccando e abbracciando pilastri accennati. L'ultimo tiro è giusto una facile uscita, e alle 10 siamo già tutti fuori dalla prima via. 1h45, non male, considerando che in sosta abbiamo pure fatto un po di didattica (ogni volta gli faccio una sosta diversa..). 

Via giù per il sentiero, altro giro altro regalo: altre vie non ne hanno addocchiate, come difficoltà non vogliono superare quella appena finita. Direi che la tattica migliore sia scendere e vedere cosa ci sia di libero. La via del Porce e le sue limitrofe sono libere, ma quella menzionata è la più facile: i ragazzi vogliono il più facile, e chi sono io per dirgli di no?! 

Senza perdere tempo, ma senza impiccarci, siamo di nuovo pronti a salire. I primi metri non sono banali, tra l'altro quel bel lavandino sulla sinistra che pare ancorato alla parete ancora per poco è d'obbligo per mani e piedi. Si sale dritti, si sale verticali, salto di nuovo la prima sosta e proseguo fino a trovare un cavo d'acciaio in una clessidra e un'altra clessidra appena sotto: perfetto. 

Quando arriverà Francesca mi chiederà "ma questo bollo rosso indica la sosta?" "bimba mia (oggi mi sento un po' toscano e uso l'appellativo Bimba), questo bollo è uno stupro alla roccia: è inutile, c'è già il cavo d'acciaio nella clessidra". 

I miei compagni salgono svelti anche loro, purtroppo gli ultimi metri hanno subito un cambio di pendenza che non mi permette foto. Almeno siamo ancora soli soletti, senza traffico, senza patemi, senza intrecci di corde. Al momento di staccarmi per ripartire noto però un gravissimo errore che hanno commesso nell'autoassicurarsi! Meno male me ne accorgo, o era un doppio fischione.. 

Secondo tiro di nuovo bello lungo, e facile, trovo la possibilità di fare quasi una sosta all'ombra per la gioia mia e dei miei allievi: ma quanto ci so?! Poco, è solo fortuna. Intanto dalla sosta conto 40 auto: metti tre passeggeri per auto sono 120 persone. mettine quattro sono 160. Che folla ragazzi! Troppa per i miei gusti, mi sale la misantropia. 

Anche qui il cambio di pendenza non mi permette foto. Il caldo invece mi permette di sudare non poco, i 2litri di acqua con me saranno a pelo sufficienti, fino a domattina avrò sete, e non so quanto ho bevuto nel mentre. Disidratazione! 

Di nuovo ultimo tiro facile e breve, sosta sulla pianta mentre vedo Dario e i suoi che sono appena usciti dalla loro prima via e scendono per salirne un'altra: vacca boia, allora siamo veloci! In effetti anche la Via del Porce la terminiamo in 1h30: saliti facendo quello che c'era da fare, ma in tre soli tiri e cercando di non perdere tempo. 

Ora però ci spiaggiamo un attimino, mangiamo, facciamo due chiacchiere filosofiche sul senso della vita e valutiamo il da farsi, che due vie le abbiamo già salite. Ma i due ragazzini quando alla nostra S2 del Cappuccio del Fungo eravamo in sosta di fianco a Davide, hanno avuto la malaugurata idea di dire "ma ne possiamo fare anche altre 5 cosi di vie" alchè Davide li ha guardati e gli ha detto "state attenti a dir così, che avete trovato quello che vi sfianca!"

Iniziamo a scendere che sono le 12e30, scivolando e imprecando sui soliti sassi, col ritornello del weekend "io muoio" "ma no aspetta a morire, che ci sono altre due uscite!". Scorriamo di nuovo alla base della parete, troviamo Gianluca e i suoi che si sono appena calati in quanto sopra di loro la vedevano grigia e lunga poter salire. Scorriamo avanti, io puntavo Equinox se era libera. Ma troviamo occupate le due vie intorno a lei, in più le difficoltà vengono rigettate dai miei compagni, e allora cambio! 

Eclissi Solare fa per noi, l'ho già salita ma fa lo stesso, anzi meglio. Partenza all'ombra, scorre di fianco a un canale boscoso che magari farà ombra (lo farà!), è più facile delle due appena salite, perciò dovremmo far presto e non cuocerci. E invece.. 2h15 questa via, e gli accidenti di chi ci aspetterà senza un confortevole bar al parcheggio. Ancora non mi capacito di questa lentezza, saremmo dovuti essere giù 1h prima. Vabbeh, amen. 

Parto, sui primi metri un po' delicati, ripulendo dalle foglie le esigue fessure per le mani. Ma la trovo più facile dell'altra volta ora che è asciutta. Traversino che cerco di fare tutto su roccia e non su cengia terrosa, e stavolta la prima sosta non la salto che se no muoio di attrito! 

Recupero i miei che così possono capire cosa sia un traverso salito da secondi.. Francesca fila le corde ma..giunta alla fine "ecco, ho filato la gialla giusta ma la blu sbagliata. Io quando sbaglio lo faccio bene!". Rotolo. 

Si riparte, questa via l'avevo già salita poco tempo in tre tiri, perciò sono tranquillo. Meno tranquilli i miei, che mentre salgo (toh, un fossile!) guardano la relazione e vedono L2 di 22m e L3 di 40m. Che sommati fanno 62.."Oddio il Capo Supremo muore e non c'arriva alla fine!". Metrature errate, e alla sosta c'arrivo. 

Intanto inizio a pensare "ma che strano, non mi chiama nessuno per dirmi che ha finito di arrampicare, per sapere che fare, se andare al parcheggio o continuare". Già, che strano. Manco altre chat nessun messaggio?! 

Tiro fresco, quasi all'ombra, sosta sotto le piante, Francesca e Gioele ma che volete di più?! L'arrampicata poi è sempre plaisir, chiedo pure se giudicano che mi proteggo troppo o troppo poco o il giusto. La risposta è politicamente scontata, "il giusto". Ma le domande abbondano comunque..

Ultimo tiro, alla ricerca di quel camino che l'altra volta io non trovai ma Stefania sì. Ah, ma appena li a fianco!". Lo supero col giusto pepe, metto protezioni comode a loro prima dei cambi di direzione. Guarda a sinistra che belle placche..ma lascia stare dai, take it easy! Sbuco sul cengione per far sosta ma.. Come diavolo l'ho fatta l'altra volta? Mi pare tutto senza clessidre?! 

Finalmente dopo un po' trovo il modo di metter giù qualcosa, clessidra e nut e posso recuperare i miei che però..non partono. Ma che succede? Tiro fuori il telefono dalla tasca. Orco can, l'avevo dimenticato silenzioso e senza vibrazione..6 chiamate e tanti messaggi. Avviso che ormai stiamo per scendere anche per noi.. 

Finalmente Francesca e Gioele salgono, arrivano, terza foto di via di oggi alle 15e30 (2h15, perchè così tanmto?!), e forza cambiarsi veloci che ci aspettano! Si sale alla ricerca del sentiero e poi di nuovo giù scivolando di nuovo sulle stesse pietre, trovando solo Alessandro al parcheggio che ci aspetta. 

Gli altri, giustamente, sono già al Platano a far vedere a questi veronesi la fame e la sete che possono avere questi emiliani (emiliani e vari..). Non si sa bene quante birre volano, quanti taglieri, ma il prezzo è buono e lo stomaco pieno. La sete invece, non si placa. Sole caldo e parete esposta.

Così tra ieri e oggi mezzo Corso A1 2017 del CAI di Carpi finisce. La parte roccia, quella più pericolosa e che può far preoccupare maggiormente un direttore, me la lascio alle spalle. Un sospiro di sollievo, una scommessa vinta coi gatti che diventano tigri, e la speranza che tutti si siano divertiti davvero, abbiano imparato, non si siano trovati impiccati, non si siano schifati, o arresi di fronte alle difficoltà ma anzi, abbiamo il seme dell'arrampicata ben radicato e pronto a sbocciare! Perchè la nostra soddisfazione, la nostra ricompensa, è "solo" questa.

Qui altre foto.
Qui ieri.

sabato 20 maggio 2017

Arrampicando interrogato vista Lago: Cresta del Gaino (A1 2017)

Salvando capra e cavoli. Le previsioni meteo mi avevano fatto preoccupare parecchio: gran temporali venerdì pomeriggio e notte, e strascichi di pioggia debole sabato mattina. Per fortuna poi la perturbazione è passata prima, più veloce, e meno intensa del previsto, con previsioni meteo che al venerdì a pranzo mi hanno di molto confortato. Stare da questa parte del fosso, e con questa responsabilità.. cambi i modi di vedere le cose.

Gatti che odiano l'acqua, malati e dormiglioni. Dura opera di convincimento per spiegare a due gatti (un gattone e una gattina) che ciò che hanno salito o provato a salire a Marciaga è nettamente più duro di quello che faremo questo weekend. Il malato che il giorno prima ci conferma non venire perchè febbricitante, e così può venire Stefania. Il dormiglione che invece che dalla sveglia viene destato dalla chiamata di Stefania.

La sveglia. Le scontate lamentele sull'orario di partenza (che poi nel 2014 partimmo appena mezz'ora dopo, e solo perchè il bar alla domenica apre un'ora dopo), ma non voglio rischiare di beccare gente davanti o altri corsi (infatti nel 2014 avevamo 18 cordate davanti a noi), vorrei evitare i temporali pomeridiani (vedi 2016), e vorrei arrivare al Platano per ora di cena senza correre.

Ed eccoci alla terza uscita del Corso A1 2017 del CAI di Carpi. Soccia che impegno!

Alle 5 partiamo dal parcheggio, carichi a molla grazie al miglioramento del meteo e curiosi di vedere come potrà essere cenare e dormire in un posto dove finora abbiamo solo fatto spuntini ma..di qualità. Peccato solo AndreaGu sia rimasto a letto..ci raggiungerà al bar. Colazione da re, 2 paste, la veneziana ("ma cosa fai?! si mangia con le posate!"), latte macchiato e caffe.
Qualcuno che erroneamente mi "accusa" di conoscerle tutte le pasticcerie, senza sapere che non è certo farina del mio sacco e che io anche la colazione la farei al sacco. Ma dov'è Andrea?! Ci tocca aspettarlo a lungo, e le birre da offrire lievitano di numero. Poi eccolo che arriva, possiamo andare, affrontando quella curva stretta che "ogni anno mi dico che voglio salirla senza manovre, ma non ci riesco".
Al parcheggio solo noi, meno male. Temperatura ideale, cielo velato, condizioni ottime per affrontare una salita che di solito o ti cuoce come una zucchina alla griglia, o ti bagna come una palma nella foresta equatoriale nella stagione delle piogge.
Inizia la salita, prendo "sotto braccio" Francesca e Gioele, miei compagni di cordata di oggi per ripassare un po' ciò che ci servirà per affrontare la giornata di oggi. I segnali da scambiarsi verbalmente o in altro modo al momento della sosta e del recupero, come si progredisce, ripassare la conserva, ribattezzata "la condensa" da Ilaria. E parlando in salita, i primi fiatoni iniziano a sentirsi: li mettiamo già alla prova.
Al ghiaione ci si separa tra chi attacca la parte bassa e chi attacca la parte alta. Io, Federico, Gianluca, Roberto e Stefania si scende coi nostri, mentre Alfredo, Dario, Davide e Luca salgono. All'attacco un veloce scambio di informazioni, di materiale, le ultime cose dette mentre già arrampico, e parto per primo. Non frettoloso, ma ottimizzatore: temo la folla in parete, gli immancabili miscugli di corda di Gaino.
Salgo il più possibile per far sosta, saltando quella ufficiale e tirando verso l'alto finchè la lunghezza della corda lo consente. Ho già avvisato i miei che devono urlare come matti per farsi sentire da me! Certo che però me lo ricordavo più ruvido il Gaino: mi sa che inizia a essere un posto un po' troppo sfruttato. Ma d'altronde più didattico di questo..
Non sono un gran fan del Lago di Garda, ma devo ammettere che arrampicare su buona roccia, plaisir, vista lago, ha il suo fascino. Chiamo i miei dopo aver fatto sosta, essendo in altre cordate di amici in parete, il passaggio dei segnali verbali può esser fatto anche da loro, e così sarà.

Recupero i miei compagni, salgono svelti, ma il "duro" arriverà al momento eseguire le adeguate manovre in sosta. E infatti riesco a cogliere le facce perplesse dei due con un paio di scatti: ma in realtà sono bravi i miei, temevo solo che l'esposizione e l'ambiente potessero metterli in soggezione, e invece li vedrò abbastanza a loro agio durante l'ascesa e la discesa.
Riparto, tirello con difficoltà nettamente inferiori rispetto al primo tiro, cerco di stendere tutta la corda e così sarà. O almeno mi sembrerà dalle urla che mi arrivano, un paio di alberi per attrezzare una sosta su due punti, anche se esagerata con questi tronchi. Inizia a venirci del fisso, Gianluca mi raggiunge e Federico è appena sotto.
Tutto fila liscio, poche protezioni viste le esigue difficoltà, e ben presto giungo a fare la terza sosta: avevo avvisato i miei che sarebbero dovuti partire se finiva la corda, ma sopra di me vedo un pezzo di parete di una decina di metri che forse è meglio affrontare in modo più..prudente. Una bella sosta tra le fratte a cercare un tronco solido.
Un po' di didattica non si nega a nessuno, chiedere è lecito e rispondere è cortesia, mentre faccio ciò Gianluca ci supera e le sue corde iniziano a svolazzare al nostro fianco, così come quelle di Federico. Riparto, e allora sai che c'è? Me ne vado tutto a sinistra a esplorare l'altro lato dello spigolo della cresta. Cavolo che roccia affilata e ruvida che trovo!
Un traversino, difficoltà comparabili, e sento il mio amico Gianluca dietro una roccia chiedermi "ma dove cavolo sei finito?". Arrampico con a sinistra un bel vuoto di parecchie decine di metri, tipo Spigolo Piaz alla Torre Delago (va beh, forse un po' esagerato), poi mi tocca rientrare "in via" per forza di cose. Affrontare un bel passaggio in dulfer, e poi fare una sosta li dove sono perchè la corda è finita.
Meno male quella clessidra poco visibile e quello spuntone che posso controventare alla bruta con un nut incastrato! Chiamo i miei, che tanto tutt'oggi non mi sentiranno, vitaccia. Meno male gli amici sparsi per la parete possono fare il passaparola. Giunto il loro momento del dulfer, li vedo pure divertirsi e affrontarlo bene e disinvolti. O no?!
Si riparte, ora direi che la conserva non si scappa. Peccato solo che finita la corda, questa non viene. Aspetta, tira, il gluteo destro che inizia a patire, ma perchè non smontano e non salgono? Avevo dimenticato di dirgli che il nut in sosta..era già li, non era da recuperare!! E invece ci provano finche non mi urlano che non riescono "scusate, lasciatelo li, non è mio!".
Finalmente posso ripartire, mi aspetta il tratto di cresta che con sali scendi porta alla sella della metà, dalla quale si può scendere e dalla quale siamo scesi l'anno scorso. Era meglio fare conserva media qui, accidenti se tira la corta, mi calo quasi a peso morto nei tratti di discesa, sia io che Federico. Cerco di evitare sovrapposizioni di corda, ma riuscirci mettendo giu qualche protezione non è facile, e infatti..
Supero la sella, proseguo (il cielo pare tranquillo, dai che possiamo tentare l'integrale se anche il tempo dell'orologio lo consente) e vengo avvisato da Federico che non c'è piu quello spit tanto utile visto il tratto delicato. Ma ormai son salito, e non trovo modo di fare sosta. Il passo in effetti è delicato: facciamo che io passo, ma loro passeranno solo se assicurati!
Avanti tutta, verso la placcona bianca su cui camminare senza nemmeno una mano, e poi sotto alla variante di V. La guardo, mi garberebbe, ma non credo i miei compagni sarebbero d'accordo, perciò sgattaiola a destra verso il camminamento. Camminamento duro alla morte, vacca quanto tira la corda. Appena dopo la svolta osservo altra roccia invitante a sinistra ma..andiamo a fare sosta su quella pianta, così i miei salgono tranquilli il passo delicato.

Famona, mangio panino mentre li aspetto. Sento che il passaggino, sopratutto per le gambe non lunghissime di Francesca, li impegna, e sento che pure sulla placca si fanno dare consigli da chi è li. Avanti, eccoli arrivare e "ora però ci fai mangiare" "ma certo! mangio anche io", mentre rispondo a mille domande..
Si riparte, dopo aver osservato che comunque alla mia destra pare esserci tanto bosco per poter scendere verso il sentiero. Ma dopo poco, la corda è troppo dura da tirare.. Basta, se andiamo avanti facciamo conserva media, se no qui muoio di fatica. Sosto su un alberello a una mini sella con veduta sui nuvoloni che si stano formando a nord ovest.. No buono..
Recupero ed eccoli. Facciamo due conti: Gianluca e Roberto sono sicuro scenderanno, Federico lo sento che ostia perchè i suoi due non riescono a salire la variante. Noi in conserva siamo o lenti. Sono le 13 e tra un paio d'ore sarebbero previsti i possibili temporali. "Ragazzi, io scenderei, perchè beccarmi un altro temporale anche quest'anno non mi va". Non ho bisogno di convincerli, sono già d'accordo.

Peccato, mi spiace, ma d'altronde non possiamo nemmeno far aspettare gli altri che han fatto una metà al parcheggio. Ne approfittiamo magari per fare della didattica qui, e domani arrampichiamo come se non ci fosse un domani. E infatti le domande partono a fiotti, per fortuna in un qualche modo riesco a cavarmela. Anche quando mi chiedono "Ma siccome siamo in piastrina, se ci fosse necessità di calarci, come fai?".

Oh però, devo pensarci.. Prusik con cordino sulle corde di cordata, moschettone, cordino alla sosta con mezzo barcaiolo con asola e controasola (cordino di alleggerimento mi pare si dica), perno sul gigi per allentare le corde, corde in mezzo barcaiolo con asola e controasola, sciolgo il cordino di alleggerimento, sciolgo asola e controasola sulle corde di cordata, e ora vi calo sul mezzo. Moc fadiga!

Due ragazzi in slego ci superano e mi dicono che poco piu su c'è una via di fuga, altrimenti da qui dovremmo scendere scomodamente.. Ok allora, ripartiamo! O meglio riparto. Altra arrampicata, sali sali, roccia bella e vedo Gianluca e Roberto laggiu. Sento una cordata lassu. 45m saliti, ma non vedo vie di fuga, e a vedere come continua la montagna..non mi pare ce ne siano vicine.
Che cazz, questo cielo non mi piace, si alza il vento. Amen. Disarrampico. Ecco, tra fare free solo o scendere disarrampicando senza sapere come si comporteranno i miei due compagni, non so cosa sia peggio. Per fortuna capiscono che devono recuperare senza tirarmi giù. Qualche bel passaggio e inizio a vederli, fiuuuu.
Li calo un tratto, poi camminiamo fino alla piazzola della sosta precedente dove abbiamo picnicato, ma anche qui non vedo chiare e sicure vie di fuga. Federico ci passa a fianco e prosegue verso la cima. Abbiamo ancora le scarpette, torno indietro per vedere se si riesce a scendere bene ma dopo un po' ritrovo una paretina che "ho fatto sosta, venite da me che poi vi calo che è meglio", e io disarrampicherò.
Bon dai, da qui si scende direi. Cambio pneumatici, e con calma si può andare, ora che il cielo pare pure meno cattivo ma..verso il lago non è limpido. Bosco un po' scosceso, ma non mi aspettavo diverso. Certo, non siamo sulla traccia della sella di metà ma più in alto, perciò ci si inventa dove andare e si va a naso. A naso e lingua viste le chiacchiere che si fanno e gli interrogatori che subisco: povero me! (Scherzo Francesca).
La quantità di sassi e pietre aumenta ora che ci avviciniamo al ghiaione, ed ecco il sentiero chiaro. Chiaro, si fa per dire. Ma le scivolate sono già tante, i sassi smossi, Francesca che "io muoio adesso" e Gioele che scivola e si rialza orgoglioso "no no niente". Finchè lei cerca pure di attentare alla vita del "Capo Supremo", che deve saltare prima con la gamba a monte e poi quella a valle per evitare l'amputazione di entrambe le caviglie da parte di un massone smosso da lei!

Ma quanto siamo saliti?! Ghiaione infinito, ma finalmente ecco la traccia di stamani, e poi con più tranquillità andiamo verso l'agriturismo, assetati e affamati. Il cielo si è pure sistemato, ma il Pizzocollo ha sempre il cappello.
Spaparazzati al tavolo a bere e cercare di mangiare qualcosa, con due cagnoloni che giocano allegramente, noi che si ride e si scherza e si aspettano Alfredo e Federico. Spiaggiati e polleggiati come non mai, spostandosi lentamente verso il sole dove qualcuno schiaccia pure un pisolino: dura la vita dell'alpinista eh?!
Come noi che dopo la salita ora ci riposiamo, pure i cagnoloni dopo i giochi si accasciano al suolo. Arrivati gli ultimi, un'altra mezzoretta e poi meglio partire, che quei matti del Platano ci aspettano. Doccia, pisolino tentato e poi noccioline, frizzantino, e il matto del paese che ci intrattiene, ma ben presto arriviamo quasi alla molestia..

Una cenetta buona anche se non abbondante (va beh, non faccio testo, io che ho sempre fame e sono un pozzo senza fondo), la tavolata ben divisa con la "zona del disagio" (vegetariani e celiaci), e i due gatti che si rivelano tigri. Ma d'altronde al paragone "io e l'arrampicata siamo come un gatto e l'acqua" già gli avevo risposto "le tigri sono ottime nuotatrici!".

Qui altre foto.
Qui domani.