domenica 26 novembre 2017

Freddoloso giornatone doppia faccia: arrampicata ledrese

Che sarebbe stata una giornata dalle due facce, lo si sapeva dalla lista dei convocati: io, Giorgio, Stefania, Roberto, rigorosamente indicati in ordine di cordata, della serie "cordata da soma" e "cordata somara". Prima conferma della giornata dalle due facce il "ho lasciato il casco in macchina" frase pronunciata dal solito sbadato Roberto quando "quella" macchina era ormai a 150km. Seconda conferma della giornata dalle due facce il meteo che invece che esser di pieno sole lo troviamo inizialmente velato e ventoso. Terza conferma della giornata dalle due facce..la cordata da soma 3 vie, la cordata somara..mistero.
Tanta voglia di arrampicare, di arrampicare tanto. Meteo freddo, ma il Lago di garda regala sempre belle temperature al sole. Peccato che il sole non c'è, anzi un bel vento gelido! Arriviamo al parcheggio e io e Giorgio di prepariamo di tutto punto, mentre Stefania e Roberto ci guardano nell'attesa di spostarsi per negozi a comprare il casco per lo sbadatello..
L'idea è di salire un paio di vie per arrivare all'attacco del Re del Lago, ringraziando il mio amico che nonostante le abbia salite tutte (ma non se ne ricorda mezza) mi porta a spasso a fare "riabilitazione". Passiamo all'attacco di una serie di vie già prese d'assalto nonostante il clima, e sfogliandole arriviamo a "Settimo Cielo": perchè no, daimo!
Un messaggino ai due shopper e parte Giorgio. Mo vacca che freddo! Arriva in sosta con le mani congelate, io gli faccio sicura coi guanti che è meglio! Mi spaventa un po' la giornata di oggi, chissà se reggo con la mano messa così e col fisico stanco da tutte le ore di Yoga di ieri.
Salgo, tranquillo, cercando di stare tranquillo: l'importante è la testa, il fisico seguirà! Lo raggiungo, e sotto un cielo sempre velato e un vento impetuoso, son pronto per il secondo tiro, il chiave. Che cazz. Pace, confidiamo nei generosi gradi ledresi e nella spittaura S0,5. Probabilmente aggirando un pochetto il passaggio vero, ecco che supero il tutto e arrivo accaldato in sosta (tranne le dita!). Dai sole!
La partenza del terzo tiro è un po' da inventarsela, infatti la facciamo in due modi diversi. La situazione si scalda, ma non è tepore come si sognerebbe. Il panorama è notevole, col Baldo imbiancato ma non troppo. L'arrampicata divertente e tranquillizzante vista la vicinanza delle protezioni. Un altro tiro, e siamo fuori.
Via a cercare la Regina del Lago! E subito sbagliamo: un'invitante traccia che sale non ci porta da nessuna parte, o meglio a una serie di spit su una parete che però non conosciamo e..meglio non rischiare. Torna indietro, sempre scarpette ai piedi, prendi verso la discesa, ed ecco la salite vera per la falesia.
Tocca a me partire? No, ma siccome L2 è più dura, parto io. E che cavolo, mica facile nemmeno L1! Giorgio che patisce freddo sotto, io col cuore a mille a cercare di salire. Un po' mi impegno a tentare i passaggi, ma uno proprio non mi viene (la pinzata con la mano destra adesso..non viene) e allora, ciccia, azzero e via. Se è così il primo tiro.. Infatti dalla sosta vedo che L2 tira..ma spit vicini tra loro.
Il mio amico sale con nonchalanse o come si scrive, e parte per il secondo tiro, descrivendomelo fin dall'inizio "uno specchio": paura vera. ma è in forma il ragazzo, mica come me che son brocco! Mi dice che non c'è da pensarci troppo e salire, io che i suoi primi passi li ho visti pensando "mi cade addosso". Quando tocca a me, altro azzero: tutto quel luccicare non mi piace.. E nemmeno la cengia sotto le mie caviglie.
Non faccio in tempo a dirgli "Gio, dopo la caduta alla Baldo-Groaz, mi serve un po' di tempo er far pace e fidarmi dell'aderenza" e lui "ah ma adesso ci fai pace, guarda cosa t'aspetta". Un bel traverso con prese rovesce per le mani. va bene tutto, ma il primo piede così aperto e così levigato.. Non voglio farci notte, altro aiutino e via. Il resto poi non è banale ma lo supero in libera. La relazione dice "bel panorama", ma chi lo guarda?! Io cerco appigli e appoggi!
Un ultimo facile tiro e siamo fuori. Ora alla ricerca del Re del Lago, ma meglio cambiare le scarpe stavolta, che c'è da camminare alla ricerca della corona sulla roccia! Ed eccola, in un posto piuttosto scomodo: ma diamo atto agli apritori di aver cercato un bel po' come fare una nuova via! La musica cambia, fine dello sportivo.
Tocca a me, parto io. Sempre ventoso, ma sempre più calduccio, finchè dura. Bella roccia e difficoltà non più regalata (vabbeh, forse nemmeno prima, ma Ledro è famoso per regalare). Tiro dritto e piacevole, andale!
Il secondo tiro finisce prestissimo, cavolo a saperlo potevo concatenare. ma d'altronde se uno non guarda la relazione ma si fida di quello che l'ha già fatta e non si ricorda una fava, o del fatto che "si vedrà ben qualcosa", non può lamentarsi. Altro pezzettino di trasferimento ma con scarpette essendo breve.
Il tiro che Giorgio si ricorda come bello. E in effetti bellino anche questo: roba facile che finisce su una bella fessura strapiombante che ci metto un po' per capire come passare. E intanto da sopra delle voci..di gente che si cala: ma aspettate un attimo che salga cavolo..
Passeggiatina ed eccocci alla base del proseguo: mo vacca che strapiombo! Però si vede già una bella manetta dai.. E infatti il mio amico sale bene, mi tranquillizza la cosa: meno tranquillo quel frigorifero appoggiato alla parete sul quale vanno comunque messi i piedi.. Quando tocca a me però (che a detta del ganzo in strapiombo me la cavo meglio di lui) capisco che non è così banale il passaggio.
"bastardo, ti becchi te il tiro chiave" "Beh ma Giorgino, te l'hai già fatta, non ti ricordavi?!". Tiro talmente chiave, che ringraziamo il cordino nel chiodo: anche il mio compare ammette di aver fatto numeri da circo per passare da secondo! Io supero il duro, poi però..dove va la via? Boh, io salgo, ma quanto salgo?! Qui è facile, ma non c'è nulla. Ah un cordone, la cengia (?!) Cervasoni. E il sole da un po' dietro una nuvola e noi a gelare..
Un'occhiata alla relazione, ok sarà per di la. Part eil mio amico, e trova quello che non vedevo. Un po' a destra, un po' su, a sinistra, ed eccolo alla fine della via. Lo raggiungo, un freddo cane, e forse è pure tardi: ci dispiace per chi ci aspetta, ma conoscendoli confido che siano già da un bel pezzo al bar, e non al parcheggio ad aspettare nostre notizie. Infatti.
Una firmetta sul libro di via, cambio abiti, scarpe, guanti(!), Mars, messaggio e via. Cima Capi troppo lontana (saranno 15minuti, sarebbe stato bello chiudere l'anellocome fatto a giugno, ma troppo rischio di far buio e che ci aspettino Ste e Rob). In discesa sulla ferrata dopo aver mandato messaggio agli amici "tra un ora e mezzo saremo giù, arriviamo a Biacesa).
Un'oretta che diventa mezzora: si corre in discesa! Ripetutamente segnalo al mio amico che magari sarebbe meglio avvisare gli altri due, altrimenti gigioneggiano fino a tardi allo Stube a Riva el Garda: ma lui no. Alla vista del cartello "Biacesa 20min" guardo Gio e gli dico "ci metteremo 10min" "E perchè?!" "vedrai". Infatti. Passato il paese ci mettiamo sullo stradone alla ricerca di un bello spiazzo dove picnicare quando arriverà l'ammiraglia: il posto di atterraggio dell' elicottero è perfetto!
Ben presto arrivano anche Stefania e Roberto, visibilmente già in bibita: saranno comunque di compagnia anche allo stappare del Lambrusco e dell abbuffata di panini e tigelle. E tra mille risate sulle due giornate diametralmente opposte, una domanda continua a ribollire nella Ste (che non perde comunque occasione di esternarla): "Gio, ma che ti ha fato Pelle per averti reso così allegro? Sei più simpatico del solito!"

Qui altre foto.
Qui report.
Qui e qui relazioni di Settimo Cielo.
Qui relazione della Regina del Lago.
Qui relazione del Re del Lago.

domenica 19 novembre 2017

Appagamenti senza tecnicismi: Cusna ventatamente imbiancato

Ci sono giornate che vanno ti riempiono anche senza tecnicismi o cose sofisticate: la nostra intenzione era comunque di percorre un itinerario alpinistico, ma desistiti per un paio di buoni motivi, ne è venuta fuori comunque una gran bella giornata da gambe, polmoni e cuore (non solo per la fatica).
L'idea sarebbe quella di partire di buon ora, e lo facciamo. Ma il sonno e la stanchezza , microsonni lungo la strada e delle sveglie che sembrano puntate ma non lo sono, ci fa arrivare con un'ora di ritardo sulla tabella di marcia. Si parte lo stesso con la frontale, non fa nemmeno troppo freddo e almeno qui il vento non c'è: ma so bene che ci può sorprendere più su..
Stefania al suo primo (primo?!) approccio con le ciaspole avrà una piena giornata d'odio: prima utili, poi vele, poi trappole, poi giavellotti. Ma pure una bella giornata appagante con ambienti maestosi, dolci e amari, e foto spettacolari. Saliamo per il solito sentiero che ci porta verso il Passone, ammirando la dama bianca che tutto ha avvolto.
Un'alba lontana vista in mezzo ai nudi faggi ci fa capire che siamo in ritardo, ma meglio così forse. Infatti quando il bosco inizia a farci percepire che finisce, inizia il vento, il solito vento appenninico che frusta. Sosta per mangiare qualcosa, giacchetta e si riparte. Il Passone meglio lasciarlo stare e puntare ai crinali a destra, meno pericolosi. 
Vento, vento, vento, e il sole coperto dalle nuvole. Ma che freddo.. Ma che bello. Bianco a più non posso, che contrasta con un azzurro brillante del cielo: due colori che si donano a vicenda, che si combinano in un senso di pace e serenità senza paragoni.
Finalmente il sole emerge dalle nuvole, ma quando ormai siamo in balia del vento. ben presto tocca toglier e le ciaspole che iniziano a essere troppo scivolose su queste pendenze e con questa neve ghiacciata. Daje de punta! E via a goccia d'acqua a scalciare come un toro. Con le ciaspole che, tenute in mano per non togliersi lo zaino, fanno effetto vela e..ci sbilanciano spesso.
Sbuco sulla schiena del gigante, con gli ultimi metri che fanno sentire a pieno la potenza del vento che soffia da sud! "Ste occhio agli ultimi metri, arpionati bene". Non un canale tecnico o simili, ma in ogni caso sbuchiamo su qualcosa che ci cambia completamente la visuale di quello che avevamo finora. E il crinale, compreso Prado e Cipolla, sono dentro le nuvole.
Scarsa visibilità e vento impetuoso: no good per affrontare una cresta. Cerchiamo un posto al riparo, e una delle soddisfazioni maggiori è qui che mi aspetta: la Ste non riesce a parlare per il congelamento facciale. Ho trovato il sistema per! una conchetta ci ripara a sufficienza per poter banchettare e godere del luogo, del posto, delle luci, delle nuvole che accarezzano le montagne.
Fine della pausa, ora mettiamo i ramponi che la cresta precedente non era gustosissima senza. Le nuvole decidono di accompagnarci nella nostra marcia verso la vetta del Cusna: ma mica le volevamo.. Fortuna il posto lo conosco e so dove andare.
Spettacolari i giochi del vento con la neve. Vento che sposta, lavora, irrefrenabile. Muri di neve di due metri, e pochi metri a valle l'erba in vista. Onde bianche che danno una dinamicità a qualcosa che spesso siamo abituati a pensare statico. Beh si deve vedere, non si può scrivere ne leggere.
Sempre da soli, si arriva agli impianti, spenti. Proseguiamo verso il Sasso del Morto sotto cori da stadio che servono per ringalluzzire lo spirito. Buchi nella neve, trappole per le caviglie, e ancora scarsa visibilità che non ci fa percepire quanto manchi (beh io lo so, lei no). Tutta la cresta, ed eccoci al passo sotto la vetta principale.
Ovvio che si va per le roccette, almeno un po' di brio oggi! Cerco pure di complicarmi la vita, famelico di arrampicare su roccia e usare tutti gli arti che ho. Una breve paretina finale mi rilascia le ultime endorfine, e quando mi giro dietro "Ste ma che fai, segui le mie michiate?!".
Ed eccoci in cima, dove il vento non ci lascia, ma almeno le nuvole si sono un po' diradate per lasciarci ammirare un po' di panorama. In compagni, perchè ormai non siamo più soli, la giornata inizia ad affollarsi. Fame e sete, ma troppo vento qui, si scende a cercare un posto riparato, ma si scende tanto!
Si trova il meno peggio, e infatti la pausa non è molto lunga ne gustosa. Il tempo di mangiare qualcosa e mettere gli occhiali da sole. Poi già verso la Peschiera Zamboni, dove torniamo a essere un po' più soli, e dove ammiriamo la conca nordest del Cusna. Che voglia di fare ancora. E guarda qua, un bel masso comodo dove sostare al sole.. tardi, si va!
E al di la del fosso, inizia la tragedia: la neve torna bella fresca e si affonda parecchio. Ma finchè siamo in discesa marcata, si può continuare. Solo che passiamo sopra dei ruscelli, e non è bello: due tre tonfi verso il basso mi fan paura di passare dal trekking alle immersioni. No no, meglio rimetterle..
Le ciaspole. Vanno rimesse, si affonda troppo, ma in discesa se non sono ben strette, sono a rischio di uscita continuo. E infatti la ragazza se ne accorge e comincia a maledire gli attrezzi infernali, ma utili d'inverno. Eh lo so, scomodi a volte, ma impara ad usarli. E il vento spazza ancora, anche qui.
Tanta pazienza ad aspettare la Ste, ma così posso inebriarmi maggiormente dell'ambiente calmo e pacato innevato.
Giù per il sentiero, perchè prendere le piste? Rimaniamo lontano dalla bolgia finchè si può.. Un continuo litigare con le ciapsole per lei, e io che mi cero la neve fresca per divertirmi di più. Solo che il bivio che porta a Febbio non arriva.. Inizio a temere che finiamo alla Peschiera Zamboni.. No eh.. Eccolo! e possiamo pure togliere le bagaglie ai piedi, e sentire odore di "svacco".
Parcheggio, auto al sole, tepore. Ci si cambia, si sistema, giro l'auto in modo che sia rivolta al soel per quando vorremo dormirci dentro prima di ripartire, e via sulla panchina al sole a mangiare panini e bere birra! Finito lo spuntino..il sole tramonta dietro il gigante, spegnendo le nostre speranza di una dormita paonazza al sole. Tocca andare al parcheggio di Villa Minozzo!

Qui altre foto.
Qui report.

sabato 18 novembre 2017

Arrampicando con le tremende muse: ritorno alla roccia alla Roda del Canal

Oddio tremende no. Diciamo "poco comode", ecco, e loro capiranno bene a cosa mi riferisco, e gli altri capiranno che è difficile capire: e siamo tutti a posto. Detto ciò..SI RICOMINCIA!
A quasi 2 mesi dall'incidente sulla Baldo-Groaz, torno a mettere le mani sulla roccia. In realtà nel mezzo c'è stata una mezza giornata in falesia (un quarto di giornata, il resto sui pedali) e il Riprendiamoci di Vista, ma si parla di robetta. Oggi si va già più sul serio: vie corte, ma vie, non monotiri in falesia. E le domande che mi pongo non sono poche: Il fisico già so non essere al 100%, ma la testa? Quella sì che è più difficile da recuperare.
Meteo e temperature consigliano la Val d'Adige, le difficoltà e la familiarità con la zona di Tessari confermano la scelta: magari però ci spostiamo sulla Roda del Canal, che non conosciamo. Cosa potevo pretendere di più dalla giornata di reinizio che essere in compagnia (accompagnato?) da due ragazze?! Stefania e Francesca sono con me, sperando non debbano tirarmi su la corda loro e parancarmi..
Sarà una giornata lunga, con due muse che spesso accantonano la poesia e il canto per lasciar spazio a cazziatoni e domande, spigolose, puntigliose, feroci, e qualche punzecchiante sarcasmo. Dai, non è questo inferno, sanno anche esser simpatiche! Di certo sono di compagnia, le risate non mancheranno durante tutta la giornata.
Al parcheggio fa freddo, e siamo in ombra: tergiversiamo in auto. Finchè la situazione inizia a farsi affollata, usciamo e ci prepariamo: la prima perculata è già lì, le mi scarpette messe al caldo dentro la maglia vengono ironizzate dalle bullette. Scorriamo verso la parete, che lentamente va al sole, giusto in tempo per arrivare all'attacco.
Parto io su "αλαλαζο (Alalazo)". Siamo in tre, gestione scomoda per il cambio di progressione da primi, perciò optiamo per farci una via a testa. Parto io, vediamo se riesco a partire. L'istinto è fluido, godereccio e giocherello, ma la testa frena e intimorisce ogni passo, sopratutto ogni piede in aderenza: quell'aderenza che, persa essa, mi procurò la caduta dalla Baldo-Groaz, e il resto di questi  48 giorni.
La roccia è amica, mi sento un po' come un bimbo timoroso di fronte a un San Bernardo: cane buono come il pane, ma che data la stazza, le fauci, la naturale smorfia poco sorridente..incute timore. Ma non posso aver paura, se mi blocco è finita. E allora ho fame.
Fame di salire, fame di riprendere, fame di riappacificarmi con la mia passione. Salgo. Salgo a più non posso, salto la prima sosta (a 20m..) e continuo salutando le mie amiche alla base. La spittatura è talmente vicina che possono mettere un rinvio e rimuovere quello sotto. Ma arrivo a un punto che devo fermarmi.
Recupero Fre e Ste, mi godo il sole, il panorama (eccezion fatta per l'A22), il momento. Questo momento che mi mancava: la sosta. Un momento di serenità in mezzo a due di attenzione e di "rischio". Finora qualche passo titubante ma per il resto bene. La mano che fa ancora male e che devo usare in modo oculato, evitando certe posizioni che me la sollecitano troppo. Non voglio esagerare.
Riparto, ma mi devo fermare presto. Raggiunto il boschetto preludio del tiro chiave, non posso continuare, troppo rischio di una corda che tirerebbe proprio nel momento in cui vorrei esser disinvolto. All'ombra, fredda, studiando il percorso. Due risate, e si riparte.
Primi passi tranquilli, poi la cosa inizia a farsi boulderosa. E fisica, di braccia (sopratutto per un gorilla come me che non sa usare i piedi). Salgo, troppo a destra forse, tentenno. Riposo, ci provo almeno. Eh ma devo andare a sinistra! La guida dice "superare lo strapiombino con decisione", e io ci faccio quasi la pausa caffè. Ma passa, lo supero, sospirone.
La roccia cala di pendenza. Gran bella lavorata, poi un diedro da fare un po' in dulfer, bello e divertente. Ma?! Già finita?! Una sosta che evito, esco molto più su a sinistra, forse cerco di scalare il più possibile. Recupero le mie amiche, e una è fatta. E son tornato ad arrampicare. E son tornato.
Due battute, uno svacco, e si scende per attaccare la via giusto a fianco.
Parte Stefania su "φαινομενα και διοσημεια (Fainomena kai diosemeia)", con primi metri in comune, poi se ne sta più a destra. Sale bene, la roccia è ottima e la chiodatura da fiducia. Anche lei concatena, la raggiungiamo e la facciamo proseguire, come da ottima tattica di attacco.
Anche a lei tocca sostare nel boschetto, prima del tiro finale. Anche su questa via l'ultimo tiro è il più duro: non durissimo, più duro. Ma lei che durante la mia assenza dalle scene non si è certo fermata, è in forma e continua a salire. Un po' di spaccata e un po' di indecisione sul passaggio finale, poi il segnale che è in sosta e che cambiano i ruoli: lei a far sicura, noi ad arrampicare.
Saliamo, un bel tiro divertente, un diedro marcato: aderenza a più non posso e non sempre buone mani a dare fiducia agli arti inferiori.. E Stefania? Appolaiata a cavalcioni in sosta. La si scavalca per riportarci sul sicuro spiazzo dove fermarsi a parlottare.
Di nuovo svacco, con spuntino un po' più ricco di prima. Chi quasi si addormenta, e chi dice "ma io per oggi ne avrei abbastanza", e allora scatta il momento della condivisione del Mars, la cara e vecchia abitudine che mi mancava..
Si scende, si ride e si scherza. Come mi mancavano questi momenti! L'adrenalina mischiata all'ammirazione per la natura condita con le risate con la compagnia. Proseguiamo col terzo tempo, al Platano, per concludere a mangiare, bere, e ridere ancora e ancora e ancora.

Che bello tornare a tutte queste cose!

Qui altre foto.
Qui la guida.
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