Una tensione
palpabile aleggia nell'aria. Lezione saltata mercoledì, e quindi suspense fino
alla fine e nessuna parola di conforto. Sguardi tesi, facce preoccupate,
"cosa ci aspetterà oggi?!" "ce la faremo?" "arriverò a
domani?". Ma non parlo solo degli allievi, anche degli istruttori!
Con la
preoccupazione dei temporali pomeridiani e dell'affollamento consueto su questo
facile, panoramico e didattico itinerario, e con già 15 minuti abbondanti di
ritardo, prendiamo la solita A22 in direzione nord. Prima meta la classica
colazione al
Cafe Centrale di Toscolano Maderno, con il mitico croissant al pistacchio: mitico che
stavolta perde la "ic" e diventa solo "mito". Non ce ne
sono. La giornata parte in salita.
Già un
gruppo ci precede (uno dei nostri arrivato al bar prima di noi li ha sentiti),
un altro è arrivato al bar poco dopo di noi: trovare posto al parcheggio per
tutti è già una gran conquista! Il gruppone del
Corso A1 2018 del
CAI di Carpi può ora dividersi nei vari
gruppetti identificati dalle cordate: oggi, purtroppo per loro, in cordata con
me ci sono
Alice (la
Zaffi, per distinguerla dall'altra Alice) e
Simone (il Brevvo, da non confondersi col bravo.
Parlo di quelli di Manzoni, suvvia!). Ma poteva andargli peggio. O no?
Una volta pronti,
salutiamo tutti e ci lanciamo verso la parte bassa della
cresta del Monte Castello di Gaino. Cospicua
chiacchierata d'obbligo durante l'avvicinamento: un bel ripasso sui segnali
vocali, su eventuali messaggi di corda, sulla progressione a tiri, su quella in
conserva,.. "ok ragazzi, avete capito tutto o avete domande? che non mi
parlate molto" "eh per forza, te c'hai più fiato!"
Giunti
all'attacco la ressa è anche meno di quella che temevo, ma ce ne è e ce ne
sarà, perciò meglio darsi una mossa e partire. Impartito qualche latro
rudimento, visto colleghi avventurarsi ancora più a sinistra a cercare un po'
di roccia libera, prelevato il materiale dai miei compagni, apparecchiato "nuzialmente"
il mio imbraco, me ne vo verso il cielo.
Ah la Cresta
del Gaino, credo sia l'ottava volta che la salgo, ma è sempre un piacere. Spero
riuscire a salirla tutta fino in cima, ma dubito starci coi tempi che er
director N
icola ha
imposto.
Giorgio ci spera
più di me, lui che non l'ha mai salita tutta, che oggi riuscirà nella sua
impresa, e che alla fine sosterrà che "La salita più dura della mia vita".
Allo scopo
di lasciarci dietro più gente possibile, ho già in mente un bel tiro lungo. Non
è una corsa, non è una competizione, ci mancherebbe: è una questione di
sicurezza. Più gente sopra c'è, più sassi possono smuovere e far cadere. Più
resti imbottigliato, più tempo passi in parete, più è probabile prenderlo il
temporale. Andale andale arriba arriba!
Giunto ormai
con la corda che tira troppo per i miei gusti (e anche perchè insomma, il primo
tiro è quello forse più duro, non voglio abbandonare i miei troppo giù) due
spit alla mia sinistra mi chiamano come le sirene di Ulisse: in questa odissea
mi ancoro con le mie corde a una di queste sirene. Ma anche alla clessidra a
fianco, che basta fare il finto acculturato lanciando a caso metafore
dell'Odissea.
Non ci
sentiamo, o ci sentiamo male, passo ai messaggi "via corda". E da
subito si evidenzia un inaspettato e grande feeling nella cordata. Tutto fila
liscio, nessuna attesa di "ma cosa faccio, salgo?", recupero
tranquillamente i miei mentre pare di essere in via Ceccarini a Riccione:
Alfredo arriva sotto di me, Giorgio sale lassù, altri voci si odono come al mercato
rionale. Gente che passa sopra, sotto, attraverso corde, come nella miglior
tradizione del Gaino.
Riparto, di
nuovo l'ottica di un lunghissimo tiro. Frena puledro, non fare l'asino, evita
le varianti difficili e sali sul facile che se no li vai ad impiccare sulle
difficoltà e non si godono la salita. Ok, troviamo un compromesso: salgo
qualche muretto ma non ci piazzo protezioni così sceglieranno loro cosa fare.
D'altronde sul primo tiro sono saliti bene..
Tiro lungo,
lungo praticamente come tutta la corda. In mezzo a un muretto, con gli occhi
che hanno già adocchiato quella zona rocciosa lavorata do ve sostare..la corda
finisce. Giù un paio di metri e "god bless clessidres", ma che belle
che siete! La vista è sempre bella: un bel cielo azzurro sgombro, il verde
delle montagne e il blu del cielo. Un sole cocente ma ogni tanto un po' di
venticello..
Di nuovo non
ci sentiamo, ma o son bravo a spiegare, o qualche istruttore in basso sta dando
qualche dritta ai miei, o i miei sono svegli. Tolta la prima, le altre due sono
molto probabili! Li recupero, con questi due tiri lunghi che ci hanno concesso
un po' di margine su chi ci segue o su chi abbiamo superato. Velocità: in
montagna a volte fa rima con sicurezza (e Omero si rivolta nella tomba con
questo ossimoro poetico).
Lassù il
muretto col dulferino "Bene ora facciamo così: ci saranno 30m da
camminare, poi si arrampica di nuovo. Quando la corda finisce partite, io però
vedrò di far sosta prima che voi ricominciate ad arrampicare". Calcoli
perfetti, tratto di bosco in cui passo
Giorgio, e arrampicata che ricomincia più seriamente. Cerco di
capire quanto salire per non esagerare, esagero in qualche passo non proprio di
III (mollate le briglie, ma non troppo) e guarda un po' che bell'alberello dove
sostare all'ombra!
"Ma
cosa volete di più, vi faccio pure le soste all'ombra!". Ora però, memore
delle volte passate, siccome non voglio ritrovarmi stasera con quattro maroni
al posto di due, passiamo a una conserva media per continuare la progressione.
Un po' di bambola per uno ai miei, e posso ripartire.
Altri corsi,
altre cordate, il marasma. Un'occhiata giù e mamma mia che ingolfamento laggiù.
Passo la cordata di
Fabio. Ma anche su c'è traffico! Sceso alla sella della
metà ufficiale vedo Federico, e poco dopo pure
Nicola: ma come? Ancora qua? Eh no, come il classico
Gaino impone, qualcuno si perde in discesa, e stavolta in salita: hanno
attaccato più in basso del dovuto.
Evito la
placca dei cancheri dell'
altra volta, ma non la placcosa balena bianca, supero queste due nostre cordate. La Zaffi e
il Brevvo viaggiano, raramente mi fan sentire la corda tirare, insomma mi
lasciano una serenità che mi fa andare avanti bene. E sfruttiamo allora tutto
ciò, che l'integrale riusciamo a farla e magari non prendere temporali!
I tratti di
arrampicata sono intervallati da parecchi tratti facili o da camminare. Fuori
dal bosco mi giro a guardare giù ed ecco l'arancione di
Stefania e pure tanta altra gente. Un bel
pilastrino non banale, il materiale ormai finito, la necessità di fare una
sosta per riaverlo dai miei compagni: ma sì, saliamo a sinistra che vediamo
com'è, poi a loro li recupero col gigi! "Alice, non salire questo tratto,
vi metto prima in sicura appena posso!".
Un albero fa
al caso mio, ciò che ne resta almeno: zero rami alti, solo radici, tutto sole.
Andiamo bene dai, come orario siamo messi bene, come sicurezza siamo messi
bene, voi vedo salite senza problemi. E con questi presupposti, fino in cima
non ci saranno più soste.
Sì è vero,
ci saranno anche poche protezioni, ma il terreno si confà: alberi e spuntoni a cui
girare attorno, pendenze poco marcate, pochi tratti da arrampicare davvero.
Mamma mia d ali non sono mai salito, e non salirò nemmeno oggi che è troppo
duro per una cordata da corso. Non riesco a comunicare coi miei, ma ogni tanto
li vedo. Ogni volta che mi hanno raggiunto in sosta avevano il sorriso, e
questa è un'ottima ricompensa per un istruttore.
Raggiungo
Dario e la sua cordata,
"vedo la croce!" ma in realtà è ancora lontana. Adesso sento che un
po' la corda me li sega i gioielli e me li sta separando ognuno in due.. Cala
la velocità e tira la corda con la mano. Traversone con leggera discesa, e poi
si punta dritta alla vetta, dove
Davide e Gianluca sono già arrivati.
Si cammina
un po', qualche passo di arrampicata, e la piramide finale che indica che manca
davvero poco: alè! "Andrea manca molto, che le scarpette ormai ci stanno
uccidendo!" "10 in a dir tanto, resistete!", maledetti commessi
e il vostro "le scarpette vanno strette". W le mie ciabathos
(ciabatte mythos), e così oltre al V+ non salgo..
Mettendo giù
poche protezioni (ma quelle che servivano c'erano) riesco a giungere alla
classica sosta sulla croce in breve e con pochi tiri di corda complessivi. Ma con una fame e una
sete degne delle migliori sgobbate in montagna. Compattatatici in cima, lo
svacco è d'obbligo, il topless pure: che caldo! Il rito del Mars di vetta/via
da condividere coi mie compagni di cordata acquisisce nuovi adepti.
Gianluca è
già alla birra (la sua miglior carota) quando arriva Nicola, ma anche noi
vediamo di scendere alla svelta che dall'altra parte del Lago di Garda non
splende il sole. E tra poco pure sopra il lago non splenderà il sole. Spiegata
la bambola e fatti su gli zaini, si scende, parlottando dei motivi che hanno
spinto Alice e Simone a iscriversi al corso A1, della loro passione per la
montagna, delle loro esperienze. E capisco e rinnovo il feeling creato fin
dall'inizio.
Il terzo
tempo, il nostro terzo tempo, ha una sola parola d'ordine. Un grido, un eco,
una regola, un amore:
birraaaaaa!
All'agriturismo terminano le nostre fatiche,
gambe sotto il tavolo, bottiglia di luppolo fermentato e piatto di pasta,
condito da grasse risate in compagnia delle cordate già scese e di quelle che
scenderanno.
belle foto e bella descrizioni, complimenti!!!!
RispondiEliminaQuando ci si diverte in compagnia e si vive bene la propria passione, il resto vien da se
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