domenica 20 maggio 2018

Feeling, velocità, serenità: Cresta del Gaino (corso A1)


Una tensione palpabile aleggia nell'aria. Lezione saltata mercoledì, e quindi suspense fino alla fine e nessuna parola di conforto. Sguardi tesi, facce preoccupate, "cosa ci aspetterà oggi?!" "ce la faremo?" "arriverò a domani?". Ma non parlo solo degli allievi, anche degli istruttori!
Con la preoccupazione dei temporali pomeridiani e dell'affollamento consueto su questo facile, panoramico e didattico itinerario, e con già 15 minuti abbondanti di ritardo, prendiamo la solita A22 in direzione nord. Prima meta la classica colazione al Cafe Centrale di Toscolano Maderno, con il mitico croissant al pistacchio: mitico che stavolta perde la "ic" e diventa solo "mito". Non ce ne sono. La giornata parte in salita.
Già un gruppo ci precede (uno dei nostri arrivato al bar prima di noi li ha sentiti), un altro è arrivato al bar poco dopo di noi: trovare posto al parcheggio per tutti è già una gran conquista! Il gruppone del Corso A1 2018 del CAI di Carpi può ora dividersi nei vari gruppetti identificati dalle cordate: oggi, purtroppo per loro, in cordata con me ci sono Alice (la Zaffi, per distinguerla dall'altra Alice) e Simone (il Brevvo, da non confondersi col bravo. Parlo di quelli di Manzoni, suvvia!). Ma poteva andargli peggio. O no?
Una volta pronti, salutiamo tutti e ci lanciamo verso la parte bassa della cresta del Monte Castello di Gaino. Cospicua chiacchierata d'obbligo durante l'avvicinamento: un bel ripasso sui segnali vocali, su eventuali messaggi di corda, sulla progressione a tiri, su quella in conserva,.. "ok ragazzi, avete capito tutto o avete domande? che non mi parlate molto" "eh per forza, te c'hai più fiato!"
Giunti all'attacco la ressa è anche meno di quella che temevo, ma ce ne è e ce ne sarà, perciò meglio darsi una mossa e partire. Impartito qualche latro rudimento, visto colleghi avventurarsi ancora più a sinistra a cercare un po' di roccia libera, prelevato il materiale dai miei compagni, apparecchiato "nuzialmente" il mio imbraco, me ne vo verso il cielo.
Ah la Cresta del Gaino, credo sia l'ottava volta che la salgo, ma è sempre un piacere. Spero riuscire a salirla tutta fino in cima, ma dubito starci coi tempi che er director Nicola ha imposto. Giorgio ci spera più di me, lui che non l'ha mai salita tutta, che oggi riuscirà nella sua impresa, e che alla fine sosterrà che "La salita più dura della mia vita".
Allo scopo di lasciarci dietro più gente possibile, ho già in mente un bel tiro lungo. Non è una corsa, non è una competizione, ci mancherebbe: è una questione di sicurezza. Più gente sopra c'è, più sassi possono smuovere e far cadere. Più resti imbottigliato, più tempo passi in parete, più è probabile prenderlo il temporale. Andale andale arriba arriba!
Giunto ormai con la corda che tira troppo per i miei gusti (e anche perchè insomma, il primo tiro è quello forse più duro, non voglio abbandonare i miei troppo giù) due spit alla mia sinistra mi chiamano come le sirene di Ulisse: in questa odissea mi ancoro con le mie corde a una di queste sirene. Ma anche alla clessidra a fianco, che basta fare il finto acculturato lanciando a caso metafore dell'Odissea.
Non ci sentiamo, o ci sentiamo male, passo ai messaggi "via corda". E da subito si evidenzia un inaspettato e grande feeling nella cordata. Tutto fila liscio, nessuna attesa di "ma cosa faccio, salgo?", recupero tranquillamente i miei mentre pare di essere in via Ceccarini a Riccione: Alfredo arriva sotto di me, Giorgio sale lassù, altri voci si odono come al mercato rionale. Gente che passa sopra, sotto, attraverso corde, come nella miglior tradizione del Gaino.
Riparto, di nuovo l'ottica di un lunghissimo tiro. Frena puledro, non fare l'asino, evita le varianti difficili e sali sul facile che se no li vai ad impiccare sulle difficoltà e non si godono la salita. Ok, troviamo un compromesso: salgo qualche muretto ma non ci piazzo protezioni così sceglieranno loro cosa fare. D'altronde sul primo tiro sono saliti bene..
Tiro lungo, lungo praticamente come tutta la corda. In mezzo a un muretto, con gli occhi che hanno già adocchiato quella zona rocciosa lavorata do ve sostare..la corda finisce. Giù un paio di metri e "god bless clessidres", ma che belle che siete! La vista è sempre bella: un bel cielo azzurro sgombro, il verde delle montagne e il blu del cielo. Un sole cocente ma ogni tanto un po' di venticello..
Di nuovo non ci sentiamo, ma o son bravo a spiegare, o qualche istruttore in basso sta dando qualche dritta ai miei, o i miei sono svegli. Tolta la prima, le altre due sono molto probabili! Li recupero, con questi due tiri lunghi che ci hanno concesso un po' di margine su chi ci segue o su chi abbiamo superato. Velocità: in montagna a volte fa rima con sicurezza (e Omero si rivolta nella tomba con questo ossimoro poetico).
Lassù il muretto col dulferino "Bene ora facciamo così: ci saranno 30m da camminare, poi si arrampica di nuovo. Quando la corda finisce partite, io però vedrò di far sosta prima che voi ricominciate ad arrampicare". Calcoli perfetti, tratto di bosco in cui passo Giorgio, e arrampicata che ricomincia più seriamente. Cerco di capire quanto salire per non esagerare, esagero in qualche passo non proprio di III (mollate le briglie, ma non troppo) e guarda un po' che bell'alberello dove sostare all'ombra!
"Ma cosa volete di più, vi faccio pure le soste all'ombra!". Ora però, memore delle volte passate, siccome non voglio ritrovarmi stasera con quattro maroni al posto di due, passiamo a una conserva media per continuare la progressione. Un po' di bambola per uno ai miei, e posso ripartire.

Altri corsi, altre cordate, il marasma. Un'occhiata giù e mamma mia che ingolfamento laggiù. Passo la cordata di Fabio. Ma anche su c'è traffico! Sceso alla sella della metà ufficiale vedo Federico, e poco dopo pure Nicola: ma come? Ancora qua? Eh no, come il classico Gaino impone, qualcuno si perde in discesa, e stavolta in salita: hanno attaccato più in basso del dovuto.
Evito la placca dei cancheri dell'altra volta, ma non la placcosa balena bianca, supero queste due nostre cordate. La Zaffi e il Brevvo viaggiano, raramente mi fan sentire la corda tirare, insomma mi lasciano una serenità che mi fa andare avanti bene. E sfruttiamo allora tutto ciò, che l'integrale riusciamo a farla e magari non prendere temporali!
I tratti di arrampicata sono intervallati da parecchi tratti facili o da camminare. Fuori dal bosco mi giro a guardare giù ed ecco l'arancione di Stefania e pure tanta altra gente. Un bel pilastrino non banale, il materiale ormai finito, la necessità di fare una sosta per riaverlo dai miei compagni: ma sì, saliamo a sinistra che vediamo com'è, poi a loro li recupero col gigi! "Alice, non salire questo tratto, vi metto prima in sicura appena posso!".
Un albero fa al caso mio, ciò che ne resta almeno: zero rami alti, solo radici, tutto sole. Andiamo bene dai, come orario siamo messi bene, come sicurezza siamo messi bene, voi vedo salite senza problemi. E con questi presupposti, fino in cima non ci saranno più soste.
Sì è vero, ci saranno anche poche protezioni, ma il terreno si confà: alberi e spuntoni a cui girare attorno, pendenze poco marcate, pochi tratti da arrampicare davvero. Mamma mia d ali non sono mai salito, e non salirò nemmeno oggi che è troppo duro per una cordata da corso. Non riesco a comunicare coi miei, ma ogni tanto li vedo. Ogni volta che mi hanno raggiunto in sosta avevano il sorriso, e questa è un'ottima ricompensa per un istruttore.
Raggiungo Dario e la sua cordata, "vedo la croce!" ma in realtà è ancora lontana. Adesso sento che un po' la corda me li sega i gioielli e me li sta separando ognuno in due.. Cala la velocità e tira la corda con la mano. Traversone con leggera discesa, e poi si punta dritta alla vetta, dove Davide e Gianluca sono già arrivati.
Si cammina un po', qualche passo di arrampicata, e la piramide finale che indica che manca davvero poco: alè! "Andrea manca molto, che le scarpette ormai ci stanno uccidendo!" "10 in a dir tanto, resistete!", maledetti commessi e il vostro "le scarpette vanno strette". W le mie ciabathos (ciabatte mythos), e così oltre al V+ non salgo..
Mettendo giù poche protezioni (ma quelle che servivano c'erano) riesco a giungere alla classica sosta sulla croce in breve e con pochi tiri di corda complessivi. Ma con una fame e una sete degne delle migliori sgobbate in montagna. Compattatatici in cima, lo svacco è d'obbligo, il topless pure: che caldo! Il rito del Mars di vetta/via da condividere coi mie compagni di cordata acquisisce nuovi adepti.
Gianluca è già alla birra (la sua miglior carota) quando arriva Nicola, ma anche noi vediamo di scendere alla svelta che dall'altra parte del Lago di Garda non splende il sole. E tra poco pure sopra il lago non splenderà il sole. Spiegata la bambola e fatti su gli zaini, si scende, parlottando dei motivi che hanno spinto Alice e Simone a iscriversi al corso A1, della loro passione per la montagna, delle loro esperienze. E capisco e rinnovo il feeling creato fin dall'inizio.
Il terzo tempo, il nostro terzo tempo, ha una sola parola d'ordine. Un grido, un eco, una regola, un amore: birraaaaaa! All'agriturismo terminano le nostre fatiche, gambe sotto il tavolo, bottiglia di luppolo fermentato e piatto di pasta, condito da grasse risate in compagnia delle cordate già scese e di quelle che scenderanno.

Qui altre foto.
Qui report.

2 commenti:

  1. belle foto e bella descrizioni, complimenti!!!!

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  2. Quando ci si diverte in compagnia e si vive bene la propria passione, il resto vien da se

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